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Autore: ArtRevenge_M    29/05/2016    38 recensioni
Quando Felicity Megan Smoak decide di curare uno dei pirati più pericolosi in circolazione, non ha la minima idea che il suo ringraziamento sarà essere rapita e condotta in un pericoloso viaggio oltre mare che cambierà totalmente la sua vita.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Felicity Smoak, John Diggle, Oliver Queen, Tommy Merlyn, Un po' tutti
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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The Waves of Destiny - Le Onde del Destino

 

Prologo.

“Vi prego.” Ripeté il giovane uomo che, sotto la sorpresa delle persone presenti e dei suoi stessi compagni d'equipaggio, si era inginocchiato nel logoro e vecchio pavimento pochi istanti prima.

Se suo padre l'avesse visto in quel momento, probabilmente avrebbe provato vergogna di lui, ma erano molti anni che Thomas Merlyn non si preoccupava più di cosa suo padre potesse pensare.

Esattamente dal momento in cui aveva deciso di prendere il mare, insieme al suo migliore amico. Lo stesso amico per il quale in quel momento, ingoiava l'orgoglio.

“No.” affermò il vecchio uomo verso il quale si era inchinato. Suscitando sussurri e bisbigli silenziosi.

“Se curassi quell’uomo, altre persone morirebbero a causa sua.”

Il viso ancora chino del ragazzo s’irrigidì a quelle parole d’accusa e le sue mani si contrassero istintivamente.

“Stronzate.” sputò la voce di un suo compagno d'equipaggio, che in un gesto svelto e abitudinario portò fuori la sua fidata pistola. Puntandola senza indugio contro il vecchio uomo.

“Floyd!” lo ammonì immediatamente Thomas, rialzandosi dal pavimento, mentre le persone intorno a loro trattenevano il fiato.

“Curatelo. O morirete insieme a lui.” disse Floyd, ignorando l'ammonimento del compagno e seppur quasi sussurrate, quelle parole risuonarono comunque minacciose alle orecchie di chi stava assistendo alla scena. Ma non al vecchio, che nonostante la minaccia della pistola, replicò calmo:

“Allora premete pure il grilletto, perché non muoverò un dito per salvare quel mostro.”

La mascella del pirata s’irrigidì. E nonostante un suo occhio fosse coperto da una spessa benda nera, l’altro fu sufficiente a mostrare la sua rabbia.

“Abbassa la pistola Floyd” mormorò Thomas, posando una mano sulla spalla del compagno.

“E poi cosa? Ci inginocchiamo tutti insieme e perdiamo altro tempo a pregare questo stronzo?” domandò con ironia tagliente, ma senza smettere di fissare con odio il vecchio uomo.

“No, troveremo un’altra soluzione..”

“Thomas ha ragione. Abbassa l’arma Floyd” s’intromise la voce di un terzo compagno poco distante da loro e Floyd rise, smettendo di puntare contro all’uomo l’arma. Si voltò verso la ciurma indicando con un gesto della mano il loro capitano, che incosciente e febbricitante era sorretto da un omaccione di colore dallo sguardo deciso.

“Sta morendo.” Mormorò, ammettendo quello che il resto dell’equipaggio non voleva credere.

“Non abbiamo tempo per un piano B e se questo vecchio bastardo preferisce morire invece che aiutarci be.. mi chiedo se anche il resto del villaggio la pensi in questo modo.”

Thomas fece per ribattere sconcertato, ma un secondo prima di aprir bocca, capì le intenzioni dell'amico.

“Cosa volte dire?” domandò un uomo barbuto seduto in uno sgabello, ma Floyd mantenne lo sguardo puntato contro Thomas, che per tutta risposta dichiarò.

“Intende dire che se il vostro medico non curerà il nostro capitano, uccideremo ogni singolo abitante del villaggio senza eccezioni ”

La locanda, solitamente chiassosa, si riempì di un silenzio teso, alla condanna che quelle parole promettevano e il tintinnio della pioggia che scendeva al di fuori divenne più intenso, fin quando lo sgomento per la realizzazione di quanto era stato appena comunicato, non fece alzare voci concitate di protesta. Tutte atte a spingere il vecchio medico a collaborare.

Ma quello, inflessibile, tacitò la folla con un sonoro No! Dichiarando subito dopo:

“Se per togliere quella feccia dal mondo serve il nostro sacrificio, allora ci sacrificheremo.”

Altre voci di protesta si levarono nell'aria e ben presto la sala entrò nel caos più totale, tanto che Thomas ad un certo punto, considerò l'idea di sparare alcuni colpi di pistola in aria per riottenere un po' di calma. Ma prima che potesse estrarre l'arma, l'entrata di due figure nella locanda, catturò la sua attenzione.

La prima, era una donna di colore dai capelli scuri, ordinati in una crocchia che il vento doveva aver parzialmente disfatto. Sulle spalle portava un vecchio mantello di un verde scolorito e tra le mani un cesto con varie ampolle. Thomas ricordava di averla vista avvicinarsi a loro quando erano entrati nella locanda, prima che si bloccasse a metà percorso, sorpresa, quanto il resto dei presenti, nello scorgere i loro famosi volti. Non aveva notato tuttavia quando era uscita dalla locanda.

La seconda figura, in quel momento combatteva una battaglia contro il vento, affinché la porta si chiudesse e quando la vinse, il rumore chiassoso di quella chiusura, mise fine all'ammasso di caos in cui la sala era stata gettata.

“Bene. Allora Rose, dov'è il malato?” domandò la voce dolce della misteriosa figura che aveva appena chiuso la porta, voltandosi verso i presenti e lasciando ricadere il cappuccio rosso alle sue spalle.

Thomas, guardò la pelle lattea e le guance, lievemente arrossate dal freddo, della giovane donna in piedi a pochi passi da lui. E come il resto dei suoi compagni, lasciò vagare i suoi occhi in quella figura tanto minuta eppur così bella che con la sua entrata aveva tacitato l'intera sala, o almeno quasi tutta. Il vecchio medico infatti, ruppe il silenzio creatosi con voce rabbiosa.

“Torna nella tua capanna donna!” apostrofò rudemente, portando poi l'attenzione verso l'altra ragazza.

“Sei stata tu a chiamarla vero? Come ti è saltato in mente!” la rimproverò e la giovane, aggrappandosi al cesto che aveva tra le mani come se fosse un ancora di salvataggio replicò:

“Non ho alcuna intenzione di morire e vedere il mio villaggio fatto a fuoco e fiamme per una vostra convinzione!” Ma la conversazione e quello che ne seguì, passò inosservata alle orecchie della bionda donna, i cui occhi zampillarono per tutta la sala, prima di trovare il malato che aveva causato tanto scalpore.

La figura dell'uomo pareva provata e il suo volto, livido di sofferenza, era visibile solo in parte.

“È lui.” sussurrò, più a se stessa che ad altri, camminando senza alcun timore verso il capitano della Green Arrow.

La nave pirata più temuta e discussa al momento. I giornali parlavano da mesi ormai, di come quella violenta ciurma avesse bombardato moltissimi villaggi, riducendoli a nulla più che delle lande desolate. La ragazza, ricordava anche di aver letto che in ogni villaggio attaccato, veniva lasciata una loro bandiera pirata. Quasi a voler esclamare ad alta voce e fieramente, quanto avevano compiuto.

Era un assassino spietato, ricercato dall'intera marina. L'intero mondo lo sapeva e lo temeva. Eppure, mentre si avvicinava a quella figura così mal ridotta, la ragazza non sentì l'urgenza di fuggire lontano, bensì di toccare il volto sofferente dell'uomo.

Ed era quello che inconsciamente si stava accingendo a fare, prima che un minaccioso coltello si frapponesse nella sua strada, spezzando gli ingarbugliati pensieri della giovane e portandola ad alzare lo sguardo verso il nuovo venuto.

“Cosa credi di fare?” domandò, un uomo di colore decisamente più alto di lei e dall'aspetto ben poco amichevole. La giovane notò che la mano sinistra dell'uomo era completamente fasciata da una spessa benda e si chiese cosa gli fosse capitato.

“Mi hanno detto che siete approdati qui in cerca di un dottore. Eccomi qua.” mormorò la bionda, mentre un sorriso incerto si affacciava sul suo viso.

“Tu saresti un dottore?” s'intromise Thomas, che come il resto dei presenti aveva seguito quello scambio e la giovane si voltò al suo indirizzo annuendo brevemente.

“Ma ...tu sei una donna.” esclamò Floyd, portando fuori ciò che il resto della ciurma aveva solo pensato. La donna non parve risentita dell'incredulità udita nel tono di voce dell'uomo, quasi ci fosse abituata, e con ironia palese replicò:

“E voi un uomo molto perspicace a quanto vedo. Ora che abbiamo stabilito che io sono una donna e voi l'uomo più perspicace del mondo, mi lascereste visitare il vostro compagno o avete intenzione di lasciarlo morire?”

L'amica alle sue spalle le diede un colpetto, ammonendola silenziosamente per quanto aveva appena detto. Contraddire un uomo o sbeffeggiarlo, di quei tempi non era una cosa estremamente saggia, e seppur Rose conoscesse quanto poco la sua amica d'infanzia pensasse prima di aprir bocca, non si sarebbe mai aspettata che avrebbe tenuto lo stesso atteggiamento nei confronti di un pirata. Era corsa a chiamarla per evitare che il villaggio venisse raso al suolo, non perché le cose peggiorassero.

Ma Floyd non pareva risentito da quel commento, più divertito e sorpreso -come il resto della ciurma- che quell'incredibile sfrontatezza arrivasse da una figura femminile tanto minuta.

“Volete dire che potete salvarlo?” chiese Thomas avvicinandosi di pochi passi alla ragazza, ma ancor prima che lei potesse rispondere, la voce di Diggle alle loro spalle irruppe in una tremenda imprecazione.

“Non respira!” esclamò con tono preoccupato, continuando a reggere il suo capitano.

“Cosa!?” li fece eco la voce di Thomas, che in uno scattò arrivò accanto a loro, aiutando Diggle e Tiger a distendere l'amico nel freddo pavimento.

“Lasciate che lo visiti.” disse la giovane donna, ma senza ottenere alcuna attenzione da parte dei pirati che assistevano al disperato tentativo di rianimazione da parte di Diggle.

“È tutto inutile, quell'uomo è morto.” decretò il vecchio medico dopo alcuni minuti.

“Tacete!” esclamò Floyd con stizza, che divenne ben presto shock, quando il pirata che rispondeva al nome di Diggle confermò:

“È morto.” ritirando le mani che fino a quel momento avevano inutilmente provato a rianimare il suo capitano.

Thomas sollevò lo sguardo verso l'uomo scuotendo il capo quasi in uno stato di shock, mentre la sentenza di quelle parole si espandeva nell'ambiente circostante.

“No.” disse in un impeto incredulo di negazione Thomas, mentre un silenzio teso fendeva l'aria.

“Il mondo si è liberato da una piaga.” commentò proprio in quel momento il vecchio medico. E ancor prima che Floyd potesse estrarre la pistola e mettere fine alla vita di quell'insopportabile persona, Thomas si mosse rapido colpendo in pieno viso il vecchio uomo che cadde banalmente nel pavimento.

“Figlio di puttana!” insultò, mettendosi a cavalcioni su di lui e continuando a pestarlo rudemente in viso.

“Floyd, fermalo.” ordinò Diggle e il compagno nonostante avrebbe preferito lasciargli uccidere quel verme, eseguì l'ordine, ma senza successo. Thomas, furioso, si ribellò dalla sua presa, colpendo con una gomitata Floyd, in pieno viso. Lui bestemmiò per il dolore, allontanandosi di qualche passo, e allora Tiger si avvicinò frettoloso per provare a bloccare l'amico, ma compiuti pochi passi dovette fermarsi alla vista del pugnale che Thomas aveva puntato alla gola del vecchio.

“Vi ucciderò.” mormorò, con gli occhi lucidi di lacrime trattenute, coperti d'odio.

“E con voi chiunque abbiate mai amato.” garantì e Tiger si voltò a cercare con lo sguardo Diggle, che lentamente si stava già dirigendo verso di loro.

“Thomas..” chiamò, con voce calma l'amico.

“Non dirmi che non dovrei farlo Diggle!” urlò, spingendo ancor più il coltello nella gola del vecchio.

“Non te lo dirò. Perché lo sai già..” replicò sempre calmo l'uomo, continuando lentamente ad avvicinarsi.

“No! Oliver è morto.. è morto perché lui si è rifiutato di curarlo! Oliver.. Oliver è!” la voce si spezzò e il pirata strinse ancor più il pugnale tra le sue mani. In un minuto, avrebbe messo fine ad una vita. In un minuto, sarebbe davvero diventato un assassino. Il rumore della pioggia al di fuori della locanda divenne più forte.

“Credi che Oliver avrebbe voluto che tu uccidessi?” domandò Diggle, portando nuovamente Thomas ad esitare.

“Lascialo andare.” disse, e per attimi che parvero infiniti le persone presenti trattennero il fiato.

Poi la voce allarmata e incredula di Floyd, spezzò il momento:

“Ehi che diavolo stai facendo al capitano!?” portando tutti i presenti a spostare la propria attenzione, verso la giovane ragazza che ai piedi del capitano della Green Arrow, teneva in mano un enorme siringa.

“Lo salvo.” dichiarò, poco dopo infilò l'ago nel cuore del pirata, rilasciando nel suo organismo una sostanza color lilla.

Gli occhi dei presenti si spalancarono e la sorpresa per quell'azione venne presto sostituita da una più grande, nel vedere il pirata risvegliarsi di soprassalto. Sollevando il capo e ispirando rumorosamente l'ossigeno che i suoi polmoni richiedevano, l'uomo tornò alla vita.

La ragazza sorrise incerta, afferrando il volto dell'uomo i cui occhi spalancati la guardavano con enorme confusione, e lentamente lo aiutò ad appoggiare il capo a terra.

“Bentornato.” mormorò, osservando con una strana sensazione al petto quegli occhi di un blu così profondo.

“Hai causato parecchi problemi sai?” continuò la giovane ragazza, tastando la fronte dell'uomo ancora calda, che stanco richiuse lentamente gli occhi.

Lo shock che era stato presente per quel apparentemente lunghissimo momento, sparì in quell'esatto attimo e tutta la ciurma, compreso Thomas che lasciò andare il vecchio medico, si precipitò intorno al capitano.

“È vivo! Come?” farfugliò Thomas, voltandosi a guardare la ragazza con sorpresa.

“Era morto.” mormorò di seguito Diggle, portando sulla giovane donna lo stesso sguardo sorpreso che gli altri membri di equipaggio le stavano rivolgendo.

“Non esattamente.” ribatté lei, lasciando vagare gli occhi con incertezza su ognuno di loro. Non era abituata ad avere così tanti uomini intorno che la fissavano.

“Il suo cuore era fermo.” affermò Floyd.

“Si be, è uno degli effetti del veleno che gli hanno dato. La Shiva. Il cuore batte in modo così lento da risultare inudibile e questo porta alla conclusione della morte, anche quando ancora non è giunta. È uno dei veleni più rari e potenti al mondo, il che mi porta a credere che chiunque lo abbia infettato non sia un amico del vostro capitano. Non che qualcuno che avveleni qualcun altro possa essere un amico, ecco...dicevo solo che, tra tutti i veleni che avrebbe potuto usare, ne ha scelto uno tra i più infimi” balbettò, gesticolando agitatamente come era solita fare.

“Quindi è.. fuori pericolo?” domandò Thomas e la giovane scosse il capo, rispondendo:

“No. Il veleno è ancora in circolo, anche se l'antidoto che gli ho dato ha alleviato un po' il suo effetto. Dovrà continuare a prenderlo in dosi sempre minori, fino a quando non avrà completamente eliminato ogni traccia del veleno dal suo corpo.”

“State dicendo che dovremo fermarci qui?”

La ragazza schiuse un attimo le labbra, inclinando appena il capo.

“A meno che nella vostra nave non ci sia qualcuno che sappia visitare il vostro capitano, riconoscendo quanto veleno ha ancora in circolo e preparando una giusta dose di antidoto ogni giorno, direi di si. Dovrete fermarvi per un po'.” rispose e il moro si voltò allora verso il compagno di ciurma, domandando:

“Diggle pensi di poterlo fare?”

Lui scosse il capo, comunicando con gli occhi un silenzioso messaggio che Thomas recepì in pieno. Ad Oliver non sarebbe piaciuto attendere.

Il vice capitano della Green Arrow sospirò, chiedendosi mentalmente come avrebbe fatto a convincere quel testardo del suo migliore amico a restare. Senza contare che fermarsi in quel villaggio comportava l'enorme rischio di essere catturati dalla marina. E visto quanto avevano dato nell'occhio, qualcuno degli abitanti alla fine avrebbe avvisato le autorità.

“Stupida donna!”

L'esclamazione del vecchio medico del villaggio, nuovamente in piedi e sorretto parzialmente da uno degli abitanti, dissipò i pensieri del pirata.

“Ecco perché le donne non devono essere istruite! Guardate! Ha deciso di salvare la vita di un assassino!”

“Ha salvato la vita dell'intero villaggio che con la tua testardaggine stavi condannando a morte!” ribatté Rose avanzando per difendere l'amica con un coraggioso che non pensava di possedere. Ma il medico alzò la mano, colpendo con forza il volto della ragazza che sotto l'incredulità generale, cadde banalmente a terra.

“Rose!” esclamò la giovane, precipitandosi verso l'amica per accettarsi che stesse bene e aiutandola subito dopo a rialzarsi.

“La tua influenza in questo villaggio tenta le giovani anime portandole a divenire delle poco di buono come te!” continuò il vecchio imperterrito.

“ Dannato sia quel pazzo di tuo padre per aver deciso d'insegnarti l'arte della medicina. Probabilmente il motivo per cui se n'è andato abbandonando te e tua madre è proprio aver capito l'errore commesso. Non è vero?”

Ne la voce dura e aspra, ne il significato che quelle parole portavano con se, parvero ferire la giovane donna. E i suoi occhi, notò Thomas, nel guardare il vecchio uomo, non mostrarono alcun tipo di odio.

“Mio padre mi ha insegnato che il compito di un medico è provare a salvare la vita di chiunque. Non decidere chi merita di essere salvato e chi no. Quel compito spetta solo a Dio.”

Quelle parole, così pure e cristalline invasero la sala silenziosa. Funzionando per il vecchio medico come uno schiaffo inaspettato che lo tacitò, privandolo della parola.

La giovane donna però, non parve prestargli troppa attenzione e voltandosi nuovamente verso il pirata di nome Thomas mormorò:

“Direi che è meglio sollevare il vostro capitano da quel pavimento e portarlo in casa. Ha bisogno di riposare in un ambiente più caldo.”

Il moro annuì e gli occhi colmi di una silenziosa ammirazione, per quanto aveva appena assistito, seguirono per un attimo la figura della ragazza che si avviava ad aprire il portone della locanda, prima che anche i suoi piedi si muovessero per raggiungerla.

“Non ho capito il vostro nome.” le mormorò, uscendo dalla locanda poco dopo di lei, con la ciurma e il capitano sorretto da Diggle e Tiger al seguito. La giovane si voltò, apparendo per un momento sorpresa.

“Oh.. è Felicity. Felicity, Megan Smoak” dichiarò, aprendo il suo volto in un semplice sorriso, proprio nell'istante in cui il sole iniziava a sorgere e Thomas realizzava, che la pioggia aveva smesso di scendere.

 

Felicity Megan Smoak, aveva sempre ignorato i concitati sussurri e le occhiate di rimprovero che la maggior parte degli abitanti del villaggio facevano al suo passaggio.

Non perché non le importasse il parere della gente o perché si sentisse superiore a loro. Semplicemente, la situazione andava avanti da così tanto tempo, che ormai ci aveva fatto l'abitudine.

Una donna medico. Uno vero scandalo! Per alcuni addirittura un eresia. C'era chi credeva fosse una semplice pazza che raccoglieva erbe. E chi sosteneva, nello scoprire che le sue cure funzionavano, fosse una strega.

Ora a quella lista, si sarebbe aggiunta anche l'accusa di salvatrice di pirati, pensò raccogliendo altri fiori di lavanda.

“Vi serviranno per creare dell'altro antidoto?” la voce alle sue spalle la colse totalmente di sorpresa e rialzandosi con un balzo la giovane donna si voltò, per incontrare lo sguardo pacato di uno dei pirati della Green Arrow.

“Oh! Siete voi! Mi avete spaventata.” mormorò, stringendo istintivamente tra le mani il cesto di fiori. Deglutì, soffermandosi su quanto grande e minaccioso apparisse la figura dell'uomo che aveva davanti. Felicity non aveva mai conosciuto nessuno che avesse quella stazza così imponente. Le ricordava un enorme muraglia invalicabile. E certamente la sua statura minuta, non aiutava a vederlo in maniera diversa.

“Mi dispiace avervi spaventato. Non era mia intenzione.”

Felicity abbozzò un sorriso incerto.

“Vi chiamate Diggle, vero?” domandò, ricordandosi chiaramente di aver sentito Thomas chiamarlo in quel modo.

“In realtà il mio nome è John. Ma ormai tutti hanno preso l'abitudine di usare il mio cognome.” spiegò brevemente.

“Capisco e ditemi, John..” calcò sul nome, facendo involontariamente inclinare gli angoli della bocca dell'uomo verso l'alto, in un mite e divertito sorriso.

“Perché siete qui?”

“Thomas mi ha chiesto di farvi da scorta. Così vi ho seguito. Non ve ne siete accorta?”

L'espressione sorpresa di lei, rispondeva più che eloquentemente alla domanda posta dal pirata. Non si era accorta di essere seguita e probabilmente non si sarebbe accorta neanche se qualcuno l'avesse rapinata. Rose era solita ripeterle quanto sbadata lei fosse, per cui non si sarebbe dovuta sorprendere più di tanto da quell'evento. Anche se non accorgendosi di essere seguita da un uomo simile ad un gigante, aveva sicuramente battuto il suo record.

“Ah.. non proprio. Comunque non avevo bisogno di una scorta.” mormorò, voltandosi e inchinandosi nuovamente a selezionare altre erbe.

“Dopo quello che avete fatto, Thomas ha paura che qualche abitante del villaggio possa prendersela con voi.” spiegò e Felicity si voltò boccheggiando sorpresa.

“Forse non tutti gli abitanti sono d’accordo con la mia scelta ma, nessuno di loro mi farebbe del male.” replicò con innocente sicurezza.

Diggle fece un breve cenno di assenso con il capo, per concordare, seppur il suo pensiero fosse ben diverso. Aveva visto abbastanza del mondo da sapere quanta crudeltà potessero riversare le persone, soprattutto quelle più insospettabili. Ma pensò che non fosse il caso, di dare pena ad un anima così pura come quella che aveva davanti.

“Permettetemi ugualmente di scortarvi. Con tutto quello che è capitato, non ho avuto modo di chiedervi come avete fatto a capire cosa stava uccidendo il nostro capitano.”

“Oh va bene. È stato piuttosto semplice in realtà. Le mani stavano diventando viola”

“Come?” chiese il pirata confuso e Felicity posò l'ultimo fiore di lavanda nel cesto, rimettendosi in posizione eretta.

“Ogni veleno ha una base riconoscibile e una variabile propria. Ovvero dei sintomi che concordano con qualsiasi altro veleno ed uno che discorda da qualsiasi altro e che permette di riconoscere quale veleno è stato usato. La variabile propria della shiva è il colore violaceo che assumono le mani quando il veleno rallenta il cuore. L'inudibile battito e le mani violacee, mi hanno consentito di ipotizzare quale fosse il problema e così, ho agito.”

Il vento sfiorò appena le due figure e alcuni dei capelli di lei, raccolti in una treccia che ricordava all'uomo le spine del grano, si mossero guidati dalla brezza.

“Ipotizzato? Non eravate sicura?”

“No.” rispose francamente, sostenendo con fermezza lo sguardo del pirata.

“Ma considerando che l'avevate già dichiarato morto, non avevo nulla da perdere nel provarci.” aggiunse, incamminandosi verso il villaggio, mentre l'ombra di un sorriso si affacciava nel volto dell'uomo, che pochi attimi dopo la seguì silenzioso.

Camminarono fianco a fianco, lasciandosi alle spalle la radura che si estendeva ai confini del villaggio, scambiando ben poche parole. Diggle si ritrovò incuriosito ad osservare l’innocente indifferenza con cui la ragazza schivava gli sguardi accusatori e indagatori degli abitanti.

Non pareva minimamente disturbata dai bisbigli neanche troppo nascosti che si levavano al loro passaggio poco a poco.

“Eccovi!” la voce inaspettata di Floyd riscosse Diggle dai suoi pensieri, e l’uomo spostò lo sguardo dalla ragazza per posarlo sul compagno d’equipaggio ormai a pochi passi da loro.

“È successo qualcosa?” domandò immediatamente il pirata.

“Il capitano è sveglio.” Dichiarò l’altro, con un sorriso soddisfatto in volto che John ricambiò istantaneamente alla notizia.

Senza bisogno di altre parole i due s’incamminarono a passo svelto verso la casa in cui avevano lasciato il loro capitano, seguiti da una più esitante Felicity, che improvvisamente, sentì l’agitazione per la situazione in cui si era cacciata, espandersi in tutto il suo corpo.

Aveva salvato e ospitato un pirata in casa sua. O più precisamente, aveva salvato e ospitato uno dei pirati più ricercati di tutti i tempi. Gli abitanti che la credevano pazza, probabilmente non avevano poi così torto si ritrovò a pensare, mentre con il cuore in gola entrava nella sua stessa casa.

Posò il cesto di erbe sul tavolo, poi in un gesto abitudinario si levò il mantello posandolo sulla sedia accanto e con pochi passi si affacciò nell'unica stanza dalla quale provenivano parecchie voci maschili.

Per un attimo le sembrò di essere entrata nel posto sbagliato. Quella non poteva essere la sua stanza, non con tutti quegli uomini che in piedi e sul pavimento ricoprivano il posto.

E come poteva essere improvvisamente diventata così piccola, tanto da dover restare nell'ingresso a sbirciare da uno spazio vuoto che i due uomini in piedi d'avanti a lei formavano?

Pensieri e domande, affollarono velocemente la sua mente, mentre esitante, posava i suoi occhi sull'unica figura silenziosa seduta nel suo letto.

Oliver Jones Queen, capitano della Green Arrow, non era solo uno dei pirati più pericolosi in circolazione, era anche uno degli uomini più affascinanti che Felicity avesse mai visto.

Aveva una mascella imponente, due occhi di un blu così profondo da ricordare le acque oscure dell'oceano e un corpo fatto di soli muscoli, visibili nonostante i vestiti. Neanche l'aria stordita che aveva in quel momento, riusciva a sminuire la figura d'adone che rappresentava pensò la ragazza, seguendo inconsciamente il movimento d'apertura delle labbra dell'uomo e chiedendosi come sarebbe stato sentire quelle labbra muoversi sulle sue. L’avrebbero toccata dolcemente, in una danza seduttiva atta a chiederle il permesso?Oppure l’avrebbero travolta rudemente, facendole dimenticare spazio e tempo?Il contatto con la leggera barba incolta l’avrebbe solleticata o graffiata? Felicity deglutì,sbattendo le palpebre più volte, accorgendosi solo in quell'istante di aver trattenuto il respiro in quella coltre maliziosa di fantasie che si stavano formando nella sua mente. E nel medesimo istante venne riportata alla realtà dalle parole di Floyd.

“Penso stia dormendo in piedi.. come i cavalli.”

Voltò il capo d’istinto verso l’uomo e improvvisamente si accorse che gli occhi di tutti i pirati erano puntati verso di lei. La sua mente elaborò quel fatto giungendo all’imbarazzante conclusione che forse, si era fermata ad osservare il capitano della Green Arrow, più di quanto avrebbe dovuto.

“State bene miss Smoak?” si sentì chiedere dalla voce di Thomas, ora a pochi passi da lei e in un gesto automatico annuì, abbassando un poco il capo nel sentire il suo viso bruciare per l’imbarazzo.

Era rimasta in piedi come una stupida a fissare Oliver Queen e fantasticare su come sarebbe stato essere baciata da lui! Cosa diavolo le stava accadendo?

Thomas sorrise, così come quasi tutti gli uomini presenti e cercando di levarla da quella situazione si voltò verso il suo migliore amico, mormorando:

“Capitano, ti presento la signorina Felicity Smoak. Lei ti ha salvato la vita.”

Felicity schiuse le labbra e ancor prima di sollevare lo sguardo verso il capitano della Green Arrow, seppe, che gli occhi dell’uomo erano già fissi su di lei.

Il cuore parve salire in gola per un momento, nell’istante in cui si scontrò con quelle infinite pozze blu ed ebbe timore che l’incessante martellio nel suo petto, fosse udibile anche al resto dei presenti.

Oliver Queen la fissò come se potesse leggerle dentro, per un attimo che ebbe la consistenza di una vita intera, poi sospirò chiudendo gli occhi.

“Da quanto siamo qui?” La domanda che ebbe anche la funzione d’ignorare completamente quella presentazione, irritò lievemente Felicity.

“Quasi due giorni..” rispose con tono inflessibile Thomas e Oliver sospirò, prima di ordinare:

“Preparate la nave, salperemo prima del tramonto.”

La protesta di Thomas fu immediata e accesa.

“Oliver non possiamo, non sei ancora guarito del tutto e..!”

“Mi sento bene e non possiamo permetterci di perdere altro tempo, l’hai dimenticato?”

“No, ma..”

“Niente ma Thomas. Salpiamo oggi.” la stanza venne pervasa da una palpabile elettricità, mentre lo sguardo del capitano si scontrava con quello del vice, in una silenziosa conversazione dalla quale nessuno dei due voleva uscire sconfitto. E il resto dell’equipaggio non emise un fiato nell’osservare la scena, consapevoli che intromettersi sarebbe stata una pessima idea.

Felicity però, non fu dello stesso parere e interruppe il silenzio teso che si era formato, esclamando:

“Voi non andrete da nessuna parte!”

L’aria nello spazio cambiò ancora, mentre sguardi increduli venivano rivolti alla figura più minuta all’interno della stanza. I suoi occhi, non più ammaliati dalla figura d’adone nel suo letto parevano irritati e il suo volto duro, non pareva lasciar spazio a nessuna replica.

“Avete ancora in circolo più del 70% del veleno che vi hanno iniettato, partire senza aver completato la cura sarebbe del tutto inutile. Potrete anche sentirvi meglio ora, ma tra meno di ventiquattro ore il vostro corpo tornerà a bruciare se non ingerirete un’altra dose di antidoto.”

Lo sguardo fisso su di lei, Oliver Queen schiuse le labbra, pronunciando in una domanda silenziosa il nome di John.

“Non ne sono in grado Oliver. Sai che me la cavo quando si tratta di ferite da ricucire, ma i veleni non sono il mio campo. Potrei darti la dose sbagliate e ucciderti.” rispose, scatenando nel volto del suo capitano una smorfia scontenta.

“Oliver dobbiamo restare qui e aspettare che tu smaltisca completamente il veleno. Non abbiamo altra scelta.” s’intromise Thomas, la voce calma, ma il pirata parve non udirlo, gli occhi fissi sullo sguardo deciso della donna a pochi passi da lui. Infine, dopo un tempo indefinito, chiese:

“Sei l’unica su quest’isola che puo’ curarmi?”

Era la prima volta che le rivolgeva la parola e Felicity si sentì sorpresa, ma cercò di non darlo a vedere replicando:

“L’unica abbastanza pazza da curare un pirata? Si.”

Fu impreparata a quello che avvenne dopo. Gli occhi dell’uomo brillarono, come la superficie dell’acqua quando viene toccata dal sole e le labbra ruvide, circondate dalla lieve barba si stesero in un lieve sorriso divertito.

Il suo corpo si tese e vibrò, mentre i suoi occhi si nutrivano di quell’immagine. E Felicity sentì il suo cuore scontrarsi furioso contro il suo petto, nel vano tentativo di uscire. Subito dopo deglutì, guardando il pirata alzarsi con un movimento fluido e mettere fine alla distanza tra loro in pochi lenti passi.

“Vi ringrazio, per avermi salvato.” la voce calda di lui, si espanse nella sua testa e in totale balia della sua presenza, Felicity riuscì solo a schiudere le labbra, mentre i suoi occhi si muovevano ritmicamente ad osservare quelli dell’uomo.

“E ..perdonatemi.” aggiunse, poggiando una mano nella spalla della ragazza, al cui tocco trasalì.

“Per.. per cosa?” balbettò inconsapevolmente, avvertendo un calore sconosciuto irradiarsi per tutto il suo corpo, ma in risposta ricevette solo un altro sorriso, l’attimo dopo la figura del pirata divenne appannata e l’oblio la inghiottì.

 

“Oliver!” la voce del suo migliore amico Thomas lo raggiunse nitida e agitata, mentre guardava il volto disteso della giovane donna priva di sensi tra le sue braccia.

“Ti ha salvato la vita!” commentò, facendo intuire che avesse già capito le intenzioni dell’amico.

“Una volta che mi avrà curato del tutto, le daremo abbastanza soldi per prendere una nave e tornare sulla sua isola.” replicò, sollevando senza alcuno sforzo, il corpo esanime della donna.

“Sai benissimo che non è così semplice!L’oceano è di per se un luogo pericoloso, ma navigarlo su di una nave pirata per chi non si sa difendere è una totale follia! Anche uomini più robusti di me e te, sono morti con la stessa rapidità con cui cambia il vento! Se la porti con noi, potrebbe non avere alcuna probabilità di ritornare sulla sua isola. Non viva almeno.”

Il giovane pirata, guardò con aria determinata il suo capitano, i cui occhi erano fissi sul corpo della donna che riposava tra le sue braccia.

“Noi possiamo proteggerla.” mormorò, ma la voce ruvida e sicura contrastava con l’espressione dubbiosa nel suo volto.

“Come?” domandò Diggle, le braccia conserte e un espressione perplessa, continuò:

“Sei appena stato avvelenato e non sappiamo neanche da chi e come è potuto succedere.”

Il capitano della Green Arrow strinse le labbra, consapevole di quanta verità ci fosse nelle parole di entrambi i suoi sottoposti.

Eppure, quando alzò lo sguardo verso di loro, ne la sua voce ne la sua espressione, tradirono quel sentimento d’insicurezza che albergava in lui da parecchio tempo.

“Diggle, prendi qualsiasi cosa le possa servire per preparare l’antidoto. Floyd, occupati dei vestiti. Tiger, precedici e dai ordini di preparare la nave per salpare.”

“Oliver!” esclamò Thomas, parandosi davanti all’amico, mentre il resto dell’equipaggio si affrettava ad eseguire quanto ordinato.

I due pirati incrociarono lo sguardo, in un silenzioso duello di opposti che nessuno dei due avrebbe mai vinto.

“Stai scegliendo di mettere la vita di un innocente in pericolo?” domandò, lo sguardo ostinatamente deciso a non lasciare quello del suo capitano.

“Ci restano tre giorni prima del suo prossimo attacco e non abbiamo ancora scoperto quale sia l’isola che ha scelto. Non sto scegliendo di mettere la sua vita in pericolo, non ho scelta.”

Oliver pronunciò ogni singola parola, senza tradire la minima emozione, ma Thomas riuscì a vedere ugualmente il dolore di colpevolezza impresso nel suo sguardo. Forse fu proprio la consapevolezza di quel fardello di colpa di cui l’amico si era fatto carico da tempo ormai, a fargli decidere di spostarsi silenziosamente e lasciar libero il passaggio.

O forse fu l’amara ragione intrisa nelle parole del suo capitano.

Non c’era nessuna scelta.


spazio autrice:
Salve.
Se siete arrivati fin qui, significa che non faccio poi così schifo a scrivere...oppure che eravate così annoiati, da considerare di leggere questa storia tanto per passare il tempo. In entrambi i casi, vi ringrazio per aver letto il prologo di questa storia che ho in mente da un po' e che finalmente mi sono decisa a pubblicare.
Come avrete certamente capito si tratta di una AU Olicity, che prende forma nella grande era della pirateria.
Riguardo alle mie conoscenze piratesce o mediche, non tutto quello che dirò seguirà completamente la realtà.  Ad esempio...la shiva non è un veleno. In realtà è una delle principali divinità dell'induismo. Mi serviva semplicemente un nome per un particolare tipo di veleno, che spero non esista davvero.
Mettiamola così, poiché i personaggi di Arrow sono comunque presi da personaggi fumettistici, utilizzare elementi non reali in questo genere di storia è quasi un obbligo. Potreste ad esempio leggere nomi di isole, legate ad ambientazioni fumettistiche irreali. O altre cose simili. Non prevedo di utilizzare assolutamente superpoteri in questa storia, ma non prometto nulla per quanto riguarda il mistico. Inoltre, potrebbero esserci citazioni di frasi usate nel telefilm.
Ad esempio " Noi possiamo proteggerla" è la frase che Oliver dice a Diggle nell'episodio 14 della prima stagione, proprio riguardo a Felicity.
In conclusione, spero che questo prologo vi sia piaciuto, che l'idea di Oliver e Felicity nell'era della pirateria v'incuriosisca e che decidiate di seguire la storia.
Fatemi sapere cosa ne pensate, in bene o in male, lasciando un commento.
Baci.

ps: conto di pubblicare un nuovo capitolo ogni domenica, impegni nella vita reale permettendo.

 

 

  
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