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Autore: Daleko    27/05/2016    0 recensioni
«Ricordati di inserire questa parte, di quando lei mi ha stretto e ha chiuso gli occhi prima di prendere un respiro profondo. L'ho guardata preoccupato ma lei sorrideva così tranquilla! "Ti amo", mi ha detto. Proprio così: "Ti amo" e basta, non ha aggiunto altro.»
Genere: Fluff, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Jason

 
Jason mi sfiorò una spalla; un brivido di freddo mi colse improvvisamente.
«Hai finito?»
«Quasi» risposi con un sussurro a quel soffio giunto da lontano.
«Non dimenticare quella parte, di quella volta nel bosco» aggiunse stringendomi un braccio. Sembrava essere immerso nei suoi pensieri e io, accigliandomi, non potei fare a meno di chiedere qualche dettaglio in più. «Quale parte nel bosco? Non la ricordo» ammisi mentre le mie dita danzavano rapide sui tasti sbiaditi dall'usura. Un sospiro m'indusse a frenare la mia narrazione; non potei evitare di fissare lo sguardo sul puntatore lampeggiante, immediatamente dopo un punto fermo. Pensai di andare a capo, ma Jason aveva ormai ricominciato a parlare.
«Quella volta che andammo in montagna e c'erano le pecore a pascolare. Lei rideva come se il sole le stesse splendendo davanti per la prima volta e cominciò a correre verso il gregge in lontananza. Corsi anch'io e lasciai il mio zaino a terra, anche lei lo lasciò a terra ma non me ne accorsi perché ero impegnato a correre verso di lei. Le pecore sembravano vicine ma erano molto più lontane e non lo so come, ma ci ritrovammo a terra con lei che non riusciva a smettere di ridere. Riesci a immaginare quant'era bello stringerla a me mentre la sua risata riempiva il mio mondo?»
Continuavo a digitare in maniera incessante. «Sì, posso immaginare» mormorai mentre la sua tempia si adagiava sulla mia spalla; la sua testa sfiorava la mia e i capelli mi solleticavano il viso. Non potevo distrarmi: le parole scorrevano dalle sue labbra come un fiume in piena.
«I suoi capelli castani erano quasi biondi per colpa di tutto quel sole, e mi ricordo di aver pensato che forse mi sarei scottato se li avessi toccati. Che pensiero stupido! Ma lei mi fissava con i suoi occhi neri e profondi e maledizione, potevo perdermici in quelle pupille enormi e in quelle iridi quasi ricamate. Capisci cosa voglio dire?»
S'interruppe nuovamente con una domanda; sorrisi ma non risposi, concentrandomi sulla battitura.
«Ricordati di inserire questa parte, di quando lei mi ha stretto e ha chiuso gli occhi prima di prendere un respiro profondo. L'ho guardata preoccupato ma lei sorrideva così tranquilla! "Ti amo", mi ha detto. Proprio così: "Ti amo" e basta, non ha aggiunto altro. Io l'ho guardata per un attimo, stupito, e il suo labbro superiore era così bello! Di quelli larghi e definiti, che potrebbero ospitare una goccia d'acqua fra se stessi e la pelle del viso...» descrisse con aria sognante. La metafora non mi convinse del tutto, ma non ne avevo di migliori e così la inserii letteralmente senza dire una parola. «Disse di amarmi e io cosa potevo fare? Ho alzato il busto spostando lei sull'erba e l'ho baciata. Sembrava sorpresa ma cosa si aspettava? Io non lo so. So solo che l'ho baciata, ho pianto, ho detto di amarla anch'io e ho pianto ancora. Sai che dopo mi ha abbracciato? Sì, mi ha abbracciato e mi ha detto che sarebbe andato tutto bene. Non ti sembra assurdo? Mi ha detto che sarebbe andato tutto bene nonostante sapesse già...» mormorò con tono triste mentre il racconto terminava inconcluso con quell'ultima riflessione. Continuai a digitare per un po' e finalmente arrivai alla fine del capitolo; guardai l'orario in alto a destra sullo schermo e sul mio viso si dipinse un'espressione di disappunto. «Sei di nuovo fuori dall'orario stabilito?» sussurrò Jason mentre mi passeggiava alle spalle. Io annuii con un mezzo grugnito e salvai la bozza prima di lasciarmi andare a una posizione più rilassata; Jason stava andando via e la sua voce diventava sempre più flebile.
«Jason...» lo richiamai pigramente indietro; le mie labbra ebbero un fremito. «Sì?» rispose, ma ormai mi sembrava di aver già dimenticato cosa volessi dirgli. «Volevo ringraziarti. Spero di riuscire a trascrivere bene la tua storia» ammisi mentre le palpebre mi si chiudevano lentamente a causa della stanchezza. «Perché mi ringrazi? Io spero di raccontare una storia abbastanza interessante» rispose lui. «Dopotutto, sei tu lo scrittore. Nessuno ti obbliga a raccontare da dove prendi davvero le tue idee, quindi fino a prova contraria... Non è vera» ammise con un altro velo di tristezza nella voce mentre scompariva in un angolino; stava proprio andando via e io, incurante, mi lasciai andare a un sorriso prima di rispondergli ancora una volta. «Ma certo che è vera. Credi che i lettori non mi crederebbero se raccontassi delle tue, delle vostre confessioni? Solo perché, tecnicamente, non esistete?»
Era davvero tardi e la stanchezza pesava più delle parole; Jason, per il momento, era sparito. Sapevo che sarebbe tornato per il continuo della storia, ma quella discussione per allora sarebbe stata chiusa e dimenticata. «Già, forse hai ragione» conclusi tra me prima di abbandonarmi a un caldo sonno ristoratore, dimenticando per qualche ora le infinite storie che cozzano alla porta della mia mente, sussurri di persone invisibili desiderose di trovare, in qualche modo, una testimonianza del loro passaggio.



 

Ad Antoine Saint-Exupéry, che mi ha insegnato a sognare,
e a chi, nonostante tutto, non ha mai smesso di farlo.

 
   
 
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