A passo di gambero
vecchi tempi- prima parte
Era calata
una notte buia, priva
di stelle e luna. Al di fuori della finestra tutto pareva immobile,
neppure il vento si muoveva nell'oscurità. Il silenzio
esterno
rispecchiava quello interno: il castello era silente dato che tutti
s'erano coricati, da ore avevano annunciato la “buona
notte” ma
Levi lo sapeva, si trattava d'una farsa dato che il giorno seguente
era stata organizzata una spedizione al di fuori delle mura. Se
l'immaginava i membri della sua squadra sotto alle coperte con gli
occhi spalancati colmi di paura ed eccitazione. Chi morirà?
Chi
sopravviverà? Domande che verranno sanate quando il sole
sarà alto,
quando i cancelli delle mura s'innalzeranno.
Le notti precedute dalle
missioni erano sempre così silenziose e Levi ne
approfittò per
starsene solo con i suoi pensieri, difatti era in cucina, sedeva al
tavolo in compagnia d'una tazza di tè e i suoi pensieri
erano tutti
rivolti verso quel futuro così prossimo. Mentalmente
rielaborava il
piano di Erwin, non si domandò se andrà a buon
fine perché non aveva
alcun senso: potevano anticipare tutti gli imprevisti possibili ma alla
fine si trattava sempre d'una questione di attimi, bisognava sempre
avere la lama a portata di mano e gli occhi ovunque.
Decise di liberare la mente dal
futuro prossimo focalizzando lo sguardo sulla notte nera e i pensieri
camminarono all'indietro ritornando a un passato lontano.
. * .
Un giovane
Levi camminava lungo
un terriccio roccioso stando ben attento a non calpestare pozzanghere
aquitrine. Ai lati di quella sotto specie di strada,
c'erano case scosciate ricoperte di muffa e fango. Gli parevano delle
tane per topi perchè solamente questi erano creati per
vivere sotto
terra.
Il fetore di piscio e fogna era
devastante per le narici, stava andando a casa perché
lì l'odore
del disinfettante soffocava quello della muffa. Il desiderio venne
soffocato da una distrazione: vide una nuca argentea appartenente a
un vecchio uomo, l'andatura barcollante e le rughe profonde gli
suggerirono che doveva avere più di sessanta anni. Lo
seguì con lo
sguardo e questo scomparì dietro le ante d'una lurida
taverna. Lo
seguì anche con il passo perché il vecchio doveva
aver vissuto a lungo nel mondo sovrastante poiché nessun
uomo
nato nel ghetto riusciva a raggiungere quell'età. Proprio
perché
non erano ratti, la mancanza dei raggi solari provocavano delle
debolezze nel sistema immunitario così molti finivano per
morire
precocemente a causa di qualche sciocchezza.
Aprì le ante di legno ammuffite
per entrare in una stanza circolare cosparsa di tavoli occupati da
uomini. Gli ubriaconi parlavano con toni vocali troppo alti per i
suoi gusti. Nell'angolo a sinistra vi era una nicchia di gente che
stava in piedi intrattenendosi nel gioco delle freccette, quelli
erano i più rumorosi. Il suo sguardo andò al
banco dove china vi
era una testa argentata, lo sgabello accanto al suo era vuoto. Levi
vi si sedette senza troppi complimenti
<< Vecchio >> disse secco e due occhi spenti dalle cataratte si voltarono.
<< Ti offro da bere >>
<< Tu sì che sei un bravo ragazzo! >> lo sguardo divenne subito allegro e come se temesse un repentino cambiamento d'idea, il vecchio si sbracciò attirando l'attenzione del barista, ma poteva fare anche con comodo poiché Levi non avrebbe di certo ritirato l'offerta. Kenny gli aveva insegnato a comportarsi così quando voleva sciogliere la lingua di un alcolista.
Due
bicchieri di Gin si deposero
sotto ai loro nasi. Il vecchio trangugiò avido una buona
parte del
liquido, Levi ne prese un sorso sentendo quanto bruciante fosse
quella porcheria, lo depose di nuovo sul banco. Ovviamente la sua
espressione non tradì alcun disgusto.
Quando constatò che il calice
del vecchio era stato svuotato, decise che era giunto il momento di
parlare.
<< Vecchio, presuppongo
che hai vissuto a lungo in superficie >>
la nuca scompigliata annuì
<< Bene, allora devo …
>>
<< Prendo un altro
bicchiere, va bene ragazzo? >>
<< Sì >> sputò
fuori irritato dal fatto d'essere stato interrotto
Arrivò il secondo bicchiere di
Gin e Levi con un tutta la calma di cui disponeva,
riagganciò il
discorso.
<< Allora, hai vissuto a
lungo fuori da questa topaia? >>
<< Sì, sì. Mi sono
rintanato qua sotto perché ho assassinato uno della capitale
reale,
sai uno di quelli che indossano il cappello a cilindro >>
<< Questo non mi interessa
>> sentenziò arido.
<< Quello che voglio
sapere è come è la vita là sopra,
sicuramente si sta meglio che in
questo buco di merda, però voglio sapere come? Parlami anche
dei
giganti, sono una minaccia? >>
<< Oh, i giganti! Mi
ricordo che quando ero un moccioso e andavo a scuola, un mio compagno
di classe salì su dei trampoli indossando una maschera
inquietante,
gridò: “son un gigante, ora vi mangio
tutti”. Nessuno si
spaventò, ma quando quell'idiota cadde, dio quanto ridemmo!
Rido
ancora oggi al solo pensiero >>
<< Non mi interessa >>
Levi serrò i denti reprimendo l'impulso di sferrare un pugno
sulla
mascella del vecchio << quello che voglio sapere
è quanto è
migliore la vita là sopra >>
Il vecchio lo fissò, l'euforia
nata dal racconto di poco fa era svanita
<< Ragazzo, ho capito cosa
vuoi dire. Certo ero giovane il corpo non mi faceva male ed ero pieno
d'entusiasmo, allora stavo meglio rispetto ad ora. Un tempo non
dovevo alzarmi sette volte a notte per pisciare, ora bevo una pinta
di birra e dopo poco rischio di farmela addosso. Giusto …
>>
Si alzò dallo sgabello portando
la mano sulla patta del pantalone << vado al cesso
>>
Levi non attese il suo rientro e
s'immerse nelle strade della città.
Tutti parlavano di come erano
giunti in quel posto, del crimine che avevano commesso come se fosse
una sorta di manifesto, di pubblicità. Senza problemi lo
narravano,
eppure nessuno raccontava come era la vita là fuori. Era
come se
tutti eliminassero dal passato i raggi solari.
Sapeva
che doveva uscire da lì, non sapeva cosa lo aspettasse al di
fuori
di quel soffitto roccioso ma ne era cero, sarebbe stato meglio vivere
sotto una volta celeste piuttosto che schiacciati da stalattiti
rocciosi. Questo era il suo unico scopo, racimolare più
soldi che
poteva per procurarsi dei documenti falsi e uscire da quello schifo,
però avere qualche informazione in più sulla vita
esterna gli
avrebbe fatto comodo. Un domani si sarebbe ritrovato là
fuori e
avrebbe anche voluto conoscere la faccenda dei giganti che venivano
qualche volta menzionati ma di fatto sembrava che nessuno li avesse
mai visti.
Il
flusso dei suoi pensieri venne spezzato da un grugnito quasi
animalesco, Levi si blocca sui propri piedi dato che quel ruggito lo
conosce fin troppo bene.
Si
voltò e vide una ragazza che se ne stava con la schiena
abbandonata
contro il muro. La chioma bionda brillava nella semi ombra, gli
occhi invece non emanavano alcun riflesso, erano fissi verso un punto
ceco. Stava immobile mentre il grassone le si spalmava addosso, le
metteva le mani ovunque, le dita tozze la percorrono da capo a piede,
dalla bocca uscivano grugniti sconnessi quando non era impegnata a
leccare il profilo della giovane.
Poteva
andarsene, girare i tacchi e proseguire per la sua strada dato che
non era in cerca di rogne, ma successe. La ragazza girò il
capo come se si fosse accorta della sua presenza, lo fissa e i suoi
occhi
erano due pozzi neri nel quale non si poteva far altro che
sprofondare.
<<
Lo hai steso con un calcio? >> disse la ragazza incredula
nell'osservare il vecchio riverso a terra.
<<
Non è morto, perciò ti conviene sloggiare
>> difatti il vasto
pancione si muove con una certa fretta, su e giù. Levi era
intervenuto perché non era stato in grado di mettere a
tacere la coscienza, a dirla tutta non l'ascoltò appieno:
quest'ultima voleva
uccidere, voleva vedere il vecchio porco morto con le budella
squarciate. La sua coscienza sarebbe stata soddisfatta, lui no, non
voleva seguire le orme di Kenny per diventare “Levi lo
squartatore”.
Girò
le spalle pronto per tornare a casa.
<<
Aspetta! >>
Con
una certa noia arrestò i propri passi, non voleva alcun
ringraziamento, era intervenuto solamente per soddisfare un desiderio
personale.
Lei
si piazzo dinnanzi a lui a tre dita di distanza, per istinto Levi
arretrò d'un passo, mai stare troppo vicini a una persona,
per
quanto piccola ed innocua quella potrebbe tirare fuori un pugnale.
Kenny gli aveva insegnato così.
<<
Il mio nome è Erika >> disse abbozzando un
sorriso.
<<
Levi >> disse lui secco, non avevano altro da di dirsi
perciò
era giunto il momento d'andarsene ma successe. In uno scattò
lei
accorciò la distanza e le sue labbra si posero sulle sue
combaciando
alla perfezione. Levi rimase granitico con gli occhi sbarrati dalla
sorpresa, reagì solamente nel momento in cui
sentì la lingua
estranea intrufolarsi oltre le labbra.
Levi
si staccò facendo un balzò all'indietro,
portò le mani alla bocca
umida riscoprendosi sorpreso,accaldato e sconcertato.
<<
Che c'è? Hai forse avuto delle brutte esperienze col sesso?
>>
chiese lei allarmata dallo sguardo che le stava rivolgendo, pareva
aver voglia di sgozzarla.
<<
Scusa, io volevo solamente ringraziarti >> disse lei
senza
avvicinarsi.
Levi s'asciugò con la manica della camicia la bocca
umida e si ricompose ricercando quell'autocontrollo che non
riuscì a
riacquistare, era percosso da troppe sensazioni.
<<
Potevi evitare, non voglio i tuoi fottutti ringraziamenti
>>
Levi
le cacciò un ultima occhiata rognosa e svanì con
velocità dalla
vista lasciando una ragazza senza domande e risposte, non aveva visto
nessun uomo reagire in quel modo ad una sua attenzione.
Levi
sbattè la porta con rabbia.
La
prima cosa che fece fu quella d'andare in bagno, acchiappò
lo
spazzolino e prese a spazzolarsi il denti con furia.
Sciacquò la
bocca, sputò riprendendo a spazzolare con frenesia la
cavità. Le gengive avevano preso a bruciare ma non gli
importava,
la bocca era sporca e quella sporcizia pareva non volersene andare.
Prese
a lavarsi il viso con foga, anche quello gli pareva lercio.
Era
arrabbiato, non per il bacio in se ma per le sensazioni che gli aveva
arrecato. Era un ventenne e come tutti i giovani aveva
fatto i conti con le sensazioni elettriche derivanti dalla
giovinezza, ma nonostante ciò mai, neppure per un secondo,
gli era
saltato alla testa l'idea di intrattenersi nel calore d'una donna. Le
ragioni erano tante, di fatti era un ragazzo dall'aria scontrosa, i
suoi modi di fare poco gentili non attiravano affatto l'altro sesso, e
poi aveva tante cose da fare. Stava racimolando denaro per uscire
dalla città sotteranea, era un progetto ambizioso che
richiedeva
tutte le sue energie, non poteva spendere queste ultime per coltivare
la sessualità. Inoltre l'idea di toccare qualcuno gli pareva
così
sporca come il bordello in cui era vissuto. L'odore della muffa
s'appiccica ovunque, nei muri, nelle strade, sui vestiti, nei
capelli. Non importava quanto ti lavassi, l'odore ti s'addossava come
una seconda pelle, non voleva odorare il fetore addosso ad un'altra
persona.
Era
strano, nonostante tutti questi elementi, la bocca dello stomaco
s'era chiusa.
Una
sensazione solleticante correva lungo tutta la lunghezza della pelle.
Era
stato disgustoso ma ne voleva ancora, voleva sentire di nuovo quelle
labbra color pastello sopra le sue.
L'incisivo
affondò nella carne morbida, il fatto che gli fosse in un
qualche
modo piaciuto, gli faceva schifo.
Buona sera! :)
Questa piccola long
(sarà lunga all'incirca otto capitoli), è in
corso da così tanto tempo che finalmente mi son decisa a
pubblicare il primo capitolo.
Non voglio anticiparvi nulla di questa storia, posso solamente dirvi
che i capitoli sono quasi tutti scritti e pubblicherò con
cadenza regolare ( non lo prometto ma ci proverò
>.< )
Spero che questo primo capitoletto vi sia piaciuto e non vedo l'ora di conoscere le vostre impressioni.
un abbraccio grande
Mistiy