Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: Altair13Sirio    28/05/2016    7 recensioni
Una spaventapasseri solitaria e il suo sogno di avere un amico.
Può una vita cambiare tanto da superare i limiti che le vengono posti?
Genere: Fluff, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
C'era una volta una spaventapasseri.

Viveva da sola in un grande campo, e questo campo cambiava ogni anno. A volte c'erano alte piante con le loro verdi foglie scintillanti che la circondavano e le regalavano lo spettacolo che creavano quando il vento le spingeva con i suoi forti soffi. Altre volte cadeva la neve e nascondeva la terra sotto il suo candido mantello, facendo uscire allo scoperto solo poche creaturine coraggiose. Altre volte ancora, invece, il campo restava vuoto. Quello era il periodo dell'anno più noioso e triste, perché non succedeva niente, e la povera spaventapasseri rimaneva sola per tantissimo tempo.

Aveva compagnia, occasionalmente. In realtà ogni giorno venivano quegli strani animali a due zampe, dall'aspetto simile al suo, ma caratterizzati da un'espressione triste in volto, e si mettevano con i loro strani pezzi di legno a battere e scavare il terreno attorno a lei, facendola divertire molto per la loro goffaggine. Ma la loro compagnia non era abbastanza. Non le rivolgevano mai la parola, e come se non bastasse la loro lingua era complicata e incomprensibile, ma non si rattristava per questo: alcuni di loro sembravano davvero antipatici.

Lei no, non era come loro. Sorrideva sempre, qualunque cosa accadesse. Era la maschera della felicità, nonostante a volte non ci fosse niente per cui ridere… Ma lei rideva lo stesso, perché se avesse dovuto piangere, come avrebbe fatto ad accogliere degli eventuali nuovi amici nella sua casa?

Infatti era sempre pronta a conoscere qualcuno di nuovo. Tutti i giorni sorrideva nel suo campo, che piovesse o ci fosse il sole, indossava il suo bel vestito rosa delicato per fare una bella impressione e attendeva a braccia spalancate tutti i nuovi amici che avrebbero potuto passare di là. Nonostante ciò, nessuno sembrava mai voler fare amicizia con lei… Ogni tanto c'erano degli uccellini che si avvicinavano al campo, ma non appena la vedevano scappavano via senza neanche lasciarle il tempo di salutare. La spaventapasseri si chiedeva se fosse colpa sua, se fosse qualcosa nel suo aspetto o nella sua personalità che allontanava quegli uccellini che le ispiravano tanta simpatia, ma non riusciva mai a capire quale fosse il problema. Ed era un vero peccato, perché lei amava il canto di quegli uccellini: alcuni risuonavano gracchianti e sgradevoli, altri erano melodiosi e piacevoli, ma lei li amava tutti quanti indistintamente; erano gli unici suoni che seguivano delle regole capaci di renderli gradevoli all'udito, e non poterli ascoltare mai la faceva dispiacere davvero tanto. Avrebbe voluto fare amicizia con quegli uccellini, chiacchierare con loro, farsi insegnare a cantare come facevano loro e passare le giornate più lunghe in loro compagnia. Però non era possibile, se loro continuavano a scappare da lei. Cosa poteva fare?

A volte, non avendo nessuno con cui passare il tempo, la spaventapasseri avrebbe davvero voluto piangere, e allora si malediva per essere così cocciuta da non voler mai far sparire quel sorriso dal proprio volto. Ma questi momenti passavano in fretta, per fortuna, e la spaventapasseri tornava ad essere la creatura gioiosa che era da sempre, pensando positivo al futuro.

Passavano le stagioni e la spaventapasseri era sempre da sola, nel freddo, nel vuoto, nel buio. Ogni giorno c'erano tanti uccellini che si avvicinavano al campo e che, prontamente, fuggivano da esso non appena la vedevano. Lei non voleva fargli niente, ma non la ascoltavano, e continuavano a scappare, spiegando le loro ali nella vastità del cielo azzurro che ogni giorno assisteva impassibile a quel triste spettacolo. Sembrava che la spaventapasseri fosse costretta a vivere da sola per il resto della sua vita, allontanata da tutti quelli che cercava di avvicinare a sé e ignorata da quegli altri alla quale ricambiava l'indifferenza.

Ma un giorno, quando il campo era spoglio e vuoto, sotto al sole del pomeriggio una vocina melodiosa cinguettò dopo che qualcosa si fu posato sul suo braccio. "Ciao." Suonò insolitamente amichevole e la spaventapasseri si spaventò per un attimo. Quando vide cos'era stato a rivolgerle la parola, quasi non credette ai suoi occhi. Era un piccolo uccellino nero dal petto bianco; una rondine. Ruotava il collo con rapidi movimenti e le rivolgeva i suoi occhioni neri con un misto di furbizia e curiosità riflesso sopra.

"Ciao…?" Rispose insicura la spaventapasseri. Era la prima volta che parlava con qualcuno, non sapeva cosa dire. Perché quella rondine si era avvicinata a lei? E senza nemmeno che se ne accorgesse, lei che era sempre così attenta a sorvegliare il suo campo, che teneva alta la guardia in cerca di nuovi amici che passassero di là.

"Che fai?" Le chiese poi la rondine, scrutando con curiosità il suo viso sorridente e il suo vestito rosa chiaro. Era una domanda che non si era mai immaginata di ricevere, perché aveva sempre e solo pensato a quello che avrebbe chiesto a un uccello se si fosse fermato a parlare con lei; non aveva mai minimamente pensato che le parti si potessero invertire…

La risposta le venne spontanea solo dopo qualche secondo. "Guardo il campo". Aveva detto quel giorno, in risposta alla domanda dell'uccellino. Quello saltellava occasionalmente sul suo braccio, e a un certo punto l'imbarazzo scomparve e la spaventapasseri seppe cosa dire: "Vivo qui da tanto tempo, questa è casa mia. Quindi mi assicuro che sia tutto in ordine e che non accada niente di brutto."

Il rondinino fece girare il collo a destra e a sinistra, scrutando l'immenso campo di terra brulla e scura. "Ci sei solo tu?" Le chiese un attimo dopo, facendo risuonare cristallina la sua voce perfetta.

"Sì." Rispose dopo un momento di riflessione, passato a chiedersi cosa realmente facesse in quel posto tutti i giorni, senza muoversi da lì come facevano quegli altri animali su due zampe. Era sempre lì e non faceva nient'altro che guardare gli uccelli che volavano in alto nel cielo e sognare di poter parlare con loro. Non poteva nemmeno godersi il loro canto o provare ad avvicinarne uno, che non appena la vedevano quelli scappavano via.

Vedendo che il silenzio della spaventapasseri si prolungava, l'uccellino fece un'altra domanda inerente alla precedente. "E non ti annoi?"

La spaventapasseri non capiva se l'uccellino fosse particolarmente impiccione o solo curioso, ma era felice di poter scambiare qualche parola con qualcuno, una volta tanto. "Un pochino. Ma devo aspettare qui l'arrivo dei miei amici." Spiegò con risolutezza nella voce.

"Quali amici?" Chiese prontamente la rondine, non vedendo nessuno nei paraggi. Sembrava eccitato all'idea di veder spuntare qualcun altro in quel campo, ma la spaventapasseri dovette annullare il suo entusiasmo.

"Ancora non li conosco… Ma sono sicura che arriveranno, un giorno!" Era quello che si era sempre detta e quello che avrebbe continuato a ripetere. Non si vergognava di dire così all'uccellino, che con un po' di sorpresa aveva smesso di guardarsi intorno.

"E… Io posso diventare tuo amico?" Le aveva chiesto lui in quel giorno caldo e silenzioso, sotto al sole del pomeriggio che proiettava grandi ombre sulla terra brulla. La spaventapasseri fu sorpresa dal sentire quella domanda, tanto da non credere alle parole della rondine per un momento.

"Perché vuoi diventare mio amico?" Le rispose con un'altra domanda, pensando che non ci fosse motivo per un uccello chiedere quello. Ovviamente sarebbe stata felicissima di essere sua amica! Avrebbero chiacchierato su come cambiasse il tempo durante la giornata, si sarebbe fatta raccontare dei posti che aveva visitato l'uccellino e gli avrebbe presentato quegli strani animali che ogni giorno, puntualmente si mostravano con i loro attrezzi per camminare nel campo, battendo la terra e scavandola fino a un certo orario. E si sarebbe immaginata a guardare il tramonto e l'alba assieme al suo amico, ad offrirgli riparo dal freddo e dalla pioggia, a fare amicizia con altri uccellini portati lì da lui. Più di tutto, avrebbe voluto imparare a cantare come un uccellino, se fosse stato possibile. Non c'era nessuna ragione per la quale avrebbe dovuto rifiutare quell'invito, ma l'uccellino non sembrò sorpreso dal ricevere quella domanda per risposta.

"E' che… Io non ho nessun amico. Sei la prima che mi rivolge la parola…" Fu la risposta triste dell'uccellino, che chinò il capo con vergogna senza rivolgerle più lo sguardo.

Incredula di quella sua affermazione, la spaventapasseri fece la sua domanda: "Non hai paura di me?" Tutti gli uccelli avevano paura di lei, per quello che ne sapeva. Perché quell'uccellino lì, invece, si era avvicinato e l'aveva addirittura salutata?

"Paura di te?" Chiese incredulo l'uccellino alzando di nuovo lo sguardo. "E perché?"

Il sorriso della spaventapasseri non era mai stato più vero. Trasformò tutta la sua sorpresa in felicità quando si fu resa conto che quella rondine non aveva paura di lei e che tutto quello che voleva era essere amici; quello che aveva sempre desiderato anche lei.

Da quel giorno diventarono amici, e la spaventapasseri non fu più sola. Tutti i giorni la rondine andava a trovare la spaventapasseri e le raccontava che cosa aveva visto, dove era stato, quanto a lungo aveva volato… La spaventapasseri ascoltava tutte le sue parole con grande attenzione, chiedendone ancora con voracità, mai stanca di udire la sua bella voce. Grazie ai racconti della rondine, aveva scoperto che lontano da lì vivevano altri di quegli strani animali su due zampe, tutti insieme in grandi case di roccia, e tutti diversi tra loro; la rondine raccontava anche di aver visto qualcuno di quelli che gli aveva mostrato la spaventapasseri girare in mezzo a loro. Infatti era questo che faceva lei: mentre lui le raccontava del mondo e di quello che vedeva oltre i campi, lei gli mostrava ogni piccola cosa della sua vita, della sua casa, insegnandogli ad avere pazienza e a vedere oltre l'apparenza delle cose, qualità della spaventapasseri che aveva ricevuto in dono da quella vita solitaria. E la loro non era solo un'amicizia basata sulle parole, sui bei racconti e i sogni.

Passando tanto tempo assieme, infatti, tra i due era nato un legame di fiducia e affetto molto forte, tanto da affidare l'uno la propria vita all'altra. Letteralmente. Come quel giorno che la piccola rondine arrivò stanca e spaventata, inseguita da tre grossi uccelli neri. Si nascose sotto al suo vestito e la spaventapasseri urlò a quegli altri uccelli di andarsene e lasciare in pace il suo amico. Non appena la videro, quei tre uccellacci scapparono abbandonando l'inseguimento. La spaventapasseri si sentiva finalmente utile a qualcosa, dopo aver capito di poter difendere il rondinino dagli uccelli più grandi. Lui non era coraggioso come lei e non poteva aiutarla allo stesso modo, ma faceva di tutto per farla sentire bene, facendole compagnia e proponendole tante cose nuove tutti i giorni: una volta aveva cercato di farle provare un semino che lui aveva raccolto dal campo stesso; non appena glielo aveva posato sulla bocca, il seme era caduto a terra insabbiandosi ai piedi della spaventapasseri, provocando l'ilarità dei due. L'uccellino e la spaventapasseri si erano anche cimentati in un buffo ballo, durante una giornata di vento: vedendo che il vestito della spaventapasseri si agitava con forza, sferzato dal vento che piegava tutte le piante del campo, il rondinino si era messo a volarle attorno gioiosamente, agitando le ali con grande sforzo per resistere alla forza del vento, e tirando le estremità del vestito per fargli seguire delle precise coreografie, il tutto accompagnato dalle risate gioiose della spaventapasseri. E ovviamente, la spaventapasseri non aveva perso l'occasione di chiedere all'uccellino di cantare per lei ogni giorno; amava il suo canto, così forte che le trasmetteva la libertà che doveva provare lui nel momento in cui, in alto nel cielo, liberava la propria voce per trasmettere a tutti la sua gioia. Venendo a conoscenza della sua passione per il canto degli uccelli, la rondine tentò addirittura di insegnarle a cantare come loro, ma sembrava che la spaventapasseri fosse poco portata per quello…

In ogni caso c'erano momenti in cui la rondine doveva tornare al suo nido, e la spaventapasseri rimaneva sola, durante la notte o il giorno, a seconda dell'urgenza di rientrare del suo amico. Erano periodi brevi, passavano in fretta e l'uccellino tornava il più presto possibile, ma in quei momenti di solitudine la spaventapasseri non poteva fare a meno di chiedersi perché avesse solo quell'uccellino per amico; come mai tutti gli altri si tenevano alla larga da lei?

"Perché non hai paura di me?" Chiese un giorno, mentre i due amici prendevano il sole con pigrizia, l'uno accanto all'altra.

"Perché?" Chiese confuso l'uccellino. "Non te l'ho già detto al nostro primo incontro?"

"Tu ti confondi." L'uccellino si ricordava di una domanda simile postagli dalla spaventapasseri, e lì la risposta era stata semplice da dare, ma questa volta c'era un altro significato dietro quella domanda, non si trattava solo del fatto che lui non avesse paura di lei. "Voglio dire: perché sei l'unico uccello che si avvicina a me, mentre tutti gli altri scappano via?"

Posta così la domanda aveva più senso, ma l'uccellino non era convinto della risposta. Fu con tono vago che rispose alla spaventapasseri: "Non lo so. Forse sono diverso da loro…" Quella risposta fece un po' rattristare la povera spaventapasseri, che però non smise di sorridere. Un attimo dopo, però, la rondine le spiegava meglio il suo punto di vista, rincuorandola. "Non ti preoccupare. Sono loro che sbagliano a non volerti conoscere! Tu sei la cosa più bella della mia vita, e non mi pentirei mai di averti incontrata, anche se questo significasse che sono strano."

Quelle parole così dolci e sincere furono come un acquazzone gelato che colpiva la spaventapasseri all'improvviso, senza lasciare il tempo di intendere cosa stesse accadendo. Per la prima volta nella sua vita, la spaventapasseri rimase senza parole e si limitò a sorridere, felice per davvero di avere un amico come quella rondine.

I giorni passavano spensieratamente, tra un gioco e l'altro, le chiacchiere e i racconti. Tutto era bellissimo e perfetto, e ormai la spaventapasseri pensava di essere stata graziata a vivere con il suo uccellino per sempre, ma un giorno, con l'arrivo della stagione fredda, la rondine si presentò mogia dalla sua amica.

"Non potremo più vederci per un po'…" Le confessò tenendo lo sguardo basso. Il dispiacere era vero nel suo volto, e non avrebbe mai fatto uno scherzo simile.

La spaventapasseri era allibita. "Che cosa succede?" Chiese temendo che fosse capitato qualcosa di grave. La spiegazione della rondine, però, sembrò voler togliere ogni preoccupazione alla spaventapasseri.

"Sta arrivando il freddo, e sono costretto ad andarmene lontano per sopravvivere." Spiegò lentamente. "Andrò a sud, in luoghi più caldi dove aspetterò la fine della stagione."

"Ma tornerai, vero?" Chiese allarmata la spaventapasseri, temendo che quello fosse un addio. La rondine rispose con sdegno, quasi incredula della poca fiducia dell'amica.

"Certo che tornerò! E al mio ritorno ti racconterò tutto quello che ho visto nei posti caldi, quindi preparati…" Scherzò allegramente, facendo sparire tutta la tristezza dal proprio volto. Anche la spaventapasseri rise a quell'affermazione e sembrò affrontare la cosa con più leggerezza. Anche se l'idea di rimanere di nuovo da sola per tutto quel tempo la preoccupava, aveva la garanzia che il suo rondinino sarebbe tornato e le avrebbe raccontato tante storie dei posti che aveva visitato e le avventure che aveva vissuto laggiù.

"Allora ci rivedremo, non c'è bisogno di fare quella faccia." Disse lei continuando a sorridere, incitando l'amico a fare lo stesso. In effetti non sembrava essere niente di troppo preoccupante, ma l'uccellino era riluttante ad andarsene.

"Non so se voglio partire…" Disse incerto lui. Quella sua affermazione gli fece guadagnare una sgridata dalla spaventapasseri, che gli disse di rimangiarsi ciò che aveva detto.

"Ne va della tua vita! Possiamo stare separati per un po', se è per il tuo bene." Alla spaventapasseri non faceva paura la lontananza, bensì la solitudine. L'aveva vissuta per tantissimo tempo, e non avrebbe mai voluto tornarci, ma se doveva farlo perché il suo amico potesse continuare a vivere, non avrebbe esitato a restare da sola.

"D'accordo…" Accettò triste il rondinino, abbracciando con le ali il volto della spaventapasseri. Secondo lei non c'era nemmeno bisogno di salutarsi, ma lui voleva fare così in ogni caso, qualunque fosse la loro situazione. "Allora ci rivedremo quando tornerò, alla fine dell'inverno…"

Inverno. Così si chiamava dunque quel lungo periodo di solitudine che faceva tanto paura alla spaventapasseri. Era il periodo più triste dell'anno, e quell'anno in particolare fu il più triste della sua vita: la spaventapasseri non aveva mai sofferto la mancanza di un amico come allora, ma nonostante ciò non si abbatté. Sapeva che il suo rondinino sarebbe tornato, avrebbe riportato la luce nella sua vita, proprio come nel tempo, che adesso era così scuro e freddo attorno a lei. Avrebbe voluto fargli vedere il campo innevato, silenzioso e lontano da ogni essere vivente, ma a quanto sembrava avrebbe dovuto farne a meno… Avrebbe voluto giocare con la neve assieme a lui, fargli vedere tutti quei minuscoli fiocchi dalle forme impensabili che scendevano dal cielo e andavano a posarsi sul suo campo, uno sopra all'alto, ma le circostanze non glielo avrebbero permesso. Nonostante tutto questo, la spaventapasseri continuò a sorridere.

E l'inverno passò.

I giorni di freddo erano passati da un po', ma l'uccellino non si era ancora visto. Inizialmente la spaventapasseri aveva pensato che ci avrebbe messo qualche giorno in più per tornare; non sapeva quanto lontano fosse andato in fondo, quanto ci volesse a tornare, ma quando dopo alcuni giorni passati a fissare speranzosa il cielo, avvistando altri volatili di ritorno dal viaggio al sud, la spaventapasseri si rese conto che il suo rondinino non stesse tornando, cominciò a preoccuparsi. Aveva paura per lui, temeva che fosse successo qualcosa durante il viaggio, o peggio, che si fosse dimenticato di lei…

Proprio quando cominciava a perdere la speranza, una voce melodiosa cinguettò accanto a lei. "Ciao."

Era lui, era cresciuto, e aveva stampato in volto quel sorrisetto furbo che lo caratterizzava sempre. Tornava così tardi, dopo tutto quel tempo, e l'unica cosa che riusciva a dire era "ciao"? La spaventapasseri lo sgridò per essere stato così negligente e per averla fatta preoccupare, ma fu contenta di rivederlo sano e sorridente dopo tutto quel tempo. Era cambiato, come se quel viaggio lo avesse fatto maturare. Aveva molte storie da raccontarle. Le parlò del deserto, quella immensa distesa di sabbia gialla che aveva dovuto attraversare, del mare azzurro come il cielo che aveva sorvolato, e delle forti correnti che aveva sfruttato per viaggiare.

"Mi dispiace di averti fatta preoccupare…" Si scusò sincero l'uccellino, dopo averle parlato di tutte quelle meraviglie che mai la spaventapasseri avrebbe immaginato. Lei, dopo aver sentito tutte quelle cose, le sue avventure, quasi si dimenticò dell'arrabbiatura e sorrise alla rondine.

"L'importante è che tu sia tornato." Erano di nuovo insieme, l'inverno era finito, e loro avrebbero passato tanto tempo assieme da quel momento, durate la stagione calda.

Le cose per la spaventapasseri e il suo rondinino andarono avanti così per un po', lui dovette emigrare al sud altre due volte per sfuggire al freddo, ma nonostante la lontananza, sembrava quasi che fossero collegati da un filo invisibile che non si interrompeva mai, capace di farli rimanere assieme anche quando erano divisi. Erano felici con le loro vite, non gli serviva nient'altro perché avevano già tutto, ma un giorno tutto cambiò…

La spaventapasseri era da sola nel suo campo. Il cielo era grigio, coperto da spessi strati di nuvole; ci sarebbe stata una forte pioggia, presto. Il suo rondinino non si era fatto vedere, essendo occupato a cacciare qualcosa da mangiare, ma sapeva che quella sera sarebbe arrivato per appollaiarsi sulla sua spalla e addormentarsi assieme a lei, come facevano da un po' di tempo. La mente della spaventapasseri si chiedeva se avrebbe assistito al temporale con lui, oppure l'uccellino sarebbe tornato più tardi. Non aveva visto nessuno in giro, né animali che scorazzavano per il campo, né uccelli nel cielo, e nemmeno quegli strani animali che ogni giorno erano già lì da un pezzo. Il campo era vuoto. Non che la cosa l'avesse insospettita più di tanto, capitavano giornate piatte in cui nessuno passava di là, ma quell'atmosfera unita al tempo incerto la metteva in soggezione e le faceva venire strane idee.

A un certo punto un rombo spaventoso riempì l'aria. Era un suono che non aveva mai sentito prima, e che non avrebbe mai voluto sentire di nuovo. La spaventapasseri cercò ciò che producesse quel rumore, ma non capì da dove proveniva finché non alzò lo sguardo al cielo e vide qualcosa uscire dalle nuvole nere. Dei grossi uccelli neri in formazione si avvicinavano a velocità costante; erano loro a produrre quel rombo inquietante. Le fecero una brutta impressione nello stesso momento in cui li vide, senza nemmeno sapere perché. Quando furono quasi sopra di lei, sopra il suo campo, vide qualcosa cadere dalle loro pance. Non riuscì a capire cosa fossero quelle strane gocce; pensò che fossero i loro escrementi, anche il suo rondinino ogni tanto si liberava in cielo, ma quelli erano diversi. Erano grandi e scintillanti, dalle forme di gocce, facevano paura, e quando toccarono il suolo, la terra si trasformò in un inferno, e un altro tipo di pioggia investì il campo.

Le piante nel campo si polverizzavano e la terra schizzava da tutte le parti. Il suolo tremava e il vestito della spaventapasseri si agitava come impazzito. Che stava succedendo? Perché quegli uccelli stavano facendo tutto quello? Lei aveva paura, tutto quel frastuono e quel caos che cosa significavano? Chi avrebbe potuto fare una cosa del genere? Non si rese conto di una di quelle gocce che dall'alto cadde vicino a lei, smuovendo la terra dove se ne stava lei e sbalzandola lontano. La spaventapasseri si ritrovò a terra, con il viso rivolto al cielo; aveva la terra addosso e il suo vestito rosa chiaro si era strappato. Spaventata, cercò di urlare, chiamare il suo rondinino.

E lui rispose. Stava arrivando. La chiamò a gran voce, volando a zig-zag nell'aria del campo ormai devastato. "Sono qui." Le disse lui poggiandosi rovinosamente sul suo petto. Non aveva un bell'aspetto, anzi sembrava non riuscire nemmeno a tenersi in piedi.

"Piccolo mio! Sei ferito!" Esclamò preoccupata lei guardandolo con sgomento. L'uccellino sembrava non voler fare caso alle sue piume bruciacchiate e alle ferite che gli impedivano di rimanere in piedi.

"E tu sei caduta!" Le rispose lui cercando di girarle intorno per cercare un modo di farla rialzare. La spaventapasseri non si era mai trovata in quella situazione, e ovviamente l'uccellino non aveva idea di come fare per tirarla su. Se lui fosse stato sano e salvo, la spaventapasseri non si sarebbe impuntata tanto sulla sua situazione, ma le ferite dell'uccellino gli rendevano impossibile anche voltarsi da una parte.

"Stai bene?" Gli chiese mentre quello cercava inutilmente di rimettersi in piedi.

"Non pensare a me, guardati! Sei tutta sporca…" Sicuramente lui era in condizioni ben più gravi delle sue, ma non voleva farle credere che non gli importasse di lei. Non voleva vederla soffrire. Non capiva che la vista del suo corpicino ferito e incapace di alzarsi da solo la stava uccidendo dentro.

"Piccolo mio…" Lo chiamò lei quando vide che aveva abbandonato l'idea di alzarsi. Lui non rispose. Si limitò a guardarla con tristezza dalla sua posizione. Lei non sapeva cosa dire. Era una situazione troppo irreale perché potesse immaginarsi di viverla. Dopo una lunga esitazione, la spaventapasseri disse con un filo di voce: "Riesci a cantare?"

Era finita. Lo sentivano entrambi, anche se non volevano crederci. Era successo qualcosa che non potevano prevedere, e le loro vite stavano per terminare. Il rondinino sentì quella tristezza che si ha quando si sta per separarsi, ma si sforzò di sembrare sorridente. "Sì… Certo che sì!" Fischiò senza forza.

La spaventapasseri fece uno sforzo per guardarlo negli occhi senza scoppiare. "E allora, ti prego, canta…"

Dapprima il rondinino non capì perché volesse sentire il suo canto in quel momento, poi si ricordò del suo amore per quel canto che reputava il più bello in assoluto, di quanto avrebbe voluto sentirlo tutto il giorno, e del fatto che ancora non lo avesse udito quel giorno. Quindi cantò. Con le ultime forze del suo corpo, lanciò tre fischi acuti che andarono ad indebolirsi, ognuno sempre un po' di più. Nonostante il dolore che gli procurasse fare quello sforzo, l'uccellino non si rifiutò di cantare per la spaventapasseri; in quei tre versi acuti, il rondinino mostrò tutto il suo amore per la povera spaventapasseri, che aveva aspettato qualcuno come lui per tutta la vita. Dopo l'ultimo fischio, che andò a scemare debolmente, l'uccellino chiuse gli occhi lentamente e poggiò la testa al petto della spaventapasseri.

Le nuvole nere nel cielo tuonarono e dei lampi si intravidero in mezzo a loro. L'umore della spaventapasseri era nero come quel cielo, dove ancora volavano in cerchio quei mostri che avevano scatenato tutto quello. Sembrava che stessero aspettando qualcosa…

La pioggia cominciò a cadere fitta sul corpo della spaventapasseri e su quello immobile del suo rondinino. La sentì scorrere sul suo viso, e a quel punto decise di smetterla di sognare a occhi aperti, di fingere di essere chi non era realmente: per la prima volta nella sua vita, la spaventapasseri avrebbe voluto piangere, ma non poté farlo perché appunto era solo una spaventapasseri. Non sorrideva perché voleva mostrarsi così a dei nuovi amici, ma perché non poteva fare altrimenti! Quel suo vestito che lei definiva sempre "rosa delicato" in realtà era solo sbiadito dalle intemperie e dal tempo che lo aveva rovinato! Anche quei sentimenti che pensava di provare, non esistevano perché non esisteva un cuore che potesse contenerli! Era solo uno spaventapasseri, la sua vita era vuota, priva di significato.

Avrebbe pianto se avesse potuto. Lo avrebbe fatto tanto tempo prima anche, quando aveva capito che non avrebbe mai trovato un amico; quando inconsciamente si era arresa e aveva smesso di aspettare. La sua vita era stata solo una grande delusione, da quel momento. L'unica cosa che riusciva a farla stare un po' meglio era quella pioggia talmente fitta da inzupparla dopo pochi secondi, che aveva sostituito le lacrime inesistenti facendola sembrare un po' più dispiaciuta.

Avrebbe detto di essere solo un essere privo di significato, che non avrebbe dovuto esistere, se non avesse sentito quel forte dolore al petto, improvviso e profondo, che la lasciò dolorante per parecchio tempo. No. Lei avrà anche potuto essere di paglia e incapace di esprimere le proprie emozioni, ma un cuore ce lo aveva. Lo dimostrava il fatto che avesse un amico, un amore che non l'aveva abbandonata fino a che la morte non glielo aveva portato via. Lo dimostrava il fatto che, nonostante non potesse farlo fisicamente, in quel momento stesse piangendo tutto il proprio dolore per la morte del suo piccolo rondinino. Lei lo aveva amato veramente. Aveva sofferto durante l'inverno, durante la loro separazione, ed era stata felice quando lo aveva visto tornare ogni volta, pieno di storie da raccontarle. Non le importava se tutti gli altri uccelli scappavano da lei, perché aveva l'amore di quel piccolo uccellino, ed era rimasto con lei fino all'ultimo istante della sua vita. Lui amava lei, e lei amava lui.

Era convinta ormai di essere qualcosa di più di un semplice oggetto. Era convinta di avere avuto una vita degna di essere vissuta, grazie al suo rondinino, ma la povera spaventapasseri temeva di non poter continuare più senza di lui. A che serviva andare avanti, trascinandosi dietro un tale vuoto? Non sarebbe mai riuscita a provare le stesse emozioni, e nemmeno lo avrebbe voluto: perché lui era unico, era l'unico che la amava.

Con lo sguardo rivolto al cielo, a quegli uccelli neri che avevano ucciso il suo piccolo uccellino, la spaventapasseri vide altre di quelle "gocce" calare giù dalle loro pance, proprio sopra la sua testa, e per un attimo ebbe paura. Dopo quel breve istante, il sollievo la invase, e accettò tutto quello. Aveva vissuto una vita lunga, e per quanto breve fosse stato il periodo accanto al rondinino, era stato il migliore. Non rimpiangeva niente, in fondo quel momento sarebbe arrivato in ogni caso, e forse sarebbe stato più doloroso perderlo senza andare via con lui.

Così sarebbero rimasti insieme. Per sempre.
   
 
Leggi le 7 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Altair13Sirio