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Autore: AlienorJ    29/05/2016    4 recensioni
Giappone, presente. Hikari Tanaka è una ragazza comune alle prese con la difficile scelta di cosa vuole fare del suo futuro. Suo padre, un medico rispettato, vorrebbe che seguisse le sue orme e frequentasse medicina all'università, suo nonno invece vorrebbe che si decidesse ad accettare la proposta di Kenui,un suo compagno di scuola, di sposarlo. Hikaru, dal canto suo, vorrebbe solo girare il mondo. Una sera, sfuggita di nuovo all'appiccicosa presenza di Kenui, trova rifugio in un vecchio tempio shintoista, apparentemente disabitato.
Mentre si aggira tra i vecchi edifici, una luce attira la sua attenzione verso un capanno. All'interno, Hikari trova un vecchissimo pozzo, proprio all'interno del quale scopre un bagliore. Attirata inspiegabilmente verso l'orlo del pozzo, non appena lo raggiunge viene colpita da una forza incredibile.
Da allora, la sua vita cambierà per sempre. Soprattutto dopo l'incontro con un affascinante mezzo-demone alla ricerca della spada di suo padre, la mitica Tessaiga.
Una storia ambientata diversi anni dopo il lieto fine di Kagome e Inuyasha e che vedrà stavolta al centro della scena i loro eredi.
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Ciao!! Sono partita qualche giorno con degli amici. Dovrei tornare presto. Non preoccupatevi! Fate i bravi!
 
Hikari rilesse il biglietto ancora una volta. Corto, evasivo…perfetto! Non aveva mai fatto una cosa del genere, ma suo padre si fidava di lei e la considerava una ragazza in gamba. Sperava fosse abbastanza perché non si preoccupasse troppo nel caso in cui non fosse riuscita a tornare prima del loro ritorno.
Aveva sistemato casa, preso qualche abito, nonostante Izumi le avesse detto che avrebbero trovato qualcosa per lei una volta tornati nell’epoca Sengoku. Hikari aveva visto come erano vestiti appena arrivati e non sembrava il massimo della comodità. In ogni caso, aveva sistemato il suo paio di jeans più comodi nello zaino. Aveva fatto scorta di shampoo e balsamo, caricato l’i-pod e preso quel caricatore a energia solare che le avevano regalato qualche anno fa e non aveva mai usato. Un’epoca senza energia elettrica sarebbe stata il contesto ideale per testarlo. Poteva forse rinunciare a internet e al cibo da asporto, ma certo non sarebbe sopravvissuta senza musica e dubitava che Keiichi sarebbe stato disposto a cantarle qualcosa.
Andò in salotto dove Izumi e Keiichi stavano prendendo le ultime borse da caricare sull’auto di Sota. Mentre Hikari aveva sistemato le cose a casa, zio e nipoti avevano fatto spese folli. Medicine, garze e una quantità spropositata di cibo pronto. Sota diceva che aveva fatto tutto come faceva sempre Kagome quando tornava a casa, prima di ripartire per l’epoca Sengoku.
“Sei pronta?” le chiese Izumi.
“Credo di sì” disse aiutandola con una delle borse che cercava di trasportare.
“Vedrai che ti piacerà casa nostra!” le disse entusiasta “E conoscerai il resto della famiglia! I gemelli ti piaceranno da morire! Sono delle vere pesti, ma molto più simpatiche di Keiichi!”.
“Ehi!” si lamentò il diretto interessato “Guarda che ti ho sentito!”, ma Izumi continuò come se niente fosse.
“Oh! E conoscerai anche Shippo!” disse illuminandosi, beccandosi un’occhiataccia dal fratello “Vedrai, ti piacerà un sacco! È un vero tesoro!”.
Sota li aspettava in auto e partirono subito.
“Scusa, Izumi” chiese Hikari “ma chi è questo Shippo?”
“Oh, Shippo è un demone!” disse Izumi con orgoglio.
Un demone?!!! L’immagine del serpentone al tempio le procurò un brivido. Se Shippo era un demone poteva capire perché Keiichi disapprovasse. Izumi intercettò la sua preoccupazione e la rassicurò.
“Tranquilla, Hikari! Non tutti i demoni sono cattivi! Beh, la maggior parte sì” la precisazione non la faceva stare tranquilla “ma non tutti! E Shippo è decisamente uno di quelli buoni. È un grande demone volpe ed era un grande amico di mamma e papà. Li ha aiutati ai tempi della loro lotta contro il demone Naraku. Era un bambino all’epoca, ma da allora sono rimasti sempre tutti assieme. Era parte della famiglia. Poi quando i nostri genitori sono morti, Shippo è rimasto e lui e Keiichi si sono presi cura di noi.”
Dopo la spiegazione di Izumi poteva capire perché Kagome le avesse detto di cercarlo. Perché avesse chiesto il suo aiuto. Che avesse lui l’altra perla oscura? Era possibile, se era così amico di Kagome come sosteneva Izumi.
 
Sota cambiò umore non appena arrivarono al vecchio tempio. Divenne cupo e silenzioso. Si guardava attorno senza dire una parola, trattenendo le lacrime. Hikari decise che era meglio lasciarlo ambientare, dargli il tempo di riprendersi. Non doveva essere facile per lui tornare in quel posto. Lo lasciò ai suoi pensieri e si ritrovò a contemplare l’enorme albero del tempio. Chissà perché Kagome le era apparsa davanti a quell’albero. Strinse tra le dita il sacchetto di tela nel quale aveva infilato la perla di Inuyasha. Non era riuscita a trovare nulla di meglio dove metterla per portarla con sé senza perderla.
“Questo è l’albero sacro”
Hikari, completamente assorta dai propri pensieri non aveva sentito Keiichi avvicinarsi.
“A Izumi piace raccontare storie, come a nostra madre” disse, anche lui con lo sguardo incatenato all’albero “Quando eravamo piccoli ci raccontava spesso la storia di come lei e nostro padre si fossero incontrati, proprio sotto questo albero quando mia madre era arrivata nella nostra epoca per la prima volta. Mio padre era stato sigillato da una freccia sacra, proprio a questo albero, e mia madre lo liberò. Diceva che questo albero era importante per la nostra famiglia”.
“Tua madre deve aver amato molto Inuyasha per aver deciso di rimanere con lui in un’epoca diversa dalla sua”, Hikari non riusciva a immaginare alcuna ragione che potesse convincerla a rinunciare a casa sua, a suo padre e alla sua vita.
“Mia madre diceva che era diventata anche la sua. E sì, lo amava molto. E mio padre la amava altrettanto, avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei.”
Allora era molto fortunata. Hikari avrebbe voluto avere la stessa fortuna un giorno, amare tanto una persona ed essere ricambiati alla stessa maniera. Purtroppo era una fortuna estremamente rara.
“Perché hai cambiato idea?” le chiese Keiichi, puntandole addosso i suoi occhi dorati, mettendola in agitazione.
“Avete bisogno di me” rispose semplicemente.
“Ne avevamo anche a casa dello zio Sota, ma te ne sei andata”.
Non c’era accusa nelle sue parole, voleva solo capire. Kagome e Sota le avevano detto che doveva avere pazienza, e che Keiichi era rimasto solo ad affrontare tutto quanto quando era ancora troppo giovane.
“Non scapperò più, Keiichi, te lo prometto” le disse sorridendogli con calore e prendendogli una mano per sentirlo più vicino. Keiichi la guardò intensamente, leggermente in imbarazzo.
“Non sei più solo”.
 
Izumi abbracciò con slancio lo zio, dandogli un bacio sulla guancia.
“Dovrò memorizzare come arrivare a casa tua zio! Così potrò venire a trovarti senza rischiare di perdermi”.
“Non sarà necessario” le disse con calore “Mi troverete qui”.
“Vuoi riaprire il tempio?” gli chiese Hikari.
“Questo posto è sempre stato un luogo meraviglioso, ed è sempre appartenuto alla mia famiglia. Vederlo in questo stato…non sarei dovuto andarmene. E se fossi rimasto non avreste dovuto penare tanto a cercarmi”.
Sota era ancora triste, ma sembrava anche aver raggiunto una sorta di consapevolezza. In quel luogo aveva perso la sua famiglia, ma c’erano ancora più ricordi felici. I ricordi di una famiglia intera, come le aveva detto Keiichi sotto l’albero.
“Che bello, zio! Così potremo venire a trovare quando vorremo!” disse Izumi. Gli stampò un sonoro bacio sulla guancia e si lanciò nel pozzo.
Hikari la guardò scomparire, con ansia crescente. Stava per buttarsi anche lei dentro un pozzo. E se quando avesse cercato di buttarsi lei, il passaggio si fosse richiuso? Avrebbe picchiato sul fondo. E probabilmente Keiichi l’avrebbe presa in giro per il resto della vita, o magari avrebbe ricominciato a urlarle contro, accusandola di chissà quale nuovo errore. A ben ripensarci, l’idea di partire non era poi così brillante. Forse non ci aveva pensato abbastanza.
Sota interruppe i suoi cupi pensieri, abbracciandola “Mi raccomando” le disse “fai attenzione”.
“Lo farò” rispose, commossa dal fatto che qualcuno si preoccupasse per lei, anche se chi avrebbe potuto farlo era del tutto ignaro di cosa stesse per fare.
“E tieni d’occhio i miei nipoti!” aggiunse Sota “Vedi che non si uccidano a vicenda!”.
“Ora sì che mi chiedi l’impossibile!” scherzò Hikari, aveva davvero bisogno di allentare la tensione.
“Che divertente!” sbuffò Keiichi mentre si caricava su una spalla un grosso zaino e le prendeva la mano, guidandola al bordo del pozzo.
“Fate attenzione!” ripeté Sota mentre Keiichi si lanciava nel pozzo, trascinando Hikari con sé “E tornate presto a trovarmi!”.
Uno strattone allo stomaco, la sensazione di annegare e infine…un cielo blu..
 
Keiichi la issò senza sforzo fuori dal pozzo. Davanti a lei c’era uno spettacolo meraviglioso. Il tempio era sparito. La città era sparita. Hikari era seduta sul bordo di un vecchio pozzo ricoperto di edera, nel bel mezzo di una foresta immensa. Il cielo si stava ormai scurendo per il giorno che volgeva al termine e le prime stelle erano già visibili sull’orizzonte. Quel paesaggio era davvero meraviglioso e Hikari lo guardava estasiata.
“Andiamo, andiamo” li incitava Izumi, saltellando qua e là come una cavalletta impazzita “Forza, muovetevi!”.
Keiichi levò gli occhi al cielo, afferrò tutte le borse che poteva e si avvicinò a Hikari “Salimi sulla schiena”.
Hikari lo guardò esterrefatta. Non pensava davvero che gli avrebbe permesso di scarrozzarla in giro come un sacco?
“Non ci penso neanche!”
“Faremo molto prima se ti lasci portare, noi siamo molto più veloci di te…” cercò di convincerla Keiichi con un certo fastidio.
“Non credo sarà necessario, fratellone!” lo interruppe Izumi col sorriso più splendente che le avesse mai visto. Guardava verso un piccolo sentiero alla loro destra. Non passarono molti istanti che una figura uscì dal folto della foresta procedendo verso di loro. Era un uomo giovane, molto alto, con dei lunghi capelli color nocciola e dei meravigliosi occhi verdi. Hikari notò anche una folta e lunga coda.
Izumi si precipitò verso il nuovo arrivato e gli saltò al collo, felice come non mai. Dopodiché lo baciò con slancio, senza preoccuparsi di Hikari che guardava la punta delle sue scarpe, piuttosto in imbarazzo per quell’intrusione, così si sentiva, un’intrusa, nella vita privata della ragazza, né di Keiichi che guardava da un’altra borbottando tra sé come faceva spesso. Il nuovo arrivato strinse Izumi, nonostante il suo viso avesse assunto una notevole tonalità bordeaux.
Hikari, a quel punto aveva pochi dubbi riguardo a chi potesse essere lo sconosciuto. Doveva essere Shippo, il demone volpe di cui già le avevano parlato, e che Kagome le aveva detto di rintracciare, e se davvero era lui, poteva capire benissimo Izumi: era davvero un ragazzo molto bello. Il suo viso esprimeva una non poca gioia di vivere oltre che una certa propensione al sorriso. Aveva anche un qualcosa di malizioso e irriverente che lo rendeva estremamente affascinante.
“Mi sei mancata” sussurrò Shippo all’orecchio di Izumi, che sorrise ancora di più e lo ringraiò con un altro bacio, ancora più esplicito del precedente. Hikari cominciava davvero a sentirsi in imbarazzo.
“Finitela voi due!” li rimbeccò Keiichi “Siamo stati via poco più di un giorno! Non siate ridicoli!” Hikari non poteva essere più d’accordo.
Il demone, rimettendo a terra Izumi, lanciò a Keiichi uno sguardo lascivo che fece arrossire Hikari fino alla punta dei capelli “Anche tu mi sei mancato, Keiichi!” disse al mezzo-demone, provocandolo.
“Oh, finiscila!” e caricatosi gran parte delle borse che avevano portato con loro dall’altra epoca se ne andò.
Hikari rimase di sasso: Keiichi si era mosso velocissimo. Una saetta impazzita. Era appena partito e Hikari già non lo vedeva più da nessuna parte.
“Ma cosa…?”
A quel punto, il demone la notò.
“Vi siete portati un souvenir?” chiese Shippo a Izumi, con dolcezza, la quale subito si staccò da lui per recuperarla dal bordo del pozzo, dove Keiichi l’aveva alla fine lasciata.
“Questa è Hikari!” disse lei presentandoli “Viene da dove veniva mamma, ovviamente. Se siamo potuti tornare così presto, è solo grazie a lei. Ci ha aiutati tanto. È qui per darci una mano!”.
Shippo le strinse la mano con un sorriso estremamente cordiale. Hikari decise subito che le piaceva. Sperava sarebbero diventati amici facilmente come era accaduto con Izumi, e qualcosa le diceva che così sarebbe stato.
“Piacere! Grazie per aver aiutato Keiichi e Izumi”.
“L’ho fatto con piacere!” rispose Hikari “Beh, quasi sempre”. Shippo la guardò incuriosito, cercando una spiegazione guardando Izumi.
“Keiichi” disse Izumi con eloquenza “non ha trattato molto bene Hikari all’inizio”.
All’inizio?
“Allora dovremo pensare a una bella punizione per lui” disse Shippo con uno sguardo cospiratore che mise i brividi a Hikari e allo stesso tempo la divertì. L’idea di vendicarsi del modo in cui Keiichi l’aveva trattata la stuzzicata.
“Fidati” gli rispose Izumi, con l’aria di chi la sapeva lunga “ho già un piano perfetto per insegnare al nostro caro e intrattabile Keiichi ad essere un po’ più gentile!”.
Izumi e Shippo si guardavano come due geni del male. Sembravano Harley Queen e il Joker che programmavano un nuovo attacco contro Batman. Facevano quasi paura. Quasi.
“Allora, Hikari” disse Shippo, caricandosi le borse rimanenti e avviandosi lungo il sentiero, subito seguito dalle due ragazze “dubito che tu abbia scelto di venire fin qui per il fascino di Keiichi” e Hikari arrossì di nuovo fino alla punta dei capelli – che idea ridicola!
“è una storia davvero assurda!” si intromise Izumi e così gli raccontò ciò che era successo da quando lei e Keiichi avevano attraversato il pozzo. Man mano che la ragazza raccontava, Shippo si faceva più silenzioso e vigile. Il sorriso, dapprima spontaneo e luminoso, sembrava essersi congelato sul viso. Quando Izumi arrivò a raccontare della perla oscura, Shippo cominciò a guardare sempre più insistentemente verso Hikari.
“…Sota era andato da solo a parlare con Hikari” continuava Izumi “perché avevamo paura che se ci fosse stato anche Keiichi, lei non avrebbe mai voluto vederci. Io sono rimasta a controllare che non facesse qualcuna delle sue solite stupidaggini. Cosa inutile, visto che non appena mi sono distratta un solo secondo, quel cagnaccio se l’è svignata per andare a spiare Sota e Izumi dal balcone”.
Allora Hikari non se lo era immaginato.
“Io l’ho seguito ed è stato davvero strano” continuava a raccontare Izumi, quella volta però con meno entusiasmo rispetto a come aveva raccontato il resto della storia “Sota e Izumi parlavano, e già era una buona cosa. Cercavamo di capire cosa si stessero dicendo, quando Hikari ha preso in mano la perla ed è andata in una specie di trance. È stato davvero strano. Si è accasciata a terra come un corpo morto. Cavolo, ero così spaventata. Anche Keiichi. Siamo entrati subito e Keiichi l’ha subito raggiunta. La chiamava e cercava di toglierle quella perla della mano, ma non è riuscito a smuovere neanche un dito. Eravamo davvero in pena, e poi, velocemente come era arrivata, la trance si è interrotta e Hikari si è svegliata come se niente fosse”.
Shippo la guardava intensamente, come se volesse comunicarle qualcosa. Se Kagome l’aveva mandata da lui, forse Shippo sapeva cosa aveva visto toccato la perla.
“Subito dopo, ci siamo preparati e siamo tornati”.
“Sono contento che tu stia bene, e che siate tornati così presto” disse guardando Izumi con sollievo.
Se ricominciavano a baciarsi, Hikari se ne sarebbe andata via correndo, come aveva fatto Keiichi.
“Dove sarà andato Keiichi?” chiese ai piccioncini, cercando di riportare i loro pensieri in direzioni per lei più sicure.
“Pft!” soffiò infastidita Izumi “Sarà corso da quel barbagianni di Sayumi”.
“Izumi!” la rimproverò Shippo.
“Assomiglia esattamente a un barbagianni” si lamentò Izumi “sempre a guardarti con aria di superiorità, dall’alto in basso, come se le avessero infilato qualcosa su per il…”
“Non essere meschina” la riprese ancora Shippo “se tuo fratello vuole stare con lei, dovremmo sostenerlo”.
“Non intendo farlo” replicò piccata “Keiichi non ha bisogno di una donna simile. Si merita di meglio”.
Hikari sorrise di fronte a quella dimostrazione di affetto di Izumi. Anche lei avrebbe sempre voluto avere un fratello, qualcuno su cui contare sempre. Un complice. Purtroppo sua madre si era ammalata e avevano dovuto accontentarsi di lei sola.
“Anch’io penso che Keiichi sbagli a passare tanto tempo con lei” continuò Shippo “ma non sappiamo come stanno veramente le cose. Keiichi dice che non si frequentano in quel senso”.
“Sì, come no!”
“E se anche fosse, è una sua scelta. Noi non c’entriamo”.
“Io sono sua sorella!” replicò Izumi convinta “C’entrerò sempre con le sue idee stupide. È compito mio evitare che si rovini la vita”.
Nel frattempo, la boscaglia si era diradata e infine erano giunti in vista di un piccolo villaggio rurale.
“Oh” disse Hikari con meraviglia “è così bucolico!”.
“è casa” disse Izumi con un sorriso.
 
Hikari guardava il cielo stellato come mai aveva fatto prima. Le luci della città non permettevano un simile spettacolo. Era fantastico. Il villaggio l’aveva accolta con molto calore. Avevano organizzato un piccolo banchetto per lei e l’avevano trattata con ogni riguardo. Le avevano persino dato una piccola casetta che solitamente usavano per dare rifugio ai viandanti, per farla stare più comoda.
Keiichi non si era più visto, e Hikari non poteva fare a meno di chiedersi dove fosse finito. Avvertiva di nuovo quell’insistente bisogno di averlo vicino, quell’impossibilità di perderlo di vista.
Ogni fibra del suo corpo le urlava di andarlo a cercare, ma Hikari sarebbe morta prima di farlo. Per trovare cosa poi? Keiichi che si trastullava con quella Sayumi?
No, grazie!, pensò intristita Hikari. Non che le importasse che Keiichi frequentasse qualcuno. Lui era insopportabile, prepotente e sospettoso, oltre al fatto che la sopportava mal volentieri, ma lei era là perché dovevano difendersi a vicenda e invece Keiichi, alla prima occasione buona, se l’era svignata chissà dove a fare chissà che cosa. E se un demone l’avesse attaccata in quel momento con lui lontano?
E cosa gliene importerebbe se ti capitasse qualcosa?
Gliene sarebbe importato. Perché senza di lei, Keiichi non avrebbe mai recuperato Tessaiga. Lei gli serviva. Era il mezzo per raggiungere il suo scopo. Ecco cos’era Hikari in tutta quella faccenda. La mappa che conduceva al tesoro.
“Ti manca casa?”
Hikari si voltò, e vide Shippo avvicinarsi e sedersi accanto a lei sul prato.
“No” rispose con un sorriso rassicurante “non ancora, almeno”.
“Vorrei poter dire che col tempo andrà meglio” le disse “ma non è così. Kagome tornava spesso alla sua epoca. Le mancava terribilmente la sua famiglia, la sua vita, nonostante qui avesse degli ottimi amici, soprattutto quando Inuyasha la faceva impazzire”.
“Tu sai cosa ho visto nella perla, vero?” apprezzava il fatto che Shippo non avesse voluto pressarla riguardo all’argomento che più premeva a entrambi affrontare, ma era inutile tergiversare.
“Ho notato che Izumi non ne ha accennato” rispose Shippo “Ne ho dedotto che tu non le lo abbia raccontato, quindi credo di essermi fatto un’idea a riguardo”.
“Ho visto la madre di Izumi, Kagome” raccontò Hikari “Ho parlato con lei. Ed è stata lei a chiedermi di non dire a nessuno a parte te che l’avevo vista”.
Shippo la ascoltava attentamente, incoraggiandola a continnuare.
“Mi ha detto che è importante che io aiuti Keiichi e Izumi, e che siamo in grave pericolo, soprattutto se non ci proteggeremo a vicenda. E in realtà non mi ha detto molto altro, se non che dovevo venire qui e cercarti, chiederti aiuto per trovare l’altra perla”.
Shippo si sdraiò con un sospiro, fissando il suo sguardo verso il cielo.
“Sei fortunata, sai?” le disse ad un tratto “Quanto vorrei poter parlare ancora con lei. Kagome mi ha dato una casa, degli amici, una famiglia. Quando l’ho incontrata, io ero solo un bambino e avevo appena perso mio padre e di certo mi sarei fatto ammazzare se lei non avesse convinto Inuyasha ad aiutarmi. Da allora non mi ha mai abbandonato. Da allora non sono più stato solo.”
“è così ingiusto che io possa parlare con lei, mentre voi, che l’avete conosciuta così tanto, che le avete voluto così bene, non possiate farlo”.
“C’è una ragione se Kagome agisce attraverso di te. Lei si è sempre presa cura di chi le stava attorno. Se avrai fiducia in lei e ti lascerai guidare, si prenderà cura anche di te”.
Hikari sorrise riconoscente. Era confortante pensare di avere una sorta di angelo custode facilmente rintracciabile in un sacchetto tenuto in tasca.
“Per quanto riguarda il motivo per cui sei qui” continuò poi Shippo “In effetti io posso aiutarti”.
“Sai dov’è la perla? L’ha affidata a te?” se Shippo avesse avuto la perla, tutta quella storia si sarebbe potuta chiudere anche subito e il giorno dopo Hikari sarebbe potuta tornare a casa.
“Quando Kagome è tornata da questa parte, io la stavo aspettando vicino al pozzo.” Shippo raccontava con la voce cupa, carica di dolore “Era ormai in fin di vita ed era disperata perché aveva visto il virus diffondersi anche nel suo mondo e sterminare la sua famiglia. Mi disse che non poteva completare il suo compito, che non poteva portare la perla in un luogo sicuro. Così me la affidò. Mi disse di trovare un luogo dove nasconderla, dove nessuno avrebbe potuto impossessarsene. E così ho fatto. L’ho portata nel luogo più sicuro che conoscessi e sono tornato qui. A prendermi cura di Keiichi e gli altri”.
“E dove si trova?” chiese impaziente Hikari “Dove l’hai portata?”
“Dalle uniche persone di cui ci fidavamo e che eravamo sicuri non avrebbero mai permesso che qualcuno si impossessasse della perla. Dove anche Kagome voleva portarla. Al villaggio degli Sterminatori di Demoni”. 
   
 
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