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Autore: Shylock XX    30/05/2016    0 recensioni
SPOILER!!!
"What if?..." ambientata dopo la 3x17.
E se Camille, Lucien e Davina non fossero morti alla fine della terza stagione?
Il Ringraziamento: una festa da passare in famiglia mangiando a più non posso e chiaccherando amabilmente.
Ma se la famiglia in questione è la famiglia Mikaelson?
Cosa succerebbe se Lucien , 20 anni dopo essere stato cacciato, tornasse a New Orleans con una notizia sconvolgente?
Come avrà affrontato Hayley la perdita di Jackson? E Kol sarà riuscito a mantenere salda la sua relazione con Davina?
Ma soprattutto, come reagirà Klaus all'accompagnatore di Hope?
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza
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“Signorina Mikaelson?”

Delle mani grandi e delicate le si appoggiarono docilmente sugli occhi, coprendole la visuale e impendendole di giudicare ulteriormente l’outfit scelto per quel giorno così speciale. Il Ringraziamento di quell’anno le offriva infatti la possibilità di far riscattare il fidanzato agli occhi della sua famiglia. Un fidanzato che non sarebbe rimasto tale ancora per molto…
“Lucien Castle. Se le tue manacce hanno distrutto la mia pettinatura, Klaus ed Elijah saranno l’ultima cosa di cui dovrai preoccuparti”, sussurrò in tono minaccioso liberandosi alle mani del vampiro, “Sai che oggi ci tengo ad essere impeccabile”
“Tu sei sempre stata impeccabile, tesoro. Dal primo giorno in cui ti ho incontrata”. Lucien le si ergeva di fronte in tutta la sua altezza. I corti capelli erano tornati da poco da un giro al parrucchiere di Huxfield Road, alle sopracciglia era stata data una ritoccata la mattina stessa e un leggero velo di cipria copriva il volto centenario dell’uomo. Certe volte la ragazza si domandava chi fosse il più vanitoso della coppia, ma ogni volta la risposta era sempre la stessa: lui, naturalmente. Il vampiro aveva l’espressione da marpione che all’inizio l’aveva tanto infastidita, ma adesso Freya Mikaeson vedeva in quell’aria spavalda e in quegli occhi socchiusi soltanto l’ironia e la sfacciataggine che l’avevano fatta innamorare di quel partito così poco convenzionale. D’altronde, bisognava pur ammettere che la sua famiglia aveva sempre vantato una particolare propensione a trovarsi invischiata in relazioni non del tutto sane o difficili da gestire.
“Sei sempre il solito idiota. Piuttosto, aiutami con la scelta dell’abbigliamento. Così vado bene?”
Indossava un vestito da cocktail nero, aderente, che le avvolgeva in maniera sinuosa le curve, per poi lasciarle scoperte le magre gambe dalla carnagione pallida. Dalle spalle partivano due spalline che si rincongiungevano sul seno, creando uno scollo abbastanza profondo. Il look era completato da un paio di decolleté, nere anche quelle.
“Stupenda, mia cara. Ma non è tutto un po’ troppo… lugubre?”
“Siamo una famiglia di vampiri, Lucien. E poi se qualcosa dovesse andare storto, sarei già pronta per il tuo funerale”
“Sono passati vent’anni. Non avremmo dovuto metterci una pietra sopra molto tempo fa?”
Freya allungo la mano verso il viso di Lucien e gli abbassò il mento, in modo da fissare i suoi occhi in quelli di lui.
“Sai benissimo che Klaus può serbare rancore per ben più di un secolo. Figurati quanto è accondiscendente verso il traditore che ha ucciso suo fratello”
“Avanti… Finn?! Ho fatto un favore alla comunità debellando quel noioso essere petulante dalla faccia dell’esitenza”
“Ecco. Questo è esattamente ciò che dovrai evitare di dire a pranzo”
La strega si allontanò dall’amato per andare al minibar a versarsi un goccio di bourbon; ne teneva sempre un po’ di scorta nel minibar del soggiorno. Un’altra tradizione dei Mikaelson. Il liquido ambrato uscì dalla bottiglia di cristallo in un getto animato, andando ad infrangersi sul fondo del bicchiere a base quadrato, in cui erano stati adagiati dei cubetti di ghiaccio, che brillanti aspettavano di essere lambiti ed immersi da quella cascata dalle sfumature dell’arancio. Freya si bagnò giusto le labbra, assaporando il sapore dolciastro della bevanda e la sensazione di calore che questa rilasciava sulla sua bocca e sul suo palato.
“Ah, e un’ultima cosa”

Lucien volse a lei lo sguardo, ma dovette abbassarsi subito e far affidamento alla sua velocità sovraumana per schivare il bicchiere di bourbon lanciatogli dalla ragazza. L’oggetto si frantumò sulla parete alle spalle del vampiro, schizzando alcool, pezzi di ghiaccio e cocci di vetro in giro per la stanza.
“Freya! Che cazzo ti passa per la testa?!”
“Finn era anche mio fratello. Prova ad insultarlo un’altra volta e giuro che ti ficco un paletto in quel cuore senza nemmeno darti la possibilità di dire una cazzata in più”
“Il tappeto persiano… sai quanto mi chiederanno in lavanderia per farlo tornare come prima?!”
La strega alzò gli occhi al cielo, girò i tacchi e raccolse la giacca in camoscio che aveva abbandonato sul divano. Dopotutto, era fine Novembre anche a Baton Rouge.
“Hai un esercito di sgualdrine soggiogate che obbediscono a ogni tuo capriccio. Fatti lavare il tappeto e non fare tante scenate”
“Non essere così severa con le cameriere, lo sai che mi piace essere circondato da persone degne del mio rango e della mia reputazione. Però se sei così indisponente non so se dovrei consegnarti il mio regalo…”
Una folata d’aria e Lucien le si parò davanti con una minuta scatoletta nelle mani curate.
La strega non aveva intenzione di chiedere scusa al vampiro: sapeva che non si era affatto offeso per il bicchiere di bourbon scaraventatogli addosso. E anche se si fosse sbagliata, non sarebbe stato un problema insormontabile: erano abituati a litigi molto peggiori, la maggioranza dei quali si concludevano con Lucien che stramazzava al suolo vinto dalla magia, un paio di lussazioni per Freya, le finestre in frantumi, e il soggiorno completamente distrutto. Il rapporto tra i due era stato da sempre caratterizzato da una componente burrascosa non indifferente, culminata nel rapimento della ragazza e il successivo tradimento da parte di Lucien nei confronti della famiglia originale.
Tuttavia, per quante pause si fossero presi, o per quante volte erano stati sul punto di troncare definitivamente il loro rapporto, i due continuavano a persistere nel voler stare insieme, soccombendo dunque a quella relazione tanto autodistruttiva quanto passionale. Era più forte della ragione di entrambi.
Ogni scappatella di Lucien, ogni maledizione lanciatagli da Freya, tutti i problemi con Klaus ed Elijah; regolarmente tutto veniva annientato, seppur momentaneamente, dall’irresistibile attrazione che il vampiro e la strega sapevano di esercitare l’uno sull’altra.
Tutto ciò si poteva davvero definire amore? Freya aveva ancora delle riserve a tal proposito, ma non si soffermava mai molto a cercare di valutare i pro e i contro di un rapporto così poco convenzionale. Alla fine, aveva tutta l’eternità a disposizione.
“Che cos’è?”, chiese con aria indifferente, senza però riuscire a trattenere un filo di curiosità, che le  si palesò sui dolci lineamenti nordici.
“Pensi di meritarti un regalo dopo quello che hai appena fatto?”
“Diciamo che mi merito un regalo per non averti fatto di peggio”
Soddisfatto della risposta impertinente, Lucien aprì la scatoletta e mostrò alla compagna il contenuto. Due orecchini Cartier erano adagiati sul fondo vellutato del contenitore. Essi erano composti da due sezioni ben distinte e unite tra di loro da un sottile quanto resistente filo d’argento, il quale partiva da una forma circolare di color grigio perla, per poi incatenarsi al gioiello vero e proprio: un pendente a goccia che univa in sé inserti corvini a fitta trama e minuscoli cristalli, che determinavano un completo riempimento della forma sinuosa e priva di spigoli, creando  un effetto mosaico ricercato tanto quanto appariscente.
“Conoscendo la tua predilezione per il nero, ho pensato di aggiungere un po’ di luce”
Freya, senza trovare modo più adatto per ringraziare, abbracciò il vampiro e gli schioccò un bacio sulle labbra.
“Sono stupendi. Si abbinano perfettamente all’anello”
“Anello? Quale anello?”
Soffocando una risatina, la strega intimò al fidanzato di andare a finire di prepararsi; conosceva la sua vanità e non voleva correre certo il rischio di arrivare in ritardo a New Orleans. Sentì un fruscio alle spalle e seppe senza voltarsi che era rimasta sola nel vasto soggiorno della residenza di Baton Rouge.
Lucien vi si era trasferito dopo la sconfitta contro la famiglia Mikaelson, e solo da pochi mesi Freya aveva deciso di raggiungerlo, garantendo comunque a Klaus una completa disponibilità per eventuali servizi da strega.
Le mancava la Big Easy? Naturalmente. Era strano svegliarsi senza i suoni gioviali di un sassofono in Bourbon Street, o le voci sguaiate di un corteo cajun. Eppure era consapevole che, sia se avesse voluto tenere d’occhio Lucien per impedirgli di tornare a serbare rancore nei confronti dei Mikaelson, sia per portare la loro relazione a un livello successivo, avrebbe dovuto abbandonare la casa dei fratelli per la residenza di Baton Rouge; o Villa Castle, come veniva chiamata da Lucien e i suoi tirapiedi.
Persa nei suoi pensieri e gettando fugaci occhiate all’orologio a pendolo vicino al camino, giunse davanti allo specchio e, senza quasi rendersene conto, si toccò l’anello di diamanti che da fine estate portava all’anulare. Quello ormai era diventato per lei un gesto automatico, quasi come il suo corpo l’incitasse a raccontare l’importante avvenimento ai suoi familiari, condannandola per l’omertà dei mesi che erano passati da quella afosa sera di agosto.

Lucien si era finalmente deciso a cancellare qualche impegno dall’agenda di amministratore delegato della Kingmaker Land Development per poter passare un po’ di tempo insieme a lei. Freya aveva in mente di passare una giornata in tranquillità per le strade di Baton Rouge; pranzare in un ristorante di lusso, camminare lungo i larghi viali bagnati dal sole ustionante del pomeriggio, rinfrescarsi in uno dei tanti déhors del centro, magari anche noleggiare un calesse come una normalissima coppia di turisti… Insomma, un regolare pomeriggio dai toni romantici e spensierati che poco avevano caratterizzato le loro routine, benchè, senza che lei ne avesse la minima idea, Lucien le avesse organizzato qualcosa di ben più peculiare.
Il vampiro aveva bocciato ogni sua idea, facendo sfociare tutto in un ennesimo litigio. Delusa dall’atteggiamento del fidanzato, Freya gli aveva spezzato il collo con un gesto fulmineo della mano e si era rifugiata in camera da letto. Piangendo sommessamente, aveva soppesato l’opzione di tornare a New Orleans per una settimana o due, giusto per sbollentare un po’ la rabbia, ma non fece in tempo a prendere una decisione che si sentì strattonare dalla vita da una forza sovraumana. Chi poteva essere? Di certo non Lucien: sarebbe stato fuori combattimento per un’altra buona mezz’ora. Combatté con tutte le forze per liberarsi dalla stretta dell’aggressore, ma pur sopraffatta dal dolore agli arti superiori, percepì lo stesso un lieve bruciore al collo. Una siringa?
Non fece in tempo a riordinare le idee per capire come fuggire a una situazione tanto disperata, che cadde priva di sensi nelle mani dello sconosciuto.
Si risvegliò molte ore più tardi. Percepiva una leggera brezza sulla pelle con l’acre odore di terra e la freschezza dell’ aria pulita della campagna che le attraversava le narici.

Era distesa supina sul suolo duro di una piccola radura in mezzo ai boschi. La testa le stava scoppiando dal dolore, e nell’atto di alzarsi dall’umido prato non riuscì a mettere a fuoco nessun particolare che potesse aiutarla ad orientarsi, fatta eccezione per una vecchia colonnina in pietra a pochi metri da lei. Arrancò verso ciò che istintivamente le appariva come l’unico punto di riferimento; in un momento del genere non poteva fare niente se non provare a puntellarsi da terra in modo da ritrovare un minimo di forza e raggiungere Klaus a New Orleans.
Inizialmente non si preoccupò se non di dove potesse trovarsi l’uomo che l’aveva aggredita a Villa Castle. Non era riuscita a vederlo in faccia con chiarezza, ma era consapevole che tra quei tratti visti tanto di sfuggita e in quelle mani tanto possenti v’era un qualcosa di familiare. Si aggrappò alla ruvida pietra della colonnina e, facendo affidamento alle poche forze che le erano rimaste in colpo, si issò lungo la struttura.
Percorse velocemente con lo sguardo il perimetro della radura. Era da sola? O qualcuno la stava osservando attraverso le fronde degli alti alberi che la circondavano? E se proprio in quel momento qualcuno l’avesse attaccata alle spalle? Raccolse uno spesso ramo da terra e lo brandì come una spada. Se il suo avversario avesse avuto intenzione di combattere, non si sarebbe certo tirata indietro.
“Ci hai messo un po’ a svegliarti”
La voce le giunse dalla fitta chioma di un salice che sorgeva giusto dietro alle sue spalle, seguita da una figura che scese dalla postazione con una delicatezza inumana, per poi dirigersi verso la strega Mikaelson con passo deciso.
“Lucien? Come hai fatto a trovarmi?”, chiese senza pensare, intuendo subito che qualcosa non tornava: il vampiro era privo di sensi quando l’avevano rapita, come era riuscito a ritrovarla tanto in fretta? “Giuro che se c’entri qualcosa in questa storia…”
“Non l’hai ancora capito? Sono stato io a farti portare qui. Ah, e prima che tu ci possa anche solo pensare, ti ho fatto iniettare un siero che oltre a funzionare da sonnifero, causa una momentanea perdita di poteri. E ora, passiamo al motivo per la tua pres-”
La voce gli si strozzò in gola, ostacolata da un grosso pezzo di legno che trafiggeva la trachea del vampiro pluricentenario. Senza fare una piega, quest’ultimo si sfilò il ramo dal corpo con una tranquillità che lasciò Freya attonita, la quale riuscì comunque a non far trasparire l’incredulità nella voce: “Peccato. Ho mirato al cuore”
“Sai, Freya, quello che ho sempre ammirato di te è stata la tua intelligenza. Insieme alla tua sfacciataggine, ti distingue dalla mandria di psicopatici che è la famiglia Mikaelson. Oggi però, devo dire che sei la degna sorella di Klaus. Non ti sei proprio accorta di che posto è quello in cui ti ho fatta portare oggi?”, notando lo sguardo di lei, ancora dubbioso, il vampiro continuò.
“E’ Mystic Falls. E se posso chiederti un favore, non interrompermi fino a quando non avrò finito. Poi potrai urlare, insultarmi, fare quello che vuoi. Ma prima, lasciami spiegare. Ti chiederai come mai ti ho fatta portare qui in un paesino di provincia in Virginia mentre questo sarebbe dovuto essere un romantico pomeriggio estivo tra fidanzati. La risposta è semplice. Perché oggi non deve essere un giorno da persone normali. Nessun giorno deve esserlo. Siamo un vampiro e una strega: l’anormalità ci scorre nel sangue. E’ come dire che il Sole per un giorno debba smettere di tramontare o che da domani nel cielo si siano due Lune al posto che una. La normalità ci è preclusa, mia cara Freya.
Per questo ti ho fatto trascinare qui. In questa cittadina hai vissuto i primi anni della tua serena infanzia, coccolata dal padre, ma non amata abbastanza da una madre quale Esther era, che non ha avuto remore a affidarti alle tiranniche cure di Dahlia. Questo luogo è anche stato l’inizio della grandezza e allo stesso tempo della disgrazia dei vampiri originali Mikaelson. E per quanti attriti ci possano essere tra me e i tuoi fratelli, so che adesso non sarei qui se non fosse stato per la grazia che Niklaus mi ha concesso. Appoggiamo i piedi su un suolo che ha un grande significato per entrambi.
E come dimenticare che è proprio in questa radura che il nostro rapporto ha raggiunto le vette dell’inconvenzionalità, ricordi? Ti ho fatta rapire da Vincent, ho fatto in modo che tu facessi diventare me e Aurora più forti della famiglia originale stessa, e come coronamento del mio delirio di grandezza ho ucciso Finn, il tuo fratello maggiore. Proprio qui, accanto a quella colonnina, mi sono attirato contro il tuo odio più profondo e quindi non dovresti stupirti se ora, in questo luogo dimenticato da Dio, legato a tanti ricordi dolorosi quanto determinanti per le persone che siamo adesso, ti chiedo di diventare mia moglie”

Senza che Freya avesse tempo di replicare, o anche solo di recepire a pieno le parole appena proferitole, si ritrovò rinchiusa in un abbraccio intenso e carico di slancio emotivo, seppur caldo e confortevole.
Era davvero possibile che un uomo fosse in grado di far provare tutto ciò a una donna? Che quell’essere tanto sfacciato e senza scrupoli, quanto amorevole e, seppur raramente, romantico, avesse osato compiere un gesto così eclatante? Che a lei, Freya Mikaelson, fosse stata appena fatta una proposta di matrimonio? Rivedeva riflesso negli occhi del vampiro il loro percorso: da quando si erano infiltrati alla festa degli Strix, a quando lo aveva salvato dalla cieca vendetta di Klaus; e i successivi litigi, combattimenti, baci solitari in riva al fiume, galà, pomeriggi in spiaggia, intrighi per il dominio di Baton Rouge e serate passate semplicemente a guardarsi adoranti nell’enorme letto a baldacchino. Il disegno d’insieme era confuso e all’interno si contorcevano sentimenti contrastanti come rabbia, disgusto, gelosia, felicità, spensieratezza, ansia e amore.
“Solo te potevi organizzare una cosa del genere, schifoso psicopatico”
Lucien non rispose all’insulto. Si limitò a fissarla. Che avesse paura di un eventuale rifiuto? Freya non si ricordava di aver mai visto la sicurezza del vampiro incrinarsi, se non quando era stato sul punto di andare incontro alla propria morte.
“Ma certo! Sì! Non c’è bisogno di fare quella faccia corrucciata!”
La tensione gli si sciolse dal viso secolare come cera di candela e il suo solito sorriso beffardo ritornò a fare capolino tra le labbra carnose. Si scambiarono un lungo bacio appassionato, stringendosi l’un l’altro in un labirinto di braccia che non era che il principio di quella che sarebe dovuta essere la loro unione futura.
La serata nella radura di Mystic Falls sembrava passata in un alito di vento tiepido, al di sotto dei rami carichi di foglie che, in compagnia della incombente volta celeste puntellata di stelle, lambivano i due innamorati come due soffici strati di coperte, proteggendoli dalle insidie del mondo esterno e, in particolar modo, da loro stessi.

“L’autista ci aspetta, cara… sei pronta?”
“Scusa, ero sovrappensiero. Mi metto gli orecchini e arrivo”
“Non sarai ancora preoccupata per i tuoi fratelli? Ti vogliono bene, accetteranno la tua scelta, anche se significa essere imparentati con uno come me”
“Sei sicuro?”, ad un tratto la sicurezza sembrava sfuggirle dalle mani.
“Certo! E in caso contrario, sono certo che ci sia ancora un modo per poter uccidere un originale”
Schivando senza problemi un ceffone di Freya, il vampiro si diresse placidamente verso l’uscita, aspettando che la fidanzata lo raggiungesse. Cosa avrebbe detto Klaus? Era davvero pronto a perdonare Lucien, dopo che quest’ultimo era quasi riuscito ad uccidere Camille?

La strega rinchiuse tutte i quesiti che l’assillavano in una scatola nelle remote profondità della sua testa, e, dopo aver preso un profondo respiro, decise che avrebbe cercato di godersi il pranzo in famiglia.
Sperava soltanto che non ci fossero troppi spargimenti di sangue.
  
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