Serie TV > The Flash
Ricorda la storia  |      
Autore: Aries K    02/06/2016    0 recensioni
“Cait, parlami.”
Lei obbedì, perché stremata. La sola presenza di Hunter la prosciugava di qualsivoglia energia.
“Ho solo una cosa da dirti, e non penso che sia quello che tu voglia sentirti dire.”
“Mettimi alla prova.”
Cailtin alzò il mento, guardandolo dritto negli occhi.
“Liberami.”
One shot dedicata al rapporto tra Hunter e Caitlin. Perché la tiene prigioniera? Quali sono i suoi folli piani, per lei?
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Caitlin Snow, Un po' tutti, Zoom
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

THE OTHER SIDE OF LIGHT





"Come along, come along with me.
Come along now, come along and you'll see
what it's like to be free"
Titiyo - Come Along









Una brezza, furiosa e gelida, le scompigliò i capelli, e Caitlin Snow seppe che lui era tornato. Non dovette nemmeno fare lo sforzo di voltarsi per capire che si era fermato al centro della stanza, privato della maschera, intento a fissarla con quel suo sguardo da invasato.
“Cailtin” la chiamò. In una sorta di riflesso, la giovane dottoressa s’irrigidì. Immobile, si limitò a comprimere le labbra per fargli intendere che, no, lei non avrebbe parlato con lui.
Hunter le aveva privato dell’ultimo brandello di sanità che era riuscita a conservare dopo la perdita del suo grande amore, Ronnie. Fingendosi Jay Garrick, Hunter aveva piantato in lei il seme della speranza –per un avvenire migliore, pieno di amore e serenità- per poi essersi divertito a innaffiarlo con la sua sceneggiata da eroe decaduto, fino a strappare via quel gambo che timidamente era riuscito a crescere, e che in lei aveva tanto faticato a resistere.
Caitlin sentiva freddo. Un freddo che non aveva niente a che vedere con la temperatura della prigione in cui era costretta, ma con qualcos’altro che andava oltre la sua pelle, oltre ogni nervo, muscolo od osso che la costituiva.
Per un allucinato attimo non poté fare a meno di chiedersi se Killer Frost non fosse già nata in lei. Ella scosse la testa, spazzando via quell’assurdità con un cenno del capo.
Non lasciarti sopraffare. Devi rimanere lucida.
“Cait, parlami.”
Lei obbedì, perché stremata. La sola presenza di Hunter la prosciugava di qualsivoglia energia.
“Ho solo una cosa da dirti, e non penso che sia quello che tu voglia sentirti dire.”
“Mettimi alla prova.”
Cailtin alzò il mento, guardandolo dritto negli occhi.
“Liberami.”
Hunter inclinò il capo di lato, squarciando il suo bel volto in un’espressione contrita, spiacente. Era un attore incredibile, pensò disgustata Caitlin, perché stava simulando un dolore autentico. Quasi fosse davvero mortificato di ciò che le stava facendo.
Di ciò che stava facendo a tutti loro.
“Potrai essere libera solamente dopo. Quando avrò conquistato tutti i mondi possibili. Li piegherò sotto il mio dominio, e l’intero multiverso sarà mio. Nostro.”
“Tu…tu sei un folle.”
Cailtin era inorridita. Agitò le catene che la tenevano ferma per i polsi, fremente di cambiare posizione, sgranchirsi le gambe, sentirsi libera di muoversi.
“La follia ha i suoi vantaggi.” Hunter aveva pronunciato quelle parole girandole in tondo; somigliava ad una tigre che sferza l’aria con la coda. La dottoressa seguì i suoi movimenti lenti con occhi sbarrati, intimorita. Non era un mistero che Hunter fosse un soggetto imprevedibile, senza scrupoli, capace di ogni crudeltà. Il fatto che lui le aveva confessato di non volersi mai più sentire solo non costituiva una garanzia per la propria incolumità. Tutt’altro; se lo avesse fatto uscire fuori di testa, Caitlin era sicura che lui l’avrebbe uccisa proprio come aveva fatto con il suo doppio.
Riusciva ancora ad avere quell’immagine davanti agli occhi. Killer Frost, trafitta con la stessa lancia di ghiaccio che aveva creato, giacere ai piedi di Zoom… era la scena madre dei suoi incubi.
“Se davvero mi ami”, disse e si obbligò a non storcere la bocca, “allora fammi tornare a casa, Jay. Dai miei amici.”
Lui si fermò ai piedi del letto in cui lei sedeva. La guardò come se avesse proposto la più folle delle richieste e poi, in un modo del tutto inaspettato, scoppiò a ridere. La risata fu breve, secca e altamente derisoria.
“Quali amici, Cait? Vedi per caso qualcuno fuori da questa miniera pronto a salvarti?”
“Hai tolto la velocità a Barry, i portali son…”
“Cosa? Davvero pensi questo di te? Davvero pensi che tu non valga il rischio di venire fin qui per provare a riportarti a casa, pur senza nessun potere?”, la interruppe, l’ilarità di pochi secondi prima spazzata via da un’espressione più seria e determinata. Il suo cambio repentino di temperamento faceva girare la testa a Cailtin.
“Jay…”, fece, ma la voce di lui si accavallò ancora su quella fragile di lei.
“Hai così poca considerazione di te stessa? Oppure hai poca stima nei tuoi amici?”
Oh, era molto astuto. Sapeva perfettamente cosa lui stava cercando di fare. Voleva convincerla che fuori da quelle mura la sua assenza non importasse a nessuno. Che la sua libertà non fosse una priorità. Che i suoi amici –la sua famiglia- avessero già issato bandiera bianca, lasciandola in balia del suo triste, ineluttabile destino.
“Verranno. Troveranno un modo. Sai che sarà così”, ribatté e si riscoprì commossa. Perché la sua voce si era spezzata? Perché, al centro del suo petto, ora avvertiva il peso opprimente di una sensazione a cui non riusciva a dare un nome?
Possibile che Hunter avesse smosso qualcosa in lei?
Caitilin chiuse gli occhi, fiacca.
Non mangiava, né beveva da ore. I giorni si susseguivano scanditi dai continui andirivieni di Zoom, e dai colpetti secchi –quasi fossero un codice da decifrare- dell’uomo con la maschera poco più in là. Aveva perso la cognizione del tempo. Avrebbero potuto dirle di essere in quella caverna fredda e buia da anni, e lei non si sarebbe azzardata a controbattere.
Il suo corpo era al limite della sopportazione, ma anche la sua mente. Era per questo che aveva accusato le farneticazioni di Hunter. Non perché dubitasse davvero del suo team. No. No. Certo che no.
Quando la dottoressa Snow riaprì gli occhi, sussultò. Il suo carceriere aveva approfittato del rumore dei suoi pensieri per muoversi senza farsi sentire e quindi avvicinarsi a lei. Era chinato sui talloni, a un centimetro dalla sua faccia, e la fissava.
“Vorrei mostrarti una cosa”, le confessò e le sue parole parvero annunciare un che di terribile. Caitlin non riusciva a staccare gli occhi da quelli di lui; gli stessi occhi che un tempo aveva amato. Così azzurri che aveva scioccamente creduto di averci scorto un’anima altrettanto pura e limpida. Come aveva potuto una scienziata intelligente come lei essere stata abbagliata dall’irrazionalità dei propri sentimenti?
Hunter accarezzò le sue catene. Parve soppesarle, parve riflettere sul da farsi.
Caitlin rabbrividì, in attesa.
“C’è un mondo che vorrei mostrarti.”
Fece scorrere una mano sull’acciaio; poi strinse la presa e attirò Cailtin a sé. Lei sobbalzò sul posto, suo malgrado sporgendosi ancora di più verso di lui. Era sul bordo del letto, a un passo dalle sue labbra.
“Non pensare che provi piacere a vederti così.”
“Sì che lo provi”, la sua ferocia ribollì, “perché tu, Hunter Zolomon, sei un mostro.”
Egli strizzò gli occhi, incassando la testa tra le spalle come sei lei l’avesse colpito fisicamente. Se ne era accorta; Cailtin sapeva che la parola “mostro” era capace di far rivivere demoni provenienti dal passato nella sua testa. Era la sua unica arma, quella.
Poi Hunter riusciva puntualmente a scacciarli, e a tornare lucido.
“Tu sei come me”, sussurrò quasi avesse ascoltato i suoi pensieri, “l’oscurità che hai dentro, non ancora pronta ad emergere, ci rende uguali. Lascia che ti mostri come farla vivere in te.”
Caitlin non poté ribattere.
Un battito di ciglia, il tempo di mostrarsi perplessa, e Hunter l’aveva strappata via dalle sue catene.
Trasportandola in un’altra dimensione.



Uno strappo all’altezza dello stomaco. Un frullio nel petto. Il vuoto nelle gambe, nelle vene.
Poi, la nausea.
Cailtin si accasciò priva di stabilità su uno spiazzo erboso, lottando contro i conati. Era davvero debole, la testa una giostra impazzita. “Questo è perché ti ostini a non mangiare il cibo che ti offro”, la rimproverò Hunter, in piedi sopra di lei.
Caitlin lo guardò da sotto la frangia castana, ansimante.
“Dove siamo?”
“Giudica tu.”
Erano in un prato. Il vento ne pettinava i fusti lunghi e verdi, serpeggiando sibilante tra essi quasi fosse portatore di segreti altrui. Le chiome degli alberi danzavano, i suoi capelli le frustravano il volto accaldato. Davanti loro, palazzi familiari svettavano contro il cielo, come a sfidare quel tappeto rosso fuoco. Un nuovo di’ era appena giunto al termine, un altro giorno che lei non aveva vissuto.
“Central City”, affermò, cercando di mettersi in piedi. Hunter annuì e l’aiutò ad alzarsi. Caitlin era troppo instabile sulle gambe per permettersi il lusso di scacciarlo, come avrebbe fatto altrimenti.
“Siamo su Terra 3?”
“No”, un sorriso obliquo si appropriò delle labbra di Hunter, “siamo nel futuro.”
Caitlin si portò una mano alla bocca, cercando di reprimere un singulto di sorpresa.
“Un anno e mezzo dopo la mia conquista. La città è mia. Questo mondo, è mio. Voglio farti vedere come i tuoi amici si siano arresi, come non abbiano nemmeno provato a riprenderti con loro. E la tua famiglia? Oh, Cailtin… non vorrei davvero farti vedere quel che ho visto io.”
Lacrime cocenti risalirono fino ai suoi occhi. Una stilla salata stava per iniziare un viaggio sul suo zigomo, quando Zoom l’afferrò per un braccio e, di nuovo, la trasportò via.


L’aveva portata davanti alla casa in cui era cresciuta.
Il giardino dove bambina amava crogiolarsi al sole o dondolarsi sull’altalena che suo papà le aveva costruito, era annerito, con fiori appassiti e piegati dalle intemperie. La stessa sorte era toccata anche ai giardini dei suoi vicini. E il quartiere, un tempo costantemente animato da bambini che scorrazzavano sulle biciclette lungo tutto il viale, ora era deserto e silenzioso.
A dire il vero, l’intera città sembrava fosse sotto lo scacco di un incantesimo che l’aveva resa dormiente e remota.
Zoom -le aveva spiegato lui con una certa fierezza- aveva indotto un coprifuoco. Non appena il sole fosse giunto all’orizzonte per il suo ultimo saluto, ad ogni abitante di Central City cessava il permesso di aggirarsi liberamente per la città.
“E se ti disobbedissero?” Aveva domandato Caitlin, senza fiato. Hunter si era quindi voltato verso di lei, trincerandosi in un silenzio divertito, sfidandola a giungere da sola alla conclusione. La dotteressa Snow aveva taciuto a sua volta, deglutendo un fiotto di saliva amara.
Adesso, lui aveva aperto la porta della casa in cui sua madre viveva, da sola.
“Non dobbiamo rivelare la nostra presenza” bisbigliò lui, con il tono di voce con cui era solito impartire ordini, “sai bene che al futuro non piacciono interferenze.”
Il corridoio dell’ingresso era proprio come lo ricordava. Di legno lucido, con le scale per accedere al piano superiore subito in vista; interminabile, che si diramava in due stanza alla fine. Una era la cucina, dove sentiva qualcuno muoversi. Sì, c’era qualcuno. Ne avvertiva la presenza.
Si avvicinarono, i passi felpati.
Inavvertitamente, Hunter sbatté contro un mobiletto in cui alcuni gingilli traballarono, privati della loro inattività. Entrambi trasalirono, il fiato sospeso… e chiunque si trovasse dall’altra parte della casa, registrò la loro presenza.
“Charlie?” Era l’inconfondibile voce di sua madre.
“Mamma…” Caitlin era confusa.
Charlie? Chi è, Charlie?
In una sorta di flashback, ella ricordò le parole del suo doppelganger: “Quella frigida narcisista. Perché pensi sia così? Non si è mai ripresa dalla morte di Charlie.”
Il fratello di quella che un tempo era Caitlin Snow di Terra 2.
Ma allora…
“Tua madre ha sempre custodito un segreto”, confermò i suoi ragionamenti Hunter, “avresti dovuto avere un fratello di nome Charlie. Dopo la tua scomparsa tua madre è impazzita. Ora è pazza e sola. Abbandonata da tutti.”
“Charlie?! Charlie non entrare in cucina!” Stava gridando, intanto, la donna. I suoi passi frenetici tradivano una certa precipitosità; cosa stava facendo? Oggetti che si spostavano, piatti che tintinnavano e credenze che sbattevano erano gli unici rumori di quella casa. Stava nascondendo qualcosa, o voleva cercare un nascondiglio per sé stessa?
“La sua mente le ha giocato un pessimo tiro”, proseguì Hunter mettendo una mano sulla spalla di una rigida Caitilin, “perché ha rimosso completamente la tua esistenza, quella della figlia sopravvissuta, la sola che le era rimasta, e l’ha fatta tornare indietro. A rivivere l’orrore della perdita del figlioletto.”
“Charlie! Charlie dove sei?”
“Come se tu non fossi mai esistita.”
“C’era sempre un muro che ci divideva”, piagnucolò Cait, non riuscendo a staccare gli occhi dalla fine del corridoio, dove poteva scorgere l’ombra della sua pazza madre, “ma mai avrei potuto sospettare una cosa simile.”
“Quante cose che sfuggono alla tua vista, dolce Caitlin.”
Le girò la testa.
“Charlie! Avanti!”
“Charlie Charlie Charlie”, ripeté Hunter, scuotendola con sorprendente delicatezza, “e mai Caitlin. Nemmeno per sbaglio. E’ brutto non sentirsi amati abbastanza, non è così?”
I passi di sua madre abbandonarono la fretta e rallentarono; dunque la sua sagoma comparì nella cornice della porta. Velocemente, Hunter fece spostare entrambi sui gradini delle scale, nascosti alla sua vista.
“Non è il momento di giocare. Avanti, Charlie. Puoi entrare in cucina adesso.”
“Ti prego, portami via.”
Lui accolse la sua disperata richiesta limitandosi ad allungare una mano. Caitlin la guardò. Hunter aspettava che le porgesse la sua.
Le loro dita s’intrecciarono.
Lui sorrise.
Lei pianse.
In un attimo, erano già altrove.


Questa volta Caitlin non riusciva a riconoscere il luogo in cui Hunter l’aveva trasportata. Erano su un pianerottolo stretto e poco illuminato, con una rampa di scale che scendeva verso quello che doveva essere uno scantinato.
La ragazza era oltremodo scossa. Nella sua testa risuonava senza sosta la voce affannata della madre mentre invocava il nome del fratello che non sapeva di aver avuto. La donna era andata fuori di testa per il suo rapimento, sì, eppure si era dimenticata di lei. Perché nel suo cuore c’era sempre stato un posto vuoto che non sarebbe stato possibile colmare. Le due non avevano mai avuto un buon rapporto, ma finora Caitlin non si era resa conto di quanto insondabile fosse l’abisso che le divideva.
Il braccio di Hunter che sfilò davanti ai suoi occhi acquosi per invitarla a scendere, la riscosse dalla sua autocommiserazione. Si ritrovò ad obbedire, inebetita.
Quando giunse alla fine la prima cosa che vide fu un ragazzo di spalle, seduto su una sedia girevole scricchiolante. Sulla scrivania vi erano tre schermi, due spenti e uno acceso dove sembrava fosse in atto quello che aveva tutta l’aria di essere un videogame. Sacchetti di patatine, un barattolo di pop-corn, una confezione ancora intatta di liquirizie e una bibita gassata con una cannuccia a pendere dal foro occupavano gran parte della superfice. Il resto del seminterrato era un concentrato di scatoloni pieni di cianfrusaglie e un piccolo frigobar in un angolo.
“Cisco Ramon”, sospirò Hunter, “il tuo caro collega, il tuo storico migliore amico. Da quando i laboratori STAR sono andati distrutti, trascorre le sue giornate in casa. Precisamente qui, nel seminterrato.”
“Oh, andiamo bello non è il momento. Che angoscia questo tizio”, stava brontolando Cisco, le dita che sbattevano agili sulla tastiera, “non so come dirtelo, amico, ma non sei proprio il tipo ideale di Lara Croft.”
L’avatar di Lara Croft saltò emettendo un “op” di sforzo, mentre cercava di raggiungere la cella frigorifera dove –Caitlin lo sapeva- avrebbe rinchiuso il povero maggiordomo. Prima che Flash entrasse nelle loro vite, Cisco era solito trastullarsi con quel videogame prima di immergersi in ricerche e formule matematiche. La prima cosa che faceva, diceva ogni volta, era far fuori il maggiordomo senza che questo seguisse il suo personaggio con versi angosciosi in grado di deconcentrarlo.
“Eeee… chiuso!”, esultò portando in alto un braccio in segno di vittoria, “sei stato appena freez-zonato, amico. Freez-zonato? Oddio. Meno male che non mi ha ascoltato nessuno.”
Caitlin scosse la testa, sbattendo le palpebre per scacciare via un gruppo di lacrime.
“E’ trascorso solo un anno e mezzo e anche lui, come tua madre, si comporta come se tu non fossi mai esistita. Sei stata una battaglia che non hanno saputo vincere. Tutto qui. Sta giocando con uno sciocco videogioco, anziché trovare un modo –come dissi tu- di rintracciarti. Ti hanno lasciata a me, al loro nemico, senza nemmeno lottare.”
Desiderava che Hunter smettesse di parlare. Desiderava che la voragine che si trovava al posto del suo petto la risucchiasse per porre fine a quel dolore.
“Ma la parte più bella arriva adesso”, disse lui con una nota di goduria nella voce che a Cailtin non piacque affatto. La prese per mano, e lei chiuse istintivamente gli occhi.
Perché sapeva che mancava ancora una persona da vedere.


Infatti, quando riaprì gli occhi, i due si trovavano davanti casa di Joe West. Erano giunti appena in tempo per vedere la porta aprirsi e osservare l’uomo scendere i gradini del portico, per dirigersi alla cassetta della posta.
“Joe Wast”, articolò Hunter incrociando le braccia al petto, “il secondo padre di Barry. Ah, i padri. Cosa non farebbero per il bene dei figli?”
Lui si voltò a guardarla, ma lei, anestetizzata dalla delusione, non ricambiò il suo sguardo. Quindi, proseguì:
“In questo caso, Joe ha lasciato andare Barry e sua figlia Iris. Ogni tanto riceve qualche loro missiva. Attualmente vive con Wally.”
“Dov’è andato Barry?”
“Dopo che Flash ha cessato di esistere, la speranza e te non sono le sole cose che Barry si è lasciato alle spalle.”
Altro colpo al cuore.
“Ha abbandonato anche la sua città. Vedi Cait, alcuni informatori mi hanno riferito che il tuo eroe è nascosto a Star City da un tale che si fa chiamare Green Arrow. Ha portato con sé l’amore della sua vita, scappando dal suo fallimento. Credevo che io e lui fossimo uguali, anche se Flash soleva sostenere il contrario con una certa veemenza. Mi duole ammetterlo, ma aveva ragione. Il passato ci rende simili, eppure io non sono un vigliacco come lui. Barry ti ha abbandonata al tuo destino. Ha smesso di lottare, di trovare un’alternativa. Tuttavia credo che se fosse stata Iris in difficoltà, lui avrebbe scalato quella miniera a mani nude. Ma tu sei solo Cailtin e forse non ne valevi così la pena.”
Lei si voltò come se fosse stata appena schiaffeggiata.
“Perché mi stai dicendo questo?!”, tuonò, in un moto di collera.
“Perché perché!”, ribatté lui imitando il suo impeto, “non capisci… non vuoi capire che il tuo posto nel mondo è accanto a me! Io sono l’unico –il solo- che è riuscito a vedere le tue vere potenzialità. Con me tu non ti sentiresti mai come ti senti adesso.”
“Cosa ne vuoi sapere di come mi sento?”
Hunter sorrise, mettendole le mani sulle spalle.
“Abbandonata. Irrilevante. Sostituita. Dimenticata. E tutto questo ti rende profondamente arrabbiata. Qui, nelle viscere, senti ribollire un qualcosa che minaccia di risalire. Non sai che cos’è, ma ti basta sapere che, se mai trovasse modo di emergere, sarebbe la fine. E’ un’onda distruttiva, indomabile; hai già capito che se tu non lasciassi uscire questa forza da te, allora sarà lei a non lasciare mai te. Perché ti travolgerà come un fiume in piena, ottenebrando tutti i tuoi sensi.”
“Co-come fai a saperlo?”
Era proprio così che si sentiva. C’era davvero quel qualcosa in lei pronto a scoppiare. Da che ne aveva memoria, Caitlin non aveva mai sperimentato una paura simile come in quel momento.
“Come lo so?”, le fece eco e i suoi occhi divennero due pozzi neri, “è facile: quella è l’oscurità.”




***








Aveva adagiato Caitlin sul letto, una volta riapprodati nel loro mondo.
Hunter Zolomon osservò le sue palpebre vibrare nel sonno, e sorrise, soddisfatto. Amava studiare il suo viso quando dormiva. Era così bella, quei tratti così morbidi, delicati. La dottoressa Caitlin Snow era l’immagine dell’innocenza; una virtù che lui aveva appena strappato da lei. Come un albero divelto, Zoom aveva sradicato ogni convinzione dal cuore della ragazza.
Lo aveva fatto ingannandola, e ne andava fiero.
Il suo piano… Dio, era così geniale!
Le aveva spiegato di averla portata in avanti nel tempo, precisamente un anno e mezzo dopo averla rapita. In realtà, erano approdati in un'altra Terra. Quello, no, non era il futuro. Zoom era stato così incredibilmente veloce che non le aveva nemmeno dato il tempo di accorgersi che non avevano attraversato un tunnel temporale, ma un semplice, banalissimo portale. Meglio così; Zoom aveva impiegato giorni per trovare una Terra in cui la sua dolce Cait non era mai esistita.
Al suo posto, invece, c’era un certo Charlie Snow.
Quando l’aveva condotta nella sua vecchia casa, lui aveva appositamente intruppato contro un mobile per rivelare la loro presenza. Così facendo aveva fatto credere alla donna che suo figlio fosse appena rientrato in casa, e questa, intenta nel preparare in gran segreto dolcetti e festoni per il suo compleanno, si era subito agitata. Non voleva rovinargli la sorpresa.
Era stato ridicolmente facile dire a Caitlin che sua madre era impazzita di colpo. La poveretta non aveva faticato a crederci, talmente sgomenta da quel nuovo shock.
Ah, la famiglia!
Dopodiché, era toccato a Cisco Ramon. In quella Terra i laboratori STAR non esistevano, né erano mai esistiti. Cisco era un piccolo nerd che si divertiva a trascorrere il suo tempo a giocar ai videogames, mentre studiava per diventare scienziato. Vederlo andare avanti come se niente fosse stato, aveva spezzato qualcosa dentro Cailtin. Hunter aveva visto i suoi occhi offuscati dalle lacrime, il corpo piegato in avanti come se fosse stata troppo debole per sorreggere quel dolore. A quel punto, egli seppe che lei era pronta per il gran finale.
L’aveva portata davanti casa di Joe West.
I laboratori STAR non esistevano, di conseguenza, non c’era mai stato nessun Flash. Barry Allen era un semplice impiegato forense, fidanzato con la vicina di casa, Iris West. I due piccioncini erano partiti per Star City, a dar il benvenuto al figlio di Oliver Queen –conosciuto ai più come Green Arrow- e di sua moglie Felicity Smoak.
Per Cailtin era stato troppo da sopportare. Vedere come la vita dei suoi amici fosse andata avanti, senza di lei, era stato fatale.
L’aveva riportata nello spiazzo erboso, convinto che lei stesse per urlare al cielo tutto il suo dolore, invece l’animo di Cailtin –come quello della maggior parte degli esseri umani- si spezzò in silenzio. Solo le sue ginocchia cedettero, e lei si ritrovò a terra, lo sguardo vacuo, perso. Hunter si era inginocchiato al suo fianco, e aveva avvertito un’elettricità avvolgere il corpo di lei.
E seppe, con assoluta convinzione, che lei era pronta.
Per questo aveva frugato nella tasca della sua tuta alla ricerca dell’infuso color ghiaccio, e glielo aveva posto con drammatica solennità.
“L’oscurità”, le aveva fatto sapere, “non può essere incatenata.”
Hunter aveva visto il momento esatto in cui in Caitlin si era impressa quella consapevolezza. I suoi occhi, dapprima spenti, si erano accesi nell’osservare la pozione.
E si era sorpreso non poco quando, nell’infondergliela all’altezza del collo, Caitlin aveva premuto la mano sopra quella di lui, come per esser sicura di non lasciare nemmeno una goccia nel vetro.


Adesso, Hunter accarezzò i suoi capelli setosi.
“Mia dolce, dolce Cait” sussurrò in un tremito che stava a manifestare tutta la sua felicità. Le diede le spalle per raggiungere l’uomo dietro la maschera rinchiuso nella sua teca, quando una voce lo fece trasalire.
Era una voce che sembrava provenire dal fondo di un pozzo; lenta, suadente… glaciale.
“Io non sono Caitlin”.
Hunter girò su se stesso, il petto che stava per scoppiargli dall’emozione.
Caitlin si era seduta e lo stava guardando dritto negli occhi. In quel momento, i suoi capelli castani furono attraversati da ciocche argentee e, quando riprese parola, una rete azzurrina iniziò a diramarsi nelle sue iridi nocciola.
“Io sono Killer Frost.”
   
 
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > The Flash / Vai alla pagina dell'autore: Aries K