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Autore: Clockwise    27/05/2016    2 recensioni
Chiudono gli occhi, entrambi, uniti e lontani ad un tempo. Lo stesso sospiro – tornare a casa.
[...]
«Mi dispiace, John.»
Scosse la testa.
«Di esserti innamorato di me?»
Sherlock non rispose; lo fecero i suoi occhi, trasparenti come acqua.

Amanda ha diciannove anni quando va a Londra per la prima volta in cerca di suo padre, in cerca di risposte, costringendo John e Sherlock, ormai estranei, a fare i conti con loro stessi.
"Nostos": in greco, "viaggio di ritorno", "ritorno a casa".
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altro personaggio, John Watson, Molly Hooper, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Private Investigations
 
And what have you got at the end of the day?
What have you got to take away?
A bottle of whisky and a new set of lies
Blinds on the windows and a pain behind the eyes
Dire Straits, Private Investigations
 
 
Victoria ha la faccia di chi è estremamente soddisfatto di sé e sta per ottenere un pasto gratis.
John la fa sedere in cucina e le serve un piatto di zuppa di pomodoro. Aspetta in silenzio che la ragazza si sazi per bene, prima di parlare.
«Novità?»
Victoria annuisce, sollevando la scodella per bere fino all'ultima goccia. Si ripulisce con il dorso della mano e sorride.
«Sta partendo.»
John sgrana gli occhi.
«Che cosa?»
«Mosca mi ha detto che Robin le ha detto che Jeremiah lo ha visto dalla casa di suo nonno – è lì perché il vecchio sta morendo, o qualcosa del genere, gli abita tipo di fronte. Cioè, non proprio di fronte, ma vicini insomma. Cioè, il cancello della casa del nonno di Jeremiah è di fronte al cancello della casa di Holmes, poi certo, uno non è che vede proprio le case, sono tipo sommerse negli alberi, non so se mi spiego, no? E insomma, Jem era uscito per farsi, sai, due tiri, no?, e ha visto Holmes con un borsone che entrava in una macchina – un taxi, secondo lui. Siccome da suo nonno si stava rompendo le palle, ha preso a seguirlo. Secondo me era un po' fatto, perché insomma, chi si metterebbe a seguire una macchina in bicicletta?» prende fiato, sorseggiando un po' d'acqua. John non l'ha notato prima, ma le sue treccine virano al rosa, adesso, e ha un nuovo piercing sul sopracciglio. Victoria segue il suo sguardo e sorride orgogliosa, indicandolo.
«Ti piace? L'ho fatto ieri. Un tipo che conosco me l'ha fatto gratis, in cambio di un po' d'erba.»
John si costringe a simulare un sorriso.
«Carino.»
«Grazie. Non è che hai un altro po' di pane?»
John annuisce e si alza per tagliare altro pane. Victoria, intanto, continua a raccontare, dondolandosi sulla sedia.
«E insomma, Jem è stato fortunato perché, alla fine, ha ritrovato il taxi in paese, in piazza, vuoto. Ha chiesto al tipo dov'è che era andato Holmes, ed è riuscito a farselo dire. Stava in stazione. Jem dice che l'ha anche visto, ma poi l'ha perso perché è salito su un treno. Non sa quale, però.»
John ferma il suo dondolio e le mette davanti dell'altro pane e del formaggio spalmabile. Victoria se lo mangia direttamente a cucchiaiate, riempiendosi la bocca di pane con l'altra mano.
«Questo è tutto quello che sappiamo. È roba forte, eh?»
«Lui sa niente?»
«Nah. Jeremiah è stato attento, che ti credi? Oddio, forse dopo l'ultima volta potrebbe avere dei sospetti, ma insomma...»
«Perché, che è successo l'ultima volta?»
Victoria si stringe nelle spalle, giocherellando con una mollica di pane.
«Beh, Mosca, che era di turno a sorvegliare, è entrata nel giardino.»
John spalanca gli occhi.
«Ma come le è venuto in mente? Vi ho detto che dovete rimanere a distanza...»
«Lo so, lo so, gliel'abbiamo detto, che ti credi?, però lei è entrata lo stesso. Che ne so, diceva che voleva vederlo da vicino, qualcosa così. Lo sai che ha una cotta per lui.»
John rotea gli occhi, incrociando le braccia al petto.
«In ogni caso, è inciampata nei bidoni della spazzatura. Lui si è girato ma non è uscito. Lei ha aspettato lì finché non se n'è andato.»
«Mh. Potrebbe essersene accorto.»
«Lo so. Infatti abbiamo proibito a Mosca di andare ancora.»
«Bene.»
Ha lasciato il Sussex. Per dove? Una flebile, speranzosa vocina sussurra Londra!, ma la scaccia via prima che diventi troppo forte. Probabilmente Mycroft gli ha assegnato qualche incarico chissà dove, una missione sotto copertura. Ovvio, dev'essere così. Non avrebbe altro motivo per allontanarsi. Giusto?
Lo squillo del campanello lo desta dai suoi pensieri. Lancia un'occhiata all'orologio.
«Torno subito» mormora, mentre Victoria addenta un'altra fetta di pane, annuendo distratta. Nota con sorpresa e soddisfazione, mentre si pulisce il mento dalle briciole, che il Dottor Watson si è di nuovo scordato il bastone.
«Dormito bene? Dov'è che alloggi?»
«Oh, in un Bed&Breakfast, la zona... Vauxhall, mi pare.»
Sente la voce del Dottor Watson e quella di una ragazza avvicinarsi su per le scale.
«Mh, è una bella strada fino qui.»
«Ho fatto quella carta, com'è che si chiama?»
«Oyster?»
«Sì, quella.» 
«Tè? Caffè?»
«Non scomodarti, sto bene così, grazie. Oh.»
La ragazza si blocca sulla soglia della cucina. Victoria, di fronte a lei, le sorride con uno sbaffo di formaggio cremoso sul labbro. John se ne accorge, mentre si mostra indaffarato davanti al lavandino.
«Oh, sì... Victoria, lei è Amanda. Amanda, lei è Victoria. Lei, hum...»
Come spiegarle che Victoria è una ragazzina senzatetto dell'ex rete degli Irregolari di Baker Street che lo aiuta a tenere d'occhio Sherlock in cambio di soldi e qualche pasto caldo? Per uno che ha conosciuto Mycroft Holmes, questo è niente. A chiunque altro sembrerebbe stalking.
«Aiuto il Dottor Watson a tenere d'occhio il suo vecchio amico in caso, sa, ricada in vecchie abitudini, si butti da una scogliera o diventi matto.» Scuote le treccine con aria compita. «Succede anche nelle migliori famiglie.»
Amanda corruga appena le sopracciglia, voltando poi il viso verso John, in cerca di spiegazioni. Lui sorride appena, dissimulando l'imbarazzo. Fa un gesto vago con la mano, scuotendo appena la testa.
«Oh, non... farci troppo caso. Siediti pure.»
Amanda obbedisce, leggermente confusa.
«Tu chi sei?» domanda Victoria, spingendo da parte il piatto, finalmente sazia.
«Oh, io...»
Alza gli occhi su John, in cerca di aiuto, ma rispondono solo le sue spalle rigide. La figlia di Sherlock Holmes? Non ne è certa, sente di non avere il diritto di appropriarsi di questo titolo, e teme la reazione di John. E allora chi? La figlia di Mary, la defunta moglie del Dottor Watson, a cui assomiglia? Con quale certezza? Tu chi sei?
«Amanda. Per ora, soltanto Amanda.»
John si volta a guardarla, e Victoria piega la bocca in una smorfia di approvazione.
«Mi piace il tuo atteggiamento, Amanda figlia di nessuno. Pace e amore, sorella» dice, allungando un pugno verso di lei. Amanda lo guarda per un paio di secondi interdetta, prima di ricordarsi cosa deve fare. Stringe il pugno destro e lo batte leggermente contro quello di Victoria. La ragazza tira indietro la sedia e si alza, spazzando via le briciole dalla maglietta con la mano. Infila una giacca verde oliva tappezzata di spille e toppe colorate e si porta la mano alla fronte, simulando un saluto militare.
«Capitano.»
John le rivolge un breve sorriso, annuendo.
«Stammi bene. Non fumare e non metterti nei casini.»
«Puoi giurarci. Ci si vede!»
Sparisce giù per le scale con passo saltellante, fischiettando.
John si asciuga le mani in uno strofinaccio.
«Andiamo in soggiorno, qui è un po’ un disastro» dice, accennando ai resti del pranzo di Victoria e della sua colazione.
«È una ragazza particolare, ma è la più trattabile del gruppo, dammi retta...» chiacchiera, mentre si siedono – lei sceglie, senza saperlo, la sua poltrona. John esita. Amanda lo guarda un po’ perplessa mentre prende una sedia. La poltrona nera li fissa quasi dispiaciuta.
«Perché tieni d'occhio Sherlock Holmes? Avevi detto di non avere sue notizie da anni.»
La sua espressione è al limite della rabbia. John abbassa gli occhi sulle mani callose che si stringono l’una all’altra nel suo grembo.
«La storia fra me e Sherlock... non è stata semplice. Abbiamo avuto un rapporto complicato, molti non capirebbero e non hanno capito...»
«Io non sono una qualunque.»
John scuote appena il capo, stringendosi la radice del naso con due dita.
«Oh, dimenticavo, studi Psicologia, ne sai sicuramente di più, tu...»
Strizza gli occhi e si morde la lingua non appena si rende conto di quello che ha detto. E a chi lo ha detto. Diamine, è sempre stato Sherlock quello diretto e sgarbato, da quando anche lui–?
«Scusami. Non volevo dire questo.»
Amanda ha le braccia incrociate sul petto e una ruga leggera fra le sopracciglia.
«Invece è esattamente quello che volevi dire. Il tuo super-io ha ceduto per un momento, grazie allo stress emotivo degli ultimi giorni, e hai finalmente detto quello che pensavi. Ma non mi interessa. Prendimi in giro, insultami, quello che vuoi: io sono venuta qui per sapere la verità, e tu me la stai tenendo lontana. Mi hai mentito.»
John non riesce a sostenere quegli occhi a lungo – sono gli occhi di Mary, furenti e delusi, quando ha capito che non era mai stata la prima.
 
 
•••
Faceva freddo, per essere aprile.
«Amanda! Vieni qui, mettiti una giacca!»
L’ultima cosa che voleva era che prendesse il raffreddore. Diventava intrattabile quando era costretta a letto.
«Ma Nanny! Ho caldo!»
«Non fa così caldo, vieni qui…»
La bambina saltellò verso di lei, le braccia tese, pronte per essere infilate nelle maniche della giacca. Greta provvide a vestirla, chiudendole la zip fino al mento e spingendole il cappuccio fino sugli occhi, per gioco. La bambina, infatti, rise e cercò di spingere via le sue mani, ma Greta strinse la presa, fino a trovarsela fra le braccia, sull’erba fredda di aprile. Amanda rideva ancora, le braccine tonde intorno al suo collo. Che dolore, vederla felice e non poter essere felice con lei, dover mascherare tutto quanto, non poterla abbracciare e baciare quanto voleva, quanto le spettava.
Le carezzò la testa, quasi in automatico. Gli somigliava, vagamente, quando rideva: la sua stessa risata aperta, che coinvolgeva tutto il viso.
Incredibile quanto gli mancasse. Non credeva di averlo amato così tanto, dopotutto… Non credeva di esserne stata capace.
«Giochiamo a nascondino, Nanny?»
La fissò per qualche istante senza capire, ancora immersa nei suoi ricordi.
«Nascondino! Per favore?»
«Sì, certo.»
In fondo, doveva essere grata di trovarsi lì, in quel momento, con Amanda. A lui aveva negato questa possibilità – ma l’aveva fatto per il suo bene, per il bene di tutti, e non sarebbe tornata indietro.
«Io inizio a contare! Tu vai a nasconderti, ok? Uno, due, tre…»
Si chiese quanto ancora le rimaneva, in quell’angolo di paradiso rubato, quanto ancora avrebbe dovuto nascondersi.
•••
 
 
Amanda lascia vagare lo sguardo per il soggiorno, tamburellando nervosamente le dita sul bracciolo della poltrona. Usa una ragazzina per tenere d'occhio Sherlock Holmes... E cos'ha detto lei? Non ricada in vecchie abitudini, si butti da una scogliera o diventi matto. Internet le aveva mostrato uno Sherlock Holmes di granito, imperturbabile e invulnerabile, dalla mente superba, alieno a qualunque debolezza. È vero, qualcuno parlava di droga e di qualcosa che aveva a che fare con le cascate del Reichenbach – cosa c'entrasse la Svizzera non era proprio riuscita a spiegarselo – ma Amanda aveva sempre pensato fossero voci o leggende nate per alimentare una visione eroica e romantica dell'eccentrico investigatore. E invece...
«Avevo una tata, quando stavo in Germania, si chiamava Greta. È rimasta con me fino a quando ho compiuto cinque anni, più o meno. Un giorno, mi disse che andava a trovare i suoi genitori in Inghilterra. Non tornò più.»
John corruga le sopracciglia e deglutisce, con uno strano presentimento che non riesce bene a quantificare.
«Credo sia la persona più vicina ad una madre che io abbia mai avuto. Per il resto, ho conosciuto soltanto maestre, professori. Non ricordo nemmeno il suo viso. Non ho nemmeno una foto.»
John scuote piano la testa, come a chiederle di non continuare – come se non riuscisse a sopportarlo. Lentamente, si porta una mano tremante alla bocca. Serra gli occhi. Non può essere… Rimane in silenzio per lunghi minuti, inspirando ed espirando attraverso le dita chiuse, come per calmarsi. Alla fine, torna tranquillo.
«Mi dispiace davvero, per quello che ti è successo.»
Non sembra quasi la sua voce, sicura e decisa e cadenzata – come se stesse recitando.
«Come ti ho già detto, non c’è molto che io possa fare…»
Amanda non riesce a trattenere un moto di stizza, nelle mani e nelle spalle che scattano verso l’alto, nella testa che scuote appena.
«Va bene. Capisco.»
Un buco nell’acqua. Neanche Merry ha trovato nulla, nei suoi vecchi album. Le conviene prenotare il biglietto del treno il prima possibile.
John sembra percepire la sua rassegnazione e qualcosa lo spinge a trattenerla, a riprovare.
«Domani è il compleanno di Harry. Fa sessant'anni.»
Amanda stringe gli occhi per un momento, poi ricorda: la donna della mail di Norton, la sorella di John. Annuisce appena, quasi involontariamente, perplessa.
«Festeggia al The Rising Sun, a Soho. È un bel posto. Se non sei ancora partita, mi farebbe piacere–»
Si interrompe, raddrizza la schiena. Ha sentito girare una chiave nella toppa del portone. Nessuno ha le chiavi di casa sua. Tranne una persona.
Inconsapevolmente, trattiene il respiro. Amanda se ne accorge e gli lancia un'occhiata interrogativa.
«John? Tutto bene.»
Si accorge quindi dei passi. Lenti, misurati, cadenzati come il ticchettare di un orologio.
«John, perché non hanno suonato?»
L'uomo non si muove, fissa la soglia quasi in apnea. Amanda si alza e gli si accosta. Anche lei trattiene il respiro quando l'uomo entra; John lo rilascia.
«John. Scusami se non ti ho avvisato, non ne ho avuto il tempo. Mycroft è morto.»
Si guarda intorno, scannerizzando la stanza. Fa qualche passo avanti, allungando una mano verso la ragazza, ammutolita.
«Tu devi essere Amanda. Sherlock Holmes, onorato.»
 
 
 




Grazie di cuore a chi è arrivato fin qui e a chi ha voluto lasciare due parole :)
Un piccolo avviso: per il prossimo mese, sarò piuttosto impegnata, dubito di riuscire a pubblicare con questa frequenza. La storia è tutta (o quasi) scritta, è solo da revisionare, quindi prima o poi la finirò. Vi chiedo solo un po' di pazienza.
Grazie, se continuerete a sopportarmi :)
A presto!
-Clock

 
  
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