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Autore: AlienorJ    28/05/2016    3 recensioni
Giappone, presente. Hikari Tanaka è una ragazza comune alle prese con la difficile scelta di cosa vuole fare del suo futuro. Suo padre, un medico rispettato, vorrebbe che seguisse le sue orme e frequentasse medicina all'università, suo nonno invece vorrebbe che si decidesse ad accettare la proposta di Kenui,un suo compagno di scuola, di sposarlo. Hikaru, dal canto suo, vorrebbe solo girare il mondo. Una sera, sfuggita di nuovo all'appiccicosa presenza di Kenui, trova rifugio in un vecchio tempio shintoista, apparentemente disabitato.
Mentre si aggira tra i vecchi edifici, una luce attira la sua attenzione verso un capanno. All'interno, Hikari trova un vecchissimo pozzo, proprio all'interno del quale scopre un bagliore. Attirata inspiegabilmente verso l'orlo del pozzo, non appena lo raggiunge viene colpita da una forza incredibile.
Da allora, la sua vita cambierà per sempre. Soprattutto dopo l'incontro con un affascinante mezzo-demone alla ricerca della spada di suo padre, la mitica Tessaiga.
Una storia ambientata diversi anni dopo il lieto fine di Kagome e Inuyasha e che vedrà stavolta al centro della scena i loro eredi.
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Casa sua le sembrava più vuota che mai. Ma non avrebbe cambiato idea. Non sarebbe tornata indietro. Keiichi poteva cavarsela da solo. Non le importava.
Le avevano detto che era una sottospecie di radar-spirituale per trovare un ferro vecchio, che era importante e andava protetta, e Mister Delicatezza si era preoccupato di come tutto ciò potesse farla sentire? Di quanto potesse essere spaventata? Certo che no! Aveva immaginato chissà quale nuovo complotto, le aveva urlato contro e l’aveva minacciata di legarla e portarsela a casa come un vichingo conquistatore col bottino. Era un bullo! Ecco, cos’era.
Hikari era accoccolata sul divano, stringendo un cuscino. Doveva essere quello su cui si era appoggiato Keiichi perché sentiva ancora il suo odore. Nonostante ce l’avesse proprio con lui e in quel momento avrebbe voluto prenderlo a padellate in testa, quel profumo riusciva a calmarla. Preferiva non pensare a quanto fosse irritante quella contraddizione. Odiava provare cose così contrastanti. Hikari non era mai stata una persona complicata. Qualcuno o le andava a genio o no, una cosa la faceva o non la faceva. Non esistevano mezze misure, ma il mondo in cui era entrata dopo aver conosciuto i due fratelli sembrava del tutto diverso. Hikari non pensava che facesse per lei. Non era adatta al loro mondo. Era invece la classica giovane donna del ventunesimo secolo, con una spasmodica voglia di avventura, non quella di inseguire demoni per rubare una spada. Avventura per la sua generazione voleva dire fare un viaggio zaino in spalla per andare a vedere i canguri in Australia, oppure bivaccare per qualche settimana su una spiaggia polinesiana a bere cocktails e flirtare col barista dell’hotel, oppure andare un mese in missione ad aiutare un’associazione di volontariato. Hikari andava a scuola, chattava online e sognava un lavoro rispettabile che le permettesse di viaggiare. Lo aveva sempre voluto, era nata per quello, giusto?
Ormai Keiichi e Izumi dovevano già essere tornati a casa. Chissà quanto doveva essere arrabbiata Izumi con il fratello. Beh, se lo meritava.
Qualcuno suonò al citofono. Hikari sperava solo non fosse ancora Kenui. L’aveva già chiamata quattro volte da quando era arrivata a casa. A quanto pareva la bugia di Izumi non aveva funzionato poi così bene.
“Chi è?” chiese con voce stanca.
“Ciao, Hikari. Sono Sota”
Hikari fece un salto di spavento. Che ci faceva da lei? Cosa voleva da lei?
“Possiamo parlare? E stai tranquilla, Keiichi non è invitato. Izumi controllerà che se ne resti tranquillo a cuccia”.
Certo, come no! Più per curiosità che per altro decise di aprire la porta. Sota le sorrise incoraggiante. Entrò in casa e si sedette sul divano.
Hikari era tesa e per nulla contenta.
“Mi dispiace” disse Sota “Keiichi è…beh, degno figlio di suo padre. Anche avere a che fare con Inuyasha non era sempre facile anche se grazie a Kagome era migliorato molto, per non parlare dopo la nascita di Keiichi e di Izumi”.
“Beh, non credo di poter aspettare che Keiichi abbia dei figli per poterlo sopportare”, rispose Hikari tagliente.
Sota rise di gusto “Certo che no!” poi si fece serio “Non è per giustificarlo, ma è stata dura per lui. Quando Kagome è arrivata qui, per cercare aiuto, Inuyasha era morto e lei era stata infettata dal virus demoniaco. Grazie alla sua forza spirituale poteva resistere più a lungo degli altri, ma…” il volto di Sota si adombrò, carico di dolore “Keiichi ha assistito alla morte di Inuyasha”.
“Oh, no!” Hikari era addolorata. Povero Keiichi! Sapeva cosa voleva dire vedere un genitore morire.
“Poi è morta anche Kagome e…beh, aveva tre fratellini. Era solo”
Hikari vide Keiichi sotto una luce del tutto diversa dopo il racconto di Sota. In realtà, a parte il fatto che lui avesse assistito alla morte del padre, erano cose che già sapeva, eppure non aveva riflettuto su cosa avesse significato per Keiichi. Forse anche lei, proprio come Keiichi, era rimasta concentrata più su sé stessa, sui propri sentimenti e su ciò che voleva, che su cosa stesse vivendo invece l’altro. Si era arrabbiata con lui, e certo Keiichi avrebbe potuto essere più gentile, tuttavia anche lei non aveva cercato di capirlo.
“So che a volte è davvero insopportabile” proseguì Sota “ma devi avere pazienza: lui non vuole ammetterlo, e forse non lo farà mai, ma ha bisogno di te. Più di quanto creda”.
Hikari dubitava davvero che Keiichi avesse bisogno di chiunque.
“Perché Kagome ha agito così?” chiese tristemente “Perché farmi questo? Io non c’entro nulla con voi e il vostro mondo”.
“Kagome non mi ha mai spiegato le sue ragioni. E come ti ho detto, non credo che sapesse davvero chi sarebbe stato incaricato di custodire le perle spirituali. Non so perché sei stata scelta tu e forse non lo sapremo mai”.
Quella risposta non era esattamente quella che avrebbe desiderato. Avrebbe preferito “Tranquilla, ci siamo sbagliati! Addio!”. Sota invece tirò fuori da un zainetto la scatola di legno antico.
“Questa è tua”.
“Non la voglio” disse Hikari ritraendosi spaventata.
“Nessuno può ignorare ciò che è, Hikari” le disse Sota con voce calda e comprensiva “Restare chiusa qui, andare a scuola, non ti darà le risposte che cerchi, né ti farà sentire felice”.
Hikari distolse lo sguardo, volgendolo verso la finestra. Fu solo un istante, ma avrebbe giurato di vedere Keiichi sbirciare dalla finestra. Che fosse là fuori ad origliare? La cosa non l’avrebbe stupita.
“Mia sorella all’inizio fece fatica a capire e ad accettare quel che le stava succedendo, quando cominciò a viaggiare nell’epoca Sengoku” raccontò Sota “Ha affrontato prove che io stento persino ad immaginare e ha sofferto più di quanto molti potrebbero sopportare. Eppure sono sicuro che non si sia mai pentita della scelta di aiutare Inuyasha nella sua missione. Neppure quando poi…beh, nonostante come sia finita”.
Hikari non poteva rispondere. Era solo una ragazza di diciannove anni, con una vita normale.
Sota le porse ancora la scatola e Hikari questa volta la prese. Solo toccandola, percepì una grande energia.
“Cosa dovrei fare?” chiese Hikari, rassegnata.
“Non lo so davvero! Io ero il fratellino che aspettava Kagome e il ragazzo buffo vicino al pozzo, piacevolmente ignaro”.
Tanto per cambiare!
Le mani le formicolavano per il bisogno di aprire quella scatola. Al diavolo! Non appena vide la perla nera, la stessa sensazione provata a casa di Sota si ripresentò. Tutto scomparve. Nulla aveva più importanza.
Hikari” sentì una voce che la chiamava.
Allungò la mano e strinse la gemma. Davanti a lei comparve una luce intensa e improvvisamente si ritrovò davanti a un enorme albero. Lo stesso dove lei aveva salvato Keiichi, ma tutto attorno, c’era solo luce.
Hikari” una donna bellissima, dai lineamenti delicati e gli occhi dolci le sorrideva. Assomigliava in modo impressionante a Izumi.
“Chi sei?” le chiese, spaventata “Come sono arrivata qui?”
“Mi chiamo Kagome” Non poteva essere!
“Sei la madre di Keiichi e Izumi”
Il sorriso della donna si illuminò, riempiendola d’amore.
“Cosa vuoi da me?” le chiese.
“Tu sei l’unica che può aiutare i miei figli. Presto saranno in grave pericolo, anche tu lo sarai. Se vorrete sopravvivere, dovrete aiutarvi a vicenda”.
“Qualcuno minaccia Keiichi e Izumi?” chiese preoccupata.
“La stessa persona che ha ucciso me e Inuyasha. Colui che voleva Tessaiga, e la vuole ancora”. Fantastico, un’ottima notizia dalla donna morta. L’aldilà non poteva averle mandato un messaggio magico con scritto “Troverai l’amore della tua vita, insieme vivrete fino a 95 anni e morirete sereni”. No! Era molto più ad effetto un fantasma in una sfera che le diceva che qualcuno la voleva morta senza neanche conoscerla. Le ci mancava solo una telefonata che le diceva “morirai entro sette giorni” ed era a posto.
“Dimmi dov’è allora” disse a Kagome “Così Keiichi potrà andare a prenderla e difendersi”.
“Keiichi non può raggiungere la spada” quella era una brutta notizia, un’altra, tanto per cambiare “Ma tu sì!” e quella era ancora peggiore! Non osava immaginare come avrebbe reagito Keiichi quando l’avesse saputo.
“La spada è in un luogo dove nessun mortale ancora in vita può entrare, ormai. Nel corso del tempo tutte le strade che collegano quel luogo al nostro mondo sono andate perdute, ormai è rimasta una solo strada per entrarvi. Una strada che si può percorrere solo da morti”
“La cosa non promette affatto bene per me” commentò Hikari. Keiichi comunque sarebbe stato felice di liberarsi di lei.
“Ho trovato un modo” la rassicurò Kagome “ma solo tu puoi utilizzarlo”.
“Perché?” chiese esasperata.
Kagome la guardò addolorata “Non è ancora tempo che tu lo sappia”.
“Un po’ troppo comodo così, non credi?” Kagome le sorrise incoraggiante.
“Andrà tutto bene, Hikari” le disse materna “Te lo prometto”
Hikari avvertì una stretta allo stomaco. La voce di Kagome era così dolce, tenera, amorevole. Una mamma. Nessuno le parlava in quel modo da così tanto tempo. Nessuno l’aveva più guardata così da quando sua madre era…
Ma Kagome non era sua madre. Era la madre di Keiichi e di Izumi.
“Se avevi la possibilità di comunicare con qualcuno” le chiese timidamente “perché non hai fatto in modo di poter comunicare con i tuoi figli?”
Kagome la guardò addolorata “Ammetto di averci pensato, e stupidamente ho pure sperato che sarebbe stata Izumi ad avere il potere di usare le perle, visto che ha poteri molto simili ai miei. Anche se sapevo che era impossibile”.
“Perché impossibile” le chiese confusa.
“Perché mi sono sono impegnata tanto per rendere Tessaiga irraggiungibile. L’ho fatto per proteggere i miei figli, quindi non potevo coinvolgerli in tutto questo, non finché non fosse arrivato il momento. Anche se vorrei davvero poter parlare ancora con loro”.
Sembrava così triste, rassegnata. Un’ombra.
“Mi dispiace”, fu l’unica cosa che riuscì a dire.
“Se non altro, grazie a te, potrò ancora stare loro accanto”
“Cosa dovrei fare?” le chiese, sperando in una risposta migliore di quella che aveva ricevuto da Sota.
“Devi recuperare l’altra perla. Solo una volta riunite, potrai trovare il luogo dove è conservata Tessaiga”.
“Ma Sota ha detto che l’altra perla l’hai portata nell’epoca Sengoku” le fece notare.
“Esatto. Il pozzo si è aperto perché ha avvertito la tua presenza. Il sigillo avrebbe dovuto aprirsi quando il prescelto fosse stato pronto”.
Hikari sentì il terreno franarle sotto i piedi. Keiichi non aveva avuto tutti i torti a dubitare di lei. Anche se non sapeva come, era stata proprio lei a riattivare il pozzo mangia-ossa. Quella storia stava prendendo una piega sempre peggiore.
“Immagino non ci sia un modo per recuperare Tessaiga stando nella mia epoca, vero? Una qualche postilla magica, magari”, azzardò Hikari.
Kagome la guardò questa volta duramente, “Voglio essere chiara, Hikari, perché devi capire la gravità della situazione in cui ci troviamo. Se tu non accetterai tutto questo, non solo i miei figli moriranno, ma molti altri. Anche tu hai visto i risultati di tre giorni di epidemia, e non è nulla rispetto a ciò che arriverà se fallirai”.
“Vuoi dire che potrebbe succedere di nuovo?” chiese terrorizzata Hikari. Lei stessa era quasi morta per colpa dell’epidemia di sette anni prima.
“Se tu rinunci, questa volta non sarà come è stato per me. In pericolo questa volta non c’è solo l’epoca Sengoku, ma anche la nostra lo sarà. Io e Inuyasha non siamo riusciti a impedirlo, ma l’abbiamo ritardato. Toccherà a voi impedire che tante persone muoiano”.
“Io non voglio tutto questo. Voglio aiutare, ma…come posso farlo?” chiese ormai impaurita.
“In te c’è più di quanto credi” le disse accarezzandole il viso, infondendole coraggio “Ti prometto che andrà tutto bene. Fidati di me e fidati di Keiichi”.
Un fantasma e un ragazzo che la detestava. Più facile a dirsi che a farsi!
“Quando avrai superato il pozzo, cerca Shippo. Digli ciò che hai visto, cosa ti ho detto. Lui saprà cosa fare”.
Kagome le sorrise ancora una volta e si allontanò da lei. Se ne stava andando.
“Aspetta!” la richiamò “Ho così tante cose da chiederti!”
“Ogni volta che avrai bisogno di me, mi troverai qui. Col tempo avrai le tue risposte” disse Kagome continuando ad allontanarsi.
Aspetta!” la richiamò ancora Hikari, e questa volta Kagome si voltò a guardarla “Non vuoi che dica qualcosa a Keiichi, Izumi o Sota da parte tua?”
Kagome abbassò lo sguardo, evidentemente sofferente.
“Per ora è meglio che nessuno sappia che puoi parlare con me, a parte Shippo. Soprattutto Keiichi”.
“Perché?” per Hikari non aveva senso.
“Conosco mio figlio, è come suo padre. Non ascolta, non riflette e non perdona facilmente. Quando ho incontrato Inuyasha era così, c’è voluto del tempo perché cominciasse a fidarsi di chi lo amava e gli stava attorno. Sarà così anche per Keiichi, dovrai essere paziente con lui”.
“Vorrei che smetteste di ripetermelo” esplose risentita Hikari “La pazienza non è uno dei miei pregi”.
Kagome le sorrise ancora, questa volta con più entusiasmo. Ricordava molto Izumi, il suo slancio per la vita.
“Si ammorbidirà, te lo prometto, e Izumi ti aiuterà. Le ho insegnato un paio di trucchi per tenere a bada il suo intrattabile fratellone”.
Izumi le aveva parlato di un rosario, chissà cosa voleva dire.
“Ora devi andare, Keiichi non reagisce bene quando si preoccupa troppo”.
Preoccuparsi troppo? E che vorrebbe dire??!
La luce attorno a loro si intensificò e infine tutto scomparve. Kagome, l’albero, non c’era più niente.
Hikari!” qualcuno la stava chiamando, ripeteva il suo nome preoccupato.
“Si riprenderà presto, vedrai” un’altra voce…Sota.
“Hikari, svegliati!” era Keiichi.
Hikari aprì gli occhi. Keiichi la teneva tra le braccia, guardandola preoccupato. Che imbarazzo!
“La…lasciami andare, per favore” gli disse, ma lui non la ascoltò.
“Stai bene? Che è successo?” le chiese invece.
“Ci hai davvero spaventati!” Izumi era accanto al fratello e la guardava preoccupatissima.
“Sto bene. State tranquilli” si mise a sedere, liberandosi dall’oppressione fisica del mezzo-demone che delicatamente si fece da parte.
“Cosa hai visto?” le chiese Sota.
Cosa poteva dire? Kagome le aveva detto che era meglio non dire di lei. Guardò il viso di Keiichi, così teso. Non era d’accordo con Kagome: avevano il diritto di sapere tutto ciò che le aveva raccontato, ma Hikari non li conosceva bene come Kagome e lei non aveva il diritto di tradire le volontà di Kagome. Quali che fossero le sue ragioni, e anche se Hikari non poteva comprenderle, Kagome agiva per proteggere i suoi figli.
Fidati di me, le aveva detto. E lo avrebbe fatto, almeno per il momento.
“So cosa dobbiamo fare” disse, slittando sulla domanda diretta.
“Sai dov’è Tessaiga?” chiese subito Keiichi.
“No” la delusione sul viso del ragazzo le spezzò il cuore “Non ancora. Ma so cosa dobbiamo fare adesso”.
Keiichi la guardò perplesso, “Vuoi dire che verrai con noi?” le chiese titubante.
La guardava così intensamente, quasi supplicandola. Aveva bisogno di lei.
“Sì” disse sorridendogli “Vi aiuterò”.
Straordinariamente Keiichi le sorrise, un ringraziamento migliore di qualunque altro. Izumi le saltò addosso abbracciandola e ridendo soddisfatta, mentre Sota li guardava con approvazione.
“Dobbiamo prepararci allora” disse lo zio con un sorriso, subito seguito dall’entusiasmo di Izumi che si alzò come una molla, lasciando Hikari ancora seduta a terra e cominciando a programmare la partenza con lo zio.
Hikari li guardava contenta. Era felice di aver partecipato a renderli così entusiasti. Non voleva lasciare casa sua per quel viaggio, ma voleva aiutarli. Voleva fare qualcosa per aiutarli nella loro missione. Se poteva farlo, allora lo avrebbe fatto. Avrebbe trovato Tessaiga, l’avrebbe consegnata a Keiichi e allora sarebbe tornata a casa. Con un po’ di fortuna sarebbe tornata prima del ritorno di suo padre e suo nonno.
Keiichi le porse una mano e la aiutò ad alzarsi. Non disse nulla. La guardava e basta.
“A quanto pare non dovrai legarmi e portarmi via come un sacco di patate. Mi dispiace” lo provocò scherzosamente. Keiichi non rise, ma quasi.
“è presto per dirlo”. 
   
 
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