Carezze
Mute
le labbra. Gli occhi sgranati. Cerca le parole, ma non trova nulla. Il
sangue
batte e scorre, le vene non contengono più la furia che le
travolge. Si
spaccano, ma non sanguinano. Non c’è sangue. Non
c’è linfa. Non c’è vita.
C’è
vuoto.
Vuoto
nero. Vuoto Vuoto. Vuoto. Solo vuoto.
Soli
nel vuoto. Stelle giganti. Inondano quegli occhi spalancati, e le piume
fragili
delle ali di carta spalancate sulla schiena diafana e nuda. Bruciano e
si fanno
cenere, cenere che veste il corpo macchiato da leggere efelidi,
sporcandone la
dolce e bianca carne. E mani, mani che accarezzano con la tenerezza di
un
amante, la pelle viscosa di polvere grigia. Ne seguono i contorni, ogni
profilo, come a voler marchiare d’inchiostro ogni
più piccolo lembo di quel
foglio d’epidermide. Adesso le labbra sono schiuse, e il
respiro investe i
polmoni stanchi dall’immobilità, brucia, ma non
importa. Le mani spazzano via
la cenere dal corpo venerato, rivelando la bellezza pura che essa stava
nascondendo. Le mani lambiscono con assoluta lentezza. Le labbra
cercano
contatto, e donano nuovo respiro all’amante. Chiude gli
occhi, perso adesso nel
tocco immenso che pare sfiorare ogni singola fibra del suo essere.
E’
un’emozione lenta, che si spande nel vuoto in cui entrambi si
trovano. L’amata
carne scivola sotto le mani, e le bocche parlano senza parole. I
polpastrelli disegnano
vita sul corpo latteo, risvegliandolo da quel torpore. E due palmi
lisci e
bianchi si posano sul collo. Toccano e riconoscono il viso caro. Le
labbra
suggellano quell’amore infinito e mai dimenticato. In un
avvinghio di pallide
membra, come se i due corpi volessero inglobarsi a vicenda, braccia
sottili e
forti che stringono e non lasciano andare. Corpi incastrati
perfettamente,
nell’infinità di quello spazio.