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Autore: RachyChan_99    27/05/2016    1 recensioni
Tutti abbiamo sognato di vivere un' avventura nel mondo dei Pokèmon, di diventare allenatori e conoscere queste magnifiche creature! Ma ovviamente non è possibile, è un mondo fittizio...
Almeno così credevano Sumire, Kyoko, Hotaru e Kira, quattro amici del nostro mondo, che durante una gita si trovano improvvisamente catapultati nel mondo dei Pokèmon!
Ma non sarà affatto semplice come sembra.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James, Nuovo personaggio, Team Rocket
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime, Manga
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Pokèmon Reverse World'
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Pokèmon Reverse World
Capitolo 1: Il mondo giusto per me
 
Il sole filtrava tra le foglie colorate dall’autunno, mentre un gruppo di ragazzi si avventurava nel bosco. L’orienteering era il passatempo preferito di Sumire, sia d’estate che d’inverno: le permetteva di divertirsi con i suoi amici e di conoscere i boschi dietro casa sua. Quel giorno di Ottobre, Sumire, Kyoko, Hotaru e Kira avevano deciso tutti insieme di avventurarsi oltre la collina, dove stavano le Lanterne più lontane.
Erano fuori da circa un’ora e mezza e mancava solo una Lanterna per completare il percorso, quando il bosco iniziò a farsi più fitto e il vento più freddo.
Ad un certo punto Hotaru inciampò in una radice sporgente e cadde addosso a Kira, scatenando un acceso battibecco.
“Ahia! Hotaru, impara a camminare!!!”
“Eh, scusa!”
“Sei un’impedita!”
“Ma come ti permetti? Adesso le prendi!”
Intanto Sumire e Kyoko proseguivano spedite, cercando di ignorare i due dietro che si spintonavano a vicenda.
“La strada è giusta, Sumi?” Domandò Kyoko, scostando i lunghi capelli neri dal viso.
“Certo, non manca molto alla lanterna e poi conosco questi boschi come le mie tasche!” Rispose l’amica, mentre poco dietro Hotaru e Kira continuavano a urlarsi insulti a raffica.
“PIANTATELA, VOI DUE!!!” Kyoko urlò girandosi di scatto, zittendo entrambi.
“Insomma, io sono stufo di camminare!” iniziò a lamentarsi Kira, che era l’unico maschio della compagnia. “Mi fanno male i piedi e soprattutto ho fame! Ci fermiamo a mangiare?”
“Guarda, siamo arrivati alla lanterna. Punzono il cartellino e poi troviamo un posto comodo dove mangiare, ok?” rispose gentilmente Sumire, che nel frattempo aveva raggiunto la Lanterna.
Montata su un palo di legno alto una sessantina di centimetri, la Lanterna era un cubo di stoffa bianca e nera, con attaccata una pinza. Questa serve per punzonare un cartellino con segnate le tappe del percorso di Orienteering e l’obiettivo principale è segnarle tutte nel meno tempo possibile.
Sumire tirò il cartellino fuori dalla tasca della giacca e prese la punzonatrice. Aveva fatto quel gesto tantissime volte, ma il “click” che sentì quando la pinza bucò la carta fu diverso dal solito.
Un’improvvisa e violentissima folata di vento investì i ragazzi, costringendoli a chiudere gli occhi per ripararsi.

Sumire sentì un vuoto allo stomaco e le sembrò di precipitare, come succede a volte nei sogni. Quando riaprì gli occhi era seduta a terra, con i suoi amici accanto nella stessa situazione.
“Ma che diavolo…?” Hotaru non fece nemmeno in tempo a formulare la domanda, che la risposta si presentò praticamente da sola.
Il bosco era cambiato completamente, lasciando spazio ad alberi ricchi di verdi e lucenti foglie, la temperatura si era fatta più mite e persino gli abiti dei ragazzi erano cambiati in vestiti più leggeri.
I quattro erano completamente spaesati e le domande iniziavano a riempire le loro teste facendo vorticare i loro pensieri come fiumi in piena.
“D-dove siamo finiti?” Kyoko diede voce alla domanda più immediata.
“Non lo so, ma di sicuro è un posto diverso rispetto a prima. Non ho mai visto questo bosco.” Sumire era perplessa, iniziò a valutare le opzioni cercando di mantenere la calma. “Allora, è successo quando ho punzonato il cartellino. C’è stata una folata di vento e siamo caduti qui… E’ un altro bosco, fa caldo e abbiamo addirittura dei vestiti diversi.”
Kyoko prese ad ammirare gli shorts di jeans scuri, le Converse scarlatte e la t-shirt nera con dei segni rossi che si era ritrovata indosso, pensando che le stessero davvero bene.
“In ogni caso, chi ha scelto i vestiti ha azzeccato in pieno!” Hotaru diede voce ai suoi pensieri, lisciandosi la lunga maglia a maniche corte con il logo dei Beatles, che lei adorava.
Intanto Sumire pensò di aver trovato una spiegazione e chiamò tutti a sé.
“Allora, credo che la Lanterna abbia funzionato come un portale o qualcosa di simile…”
“Tipo le Passaporte di Harry Potter?!” la interruppe Hotaru.
“Sì, penso di sì… in ogni caso siamo stati trasportati in un luogo e in un tempo diverso, se non addirittura… in un altro mondo.”
“CHEEE?” esclamarono gli altri in coro.
“Ovviamente è solo una supposizione, ma…”
All’improvviso un movimento scosse dei cespugli dietro di loro, spaventandoli ancora di più.
Dal sentiero sbucò un ragazzo cicciottello con un cappello di paglia, un cesto di vimini a tracolla e un enorme retino per farfalle. Avrà avuto circa vent’anni e il suo aspetto bonario lasciò i ragazzi un po’ perplessi.
“Oh, finalmente siete arrivati! Io sono Ivan il Pigliamosche, vi do il benvenuto nel mondo dei…”
“POKE’MON???” Sumire lo interruppe con tutto il fiato che aveva in gola, lasciandolo spiazzato. “NON E’ UNO SCHERZO, VERO? Cioè, tu sei un Pigliamosche, quindi… i Pokèmon, hai dei Pokèmon veri, ma per davvero?!” Iniziò a vomitare parole come una mitragliatrice, farneticando qualcosa su videogiochi e cartoni animati. Kira dovette tapparle la bocca per farla stare zitta, sapeva che altrimenti sarebbe andata avanti a urlare tutto il giorno.
Il pigliamosche scoppiò in una risata divertita: “Mi avevano detto che alcuni di voi conoscono il nostro mondo, questo è positivo!”
“Beh, sì, io e Sumire siamo grandi appassionati, Kyoko e Hotaru invece hanno giocato solo a qualche gioco…” rispose Kira mentre tappava ancora la bocca a Sumire.
“Sapete, è stata la guardiana di Arceus, una potente maga, a farvi venire qui. Ha detto che avete una missione importante e che dovete prendere questi polsini come regalo da parte sua.” Ivan aprì la sua cesta e diede a ciascuno un polsino colorato a imitazione delle Pokèball. “Ogni polsino contiene una squadra completa di Pokèmon, dovete solo affezionarvi un po’ a loro!”
I ragazzi erano confusi ed estasiati, indossarono i polsini in un lampo e li ammirarono per un po’. Sumire percepì come delle scariche di energia partire dall’oggetto e arrivare fino al cuore, al cervello, nelle ossa. Sentì i suoi sei Pokèmon e capì quali fossero, li salutò mentalmente, cercando di controllare le emozioni. Era sicura che anche i suoi amici stessero facendo lo stesso.
Il Pigliamosche rimase in silenzio per un po’ per far assaporare ai ragazzi quel momento, poi prese di nuovo la parola: “Venite, vi accompagno nella casa in cui alloggerete mentre sarete qui, il proprietario ha accettato di ospitarvi.”
Si incamminarono nel bosco e Kyoko domandò quasi subito se erano in tanti a sapere del loro arrivo.
“In realtà no, la Guardiana ha chiamato solo alcune persone, che vi aiuteranno come sto facendo io. Chi siano esattamente non lo so, è tutta una faccenda segreta… io so solo dei polsini e del luogo in cui abiterete, per il resto non ho idea del perché siete qui e cosa dovete fare. Valli a capire, i maghi!”
I quattro amici si guardarono un po’ preoccupati, la faccenda iniziava a farsi seria…
Dopo circa un quarto d’ora di cammino arrivarono in una grande radura su cui si posava una semplice casa di legno a due piani, con un camino di pietra e il tetto spiovente. Giunti davanti all’ingresso, il loro simpatico accompagnatore si congedò augurando ai ragazzi buona fortuna.
“Ho avvistato un paio di Heracross molto interessanti nel bosco, spero di catturarli!”
“Buona fortuna anche a te, allora!” Rispose Hotaru agitando la mano verso la schiena del Pigliamosche, prima che sparisse tra gli alberi.
Sumire bussò alla porta della casa, senza risposta.
Provò a bussare altre due volte, con lo stesso risultato, così scambiò un’occhiata perplessa a Kyoko. Kira perse la pazienza e provò direttamente ad aprire la porta, cosa che infatti funzionò.
“Chi è il genio che lascia aperta la porta di casa? In un bosco poi!” domandò Sumire più a sé stessa che agli altri.
Entrarono e si trovarono in un grande salone che comprendeva il salotto con il camino, una tv e un grande divano sulla destra e la cucina sulla sinistra. Nella parete opposta, sopra alcuni gradini, si apriva un corridoio che dava sulle altre stanze.
“Questo posto è enorme… sembra un albergo!” Commentò Kira guardandosi attorno.
Kyoko si avvicinò al tavolo della cucina e vi trovò un foglietto che lesse ad alta voce:
“Sono uscito a fare un po’ di spesa, tornerò per l’ora di cena.
Le stanze sono di sopra, accomodatevi pure!
Benvenuti,
J”
“… e infatti il frigo è vuoto, uffa!” Kira stava già rovistando in cucina alla ricerca di cibo, spettinandosi i capelli biondi con fare perplesso.
“Qua ci sono dei biscot-” mentre stava aprendo un barattolo, Sumire si ritrovò al buio, qualcosa simile a stoffa le aveva circondato la testa, coprendole gli occhi. “Ma che cavolo…?!” agitò le braccia e Kyoko le tolse il barattolo dalle mani, mentre la stoffa le liberava finalmente il viso.
Guardò nei piccoli occhi la creatura che aveva di fronte e che l’aveva bendata: era un Chimecho, un Pokèmon Psico con una piccola testa rotonda e una striscia di stoffa bianca e rossa a mo’ di coda.
“C-che CARINOOOOO!” La ragazza proruppe in un urlo e lo abbracciò senza esitare, d’altronde era uno dei suoi Pokèmon preferiti! Il piccolo la prese subito in simpatia e iniziò a trillare come un campanellino e a fluttuarle intorno felice.
“Dev’essere il guardiano della casa, anche se non mi sembra molto pericoloso!” disse Kyoko accarezzandolo, poi suggerì di salire a vedere le camere.
Nella stanza più grande c’erano due letti a castello e Sumire si era accomodata su uno dei letti di sopra, Kyoko appena sotto e Hotaru in quello sopra sul lato opposto della camera. Kira era stato spedito nella stanza accanto, essendo un maschio, ma quel pomeriggio si erano accampati tutti nella camera delle ragazze, in attesa.
Passarono almeno due ore prima che Sumire perdesse la pazienza. Erano rimasti in camera tutto il tempo, fantasticando sul mondo dei Pokèmon, giocando con delle carte trovate in un cassetto e aspettando che il padrone di casa arrivasse, invano.
 
Adesso la fame iniziava a farsi sentire, nonostante avessero spazzolato l’intero barattolo di biscotti, così Sumire decise di tornare nel salone per vedere se il padrone di casa fosse già arrivato.
“Magari non si è accorto della nostra presenza!” Ipotizzò mentre scendeva dal letto a castello, con Chimecho che le fluttuava accanto. Gli altri fecero un verso di approvazione, poco convinti.
La ragazza aprì la porta e si avventurò nell’oscurità della sera. Nella stanza accanto, quella di Kira, vide una sveglia che segnava le otto e mezza di sera e realizzò con un pizzico di preoccupazione che era passato parecchio tempo dal loro arrivo.
Mentre camminava sul parquet del corridoio sentì la porta d’ingresso chiudersi di scatto, così corse giù per i pochi gradini che portavano al salone.
Seduto a terra, ansimante, appoggiato con la schiena a una gamba del tavolo, c’era un ragazzo dai lisci capelli a caschetto che si stringeva un braccio.
Chimecho emise un forte tintinnio e volò agitato verso di lui, appoggiandosi al suo petto. In una frazione di secondo Sumire realizzò che il ragazzo era James, del Team Rocket, che era il padrone di casa e che soprattutto era ferito.
I guai erano solo cominciati.
   
 
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