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Autore: tyurru_chan    29/05/2016    0 recensioni
[Magna Carta]
[Magna Carta: Tears of Blood]
“È il potere dell’amore!”-si era pronunciato un Chris gioioso al pensiero, nel preciso istante in cui era apparsa Reith al loro cospetto a Lester.
Calintz parve rifletterci per un istante.
“… io l’avrei definita più una mera persecuzione di sfortuna nera.”
Ed eccola li, "Lei" la causa di tutte le sue sventure. Un'ignara fanciulla agghindata al pari di un grazioso fiorellino giallo di campo.
[Spezzoni Calintz/Reith centric varie]
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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[L'innamoramento segna l'inizio di una sventura costante]

“Capitano, non hai una ragazza da salutare prima della battaglia? Chris ha detto che ne ha ben Tre!”

“…Non ho tempo per queste cose.”
Col senno di poi, avrebbe persino rimpianto tali parole al pensiero degli eventi che si sarebbero susseguiti uno dopo l’altro, dopo tale infausta missione.
“È il potere dell’amore!”-si era pronunciato un Chris gioioso al pensiero, nel preciso istante in cui era apparsa Reith al loro cospetto a Lester.
“…”
“…o no?”
Calintz parve rifletterci per un istante.
“… io l’avrei definita più una mera persecuzione di sfortuna nera.”
 
 
-Dove sarà andata a cacciarsi adesso?-
Una nota dolente di vana rassegnazione, le tempie a dolergli, lo sguardo del giovane mercenario volto agli ampi corridoi della loro base, ancora a soqquadro dopo l’ultimo attacco degli Yason.
Calintz, di suo, rammentava anche troppo i propri precedenti torti. In preda all’ira di un momento aveva inveito con poca cortesia proprio su quella ragazza fonte di tutti i suoi guai.
Che fosse stato un comportamento scorretto o non, il risultato di averla spaventata al punto di perderla era ridicolo.
Che ironia. Infondo, Chris da un lato aveva ragione sul suo conto; non ci sapeva proprio fare con il gentil sesso.
 
“Perché gli Yason sono così ossessionati dal cercarti? Chi diavolo sei veramente tu!?”
“…Io.”
“ Rispondimi, Reith!”
“…”
“Io non… non faccio più parte delle Lacrime di Sangue.”
 
Fra pensieri funesti e polvere ammucchiata, Reith meditava. Qualche borbottio a sfuggirle, consapevolezze di proprie personali colpe peccate di ingenuità, facendo ammenda niente poco di meno dal luogo più improbabile a cui chiunque avrebbe potuto pensare… sotto il tavolo della sala riunioni del quartier generale.
Un luogo noioso, pieno di scartoffie da compilare che, dalla nota sventurata scomparsa di Lehas, nessuno più vi badava, oramai.
Quale luogo migliore per nascondersi ed esser lasciata sola con se stessa?
Sfortunatamente, pare, un certo spadaccino albino aveva imparato a conoscerla e anticiparla meglio di quanto lei credesse.
E, quando la porta con un cigolio si aprì, nonostante ella trattenne il respiro come istintivamente a desiderare di non esser trovata, il suo cuore martellava talmente forte d udirlo distintamente come un rombo assordante.
“Reith… so che sei qui.”
Una mano a poggiarsi sul bordo intarsiato del tavolo, un sussulto dal basso, il respiro riprese il suo regolare corso.
“Mi spieghi cosa ci fai sotto il tavolo?”
“…….”
“…uff.”
Uno sbuffo da parte del giovane, che con un sospiro si inginocchiò, paziente, cercando lo figura raggomitolata in ginocchio nascosta verso il basso.
Adorabile, e alquanto un tantinello ridicola, quando ci si metteva d’impegno nel ficcarsi in luoghi impensabili.
“Sei arrabbiato con me, Calintz?”
Il capitano sospirò nuovamente, una mano sulla fronte, un cenno di dissenso con la testa, come a far intendere il suo disappunto.
“No. Ora esci, non ne parleremo più.”
“… n-no.”
“Come sarebbe no?”
Reith tirò su col naso al pari di una bambina colta in flagrante, le braccia serrate alle ginocchia, il capo chino. Uscire allo scoperto, significava affrontarlo a viso aperto, e…
“Il tuo sguardo… a volte mi fa paura.”
Una confessione inaspettata, che irrigidì per un istante l’albino, colto di sorpresa da una simile affermazione nei suoi riguardi.
“… è come se, tu fossi qualcun altro. Non mi piace vederti arrabbiato.”
Calintz riflettè un istante su quell’affermazione, lo sguardo rivolto al legno del tavolo scricchiolante, posto esattamente al centro della sala riunioni. Lo stesso dove si rintanava Lehas, quando ancora era…
“Esci di lì, Reith. Non sono arrabbiato. Non potrei mai esserlo con te.”
Una dolce bugia sbandierata a fin di bene.
Una mano diretta a strattonarla con inaspettata gentilezza ad un braccio, convincendola mestamente ad abbandonare quell’inutile nascondiglio. Come un padre in vena di carezze, per una bambina che aveva appena scontato una punizione, dopo un bisticcio.
“E-e invece dovresti! Lehas… è tutta colpa mia. Solo e unicamente mia.”
Annuì in un sussulto la fanciulla, ancora poco convinta; le dita aggrappate scioccamente alla stoffa dell’abito di lui, sollevata da quello scomodo pavimento, un ammonizione di colpa  in una ricerca di certezze che portavano a pensar ben altro.
La ferita al fianco ancora le doleva, nonostante le cure, ma nulla era a confronto del rimorso per la morte di una così cara compagna.
E i pensieri vagavano, come le dita a serrarsi tra le ciocche corvine di lei, una tacita contemplazione a nascondere più di quanto in realtà mostrasse.
Quella splendida, seppur infantile, donna bizzarra; bellissima ed unica nella sua ingenuità.
Quanto peccato vi poteva scorgere nello scorgere quelle forme sinuose a tentarlo dallo sfiorarla in modi poco consoni al momento?
Intrappolata a sé, contro quel dannato tavolo su cui avrebbe potuto sollevarla, poggiarvela sopra e… tante altre cose di cui si sarebbe probabilmente pentito dopo.
-L’influenza di Chris mi gioca brutti scherzi.-
Sospirò, scacciando quei pensieri molesti e affatto candidi, scuotendo il capo con disappunto.
 
“Se sapessi quante persone ho visto cadere in battaglia… capiresti, forse.”
 
Reith lo squadrava ignara, il viso inclinato, come un cucciolo incuriosito dalle bizzarrie del proprio padrone. Sfiorò con la propria quella mano posta fra i capelli, dita sottili ed esili a carezzarne il palmo ruvido.
“A me piace, quando sei così gentile e rilassato.”
“…Sono il leader di un gruppo di mercenari, non posso essere “Gentile e rilassato”, Reith.”
“L-lo so! Però… però…”
Ennesima gaffe. Non vi era molto con cui controbattere, se persino ella stessa risentiva di una palese deconcentrazione per via della calda vicinanza a cui erano entrambi soggetti.
Volse lo sguardo per distrarsi ma, a ben pensare, quel luogo offriva solo pessimi spunti.
 
Lehas che li accoglieva con un sorriso dal ritorno da una missione.
Lehas che preparava una festa a sorpresa per il compleanno del loro capitano.
Lehas che non c’era più e Calintz la accusava di tale onta.
Quegli occhi di ghiaccio freddi e intimidatori a trapassarla, a cui non riusciva mai a reggerne lo sguardo.
Era stato crudele quella volta, così come altre ancora, e lei lo rammentava anche troppo.
 
“Piangi pure se vuoi. Qui lui non può vederti.”
 
“Reith.”
Di suo, Calintz, non stava avendo i medesimi rattristanti pensieri, ma come in parte ad averli recepiti le bloccò il viso con due dita, costringendola a guardarlo.
Un gemito di disappunto da essa a quella costrizione, un tentativo di divincolarsi futile e poco convincente.
Non voleva pensare, nemmeno ricordare come ogni cosa fosse avvenuta per sua colpa. Non desiderava incrociare quegli occhi della stessa tonalità del ghiaccio, freddi e distanti, di cui aveva sempre avuto timore e terribile soggezione.
Non ebbe fortuna, il giovane serrò con più forza la presa, annullando ogni minima distanza posta e lasciare che almeno in parte zittisse quella fastidiosa sensazione di lontananza fra loro; un bacio, su quella bocca tremante e morbida, una tentazione a cui scelse di cedere, mandando al diavolo ogni proposito iniziale.
Un singhiozzo causato dallo stupore dalla giovane, gli occhi sgranati, il respiro trattenuto, inerme sul da farsi.
Divincolarsi era il gesto più istintivo, ma le gambe le cedettero sul momento, perdendo l’equilibrio e costringendo il ragazzo prontamente ad afferrarla, onde evitare cascasse malamente sul pavimento.
“… ma cosa devo fare con te.”
Il mercenario non sapeva se riderci o reputarsi offeso per quei continui sbalzi che, interrompevano ogni possibile contatto fra loro, sempre sul più bello. L’aveva afferrata prontamente per la seconda volta, adoperandosi nel sorreggerla cavallerescamente.
Che fanciulla incredibilmente fragile.
“… ma sei tu che---!”
Piagnucolò incerta; una bambina presa in ripicca sul personale, un broncio ad apparir sul volto niveo e delicato.
“Io? Se ti ha dato fastidio, non lo farò mai più.”
Una risposta tranquilla e pacata che mise la giovane all’erta, scuotendo forte il capo in dissenso, come allarmata da tale affermazione.
Lui non accennava comunque a lasciar la stretta su quel corpicino stretto al suo; nonostante le stranezze, quel suo immacolato candore l’aveva da sempre affascinato.
“Posso restare qui con te… come prima?”
Una domanda posta dal tono innocente a spiazzarlo ulteriormente. Carica di troppi spunti e desideri reconditi insiti in esse.
E la tentazione del “tavolo” a ripresentarsi prepotentemente.
“Sei proprio… impossibile da gestire.” Affermò infine, rassegnato dalla tremenda soggezione avente su di lei.
 
 
“Ah… l’amour.”
Un Chris gongolante a indicare lo spiraglio della porta a cui, fino a poco fa, si erano ritrovati tutti ad origliare la conversazione tra i due diretti interessati.
“Tse. Se per un bacetto reagisce così, mi sa che se la porta a letto rischia di restarci secca.”
“Haren!”
“Sei proprio pessimo, uomo tutto muscoli.”
“Che c’è? L’avete visto anche voi che razza di rammoll---”
Un tonfo sordo, a testimoniare lo schiantarsi del bastone della maga rossa Eonis sul cranio dell’interessato, interrompendolo da qualsiasi altra affermazione.
“Dovremmo essere contenti per loro ed era anche ora che facessero pace. Voi uomini spesso non sapete proprio come regolarvi con noi donne.”
“L’importante è che il capitano sia felice.” Annuì un Azel, convinto.
“Tsè. A mio parere si è rammollito.”
“Eh eh eh, è il potere dell’amore a cui nessuno riesce ad essere immune, amico mio!”
“… Che schifo!”
E prima che il dibattito continuasse ulteriormente, i restanti membri delle lacrime di sangue giurarono di aver intravisto un burbero Haren inseguire l’inventore per i corridoi, col chiaro intento di assestargli un calcio in pieno posteriore.
 
“Calintz, la prossima volta prometto di non darti ulteriore disturbi.”
Il giovane mercenario sorrise intenerito, conscio di quanto utopistica ed infattibile fosse quella promessa in sé.
Ma non aveva importanza. In qualsiasi guaio ella si fosse cacciata lui prontamente l’avrebbe tratta in salvo.
Come sempre.
Era anche una sua scelta.
“Ho promesso di proteggerti. E cosi sempre sarà.”
  
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