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Autore: LyricalKris    26/05/2016    5 recensioni
Lei gli era costata tutti quelli che avesse mai amato. Di sicuro qualche mese di matrimonio non sarebbe stato un prezzo troppo alto da pagare, per lei, in cambio.
Dal testo: Lei non aveva assolutamente il diritto di essere felice ...
Lasciò che il suo fastidio e la sua rabbia lo guidassero, aggrappandosi a entrambe come se fossero le sue sole ancore di salvataggio, mentre saliva le scale su cui lei era arrancata ...
«Ma stai scherzando», disse Bella, e girò un’altra pagina del contratto, scuotendo la testa mentre continuava a leggere.
«In quale parte?» chiese lui avvicinandosi. Mise i palmi sulla superficie del tavolo, prima di toglierli in fretta e ripulirsi, facendo una smorfia.
Lei lanciò uno sguardo nella sua direzione. «Tutto quanto», disse lei con tono incredulo. «Non penserai onestamente che qualcuno ci crederà.»
Edward la guardò impassibile. «Perché no? Ti credevamo tutti, prima, te lo sei scordato?»
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Carlisle Cullen, Esme Cullen | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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CONTRACTUALLY BOUND, è stato scritto in inglese da LyricalKris e tradotto in italiano da beate.
A questo indirizzo potrete trovare la versione originale.
https://www.fanfiction.net/s/9193694/22/Contractually-Bound




Capitolo 22


«Vattene via da me», scattò Bella. «Non toccarmi.»

Edward alzò le mani arretrando di qualche passo da sua moglie e si passò la mano dietro il collo. Rosalie andò verso di lui e lo spinse via. «Dovresti farti una passeggiata.» Il tono diceva chiaramente che non era un suggerimento.

«Rosalie...»

«Ci penso io. Vai.»

Edward ringhiò, ma andò. Ma non lontano. Si lasciò cadere sulla prima sedia che trovò, i gomiti sulle ginocchia e la testa tra le mani.

Sua madre gli aveva detto una volta, “lascia che sfati per te uno dei più grandi miti della nostra società, qui e adesso. Non c’è niente di sacro nel matrimonio. C’è molto di buono. Di divino, perfino, ma niente di magico. È una bella unione tra due persone, ma c’è il punto debole. Quelle persone non sono meno umane di prima che entrassero in quella unione.”

Gli aveva preso le mani e le aveva strette, l’espressione malinconica. “Io penso che tutti noi ci innamoriamo tante volte nella vita. Magari di un lavoro, di un hobby. O magari amerai tante persone nella tua vita. L’amore è così. Le sue definizioni sono infinite e le sue possibilità senza limiti. Non lasciare che qualcuno ti dica qualcosa di diverso.
Quando ti sposi, se sei fortunato e lavori duro, ti innamorerai continuamente della stessa persona. Il tempo ti cambierà. Il tempo cambierà lei. Il tempo cambierà il vostro amore. Può succedere che arrivi un momento in cui la vostra unione non sarà più così bella. Non c’è niente di sbagliato in questo, nessuna vergogna, ma se è rimasta un po’ di bellezza, la possibilità che tu desideri di mantenere le vostre vite intrecciate, devi metterci dentro tutto quello che hai. Combatti. E questo non vale solo per il matrimonio. Combatti per tutto quello che ami, qualunque cosa buona della tua vita.”


Così Edward aveva combattuto. Lui e Bella, avevano combattuto entrambi.

E avevano vinto.

Come tutto nella vita, la strada non è per niente spianata. Cercarono di stare attenti. Cercarono di essere consapevoli delle vite che si stavano costruendo separatamente.

Quando si trasferirono a Seattle, le cose andarono bene per un periodo.

Fu Edward che ricordò qualcosa che era uscito di mente a Bella. Il contributo finanziario era concesso sulla base delle tasse pagate nell’anno precedente, non quello corrente. Quindi lei aveva ancora i requisiti per ottenerlo per il semestre di primavera. Con l’incoraggiamento di Edward, parlò con il rettore della UDub, e le fu concessa un’ammissione tardiva per il semestre primaverile.

Edward andava ancora alla deriva.

Pensò che fosse il karma che tornava a mordergli il culo. Quando ogni pensiero su Bella era colorato di rancore, Edward aveva disprezzato la sua lentezza nell’agire.

Ma come era successo a Bella quando aveva diciotto anni, quando si era accorto che la vita che aveva pianificato non era quella che voleva, Edward si era smarrito.

Che diamine voleva fare del resto della sua vita? Cosa lo avrebbe reso felice? E lui sapeva quanta felicità può portare una buona professione. L’aveva visto ogni volta che suo padre tornava a casa dopo una giornata di duro lavoro all’ospedale. Carlisle poteva anche sembrare a pezzi, completamente esausto per essere stato troppo in piedi e con troppe vite tra le mani. Ma c’era quello sguardo, nei suoi occhi, una soddisfazione profonda che permeava ogni aspetto del suo essere. Camminava più in alto, per quello. E per Esme e il suo lavoro era la stessa cosa.

Edward aveva sempre voluto quello. Quando lui e Bella erano giovani, avevano una visione idealistica delle persone che volevano essere. Lei si vedeva come una ricercatrice di successo, il tipo che avrebbe cambiato il mondo con i suoi esperimenti infinitamente affascinanti. Lui vedeva se stesso con un completo formale, trasudante carisma e successo.

In realtà, la visione di Edward era stata corretta, ma neanche lontanamente soddisfacente. Non c’era anima nel mondo degli affari.

Il che lasciava la domanda: dove voleva stare l’anima di Edward?

Finora, si era distratto con le opere di bene. Quando era furioso per quello che doveva soffrire sua madre, le umiliazioni della malattia, lei gli aveva dato un colpetto sulla mano. «Io sono fortunata, Edward. Ho tutte le migliori cure possibili e una famiglia amorevole. Questa è la natura, e la natura non è sempre indulgente. Ci sono tanti che non hanno il conforto che ho io.»

Così, mentre pensava a cosa fare della propria vita, aveva cominciato a mettere insieme una fondazione che mirava ad aiutare persone prive di assicurazione o supporto. Era un’impresa enorme, ma lui aveva sia i soldi che il senso degli affari per farcela.

«Tua madre sarebbe fiera di te», gli diceva spesso Carlisle.

Edward sospirò mentre tornava al presente. Guardò l’orologio, notando che era quasi mezzanotte. Com’era calzante.

Era quasi un anno dalla morte di sua madre. C’era in programma una veglia, ma sembrava che lui e Bella non ci sarebbero stati. Ma non pensava che a sua madre sarebbe dispiaciuto, in questo caso particolare.

«Mister Cullen?»

Edward si alzò in un batter d’occhio. «Mia moglie sta bene?»

L’infermiera sorrise. «Tutto a posto. L’ha perdonato. La rivuole con sé.» Gli diede una piccola pacca sulla spalla. «Non si preoccupi. Penso che stavolta la terrà con sé, papà. Stiamo arrivando al nono inning.»

Ansioso di tornare da Bella, Edward corse per il corridoio dell’ospedale.

Rosalie si alzò dal suo posto vicino a Bella, lasciando a malincuore che Edward prendesse il suo posto. Disse qualcosa a proposito di andare i caffetteria, ma Edward la sentì a malapena.

«Edward.» Bella sembrava sollevata mentre allungava la mano verso quella di lui. «Mi dispiace. Mi dispiace tanto, Edward.»

«Shh, shh, tesoro.» Prese la mano di lei con tutte e due le sue.

«Mi ero solo incazzata, per un secondo, ma ho bisogno di te. Ho bisogno di te qui.»

«Sono qui. Non vado da nessuna parte. Te lo giuro.» Le scostò una ciocca umida dal viso. «Okay?»

Bella tirò su col naso, più calma. Appoggiò il viso sul palmo di lui. «Okay.»

Edward si chinò, premendole un lungo bacio sulla fronte prima di sedersi di nuovo al suo legittimo posto. Lasciò una delle sue mani tra quelle di lei e poggiò l’altra, come faceva sempre ultimamente, sulla sua enorme pancia. «Come sta la nostra bambina?»

«Meglio, adesso che ha sentito il dottore dire che potrò avere l’epidurale.»

«Grazie a Dio.»

«È quello che abbiamo detto.» Sospirò, premendo la mano contro la pancia. «Sono preoccupata.»

«Non c’è niente di cui preoccuparsi.»

«È in anticipo.»

«Il dottore dice che sta bene. Loro sanno cosa cercare, Bella.»

Lei strinse le labbra, ovviamente non comprando quello che lui cercava di venderle. «È colpa mia.»

«Bella.»

«No. Ricordi? Quando abbiamo saputo di lei, tutto quello che riuscivo a pensare era che avrebbe interferito con l’università. Di nuovo.» Sbatté la testa sul cuscino. «La vita non vuole che vada all’università. Sembrava la peggior cosa del mondo.»

«Bella. Tesoro, lei sta bene. Starà benissimo.» Le accarezzò la guancia con gentilezza. «Ricordi cos’è domani, vero?»

«Certo.»

«Io non credo che sia una coincidenza. Forse è la mamma che ti dà questo regalo. La scuola comincia tra due settimane, giusto? Potresti andarci, così. Ci hai pensato?»

«Non mi importa. Non mi importa più. Voglio solo che la nostra bambina stia bene.» La sua voce si spezzò e il cuore di Edward si strinse.

Era stanca. Aveva i dolori da un sacco di tempo. Edward avrebbe fatto di tutto per aiutarla. Si sentiva impotente, e lui non era bravo con l’impotenza.

Ma poteva essere forte per lei. Poteva essere forte per Bella e la loro figlia.

Prima che potesse consolarla, Bella boccheggiò. Afferrò la mano di lui mentre una forte contrazione la colpiva. «Respira. Respira. Sono qui.» Guardò il monitor, strofinandole la schiena con la mano. «Quasi finito, Bella. Hai quasi finito con questa.»

La contrazione si attenuò e Bella si afflosciò contro di lui.

«L’anestesista dovrebbe essere qui a momenti», le assicurò l’infermiera. «Vado a controllare dov’è.»

Edward sistemò il braccio intorno a sua moglie, tenendola vicina. Le baciò la tempia. «Sono così orgoglioso di te, Bella. Ti amo tanto.»

«Anch’io ti amo.»

Appoggiò la fronte contro quella di lei, mettendo di nuovo la mano sulla sua pancia. La loro bambina era quasi qui. Gli ultimi cinque mesi erano stati una corsa folle. Be’, in realtà erano stati nove anni folli. Edward non aveva idea di come fosse successo. Come era finito ad avere tutto ciò che voleva quando aveva diciotto anni? Oh, certo. Il lavoro significativo era ancora in divenire, ma tutto il resto era riuscito in qualche modo a ricucirlo insieme.

Era sposato con la donna di cui era innamorato da quando era ragazzino. Erano completamente innamorati, anche dopo tutto questo tempo, specialmente dopo tutto questo tempo.

Quando erano adolescenti, pensavano che poco prima dei trenta sarebbe stato un buon momento per mettere su famiglia. Ventisette. Dava loro il tempo di andare avanti nelle loro carriere ed essere comunque dei genitori giovani.

La loro nuova vita aveva avuto diversi ritocchi. A ventisette e ventotto anni stavano ricostruendo la loro relazione. Erano felici e stavano diventando più forti, ma non avevano neanche parlato di rendere reale il loro matrimonio prima che il bambino li sorprendesse.

Bella prendeva la pillola. O erano rientrati nell’1% o forse non l’aveva presa nel modo giusto. In un modo o nell’altro, era occupata con la scuola quando all’improvviso era svenuta al campus. Ripensando a sua madre, Edward andò nel panico e la portò da un dottore. Aveva detto che non c’era niente che non andava in Bella, ma solo che c’era un panino di quattro mesi nel forno di Bella previsto per due settimane dopo l’inizio del semestre autunnale.

Cambiò tutto, evidentemente. Bella si trasferì a casa sua, a casa loro, e all’improvviso c’era un bambino da progettare insieme al resto delle loro vite.

Erano felici, cautamente estatici, perfino. Era tutto fuori ordine, ma stavano abituandosi all’idea che avesse ragione John Lennon: la vita è quello che ti succede mentre sei occupato a fare altro.

Edward si schiarì la gola. «Hey. Ho una cosa per te.» Si mise la mano in tasca e tirò fuori l’anello di fidanzamento. Bella fece una mezza risata e Edward la guardò con un sorriso impacciato. «Hey, non c’è niente di normale qui, tanto vale farlo come si deve.» Allora il sorriso di lui si ingentilì mentre le prendeva la mano. «Bella Cullen. Madre di mia figlia. Amore della mia vita. Vuoi sposarmi, veramente sposarmi?»

Lei rise di nuovo, ma era un suono allegro, non ironico. «Certo. Sì, lo voglio.»

Il sorriso di Edward si allargò. Fece scivolare l’anello nel dito di lei e portò la mano alle labbra per baciarla. Lui voleva di più. Voleva una cerimonia. Non una cerimonia tradizionale, gli sembrava sbagliato senza sua madre, ma una di fronte ai loro amici, dove gli altri potessero vedere quanto erano felici.

Ma per ora, era lieto che portasse finalmente l’anello con tutto il sentimento che era giustamente assegnato a una cosa simile.

Una dottoressa apparve sulla porta in quel momento, e aveva un gran sorriso. «Il pusher è qui.»

«Oh, bene. Ero proprio in crisi di astinenza.»

La donna annuì. «Be’, vediamo cosa ho per lei, Mrs. Cullen.»

***

Bella era spenta, completamente prosciugata di ogni energia. E dolorante. Gesù Cristo, non era mai stata così dolorante. Muoversi era disagevole, per usare un eufemismo.

Un flebile miagolio la trasse dal suo stato sonnolento. Sorrise, voltando la testa verso quel suono. Aprì gli occhi e il cuore le si fermò alla vista meravigliosa che aveva davanti.

Suo marito teneva tra le braccia la loro figlia nuova di zecca. La guardava con meraviglia, in faccia il sorriso più sciocco mentre contava le sue minuscole dita, per la centesima volta, probabilmente.

Era stanca, indolenzita… e completamente felice. Nonostante le sue preoccupazioni perché era in anticipo di quattro settimane, sua figlia era bella e sana. Solo due chili e un po’, ma sana. E incredibilmente preziosa.

Nata a un anno di distanza, quasi nello stesso minuto in cui sua nonna era morta.

Bella ricordò quello che aveva detto Edward quando sperava, nonostante l’incertezza della loro relazione, che quella notte frenetica e di speranza che avevano passato insieme avesse innescato un'altra vita. Loro si amavano. Non importava cos’altro esisteva tra loro, quel bambino sarebbe stato concepito nell’amore.

Solo pochi mesi erano passati tra il potenziale bambino e quello vero, che differenza. Non erano pronti (anche se, chi è mai veramente pronto ad essere un genitore?) ma lei era stata concepita solo nell’amore, senza la rabbia e il dolore che li avevano circondati per tanto tempo.

Era ancora, come aveva detto Edward, una vita che cominciava mentre un’altra finiva.

La loro bambina non sarebbe stata qui, neanche loro sarebbero stati qui, se non fosse stato per Esme. La sua morte aveva dato loro una seconda possibilità di quella vita per cui nessuno dei due aveva lottato abbastanza.

La bambina strillò, ignorando le coccole di suo padre.

«Probabilmente ha fame.» La voce di lei era ruvida di sonno. Trasalì mentre si metteva seduta.

Edward alzò la testa, allargando il sorriso. «No, non credo. Stiamo parlando.» Guardò giù la bambina. «Non è vero, piccola? Tu vuoi parlare col tuo papà, vero?» Era proprio ridicolo. E adorabile.

E suo.

Tutto questo era suo. Loro erano suoi.

Bella sentì il cuore farsi così grande, non le entrava più in petto.

Prima che potesse parlare, sentì un rumore alla porta. «Hey», disse qualcuno, a bassa voce.

Edward e Bella alzarono gli occhi e videro Carlisle, Jasper e Alice sulla porta. Sbirciarono dentro cauti, ma quando videro che tutti erano svegli, entrarono tutti. «Siamo venuti prima possibile,» disse Carlisle. I suoi occhi erano sul fagotto tra le braccia di suo figlio.

Edward si alzò. «È arrivata in anticipo.» Guardò suo padre. «Vuoi tenerla?»

Gli occhi di Carlisle si illuminarono. Non rispose, ma allungò le braccia per prenderla. Bella guardò mentre Edward la posava sulle sue braccia. Guardò come il labbro di suo suocero tremava mentre guardava la sua prima nipote.

Fu un momento dolceamaro. Il cuore di Bella faceva male. Avrebbe tanto voluto che ci fosse Esme, lì con loro. Poteva immaginarsi perfettamente il modo gioioso in cui avrebbe sorriso. Sentì una fitta di senso di colpa. Se soltanto lei avesse…

Ma no.

Aveva chiuso con i se soltanto. Aveva una buona vita e non l’avrebbe cambiata con niente al mondo. Neanche per qualunque vita avrebbe avuto se non avesse spezzato il cuore di Edward e il suo.

Non esiste vita senza guai, dolore e rimpianto, dopotutto.

«L’abbiamo chiamata Mae», disse Bella. «Mae Serena Cullen.»

Carlisle la guardò con gli occhi lucidi. Le sue labbra si piegarono in un sorriso, e inalò un respiro tremante. «È perfetto.» Alzò la bambina verso di sé e le diede un bacio sulla fronte. «Benvenuta al mondo, piccola. Sono così felice di conoscerti.»

Alice e Jasper scivolarono dietro Carlisle. Jasper offrì a Edward una stretta di mano di congratulazioni e una pacca sulla spalla mentre Alice abbracciava Bella.

Le cose andavano meglio, tra loro, in particolare da quando Alice era tornata da Milano due mesi prima. Alice era molto più calma adesso. Aveva trovato pace nell’idea che sua madre avrebbe voluto che vivesse la sua vita senza pastoie e limitazioni, e dato che Edward era felice come una pasqua in quei giorni, non aveva motivo di essere arrabbiata con Bella. Non erano ancora amiche, ma questa cosa era all’orizzonte.

Dopo che Jasper l’ebbe baciata sulle guance e si fu congratulato con lei, tutti si spostarono. Alice e Jasper si avvicinarono a Carlisle e alla bambina. Edward tornò di nuovo vicino a Bella. Le prese la mano e gliela baciò con dolcezza e reverenza, e quando lei lo guardò negli occhi, vide che era raggiante. E lei era sicura di avere lo stesso enorme sorriso in faccia.

Chinò la testa contro di lei e sospirò mentre chiudeva gli occhi.

Che corsa strana e surreale era stata, per arrivare fin qui.

Venne in mente a Bella che la vita non è fatta per essere progettata. Ogni volta che aveva provato, aveva fallito miseramente. Forse non aveva bisogno di un piano, ma di una prospettiva.

Magari non era una laureata, ma era una buona figlia, una buona amica.

Magari stava guardando in faccia i suoi ventotto anni con un curriculum che la etichettava come cameriera di fast food, ma era anche una moglie, e adesso una madre.

Magari aveva inciampato per arrivare qui, ma aveva una bella figlia, un suocero affettuoso, una seconda famiglia, e un marito che era un vero compagno di vita.

Voltando la testa, Bella prese le labbra di Edward in un bacio. «Ti amo», sussurrò.

Edward le sorrise, un uomo totalmente diverso da quello che aveva bussato alla sua porta un anno e qualche mese fa. Prendendole la mano, passò il pollice sopra il suo anello. «Sempre», promise.

E suggellò la sua promessa con un bacio.




   
 
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