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Autore: Benny_WhoMiller    01/06/2016    1 recensioni
Ginger, una giovane ragazza scozzese di appena venti anni, viene mandata in un manicomio abbastanza particolare per colpa di un trauma che ha subito. Durante il suo viaggio incontra James, il quale la aiuta ad andare avanti e ad affrontare gli ostacoli che intralceranno il suo cammino. Ma sarà veramente questa la vita che la attende?
Genere: Angst, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo I: 
pagina 1. 25 settembre 2010

 Caro Diario,
  Ho paura. Non volevo ritrovarmi in questa casa di cura e neanche me lo sarei aspettato.

 «Schizzofrenia dovuta ad un trauma subito, ovvero la morte dei suoi genitori.»

Questo hanno detto i medici, mentre mi squadrano dall’alto al basso, con i loro occhi penetranti e critici.
Mi  trovo in questa stanza bianca, spoglia da qualsiasi cosa, tralasciando il letto singolo ricoperto da un vecchio lenzuolo sbiadito e un piumone giallognolo, il cuscino è pieno di macchie e non voglio neanche sapere cosa sono; un orinatoio e una scrivania malridotta, di un legno scuro e cigolante.
E’ il mio primo giorno qui e non so come comportarmi, non so come affrontare la situazione, quando sono in mensa le persone mi guardano come se fossi un aereo vivente, che strano darmi dell’aeroplano, ma adoro viaggiare con la fantasia, spesso mi ritrovo a fissare il vuoto, lo sguardo perso e faccio dei movimenti quasi meccanici, sono rigida.
A pranzo ho intravisto molte persone, tra cui un uomo che mi ha colpito particolarmente, ha capelli sbiaditi dall’età, molto più alto di me, con il fisico asciutto e il sguardo color ghiaccio sembrava perso, il volto pallido ricoperto da una lieve barba, anch’essa bianca; somiglia a Silente, il preside di Hogwarts, con un taglio di capelli più corto, riccioluto e con il mento rasato, senza quegli occhiali a mezzaluna che vanno a coprirgli gli occhi color blu, molto simpatici e allegri.
Lui, a differenza mia, non ha toccato cibo, si limita a fissarsi attorno, come in cerca di qualcosa e diverse sono le volte che sento i suoi occhi indagatori su di me, di sicuro si chiede chi sono e perché mi trovo qui.
Il cibo in questo posto non è un granché, odio il purè di patate e questo fa impressione, sembra aver preso vita propria, la carne invece è asciutta e assai difficile da tagliare, sembra di masticare una gomma; l’unica cosa che, forse, è nella norma è l’acqua, né troppo frizzante né troppo liscia.
Nel pomeriggio hanno fatto riunire tutte le donne in una stanza sempre bianca, con delle mattonelle fredde che mi pietrificano i piedi nudi, ci hanno fatto spogliare, mi sento a disagio e in imbarazzo, cerco di coprirmi meglio che posso, inutilmente, poi fa freddo; ad un certo punto ci puntano un tubo addosso, non mi sono mai sentita così male, l’acqua gelida mi paralizza il corpo, non riesco a respirare, figuriamoci ad urlare, le mie braccia iniziano a formicolare, poi anche i piedi e successivamente le gambe che, subito dopo, cedono facendomi cadere a terra, in ginocchio; il dolore è angosciante, il respiro si fa sempre più difficile, sto per affogare sotto quel getto d’acqua fredda; poco dopo cessa tutto e io non riesco a vedere più nulla, davanti a me si è fatto buio, sono svenuta.
Quando mi risveglio mi ritrovo nella mia stanza, la mia pelle è pallida e fredda, ma che dico, gelida, mi chiedo come riuscirò ad abituarmi a tutto ciò; tento di tirarmi a sedere, ma un picco all’addome mi ferma, facendomi gemere, non riesco a muovermi, sono come paralizzata.
 Passano diversi minuti e mi trovo sempre nello stesso stato, stesa su quello scomodo letto a fissare il pallido soffitto; mi lascio sfuggire uno sbuffo. Lentamente riesco ad alzarmi, anche se il dolore continua a persistere.

Questo è solo un sogno, uno stranissimo e maledettissimo incubo che non vuole abbandonarmi; diversi sono i pizzicotti che arrivano sul mio braccio, nella speranza di svegliarmi e ritrovarmi nel mio caldo e comodo letto, con Clara, il mio gatto, che mi fa le fusa. 
Ecco che riesco a raggiungere la porta con movimenti meccanici, riesco ad uscire sul corridoio che porta alle stanze degli altri pazienti, alla mensa, alla biblioteca e infine al cortile; ci era permesso uscire un ora al giorno mentre, le visite erano concesse solo il martedì e il sabato.
queste sono le informazioni che mi avevano detto.
A passo lento sono pronta ad entrare in libreria, quando i miei occhi intravedono una figura scattare via.


 
   
 
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