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Autore: Marilia__88    01/06/2016    2 recensioni
Una nuova storia che come "Ti brucerò il cuore" riparte dal presunto ritorno di Moriarty e dallo stesso momento. Un'altra versione della quarta stagione con nuove teorie e nuove congetture completamente diverse.
Dalla storia:
“Sherlock, aspetta, spiegami… Moriarty è vivo allora?” chiese John, mentre cercava di tenere il passo dell’amico.
“Non ho detto che è vivo, ho detto che è tornato” rispose Sherlock, fermandosi e voltandosi verso di lui.
“Quindi è morto?” intervenne Mary nel tentativo di capirci qualcosa.
“Certo che è morto! Gli è esploso il cervello, nessuno sopravvivrebbe!” esclamò Sherlock con il suo solito tono di chi deve spiegare qualcosa di ovvio “…Mi sono quasi sparato un’overdose per dimostrarlo!”
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Mycroft Holmes, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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                     Miss Me?







                                              My brother






… “No…non riesco a toglierla dalla mia testa!” esclamò Sherlock, continuando a massaggiarsi le tempie ed iniziando a sudare freddo.
“Cosa?” chiese il politico confuso.
“La sua voce…” rispose il detective sofferente.
“Sherlock, non riusciamo a capirti…la voce di chi?” domandò John anche lui confuso.
“Di…Moriarty…” riuscì a dire soltanto Sherlock. Poi la vista gli si offuscò all’improvviso e crollò svenuto tra le loro braccia.
 
 
 





Sherlock si risvegliò confuso e si ritrovò sdraiato sul pavimento. Aveva dei cuscini sotto i piedi, che gli mantenevano le gambe sollevate e sentiva qualcosa di fresco sul viso. Appena riuscì a mettere bene a fuoco, vide John inginocchiato al suo fianco, che gli passava con dolcezza un panno bagnato sulla fronte. “John…” disse con un filo di voce.
“Ehi…!” esclamò il medico con un mezzo sorriso. “…Come ti senti?” domandò serio.
Il detective sospirò pesantemente. “…Stanco…” rispose con sincerità.
“Stanco?” chiese John perplesso.
“Si, John…” disse Sherlock, mettendosi lentamente seduto e passandosi le mani sul viso. “…sono stanco di tutto questo…e sono stanco di essere così debole e vulnerabile…” aggiunse demoralizzato.
Il medico rimase sorpreso da quelle parole. Era la prima volta, dopo tanto tempo, che Sherlock riusciva ad aprirsi con lui. Lo guardò intensamente, accennando un lieve sorriso, contento di quel cambio di atteggiamento nei suoi confronti. “Non credo alle mie orecchie…Sherlock Holmes sta finalmente ammettendo di avere un problema!” esclamò con sarcasmo.
Il detective accennò un sorriso. “Non la smetti mai di precisare l’ovvio!” disse con aria divertita. In quel momento si sentì stranamente bene. Sentire John finalmente così vicino, gli mise addosso un’inconsueta calma. Per un attimo ebbe la sensazione che non fosse cambiato nulla, tra loro, che fossero nuovamente Sherlock e John, soli contro il resto del mondo.
“Ora mi spieghi cosa centra Moriarty?” chiese all’improvviso il medico, interrompendo i suoi pensieri. “Hai detto di sentire la sua voce nella tua testa…” aggiunse confuso.
“Si…mi capita spesso ultimamente…prima succedeva quando mi addormentavo…ora succede anche da sveglio…” rispose Sherlock, abbassando lo sguardo.
John sospirò con aria consapevole. “È un effetto collaterale dell’astinenza da cocaina…non capita spesso, ma a volte i soggetti possono avere allucinazioni sia visive che uditive…” disse con fare professionale.
Il detective annuì semplicemente, continuando a mantenere lo sguardo basso.
“Sherlock…so che non è facile…ma affronteremo questa cosa insieme, va bene?... Non sei solo...ci sono io qui con te!” continuò, poggiando con delicatezza la mano sulla sua.
Sherlock osservò per un attimo le loro mani vicine, poi alzò lo sguardo su di lui e fece un lieve sorriso. Dopo alcuni istanti, però, iniziò a guardarsi freneticamente intorno, come se stesse cercando qualcosa. “Dov’è mio fratello?” chiese confuso.
“È rimasto fino ad un attimo prima che riprendessi conoscenza…poi ha ricevuto una telefonata ed è dovuto andare di corsa in ufficio. Non so cosa sia successo, ma dalla sua espressione, sembrava qualcosa di importante…” rispose John.
“C’è qualcosa di strano…” esclamò all’improvviso il consulente investigativo, scattando in piedi.
“Che vuoi dire?” domandò il medico.
“Conosco mio fratello…non sarebbe andato via, privandosi del gusto di farmi l’ennesima predica!... No, non si sarebbe scomodato…avrebbe mandato qualcun altro…!” rispose Sherlock, camminando nervosamente per la stanza. Poi afferrò velocemente il suo cellulare ed inoltrò un messaggio.
 

 
-Mi sorprende che ti sia lasciato sfuggire l’occasione di farmi una delle tue noiose prediche…stai perdendo colpi. SH
 

 
Dopo alcuni minuti di fremente attesa, finalmente arrivò la risposta.

 
 
-Mi dispiace, Sherlock…ma tuo fratello al momento non può rispondere! Se vuoi…puoi comunque venire qui a parlargli di persona. SM



“Dannazione!” esclamò Sherlock, lanciando il telefono in malo modo sul divano.
“Che succede?” domandò John preoccupato.
“Moran…ha preso Mycroft…” rispose il detective nervoso. Poi si sistemò la camicia, indossò velocemente la giacca e il cappotto, riprese il cellulare e corse fuori dall’appartamento.
“Sherlock, aspetta! Dove stai andando?” chiese il medico, correndo dietro di lui.
“Al Diogenes Club, ovviamente!... Avvisa Lestrade e digli di raggiungerci lì, prima possibile!” esclamò Sherlock. Poi si mise in mezzo alla strada e fermò sgarbatamente un taxi, rischiando quasi di farsi investire.
John inoltrò subito il messaggio a Greg e salì con lui sulla vettura senza fare altre domande.

 
Arrivati al Diogenes Club, scesero velocemente dal taxi e si diressero verso l’ufficio di Mycroft. All’interno dell’edificio non sembravano esserci movimenti sospetti, perciò cercarono di non dare troppo nell’occhio, per evitare di creare il panico tra la gente.
Appena si trovò davanti alla porta dell’ufficio di suo fratello, Sherlock aprì la porta con cautela ed entrò lentamente, con John al seguito.
Nella stanza, apparentemente, non c’era nessuna traccia di Moran. C’era soltanto Mycroft seduto sulla sua poltrona.
Il detective si rese conto dall’espressione tirata di suo fratello, che doveva comunque trattarsi di una trappola. Non fece neanche in tempo a guardarsi intorno, che sentì John chiamarlo con voce tremante.
“Sherlock…” disse il medico spaventato.
Sherlock si voltò di scatto e vide Sebastian alle spalle del suo migliore amico, che gli puntava una pistola alla testa. Nel vedere quella scena si ricordò del sogno che aveva fatto giorni prima: poteva ancora sentire lo sparo e vedere il corpo senza vita di John, accasciarsi tra le sue braccia. Iniziò ad ansimare leggermente, cercando con tutte le sue forze di non perdere il controllo.
“Ci rivediamo, Sherlock…” disse Moran con un sadico sorriso.
“È una questione tra me e te…lascia andare John…” rispose il detective con il fiato corto.
Sebastian scoppiò a ridere. “Non posso, mi dispiace…lui fa parte del gioco…del nostro gioco!” esclamò compiaciuto. “Questa volta ho organizzato tutto con attenzione…e sono davvero curioso di sapere come ne uscirai…senza subire perdite importanti…” aggiunse, continuando a ridere.
“Cosa vuoi dire?” chiese Sherlock.
“Vedrai…il gioco è semplice…nel cassetto della libreria alla tua sinistra, c’è una pistola…voglio che tu la prenda…” disse Moran, caricando l’arma che teneva puntata sulla testa di John.
Il detective seguì le istruzioni alla lettera e, dopo aver preso la pistola, ritornò di nuovo al centro della stanza.
“Molto bene…ora tocca a lei, signor Holmes!” esclamò Sebastian, rivolgendosi a Mycroft.
Il politico si alzò dalla poltrona e si avvicinò a suo fratello, fermandosi poco distante da lui.
“Ed ora, Sherlock…il gioco può cominciare!... Voglio che tu faccia una scelta. Se decidi di uccidere tuo fratello, lascerò il dott. Watson libero…se invece ti rifiuti di sparare, salverai la vita di tuo fratello, ma il dott. Watson morirà…!... Hai dieci minuti di tempo per decidere…” spiegò Moran con aria soddisfatta.
“Aspetta!” esclamò Sherlock all’improvviso “Se decidessi di fare il tuo gioco e di sparare a mio fratello…come faccio ad avere la certezza che tu non uccida comunque John?” chiese, cercando di guadagnare tempo.
“Devi fidarti della mia parola…non hai alternative…” rispose Sebastian.
“Perché stai facendo tutto questo?” domandò il detective, incrociando per un attimo lo sguardo del medico.
“Per la stessa ragione di Jim…perché mi annoio!” esclamò Moran. “Ma ora basta perdere tempo…i dieci minuti partono da adesso…” aggiunse con un sadico sorriso.
Sherlock guardò John con aria preoccupata. Poi fece un profondo respiro e si voltò verso Mycroft. Dopo averlo fissato negli occhi per qualche istante, alzò il braccio e, con la mano tremante, puntò la pistola contro suo fratello.
“Sherlock…no, non farlo!” urlò il medico. “Non puoi ucciderlo…è tuo fratello!” aggiunse con voce tremante.
Il detective prese ad ansimare leggermente e chiuse gli occhi, mantenendo comunque l’arma sul bersaglio.
“Avanti, Sherlock…fallo!” esclamò all’improvviso Mycroft, attirando la sua attenzione “Devi fare una scelta…e devi salvare la persona che per te è più importante…e di certo non sono io…” aggiunse sicuro.
Sherlock alzò di nuovo lo sguardo su di lui, sorpreso da quelle parole.
“Oh, ma che bel quadretto!” disse Moran divertito. “…Ti avviso, Sherlock…il tempo scorre…hai solo 5 minuti…”.
Il consulente investigativo non riusciva a togliere gli occhi di dosso da suo fratello. Quelle parole, così cariche di tristezza, lo avevano colpito profondamente. Non poteva uccidere suo fratello, ma non poteva neanche lasciare che John morisse. Perché Lestrade ci metteva così tanto ad arrivare? Si chiese tra sé e sé con disperazione. Doveva prendere una decisione e doveva farlo velocemente, ma per la prima volta in vita sua, non sapeva cosa fare. Il gioco di Moran era ben architettato, doveva dargliene atto: qualsiasi scelta avesse preso, ne sarebbe uscito comunque distrutto e ne avrebbe portato il rimorso per tutta la sua vita. 
“Restano soltanto due minuti…” canzonò Sebastian divertito, interrompendo i suoi pensieri.
In quel momento, Sherlock si sentì impazzire. Stava cercando di controllare i propri respiri, ma non riusciva più a ragionare con lucidità. Era di nuovo sull’orlo di un attacco di panico, lo sentiva in ogni fibra del suo corpo tremante.
“Sherlock…” lo chiamò Mycroft con un’inconsueta dolcezza.
Il detective alzò gli occhi e parve calmarsi leggermente nel sentire la voce di suo fratello.
“Avanti…fallo…è la scelta giusta e lo sai anche tu…” disse il politico, parlando lentamente.
“Non posso…non posso farlo!” esclamò Sherlock con le lacrime agli occhi.
“Per favore, Sherlock…ti sto chiedendo io di farlo!” disse Mycroft abbassando lo sguardo “…Per colpa mia hai perso Sherrinford e Barbarossa…non voglio che tu perda anche John…non di nuovo per colpa mia…non potrei sopportarlo…” aggiunse con la voce leggermente tremante. Poi alzò di nuovo lo sguardo su di lui e fece qualcosa che lasciò Sherlock ancora più sorpreso: sorrise con dolcezza, come mai gli aveva visto fare. “…Avanti…colpisci qui…” continuò, indicandosi il petto con una mano.
Il detective parve riflettere su quelle parole. Poi fece un profondo respiro e caricò la pistola. “Mi dispiace, Mycroft…davvero…” disse, mentre una lacrima gli rigava il viso. Dopo qualche istante sparò tre colpi verso suo fratello, colpendolo ripetutamente al petto.
Il corpo di Mycroft si accasciò a terra e rimase immobile sul pavimento.   
“No!” urlò John sconvolto. “Cristo santo Sherlock…cos’hai fatto!” aggiunse disperato.
Sherlock, però non rispose. Era rimasto pietrificato in quella posizione e continuava a guardare il corpo di Mycroft con uno sguardo vuoto.
“Sono davvero colpito, Sherlock…allora Jim aveva ragione!... Tieni così tanto al dott. Watson, da scegliere di vivere una vita con il terribile rimorso di aver ucciso tuo fratello, pur di non vederlo morire!” esclamò Sebastian con aria sorpresa.
John, nonostante fosse ancora sconvolto per ciò che era appena successo, rimase colpito da quelle parole. Moran aveva ragione. Sherlock aveva sempre fatto così tanto per lui, senza pensaci due volte: aveva sacrificato la sua vita, il suo lavoro, la sua libertà, la sua felicità e adesso anche la sua stessa famiglia, pur di salvargli la vita per l’ennesima volta. E lui invece cosa aveva fatto in cambio? Alla prima occasione, gli aveva voltato le spalle. Iniziò a sentirsi nuovamente un idiota: lui non meritava tutto questo, non meritava di essere il migliore amico di un uomo tanto straordinario.
In quel momento la porta si aprì all’improvviso, interrompendo i pensieri del medico.
“Fermo, polizia!... Butta subito la pistola e metti le mani dietro la testa!” urlò Greg, entrando con alcuni agenti al seguito.
Moran stranamente non si oppose. Gettò a terra l’arma e si lasciò ammanettare, mantenendo un inquietante sorriso sul volto. “Mi arresti pure, ispettore!... Il mio intento era quello di distruggere Sherlock Holmes…e come vede ci sono riuscito!... Ho vinto io…!” esclamò, scoppiando a ridere.
Dopo le parole del cecchino, Lestrade guardò nella direzione di Sherlock e solo allora si accorse del corpo di Mycroft a terra. Poi alzò gli occhi sulla mano del detective e vide la pistola che teneva ancora ben salda nella mano. “Cristo Santo...” disse sconvolto. “Portatelo via e sbattetelo in cella!” aggiunse, consegnando il criminale ai suoi agenti.
John, intanto, si era avvicinato a Sherlock, che in tutto questo frattempo non si era mosso di un millimetro. “Ehi…” disse con voce tremante e con le lacrime agli occhi, mettendo delicatamente la mano sulla sua spalla.
“Cosa diavolo è successo?” chiese Greg sconvolto, avvicinandosi a loro. “Sherlock…” provò a chiamarlo titubante.
Il detective non rispose. Continuò a mantenere quella posizione e a guardare suo fratello. Appena si accorse che Moran era stato portato via, si voltò di scatto verso la porta e corse velocemente a chiuderla, lasciando insieme a lui, nella stanza, solo John, Greg e il corpo di Mycroft.
“Che stai facendo?” chiese il medico confuso e preoccupato al tempo stesso.
Sherlock lo zittì con un gesto della mano. “Shhh…” disse con uno strano sguardo. Poi corse verso la finestra e rimase lì, fino a quando non vide le volanti della polizia, sfrecciare via con Moran a bordo. Appena le auto sparirono dalla sua vista, si voltò con un’espressione compiaciuta sul volto e si avvicinò al corpo di suo fratello. “Davvero un’interpretazione da Oscar…sono colpito!” esclamò, porgendo la mano verso Mycroft.
Il politico aprì di scatto gli occhi e afferrò la mano del detective, mettendosi lentamente in piedi. Poi si sistemò per bene la giacca e lo guardò intensamente. “Anche la tua non era male…!” rispose con tono divertito.
“Ma cosa diavolo…?” provò a chiedere Greg confuso, senza riuscire a finire la frase.
“Era tutta una finta?” urlò John sconvolto. “Io credevo che…voi due siete…” provò a continuare, ma era troppo arrabbiato per mettere insieme parole sensate.
“Calmati, John!... Non è come stai pensando…non era un piano programmato…! Io non sapevo niente fino a quando Mycroft, poco prima che gli sparassi, non mi chiedesse di colpirlo al petto. Con quel gesto mi ha fatto capire che, com’è sua abitudine quando teme per la sua vita, indossava un giubbotto antiproiettile…un tipo speciale che danno in dotazione all’MI6, che è impossibile da intravedere da sotto i vestiti!... Ovviamente, dovevo continuare a fingere o Moran se ne sarebbe accorto!” spiegò Sherlock con il suo solito tono di superiorità.
Lestrade osservava la scena ancora più confuso e completamente senza parole.
John, invece, si calmò nel sentire la spiegazione del detective e si mise a guardare i due fratelli, colpito da quella complicità. Si ritrovò a pensare che, in fondo, il loro rapporto era davvero strano. A dividerli c’erano anni di rimpianti e di risentimenti, ma nonostante tutto, quando si trovavano costretti a collaborare, riuscivano a capirsi con un semplice sguardo, riuscivano ad avere un’intesa sorprendentemente perfetta.
“Possiamo andare, John…” disse all’improvviso Sherlock, avviandosi verso la porta.
“Sherlock…” lo chiamò Mycroft, facendolo fermare con la maniglia in mano. “…Grazie…” disse semplicemente. In quel momento, avrebbe voluto dirgli che, per un attimo, aveva dubitato del fatto che corresse a salvarlo e che era stato contento, nel vederlo arrivare nel suo ufficio con quell’espressione spaventata; avrebbe voluto dirgli che era commosso dalle lacrime che aveva visto nei suoi occhi, quando non sapeva cosa fare e, soprattutto, avrebbe voluto dirgli che quelle parole non erano finte e che era davvero dispiaciuto per tutto il male che aveva subìto a causa sua. Avrebbe voluto dirgli tante cose, ma decise di non aggiungere altro. In fondo, considerando il suo carattere, quella semplice parola di sei lettere, gli era già costata un’enorme fatica.
Il detective, comunque, parve afferrare tutto ciò che si nascondeva dietro quel banale ‘Grazie’. Conosceva bene suo fratello e sapeva quanto gli fosse costato dirlo. Rimase fermo per alcuni istanti senza voltarsi, poi fece un mezzo sorriso, uscendo dalla stanza con un’inconsueta espressione contenta sul volto. 






Angolo dell'autrice:
Salve! Eccovi l'undicesimo capitolo! Il piano di Moran era davvero sadico, ma non aveva considerato quanto potessero essere geniali i due fratelli Holmes insieme. Chissà come reagirà quando verrà a sapere di aver perso clamorosamente! Per fortuna Mycroft aveva preso precauzioni e per fortuna Sherlock è riuscito a capire suo fratello semplicemente con uno sguardo. 
Se vi è preso un colpo pensando che Sherlock avesse davvero ucciso Mycroft...beh, l'intenzione era proprio quella! ;)

Tutta questa situazione ha comunque fatto riflettere John, ancora una volta, ricordandogli quanto effettivamente Sherlock abbia fatto per lui nel corso degli anni, senza pensarci due volte e senza pretendere niente in cambio.

Sherlock comunque è riuscito ad aprirsi finalmente con John e il dottore a sua volta si è avvicinato di nuovo a lui...!
La parte finale è piena di parole non dette, ma che in fondo sono chiare a Sherlock, che se ne torna a casa con una strana felicità nel cuore. 

Spero che il capitolo vi sia piaciuto...Grazie come sempre a chi segue la storia e a chi vuole lasciare un commento. 
Alla prossima ;)

 
   
 
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