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Autore: KeyLimner    31/05/2016    0 recensioni
"Ma dov’è?
Dov’è quella strada in cui mi persi?
Ci ho lasciato
un pezzetto di me:
devo ritrovarlo a tutti i costi.
E sfogli… sfogli…
Freneticamente.
Ed ogni cosa ha un senso.
Ma non c’è più spazio,
non c’è spazio
per quella piccola follia.
Chissà:
forse c’era un posto, laggiù,
per la tua felicità
e la mia"
Genere: Introspettivo, Malinconico, Poesia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Meritammo di pensare
o pensammo di meritare.
 
Se spingi in profondo,
mi spingi altrove.
 
Non è un corpo
in cui ti devo riconoscere:
sei tu.
 
(Ti amo. È troppo banale?)
 
Potresti essere felice
nel mio castello:
potrei essere felice
di renderti felice.
Ma scusami,
non trovo posto
per te.
 
È meglio se non entri.
Ti offenderesti
se ti sbattessi fuori.
Ma ci sono chilometri
di fortificazioni,
oltre queste mura.
Se non hai paura,
puoi provare a scavalcarle.
 
Puoi infischiartene
del mio odio,
e della mia logica.
Entrare con violenza.
Mentre cammino e mi perdo
fra le strade che so già a memoria.
Entrare di soppiatto,
senza far rumore.
 
Mi sveglierò
cercando
quella strada
su ogni mappa.
Pile di fogli come macigni
tappezzano la grande torre.
C’è tutto il mio impero:
ogni strada,
ogni svolta.
Seguono un percorso ben preciso,
perfettamente rintracciabile.
 
Ma dov’è?
Dov’è quella strada in cui mi persi?
Ci ho lasciato
un pezzetto di me:
devo ritrovarlo a tutti i costi.
 
E sfogli… sfogli…
Freneticamente.
Ed ogni cosa ha un senso.
Ma non c’è più spazio,
non c’è spazio
per quella piccola follia.
 
Chissà:
forse c’era un posto, laggiù,
per la tua felicità
e la mia.
 
Ma la Signora Mappa
sembra dire chiaramente
che quel luogo non esiste.
“È solo nella tua testa”,
sembra dirti.
Ma era uno spazio fisico,
lo sai.
L’ha occupato
il volume del tuo corpo.
Urla, il tuo corpo:
“Non è vero!
Io ero lì!”.
Ma la Mappa è spietata:
non accetta repliche.
 
Prendila.
Prendi la tua follia.
Chiudila in un cassetto.
Privala
del suo nome.
Accetta
il nuovo nome
che ti offriamo.
Potrai tirarla fuori,
ogni tanto,
nei tempi e nei modi
che ti concederemo.
Scomparirà pian piano,
finché non sarà più
un problema.
Massimizzazione dell’efficienza:
ne resterà
una porzione infinitesima,
che non potrà più nuocere.
 
La impasteremo bene,
non sarà più
la tua follia:
sarà l’inquieto sostrato
che ci accomuna e ci lega,
filo sempre più esile
sospeso
fra i nostri corpi…
A rimpiazzarlo,
duro fil di ferro
su un doppio binario neuronale.
Squadre di ingegneri
sono già all’opera.
 
La impasteremo bene.
La butteremo nel mucchio.
E potrai cercarti,
confusa,
nel guscio vuoto del tuo spirito.
Mentre lenta scorre via
quella brodaglia:
deformata, sfigurata,
ci hai gettato la tua
follia.
 
Specchi…
specchi ci circondano
da ogni parte.
Un labirinto di specchi.
Ma qualcuno
ci ha disegnato sopra
le immagini più assurde,
le più banali.
Camminiamo specchiandoci,
sorridendo a noi stessi.
Ma grottesche caricature
ci sorridono.
 
Quanti specchi
devo rompere
per poterti guardare in faccia?
  
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