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Autore: SatoSerelover    27/05/2016    1 recensioni
Sequel di "Niente di meglio"
Il piccolo Conan, figlio di Shinichi e Ran, sta crescendo. Ormai ha 7 anni.
Vive con i genitori e la sua vita procede sempre più bella, ma quando un vecchio nemico di Shinichi tornerà, più cattivo che mai e intento a farla pagare al detective... toccherà al piccolo Conan, risolvere la situazione.
Insieme ai suoi amici.. Shizuka e Satoshi, comincerà ad indagare, come solo lui sa e potrà fare, coinvolto in un caso più grande di lui e prenderà le redini del padre!
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Heiji Hattori/Kazuha Toyama, Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Una sola e vera verità, un solo il vero amore'
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Note d'autrice:
Questo sarà un capitolo che si focalizza sul rapporto tra Shinichi e Conan!





Capitolo 7: Tra padre e figlio



Shinichi arrivò in fretta a casa. Andò subito da Ran e parlò con lei su Conan, del fatto che il loro rapporto era peggiorato. La moglie, sentendo ciò, non riuscì a far altro che consolare il marito, dicendogli che prima o poi tutto si sarebbe sistemato, o così si sperava. Purtroppo però, c’era una cosa che forse veniva prima, capire chi erano quegli uomini. Se Conan mentiva era giusto chiedergli di persona, ancora, la verità. Era suo padre e meglio di tutti poteva capire come stavano le cose.

Shinichi rimase appostato sul divano, aspettando il ritorno del figlio, mentre Ran uscì a fare un paio di commissioni. Sperava così di non coinvolgere troppo la moglie o di rattristarla. Dopo circa un’ora, Conan arrivò.

“Sono a casa!” Disse, credendo di trovare la madre ad aspettarlo. Invece c’era solo suo padre lì con lui. Era capitato non molto spesso qualcosa del genere. Quando era piccolo e c’era un po’ di tempo libero, sua madre andava ad insegnare e suo padre stava a casa con lui. Quelli si che erano bei tempi. Shinichi giocava spesso a calcio con lui, gli raccontava tante storie oppure lo faceva divertire in tanti modi. Andavano anche a fare qualche gita all’aperto. Purtroppo erano cambiate le cose e difficilmente sarebbero cambiate.

Salì le scale, ignorando completamente la presenza del padre, quando in verità lui l’aveva anche salutato. Si infilò in camera sua e chiuse la porta.

Però, Shinichi la aprì subito dopo di lui ed entrò “Scusami, posso parlarti un attimo?”

“Fai pure” Mormorò Conan, curioso di sapere cosa volesse. Forse voleva parlare del loro rapporto? Beh, sarebbe stato un inizio. Avrebbe forse cominciato ad aprire gli occhi sulla situazione. Non fu però quello ce sentì arrivare alle orecchie.

“Perché con l’ispettore Megure hai mentito?” disse tranquillamente Shinichi, con un filo di comprensione nel suo tono di voce.

Conan si irrigidì, innervosendosi alla domanda “Non so di cosa parli, ho dato anche una mano, testimoniando”

Shinichi scosse la testa “Avanti, sappiamo entrambi che non hai detto tutto ciò che sai. Sei curioso e perspicace, non ci credo che ti sei limitato a cercare una palla, senza curiosare negli affari di quegli uomini. Li avrai visti prima e poi seguendoli, avete scoperto che c’era sotto qualcosa di grosso e pericoloso, così avete cercato di andare dalla polizia e siete stati scoperti..”

Non lo sorprendeva che il padre arrivasse a tali conclusioni, ma il suo pensiero era di mantenere la calma, dimostrare meno sorpresa possibile e quindi sviare ogni singolo dubbio di Shinichi. “Invece ti sbagli di grosso”

“Conan, sono tuo padre… e anche un detective. Quindi capisco se mi menti o c’è qualcosa che mi nascondi.” Sospirò Shinichi.

Conan non voleva perdere la calma. Forse capiva quello, ma capire cosa provava? Capire il suo disagio?

“Anzi, per me hai anche visto in faccia quei criminali, è solo che non vuoi dirmi qualcosa per ripicca, o perché vuoi divertiti a fare il detective. Sai che però potr…”

“Ah e tu cosa ne sai!?” lo interruppe il figlio “Credi sempre di sapere tutto, eppure tante cose non le sai. Non ti nascondo nulla e te l’ho già detto e anche se lo facessi, non è per divertirmi, ma per ben altri motivi di più importanza!” Conan pensava e ripensava al fatto, che non diceva nulla, solo per non preoccupare suo padre e sua madre. Cosa avrebbero pensato se avessero scoperto che quei tipi sono gli uomini dell’organizzazione?

“Conan, cerca di ascoltarmi… io..”

“NO!” di nuovo lo bloccò “Anche tu non ascolti ciò che trasmettono i sentimenti altrui! Non hai capito minimamente ciò che provo! Io so quello che ho visto! E anche se avessi visto altro, non te lo direi comunque, ma perché ho i miei buoni motivi. Non capisci nemmeno che io forse avevo un minimo di speranza che tu venissi qui per altri motivi e non per dubitare di me?!”

Conan scivolò sotto le gambe di suo papà e poi corse giù dalle scale, andando verso l’uscita di casa sua. Varcò la porta e corse, cercando di scappare dal detective, che lo stava inseguendo, cercando di fermarlo.

Shinichi, non riusciva a capire cosa stesse succedendo “CONAN! FERMATI!” lo pregò di fermarsi e parlarne. Doveva ammettere che correva veloce, per essere un bambino.

Il ragazzino però non aveva la minima intenzione di rallentare, a costo di arrivare senza fiato, ovunque stesse andando. Corse, più veloce che poteva, facendosi largo tra le persone che incontrava in giro e cercando di non farsi investire dalle auto. Ma perché non riusciva a capire quanto volesse riavere indietro suo papà? Il suo vero papà detective..

Il vento soffiava molto forte e sembrava come se stesse arrivando un temporale. Non pioveva, ma i cumulonembi venivano trasportati nel cielo, molto in fretta. Si girò indietro e vide che suo padre non c’era più. Convinto di averlo seminato, si fermò e cercò di respirare profondamente. Si guardò in giro e notò che si trovava vicino al passaggio a livello del treno. Non c’era anima viva, probabilmente tutto erano corsi verso le proprie case, credendo che fosse in arrivo un acquazzone. Conan non poteva portare la mano al petto, perché aveva davanti l’altra, ancora nella fasciatura. Però poteva sentire il suo battito accelerato, per via dello sforzo.

Credeva di essere finalmente solo, libero di pensare e di stare per i fatti suoi, invece…

“Conan?” una voce provenne da dietro di lui.

Il ragazzino sbarrò gli occhi “Dannazione” Pensò, mentre si girava, sapendo già che dietro a lui c’era suo padre, anche se qualche metro più in dietro.

“Per favore, non scappare” Gli chiese il padre, anche lui con il fiatone.

Conan non disse nulla, rimase muto.

“Conan, la situazione è difficile. Quei tipi ti hanno già fatto del male una volta… non voglio che capiti di nuovo. Se riuscissi a scoprire di più, potrei trovarli e assicurarli alla giustizia. Ma non posso farlo se tu non collabori al 100%.... voglio solo saperti al sicuro..” Shinichi parlò, con lo sguardo basso, cercando di riprendere fiato.

“Mi volevi al sicuro anche quando io ero là nel bosco e tu chissà dove?”

Shinichi alzò lo sguardo confuso.

“Dimmi, perché non ci sei mai arrivato? Perché non hai pensato al pericolo in cui potevo essere? Non sei un detective? Ormai da ore avevo superato il coprifuoco, eppure… tu non sei venuto a salvarmi.. è la polizia che ci ha salvati. Quei tizi ci avrebbero uccisi in un altro modo, senza pistole, se non fossero arrivati in tempo. Saremmo morti sia io sia Shizuka… e tu non avresti potuto fare nulla. Ed è stato sempre un agente a dire a te e mamma che ci avevano sparato.”

“Ma…”

“Perché non posso avere fiducia in te. Ho sempre confidato nelle tue capacità, sono sempre andato fiero della tua fama da detective, delle tue avventure. Eri un modello di ispirazione per me, voglio anche io diventare un famoso detective, infallibile. Ma poi il lavoro ha cominciato a diventare più importante di quanto lo fosse stare con me. Non riuscivi mai a dire di no e mi lasciavi sempre a casa. Ho cercato di mantenere la calma e di confidare nel fatto che tu almeno saresti sempre stato al mio fianco, se avessi avuto bisogno.”
Conan strinse i pugni “Eppure tu non c’eri quella sera, in cui avrei potuto morire. Tu non hai idea, di quanto avessi sperato che arrivassi all’improvviso e ci salvassi entrambi.. Non hai idea di quanto stessi pregando di riabbracciare te e mamma, confidando che saresti arrivato. Invece tu non hai preso d’iniziativa!”

Un soffio di vento fece da breve pausa..

“Vuoi sapere perché sono tanto arrabbiato con te? Bene, uno dei tanti motivi è proprio quello che ti ho appena spiegato! Un altro è quello che è successo a casa pochi minuti fa. Speravo venissi da me, per chiedermi cosa mi succedeva, di chiarirci.. invece sei venuto dritto a dubitare di ciò che ti avevo detto. Non hai pensato a quello che provavo io da giorni ormai.” Cominciavano a formarsi le lacrime negli occhi del bambino “Volevo solo averti accanto, come ai vecchi tempi….”

“Conan..” Solo ora Shinichi poteva chiaramente capire cosa aveva spinto Conan a detestarlo così. E non aveva torto. Avrebbe potuto benissimo andare a cercarlo quella sera, avrebbe potuto rimanere di più con lui, durante gli anni più importanti della vita di suo figlio.. e come con Ran, diciassette anni prima, non aveva capito i sentimenti di chi gli stava a cuore.

“Tu prima hai detto che sei mio padre e un detective, quindi capivi se qualcosa era storto…….. Beh non lo hai fatto, per niente…. E Quindi… ti rammento…. Che tu sarai anche il migliore dei detective…… ma tu…….”

Conan alzò lo sguardo “MA PRIMA DI TUTTO SEI MIO PADRE!”

Conan corse via, capendo che ormai aveva detto ciò che pensava… passò sotto il passaggio a livello, poco prima che le sbarre si abbassassero, dividendo padre e figlio. Ciò permise a Conan di allontanarsi il più possibile.

La pioggia, cominciò a cadere a gocce, una ad una.. Ma poi la loro potenza aumentò e divennero un vero e proprio diluvio. Non gli interessava se si sarebbe bagnato o ammalato. Doveva solo lasciarsi alle spalle tutti quei pensieri negativi e sentimenti che ormai aveva buttato fuori dal suo corpo e che ora voleva solo vedersi allontanare. Corse, non curante, di tutto ciò che accadeva intorno a lui.

Sentendosi ormai stanco, si sedette sull’erba bagnata, quella del campo da calcio. Sentiva l’acqua bagnarlo completamente, rendendo fradicia la sua maglia e i suoi capelli. La benda intorno al suo braccio, assorbiva tutta l’acqua che vi cadeva sopra. Cosa non molto buona, per quanto avesse detto il medico.. ma a chi importava? Non di certo a lui. Non aveva molto freddo, solo un po’. Quei brividi erano molto più considerabili come dolore.

Sapeva che non sarebbe scappato a lungo dai suoi problemi, che suo padre l’avrebbe trovato in fretta. Figuriamoci, lo conosceva fin troppo bene, da capire che sarebbe andato al campo da calcio. Non riusciva più ad alzarsi, era troppo stanco e distrutto in ogni senso, per fuggire. Aspettò solo di sentire arrivare il padre, che prima o poi sarebbe tornato alle sue costole. Forse era meglio, essersi sfogato. Ora poteva chiaramente sentire un grosso peso, andarsene. Un peso troppo grosso, che andandosene aveva come innescato altri dolorini, fiammelle e bruciore dentro di sé.

L’acqua copriva ogni rumore, ma non coprì quello delle scarpe che calpestavano le pozzanghere. Fu lì che capì che suo padre ormai l’aveva trovato. Ormai la cosa non gli interessava più, non era arrabbiato o triste. Era totalmente indifferente e provava vuoto nella sua anima.

Shinichi lo guardò un attimo, sentendosi in colpa, non riuscendo a perdonarsi per come aveva “ridotto” suo figlio, per quanto involontariamente.

Si sedette vicino a lui, non curandosi del terreno sporco sotto di lui. Non riusciva a parlare, perché sapeva che avrebbe solo detto sciocchezze. Non serviva a nulla giustificare ciò che aveva fatto, tanto non serviva, sapeva solo che aveva deluso suo figlio.

Rimase qualche minuto, seduto, in silenzio, cercando di trovare le parole giuste da dire a suo figlio, che però era totalmente assente. Vedendolo così, appoggiò la mano sulla spalla del figlio (quella non ferita) “Scusa” disse piano, piano. Mormorò una sola parola, che però si fece largo tra il rumore delle gocce d’acqua che sbattono contro il suolo. Oh si, Conan l’aveva sentita bene, ma non riusciva a reagire.

“Scusami, ho sbagliato e me ne rendo conto. Non so cosa potrei fare per farmi perdonare, ma spero che prima o poi, lo farai…” Non serviva dire altro, farsi mille sensi di colpa, perché tanto li provava già e non serviva dirlo. Conan poteva capirlo da sé, a questo punto.

Shinichi si alzò e porta la mano al figlio “Andiamo a casa? Ti stai bagnando completamente…”

Conan scosse la testa. Shinichi sapeva che non l’avrebbe convinto, quindi se ne andò, dirigendosi verso casa, consapevole che comunque suo figlio sarebbe tornato.

Una volta a casa, Shinichi trovò Ran ad accoglierlo. Le spiegò di tutto e la reazione di Ran, non fu di quelle sorprese. Si immaginava che sarebbe successo, ma fu più preoccupazione per il figlio.

Conan rimase ancora un bel po’ di tempo sotto la pioggia. Poco più di un’ora, poi decise di tornare, perché ormai era come se si fosse immerso nel fiume. Non c’era parte di sé che non era bagnata. Aveva i brividi su tutto il corpo e le gambe facevano fatica a stare in piedi. Erano stanche per camminare, ma doveva sforzarsi per arrivare a casa a tutti i costi.

Aveva la pelle d’oca e tremava come una foglia, sentendo tutto il corpo molto pesante. Non si era mai sentito così stanco, così male… fece qualche passo, per poi accorgersi che la sua vista era offuscata. Sentì un mal di testa atroce e vide tutto che girava. Non si reggeva in piedi. Si avvicinò ad un muro e lì si appoggiò, cercando di ricominciare a vedere meglio, sbattendo più volte gli occhi.

Ma quando credeva che non poteva andare peggio, sentì improvvisamente la testa scottare, gli veniva da starnutire e cominciò a tossire con molta forza e ripetutamente. Non c’era bisogno di un genio, per capire che si era beccato un bel virus e di quelli potenti. Portò la mano al petto, respirando a fatica.

Sentiva che doveva tornare, ma era troppo esausto per continuare. Gli venne in mente di quanto distante fosse casa sua e allora perse ogni singola briciola di forza nel suo corpo. Si lasciò cadere sul terreno bagnato, senza curarsi di nient’altro.

Sperava di addormentarsi, di perdere i sensi, invece rimaneva sveglio e cosciente, mentre continuava a sentirsi sempre peggio, mentre la pioggia continuava bagnarlo.
Il vento cominciò a soffiare più forte e gli aumentò i brividi. Si sentirono rombare i tuoni nel cielo, molto violentemente.

Chiuse gli occhi un momento, per poi riaprirli. Credeva di averlo fatto subito, invece, con grande stupore non era così. Mosse un pochino la testa, dirigendo lo sguardo sull’orologio che c’era sul palo, conficcato nel terreno. Era passata almeno un’ora da quando era a terra. Sperava di essere a casa e sperava che i suoi uscissero in fretta a cercarlo.

.......................................

A Villa Kudo, Shinichi e Ran erano parecchio in pena. Era passato un bel po’, da quando Shinichi era tornato… Conan era stato fuori fin troppo…

“Andiamo a cercarlo” Disse preoccupata Ran, prendendo un ombrello.

Shinichi annuì e ne prese un altro. Entrambi uscirono e corsero verso l’ultimo posto in cui il detective aveva visto il figlio. Il campo da calcio. Corsero il più in fretta possibile, entrambi speravano non fosse andato ancora più lontano o si fosse spostato.
Purtroppo era meglio se si fosse spostato. Non fecero a tempo ad arrivare al campo, perché ancor prima, videro qualcosa, o meglio, qualcuno, steso a terra. Inutile pensarci su, era ovvio chi fosse.

“CONAN!” Ran corse verso il suo bambino, lasciando cadere l’ombrello all’indietro. Si inginocchiò e lo prese tra le braccia, sperando con tutto il cuore che non fosse nulla di grave, con il cuore in gola. Shinichi arrivò subito dietro di lei e coprì madre e figlio con il proprio ombrello, per tenerli un po’ all’asciutto. Preoccupato quanto Ran, cercò di mantenere la calma, pregando che le condizioni di suo figlio non fossero gravi.

Subito la madre si accorse che Conan era completamente bagnato. Appoggiò la mano sulla fronte del figlio “Mamma mia, deve avere almeno 39° di febbre…”

Lo alzò subito, tenendolo tra le braccia. Shinichi si tolse la felpa e la avvolse intorno al corpo del figlio che tremava e ansimava per il malanno. Sempre tenendo l’ombrello su Ran e Conan, continuò a tenere il passo della moglie che correva verso casa, per mettere subito a letto il bambino.

Una volta arrivati, in fretta e furia, Ran andò al piano superiore, entrò nella stanza di Conan e lo cambiò, mettendogli un pigiama pesante. Poi lo mise a letto, sotto le coperte e gli provò la febbre, mentre Shinichi stava al piano di sotto a preparare dell’acqua e un fazzoletto da bagnare, accendeva il camino e alzava la temperatura del termostato. La ragazza riprese il termometro e lo guardò con aria molto preoccupata.

“Quanto ha di febbre?” Shinichi chiese con tono preoccupato, appoggiando la scodella con l’acqua sul comodino di fianco al letto.

Ran appoggiò il termometro e cominciò a bagnare il panno che Shinichi le aveva preparato “40.5° …. Ci credo che sta male….”

“Dovremmo chiamare il dottor Araide…” Shinichi propose.

“Non possiamo. È in ferie. Inoltre il tempo sta peggiorando sempre di più, sembra voglia grandinare… Non riusciremo a far venire nessuno…” Ran appoggiò il panno sulla fronte del ragazzino.

“Allora portiamolo in ospedale…”

Ran scosse la testa “Non voglio muoverlo da qui, è meglio se sta al caldo, almeno per un po’. Potresti però andare in farmacia con l’auto e prendere qualcosa di potente per far abbassare la febbre”

Shinichi annuì “Ok, vado e torno..” Si avvicinò a Conan e gli rimboccò meglio le coperte, dispiaciuto. Per l’ennesima volta era colpa sua. Se non avesse litigato con il figlio, adesso non sarebbe in quello stato.

Si allontanò e prese le chiavi dell’auto, per poi correre in auto e partire. Tornò molto in fretta, come aveva detto. Chiuse il cancello e parcheggiò l’auto in garage, per evitare di danneggiarla con la grandine, che ormai scendeva a chicchi enormi. Entrò in fretta in casa e chiuse per bene griglie e finestre e la porta di casa. Poi salì di nuovo nella stanza di Conan e diede alla moglie una busta con dentro delle scatoline di pasticche. Ran subito ne prese una e la fece mandar giù al figlio, che fece una piccola smorfia, inconsapevole di quello che accadeva intorno a lui, ma che sentiva il sapore amaro in bocca.

“Con questa dovrebbe sentirsi meglio. La farmacista ha detto di spingerlo a mangiare qualcosa di caldo, che gli dia energia, ma non troppo leggero. Soprattutto cibo morbido. Poi di dargli queste pasticche tre volte al giorno. Anche a stomaco vuoto. Questo dovrebbe far scendere la febbre. Poi per la tosse e il raffreddore, mi ha dato dello sciroppo da dargli mattino e sera. Per il resto deve solo riposare. Se peggiora però mi ha detto di portarlo subito all’ospedale.”

Ran fece un cenno d’intesa, poi tornò al figlio “Ora cerca di dormire, vedrai che andrà tutto bene..” gli diede un bacio e si alzò, mettendosi al fianco del marito.

Shinichi si avvicinò e accarezzò sulla testa Conan “Che disastro che sono..”

“Non è colpa tua Shin..”

“Si invece, se non avessimo litigato adesso non starebbe così male!”

Ran gli appoggiò una mano sulla spalla per confortarlo “Si, ma almeno ora vi siete chiariti. Sto male, pensando che Conan è in questo stato, però non poteva andare avanti a trattenersi..” la ragazza abbracciò il detective “Non incolparti di ciò che è successo, pensiamo a stargli accanto..”

Il ragazzo ricambiò l’abbracciò e poi se ne andò con Ran, a preparare qualcosa di caldo da mangiare per suo figlio.

Conan, intanto, non riusciva bene a capire dove fosse, né a muoversi. Era davvero esausto e gli scoppiavano la testa e il cuore. Forse i suoi genitori l’avevano trovato? Forse qualcun altro? Sapeva solo che non era in mezzo alla strada, visto che sentiva chiaramente la sensazione di essere in un letto comodo. Però non capiva il luogo preciso, non riusciva ad aprire gli occhi, né a focalizzare i suoni intorno a lui. Inutile sforzarsi, decise di provare a dormire, cosa che riuscì a fare ben presto.


..................


Aprì gli occhi, senza capire quanto tempo fosse passato e si guardò intorno. Quella non era di certo casa sua, né la sua camera, però era in un letto. Si alzò stranamente in piedi. La stanza era nera e grigia, molto brutta a vedersi. Andò verso la porta e abbassò la maniglia, uscendo da quella che sembrava una stanza triste e tetra. Si guardò attorno e vide che si trovava al porto, nel buio della notte. Solo una lucina di un lampione si illuminava, ma era un’atmosfera decisamente inquietante. Era da solo? Si, era da solo e non c’era anima viva. Anche questo lo rendeva abbastanza diffidente sul da farsi. Non c’erano rumori nemmeno, sembrava che il paesaggio fosse… morto… Forse era il caso di tornare a casa…

La luna splendeva ancora, come quella notte nel bosco, cosa strana, visto che la luna piena non doveva esserci quella notte. Purtroppo era coperta un po’ dalle nuvole e quindi non riusciva bene ad illuminare la strada.

E stranamente, pochi secondi dopo, le nuvole scomparvero e la luna illuminò il luogo in cui si trovava. Come se non l’avesse visto, comparve un cadavere in mezzo alla strada. Il corpo era rivolto a pancia in giù, quindi non si poteva subito vedere chi fosse. Come futuro detective, si avvicinò per investigare. Sentì i piedi calpestare qualcosa di bagnato, era una pozza enorme di sangue. Ma ciò non poteva impressionarlo, sebbene si notasse la brutalità con cui avvero eliminato l’uomo. Aveva una ferita da arma da fuoco al petto, nella zona tra i polmoni e il cuore, quindi era di sicuro morto soffrendo. Gli faceva pena, soprattutto perché gli ricordava qualcuno.

Non capiva chi gli ricordasse, però voleva sperare che non fosse qualcuno a cui voleva bene. Appoggiò le mani sul corpo, senza badare al sangue che gli sporcava le mani. Piano, piano gli girò il corpo, per vedere se poteva riconoscere la vittima. Fu però quando finì, che fece un salto indietro, urlando. Non poteva essere…

In preda al panico corse di nuovo verso il corpo e lo scosse ripetutamente, anche se era già tardi “PAPA’!!!!!!! PAPA’!!!!!!!!!!”

Continuò a muovere il corpo, ormai privo di vita, piangendo disperatamente. Cominciò a sbattere i pugni sul padre, in preda alla disperazione “P-PAPA’ RISPONDI!!!!!! TI PREGO!!!! NON PUOI MORIRE COSì!!! NON LASCIARMI!!!!! NOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!” Si inginocchiò, sporcandosi anche le gambe di sangue.

Strinse le mani sulla maglia di Shinichi e sprofondò la testa nel petto del padre.

Improvvisamente sentì una mano che gli toccò la spalla, sobbalzò per lo spavento, ma quando si girò invece, trovò sua madre. Ran se ne stava in piedi, con aria un po’ dispiaciuta ma anche stranamente tranquilla. Conan corse verso di lei e l’abbracciò forte, piangendo, mentre lei ricambiò l’abbraccio.

Per quanto fosse strana la reazione di sua mamma, non riusciva a non singhiozzare o a pensare ad altro, mentre continuava ad urlare per il dolore. Proprio in quel momento, sentì un forte rumore, uno sparo e il corpo di sua mamma si accasciò su di lui. Un colpo secco e il cuore non batteva più.

Conan sentì di nuovo il sangue congelarsi nelle sue vene. “MAMMA!? MAMMA!!!!!” Era terrorizzato, stravolto e sconvolto. Non fece a tempo ad avere una vera reazione, perché subito vide dietro a sua madre, in lontananza, l’uomo del bosco. Il corvo vestito di nero… I capelli grigi al vento, il ghigno di crudeltà, gli occhi neri e piedi di odio e ferocia. Si avvicinava un passo dopo l’altro, con estrema lentezza. La pistola fumava ancora dalla canna. Era stato lui a sparare ai suoi genitori e ad ucciderli. La lentezza gli dava quell’aura di oscura e spaventosa, che faceva rabbrividire.

Conan osservava l’uomo, mentre si avvicinava. Stava sudando freddo, era completamente in panico. Voleva scoppiare a piangere, lasciarsi uccidere… non riusciva più a trattenersi. Si accasciò a terra e si coprì la testa con le braccia. Voleva farla finita e allo stesso tempo sperare di cavarsela. Voleva indietro i suoi genitori, la sua famiglia. Continuava ad aumentare il tormento che non si fermava mai..


……


Ran e Shinichi salirono al piano di sopra, aprirono la porta e videro Conan che si agitava nel sonno. Più che agitava, sembrava davvero in preda all’angoscia.. sudava molto più di prima e respirava faticosamente. Ran corse verso di lui e cominciò ad accarezzarlo per aiutarlo a calmarsi. Shinichi prese il termometro e provò la febbre al figlio. Non era aumentata, quindi probabilmente stava avendo qualche incubo.

“…M-Mamma…. P-Papà….” Mormorava nel sonno, agitato, il ragazzino.

Ran prese il fazzoletto sulla sua testa e lo immerse di nuovo nell’acqua, poi lo riposò sulla fronte del bambino “Shhhh… tranquillo, siamo qui…"

Ci vorrà ancora qualche ora prima che la febbre possa scendere..”

“Lo so, mi spiace solo che dovremo svegliarlo più tardi per dargli da mangiare… ma è necessario..”

Locke arrivò zampettando nella stanza, cercò di salire sul letto un paio di volte, ma finì solo per cadere pancia e zampe all’aria. Appoggiò le zampine anteriori sul lenzuolo, mugolando, per richiamare l’attenzione. Shinichi allungò le mani e sollevò in aria il cagnolino, per poi posarlo sul letto. Locke si avvicinò strisciando, verso il suo padroncino e si accucciò al suo fianco.

Shinichi e Ran non poterono che sorridere addolciti dalla scena. Forse serviva proprio Locke a calmare Conan, dopotutto si dice che gli animali siano capaci di cose che nemmeno ci immaginiamo. Si alzarono e tornarono in cucina.

Il resto della serata procedette abbastanza tranquillamente. Ran purtroppo non riuscì a svegliare Conan per mangiare, a quanto pare era troppo stanco e sfinito. Così lo lasciarono dormire. Quella notte però….

“Chissà come se la cava Conan…” Shinichi pensò, guardando il soffitto. Girò la testa, guardando la moglie, che dormiva profondamente. Si era presa cura di Conan tutta la sera ed era sfinita, si meritava un po’ di riposo.

Il ragazzo si avvicinò al bordo del letto e si alzò, facendo attenzione a non svegliare Ran. Camminò verso la stanza di Conan ed entrò. Sembrava tutto tranquillo. Prese una sedia e si sedette di fianco al letto, rimanendo silenzioso.

Come poteva non sentirsi in colpa? Non avrebbe dovuto lasciarlo là da solo al campo da calcio, sotto la pioggia. Avrebbe dovuto prenderlo di forza e portarlo a casa. Ora invece delirava per la febbre… “Commetto un errore dopo l’altro” scosse la testa.

I suoi pensieri si interruppero quando sentì un lamento. Conan stava di nuovo sognando qualcosa di brutto. Si muoveva leggermente e continuava a mormorare “no”.

Shinichi provò a scuoterlo, per farlo svegliare, ma non funzionò. Locke alzò il muso confuso, vedendo il padroncino in pena e lo laccò sul viso. Sentendo il contatto della lingua sul viso, Conan sobbalzò, aprendo gli occhi di scatto e respirando a fatica.

“Conan! Sta tranquillo, non fare sforzi!” lo aiutò a sdraiarsi di nuovo, dolcemente.

Conan sbatté le palpebre un po’ di volte, aveva solo sognato. Ma per quanto tempo? Quell’agonia, per quanto era durata? “P-Papà? Sei tu, non è vero?” chiese Conan debolmente, per capire se era tutto reale.

Shinichi si stupì della domanda, ma decide di non farci troppo caso “Si, certo che sono io, chi altri dovrei essere?” immerse di nuovo il fazzoletto nell’acqua e poi lo mise sulla fronte del figlio.

In un certo senso si sentiva davvero sollevato di aver solo sognato. Al momento aveva dimenticato, della sua discussione con il padre. Era solo tanto felice di vederlo, ma anche troppo stanco per farlo notare “Dove sono?” chiese il bambino.

Shinichi non si fece mille paranoie sulle domande di Conan. Era stanco e probabilmente ancora un po’ confuso. Inoltre aveva ancora la febbre alta, quindi era normale che non capisse bene dove si trovava o cosa era successo “Sei in camera tua, io e la mamma siamo usciti a cercarti perché non eri tornato… e ti abbiamo trovato steso a terra, privo di sensi per la febbre.”

Conan annuì, ora ricordando tutto. Anche la discussione, che però ora non gli interessava affatto. Guardò l’orologio di fianco al suo letto. Erano le 5.30 del mattino, quindi molte ore erano passate. Purtroppo però sapeva che non si sarebbe riaddormentato facilmente, ora che era sveglio, soprattutto con quel terribile mal di testa. Ma tutto era meglio di quel sogno orribile.

“Beh, immagino che.. avrai sonno… io… tolgo il disturbo…. “ disse il padre, credendo che giustamente, che Conan fosse ancora arrabbiato con lui.

Invece, tra un tossire e l’altro… “Asp..*cough*…” Conan portò la mano al petto, cercando di riprendere fiato per la tosse.

Shinichi corse da lui e gli mise una mano in testa “Tutto bene?”

“Si… sto bene…” disse, ora che la tosse si era calmata. Ci fu un attimo di silenzio, poi Conan riprese a parlare “Puoi ….rimanere qui…?” finì, con un filo di voce.

Shinichi sbarrò gli occhi, non credeva che glielo avrebbe chiesto. Però visto che non era contrario alla sua presenza, anzi, la richiedeva, annuì sorridendo. Sarebbe rimasto comunque, se non avesse ripreso i sensi. Inoltre da come gli aveva chiesto di rimanere, non poteva dirgli di no. Gli faceva pena, vederlo star male, dopotutto era suo figlio.
Prese la sedia e si sedette di fianco al letto. Conan cercava di prendere sonno, ma la febbre lo teneva sveglio. “Ma quanto cavolo è alta la febbre? Non mi sono mai sentito peggio…” pensò.

Shinichi si chiese cosa poteva fare. Le medicine le aveva prese, era a letto al caldo e aveva un fazzoletto fresco che gli cambiava ogni tanto, sulla fronte. Oltre a quello che poteva fare per farlo stare meglio?

“P-Papà?” mormorò il bambino, con fatica “Ma mi passerà?” In quel momento gli venne fuori la sua “infantilità”. Aveva comunque sette anni..

Il detective, addolcito, cominciò a passargli una mano tra i capelli “Ma che domande.. certo che guarirai, vedrai che starai presto meglio! Devi solo riposare.”

Conan annuì.

“Sai una cosa? Forse so come farti addormentare!” Shinichi disse, rallegrato che per ora il figlio non sembrava arrabbiato con lui.

“Vuoi usare il cloroformio? O usare un sonnifero? O uno stungun?” cercò di rallegrarsi da solo.. scherzando un po’.

Shinichi ridacchiò “Certo, allora perché non facciamo una bella botta in testa?”

“No, grazie, ho già abbastanza male alla testa!” subito rispose, per poi riprendere a tossire.

“Cosa ne dici se…” il padre gli rimboccò ancora le coperte “Continuiamo con le avventure di quando ero rimpicciolito? Non abbiamo più continuato!”

Conan fece un piccolo sorriso e annuì. Shinichi era contento “Allora… dovevo cominciare il caso della villa dei vampiri…”

Shinichi cominciò a raccontare, mentre Conan chiuse gli occhi, ascoltando.

In corridoio, Ran, sbirciò un po’ la situazione, per poi sorridere dolcemente. Silenziosamente se ne tornò a letto, decidendo di lasciarli da soli. Si sarebbe risolto tutto… o almeno, così sperava con tutto il cuore.


Nota d'autrice:
Le cose forse sono sistemate tra i due.... forse... sarà davvero così???


   
 
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