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Autore: chiara_13    27/05/2016    6 recensioni
E se non fosse andata come nel telefilm? Se la vita dei nostri protagonisti venisse sconvolta da un momento tragico e dovuto per sopravvivere? Se morire fosse l'unica via di fuga per salvare le persone pi care e la propria famiglia? Se il povero scrittore soffrisse per qualcosa che forse...non rivelerò altro, se volete sapere cosa sconvolge il nostro Rick, leggete la mia storia...GRAZIE e Buona lettura.
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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LUTTO

 
 
La giornata era grigia, le nuvole piangevano lacrime leggere e il vento soffiava come un singhiozzo impercettibile. Molti ombrelli iniziavano ad aprirsi, le persone cercarono riparo dal mal tempo e molti si ritiravano nelle proprie auto per andare via. Tutti tranne uno.

-Papà…- Alexis si voltò verso l’unico rimasto sotto la pioggia, ma venne fermata dalla presa leggera di sua nonna che le fece cenno di non avvicinarsi.

Lontano da loro Richard Castle, famoso scrittore di gialli e padre straordinario, aveva il volto bagnato dalla pioggia e dalle lacrime. Gli occhi di un blu scuro, lucidi per le troppe lacrime di quei giorni, e il contorno degli occhi arrossato. Le labbra che tremavano. Il respiro affannoso. Le gambe che cedevano nel fango creatosi sotto di lui. La nuova lapide che era stata inserita nel cimitero della città si affiancava a quella di Johanna Beckett…vittima di un omicidio. Quella nuova era di Katherine Beckett…caduta in servizio con onore.

-Oh…Kate- i singhiozzi gli impedivano di formulare qualsiasi discorso –avevo così tante cose da condividere conte…mi mancano le tue mani che mi accarezzano, le tue labbra che mi baciano…e quell’inebriante aroma di ciliegie…- lacrime copiose continuarono a correre lungo le sue guance –volevo prepararti altri caffè…vedere il tuo sorriso o il tuo sguardo per qualcosa di buffo che ho detto- singhiozzi –volevo…- si fermò –volevo fare così tante cose con te…avevo dei progetti, capisci? Dei progetti di vita…così tante cose…- le mani gli coprirono il volto distrutto.

Una mano si posò delicata sulla sua spalla, voleva mandare via quella persona, non aveva il diritto. I suoi occhi si voltarono verso la mano, ripercorrendo tutto il braccio e raggiungendo gli occhi grigi di Jim Beckett, anche lui con lo sguardo sconvolto.

-Vieni ragazzo…devi essere forte per lei…non vorrebbe vederti in questo stato- gli dette una leggera pacca sulla spalla e gli porse la stessa mano per tirarlo in piedi. Richard non si oppose, poteva capire il dolore di quell’uomo…avevano perso entrambi la donna che amavano, anzi…lui aveva perso due donne che amava. –Fa male…- mormorò, avvolto dall’abbraccio di un uomo che aveva imparato a convivere con il dolore.

-Lo so…vorrei dirti che passerà, ma non è così…potrai sentirti meglio, ma non riuscirai mai a dire ‘sto bene’- si guardavano negli occhi –ma devi essere forte…devi essere forte per te stesso, non commettere i miei stessi sbagli…sii forte e resisti per loro- si voltarono verso la famiglia dello scrittore e quella che si era formata in quegli anni.

-O…Ok…ok…sarò forte per…sarò forte per lei e per loro- annuì lui, asciugandosi le lacrime e cercando di sorridere, forse uno sforzo eccessivo per il momento. Si avviarono verso le macchine parcheggiate, ma qualcosa attirò l’attenzione dello scrittore, che si bloccò sul posto, fissando un punto preciso del cimitero.

Un uomo con un cappuccio stava osservando tutto da un punto lontano. Non poteva essere un caso. Non esistono le coincidenze, lo aveva imparato da tempo. Quindi. Chi era quell’uomo?

-Hey…- urlò lo scrittore, avviandosi verso di lui, favorendo solo la sua fuga –fermati…chi sei…fatti vedere bastardo!!- urlò, iniziando l’inseguimento. I detective che erano li avevano notato il soggetto in movimento e seguirono lo scrittore nell’inseguimento.

Corsero fino ad uno svicolo coperto da una siepe. Raggiunto il punto, non c’era nessuno per l’intera spianata. –Dove diavolo è finito?- ansimarono i due detective, alle spalle di Richard. –Chi era?-

I tre si allontanarono dalla zona, intimando allo scrittore di tornare a casa e che ci avrebbero pensato loro alle ricerche. Non poteva essere sparito nel nulla.

I tre indagarono a fondo, ma nessuna traccia, indizio o testimonianza aveva aiutato nell’indagine e la settimana passò tra rabbia, tristezza e dolore.


Richard entrò in casa dopo l’ennesima giornata fallita. Alexis lo salutò con un bacio, rimettendosi a studiare per il master che aveva deciso di prendere, e Martha un copione appena ottenuto. Lo scrittore si sedette sul divano, dopo essersi versato un bicchiere di scotch. La sua mano si poggiò su qualcosa di metallico, un orecchino s’oro bianco a goccia con uno smeraldo incastonato.


-Ti ho fatto un regalo…- Richard e Kate erano seduti sul tavolo di un ristorante, era il loro primo appuntamento dopo essere usciti allo scoperto con tutti.

-Anche io ho qualcosa per te…per ricordare il momento- sfoggiò uno dei suoi meravigliosi sorrisi. Prese una scatolina e gliela porse.

-No…n dovevi…- gli brillarono gli occhi al pensiero che anche lei aveva pensato a quel giorno in quel modo. Era un’orologio…Breil Miglia, azzurro. –E’ bellissimo…lo sganciò per metterselo subito al polso e notò subito l’incisione sul retro. Always. –Mi correggo…è magnifico- sorrise, baciandola sulle labbra. Poi le passò il suo regalo.

Kate sorrise, mostrando uno speciale luccichio agli occhi. La scatolina conteneva dei preziosi orecchini d’oro bianco a goccia, con una splendido smeraldo incastonato rea le altre piccole pietre trasparenti. –Oh…sono…bellissimi- si apprestò a togliersi i suoi ed indossare il regalo per vedere come le stavano. –Allora?-

-Sei perfetta…si intonano alla luce dei tuoi occhi…- si sorrisero nuovamente e le loro labbra si unirono in un dolce, tenero ed intenso bacio.



-Papà…stai bene?- Alexis si stava preoccupando era la quarta volta che lo chiamava. Il suo sguardo perso nei ricordi si spostò malvolentieri sulla figlia, ricordandogli la dura verità.

-Si…si, sto bene…- distolse lo sguardo nel sentire una lacrima di dolore scenderle sulla guancia.

-P…- Alexis, si apprestò a dire qualcosa, ma venne fermata da sua nonna. Martha le fece cenno di seguirla. –Le parole non servono…dobbiamo fargli sentire la nostra vicinanza…- sussurrò, facendole capire cosa intendesse. Si avvicinarono a Richard e lo avvolsero in un abbraccio. A quel contatto le lacrime iniziarono a fluire e tutti e tre iniziarono a piangere silenziosamente.


La mattina arrivò prepotente, con la sveglia del cellulare che suonava insistente. Il suo corpo si lamentò tra le coperte, voltandosi verso la parte vuota del letto. Rimase a fissare quel punto per qualche minuto. Poi, come ogni mattina, dalla sua assenza, si alzò…preparò i vestiti e si infilò sotto la doccia. Prima di spengere l’acqua corrente, si lasciò inebriare qualche minuto dall’aroma di ciliegie del bagnoschiuma di Kate. Gli occhi chiusi al ricordo della prima volta che se ne era accorto.

In cucina preparò la colazione per sua figlia e per sua madre. Per se preparò un cappuccino, non più come lo prendeva di solito, ma come piaceva a Kate. Si accertò che i fornelli fossero chiusi ed uscì di casa alle sette del mattino. La sua prima tappa, il cimitero…per incontrare la sua amata, come faceva ogni giorno. Raggiunse il bar davanti al dodicesimo e comprò due caffè, per mantenere viva l’abitudine. Entrò nel piano della omicidi e con un finto sorriso si avvicinò ai due detective appena arrivati.

-Hey…Castle!- lo salutarono, voltandosi verso di lui. –Vi ho portato il caffè- gli porse i due bicchieri.

-Oh…grazie- sorrisero lieti per il gesto, nonostante fossero a conoscenza della motivazione –perché non vieni con noi da Vikram? Ha detto di avere delle novità…- si alzarono e si diressero nell’ufficio che la Gates aveva fatto mettere nel piano. Lei era tornata al suo vecchio incarico per dare supporto alla sua vecchia squadra, ormai la sua famiglia.

-Siete arrivati…- il neo membro della squadra stava picchiettando sulla tastiera dei suoi molti computer –ho fatto delle ricerche sull’individuo che era al funerale…guardate qui- indicò tutti i cinque schermi davanti a loro.

Nel primo c’era la data del funerale e si vede l’individuo scomparire all’interno di un tombino dopo l’inseguimento. –Ecco come ci è sfuggito…le persone non scompaiono così- si irritò Esposito.

-Non è per questo che vi ho chiamati…- li riportò sul secondo e sugli altri quattro schermi –guardate-

-Ma è sempre lui e…- indicarono gli schermi -…segue Castle?! Pensavo avessimo chiuso quella faccenda con la morte di Beckett- si morse la lingua per quello che aveva detto, ma Rick gli assicurò che andava bene.

-Esatto…a quanto pare il nostro uomo ti segue da quel giorno all’ospedale…- annuì Vikram –forse, potreste mettere una telecamera tra gli occhiali di Castle e seguirlo in tutti i suoi movimenti, forse riusciamo a prenderlo-

-Facciamolo…ho anche gli occhiali con la telecamera- si sbrigò ad uscire dalla stanza.

-Come?- si sorprese Vikram. –Glieli ha regalati Beckett- lo informarono, seguendo subito lo scrittore.

 
Richard camminava per New York con disinvoltura. Ryan ed Esposito lo seguivano a distanza, facendo finta di guardare vetrine e passanti. –Castle a ore tre- la voce di Vikram risuonò dall’auricolare nell’orecchio. Lo scrittore guardò nella direzione indicata. Eccolo. L’uomo incappucciato si accorse dei suoi occhi puntati contro di lui e iniziò a confondersi tra la folla. Richard ormai ci aveva fatto l’abitudine con Kate, riconoscere i sospettati tra la folla.
Lo seguì fino ad un vicolo. Era vuoto.  Ryan ed Esposito era rimasti indietro. I suoi passi iniziarono a percorrere tutto il vicolo per cercare eventuali vie di fuga, ma niente.  Poi si accorse di una porta incastrata sul muro, era semiaperta. Entrò con un po’ di paura in volto.

-Sei diventato davvero bravo ragazzo…ti faccio i complimenti- l’uomo incappucciato uscì dall’ombra di un angolo, facendo calare il cappuccio sulle spalle.

-Papà…che ci fai qui? Perché mi stai seguendo? Che cosa sta succedendo? Perché non ti sei mostrato prime? Perché…- venne fermato dal padre che lo zittì con un dito.

-Smettila di fare tutte queste domande, sai che no posso rispondere a nessuna- si sedettero su un vecchio baule. –Ti sto solo seguendo per proteggerti e vedere come stavi-

-Sto…bene- sospirò, preoccupandosi poi dell’auricolare.

-Tranquillo…ho un modificatore di frequenza, i tuoi amici staranno ascoltando qualche radio brasiliana- sorrise, assicurandosi delle reali condizioni del figlio.

-Come sapevi che cos’era successo? Pensavo ti stessi nascondendo- incrociarono i loro sguardi.

-Rita…mia moglie, mi ha informato lei dei fatti…mi dispiace così tanto figliolo- gli mise una mano sulla spalla per dargli conforto.
-Anche a me…-

-Avrei tanto voluto vedere dei piccoli Castle intorno a voi…sarebbe stata un’ottima madre- pensò l’uomo.

-Si…lo credo anch’io…avrei voluto fare ancora tante cose con lei- si passò una mano tra i capelli il volto dolorante.

-Hai dei rimpianti?- gli chiese alla fine suo padre.

-No…l’ho amata…l’amo più di qualsiasi cosa al mondo…e SEMPRE sarà così- si alzarono, sentendo i passi dei due detective avvicinarsi.

-Io devo andare, ma ricorda…non dimenticarti di lei, non perderti nel dolore, ricordala per la donna forte e straordinaria che era…perché Katherine Beckett è una donna straordinaria…lo rimarrà dentro di noi-

-Sempre- annuì Rick, sentendo i suoi colleghi che lo chiamavano.

-Devo andare…- si rimise il cappuccio e si allontanò dalla luce.

Lo scrittore si avvicinò alla porta e ne uscì molto scosso. Anche suo padre si stava preoccupando di lui, a modo suo. Come l’avrebbe spiegato ai suoi colleghi?
-Che è successo? Un momento ti stiamo dietro e sentiamo quello che dici e quello dopo sei sparito e noi ascoltiamo la samba- brontolò Esposito, riponendo la pistola nella fondina.

-Scusatemi, forse nell’edificio c’è interferenza…sono entrato per vedere se il sospettato fosse li ma…niente- scrollò il capo deluso.

-Diamo un’occhiata anche noi…- si avviarono alla porticina da cui era uscito.

-Non c’è bisogno ragazzi…ho già controllato io…e poi…- si paralizzò, vedendo che in quella singola stanza non c’era più nessuno. Ormai doveva averci fatto l’abitudine con suo padre e invece…


Qualche ora più tardi Rick era tronato a casa per la cena e trovò sua madre e Alexis pronte per fargli una ramanzina.

-Perché non ci hai chiamate? Eravamo così in pensiero…ci ha chiamate Esposito e ci ha detto dell’inseguimento…ma che ti salta in testa!- lo riprese sua madre.

-Non sei un poliziotto e non c’è più Beckett a coprirti le spalle- puntualizzò Alexis, ricevendo una gomitata da sua nonna –scusa- si rese conto delle sue parole.


Richard rimase muto per qualche minuto per pensare ad altro. –Non vi ho chiamate perché non era successo niente di grave e poi…c’erano Esposito e Ryan a proteggermi- guardò sua figlia.

-Io vado in camera da letto…- annuì Alexis, capendo la grossa Gaffe che aveva fatto con suo padre.

-Allora? Qualche novità?- Martha conosceva bene suo figlio e sapeva che in realtà era successo qualcosa.

-E’ mio padre…- la guardò stranirsi –si…è mio padre, l’uomo con il cappuccio…voleva sapere come stavo- la informò.

-Jackson? E’ qui?- si sorprese la rossa. –Si…ha detto che mi sorvegliava in caso avessi bisogno o solo per accertarsi che stessi bene- si versò un bicchiere di vino bianco.

-Accidenti? Cosa dirai ad Esposito e Ryan? Non puoi certo dirgli chi è…- lei sorseggiò un po’ del suo vino.

-Certo che no, ci penserò domani…ora non ho voglia di pensare, sono nel mio ufficio se avete bisogno- si chiuse la porta alle spalle.

-So che non puoi sentirmi ma…grazie Jackson…- Martha alzò il suo calice grata all’uomo che gli aveva regalato suo figlio.

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-Per poco non mi scopriva…l’hai addestrato bene- Jackson Hunt apparì all’interno di un locale dismesso e privo di luce, se non fosse per la debole lamapada posta su un tavolino.
-Si beh…è stato un buon alunno…- una voce sensuale e rotta dal dolore provenne da un lettino posto vicino ad un muro –cosa gli hai detto?-
-Che ero qui per proteggerlo e per assicurarmi che stesse bene, è la verità…anche se ho volentieri omesso la parte in cui sua moglie è viva o così si può dire nelle sue condizioni e cha la sto aiutando a nascondersi per evitare che persone innocenti finiscano nel mirino di Loksat- annuì rapido.
-Hai la stessa parlantina di Richard, un giorno capirà…spero solo che arrivi presto- la donna nell’ombra cercò di alzarsi, emettendo un lamento straziante.
-Ferma…ferma, farai saltare i punti…resta giù…finché non ti sarai rimessa, prometto di proteggere Richard al posto tuo, è mio figlio- le controllò le bende sul corpo e eventuali sanguinamenti. –Sta giù Kate…- le strinse la mano per darsi forza a vicenda.


SALVE A TUTTI SONO CHIARA E SONO UNA GRANDE FAN DI CASTLE. PER LA NOSTALGIA CHE INIZIO A PROVARE HO PENSATO CHE SCRIVERE RIGUARDO A QUESTA SERIE MI AVREBBE AIUTATA A MANTENERE VIVI I LORO PERSONAGGI, ANCHE SE RIMARRANNO SEMPRE VIVI NELLO SCERMO. SPERO CHE LA MIA STORIA VI POSSA INTERESSARE, VI RINGRAZIO PER LA LETTURA. SE VOLETE FARMI SAPRE COSA NE PENSATE MI FARA' MOLTO PIACERE. PER IL RESTIO, GRAZIE E AL PROSSIMO CAPITOLO. 

 
CHIARA
   
 
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