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Autore: MobyGrant    25/05/2016    3 recensioni
ATTENZIONE: La storia contiene spoiler su Dark Souls 3.
L'ultimo atto di Ornstein, che ormai consumato, sconfitto e privo di onore, arriva al cospetto del suo Re dimenticato. Il suo è l'ultimo compito prima di accettare la morte, sperando di ricevere udienza da colui che cavalca il Re delle Tempeste.
Ps. Si parla pur sempre di speculazione personale, non prendete quanto scritto come vero e giusto a prescindere.
Genere: Drammatico, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Ornstein, l'Ammazzadraghi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il suo nome

La sua armatura dorata era sporca, consumata, e i passi cominciavano a diventare pesanti. Si ritrovò proprio in quel luogo, tornato tra i cadaveri sibilanti di quelle creature così immense, così immortali. Aveva giurato che mai più avrebbe messo piede tra quelle rocce, ma forse era una promessa di un’altra vita, di un’altra era, di un altro… ciclo. Alzò lo sguardo senza cedere al peso dell’elmo e finalmente vide la traccia che stava cercando da troppo tempo: una statua, un’enorme raffigurazione del tutto simile a quella che il suo Re, il Primo Signore, aveva distrutto in preda alla rabbia. Erano ricordi confusi, come se a vivere quei giorni fosse stato un altro guerriero, un altro cavaliere, forse forte abbastanza da completare quell’ultimo compito. Ornstein impugnò allora la sua lancia, fidata compagna di ogni battaglia e unica gloria che gli era rimasta. Vide arrivare verso di sé due creature armate di Shotel e ormai stanco di quel cammino nel tempo, li distrusse volteggiando tra fulmini e saette. L’ultimo lo trafisse frontalmente, senza riuscire a godere di quella vittoria mentre la lama della lancia perforava la sua pelle, per l’ultima volta. Erano serpenti, draghi imperfetti, esseri che non meritavano nemmeno la gloria di chi almeno aveva un tempo governato, eppure non vi era onore in quella uccisione. Proseguì, senza più voltarsi indietro, senza osservare i monti lontani da cui era fuggito, dimenticando le grida e le suppliche disperate di chi si era lasciato alle spalle. Poi finalmente comparve un’ombra nel cielo e il cavaliere del leone cedette in ginocchio. Un feroce grido riecheggiò tra le rocce della rupe e l’aria sembrò infiammarsi improvvisamente. Quello non era un semplice avvertimento, era la chiara risposta a chi stava per presentarsi al cospetto del Re delle Tempeste. Ornstein ne ero certo, quel grido così roboante e fiero e quell’ombra maestosa dominare i cieli, erano ciò che caratterizzavano colui che era sopravvissuto a ogni guerra.
«Ti prego!» gridò il cavaliere pronto a perdere ormai tutto. Si rialzò dolorante e si avvicinò a un cancello aperto che dava su un’enorme piazza disseminata di statue. Quelle opere lo soffocavano, gli intimavano di tornare sui suoi passi ma fu in quella coltre di nebbia carica di elettricità, che il guerriero dorato venne avanti, ignorando gli avvertimenti, e poggiando la sua Ammazzadraghi all’entrata. Non voleva combattere, non era tornato per vendicarsi o per porre fine alla sua esistenza da eroe. Era lì per compiere all’ultima missione che per lui aveva davvero importanza, per rivedere un’ultima volta colui che l’aveva fatto diventare un vero cavaliere.
Si tolse anche l’elmo, esausto, respirando così quell’aria infuocata e minacciosa.
Portò ancora una gamba avanti, poi l’altra, ma cadde al suolo inesorabilmente, ormai allo stremo. Strinse i denti provando a resistere a quelle lacrime minacciose e si rialzò ancora una volta sfibiandosi l’armatura dorata e i pesanti gambali del leone.
«Adesso sono come te. Non ho più un nome, non ho più la mia forza. Se però hai ancora il tuo onore, ti prego di mostrarti a me un’ultima volta». Non ci volle molto affinché il vento ululasse al volo della creatura delle tempeste. Un discendente dei draghi, a loro più vicino di quanto Ornstein potesse pensasse. Batté le sue quattro ali piumate e si posò al suolo elegantemente, alzando la polvere e caricando il cielo della forza del sole. Ornstein si inchinò abbassando il capo e la creatura stese un’ala, permettendo a chi la cavalcasse di scendere e mostrarsi agli occhi nudi del suo primo cavaliere.
Arrivò davanti a lui, poggiando al suolo la gigantesca spada-lancia con cui aveva ucciso centinaia di draghi.
«Io… io ti ho cercato, io ero pronto a un’altra guerra, ero pronto a morire pur di trovarti. Non sono qui per il Re, né per chiunque altro. Non ho fatto tutta questa strada perché Anor Londo è ormai consumata. È finita, siamo stati distrutti, Gwyndolin ha perso, Nito e Izalith sono stati sconfitti e il fuoco sta per spegnersi… Aldrich ha sommerso tutto e io ne sono consapevole».
Il drago delle tempeste soffiava le sue fiamme al cielo e il cavaliere con l’armature a scaglie di drago osservava l’ormai consumato Ornstein, senza espressione.
«Perché… sei qui?» disse a quel punto.
«Io volevo solo scappare, ma forse… è stato il viaggio che mi ha fatto capire» disse Ornstein.
«Capire?»
«Che io sono sempre stato fedele a te… l’unico vero Re del sole».
Il cavaliere a scaglie di drago mosse la sua lancia e la puntò alla gola del guerriero consumato: «Perché sei qui?»
«Perché la storia dovrà ricordare chi è l’erede dei fulmini… Gwynsen, primogenito del sole».

Il suo nome, cancellato dalla storia e dalle memorie era stato nuovamente nominato, ma era ciò che legava il Primogenito, il cavaliere del Re delle tempeste, a ciò che aveva rinnegato.

«Io sono un Re, un Re senza nome, e tu fai parte di un passato che non esiste più».

Il Re delle tempeste tuonò e il cielo accompagnò il suo volo facendo tremare le nubi. Il Re senza nome si allontanò e lasciò che il suo compagno si cibasse dell’ultimo Ammazzadraghi.

Il nome del Primogenito di Gwyn fu così nuovamente dimenticato, ma la storia dell’erede del sole alleato dei draghi era ormai eredità della storia, insieme alla sua vera identità.

   
 
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