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Autore: Emerlith    03/06/2016    1 recensioni
-Non hai motivo di farlo.-
Io sorrido. Lui mi guarda. Mi guarda e cerca te.
Addentrandosi in ogni mia sfumatura, lui cerca Te.
[Andromeda Tonks/Rodolphus Lestrange]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andromeda Tonks, Nuovo personaggio, Rodolphus Lestrange
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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[Per poter leggere e comprendere il senso di questa one shot è necessario aver letto A piedi nudi sulla neve, altrimenti l’intero testo perde di significato. Nel caso vi interessasse, trovate l’altra storia sulla mia pagina. Grazie.]


Listen to the rain

Listen to each drop of rain,
Whispering secrets in vain
Listen, listen…
 
 
-Esco.-
Getto un’occhiata allo specchio in corridoio, senza guardarlo realmente. Non importa se i miei capelli non saranno perfettamente in ordine, se il rossetto sarà sbavato agli angoli delle labbra, se il mascara sarà colato sulle guance. Lui non farà caso a tutti questi dettagli.
Lui vedrà sempre e solo te. E anch’io.
 
-Esco, Ted.-
Non mi chiedi quando torno. Non mi chiedi dove vado. Perché da quando se n’è andata lei, hai deciso di andartene anche tu. Non t’importa assolutamente più di nulla. Non t’importa più nemmeno di me. Sbircio nel soggiorno. Ti vedo seduto sul divano, lo sguardo vacuo, appiccicato a quella scatola luminescente che tanto ti piaceva, e tanto hai provato a far apprezzare anche a me. I tuoi giocatori corrono dietro alla palla. Tu non li segui; hai smesso di inseguire tutto ormai.
Hai smesso di inseguire la bambina per casa, hai smesso di prepararle la cioccolata calda.
Non c’è nessuno, oggi pomeriggio, che guarda la partita con te. Non c’è lei che versa i suoi intrugli sul mio tappeto. Non c’è nessuna mia imprecazione trattenuta, nessuna bugia.
Non c’è nessun segreto.
Non c’è più niente.
E non ci sono più io.

 
Frantically searching for someone to hear,
Their story before they hit ground…
 
Apro la porta, per poi richiuderla alle mie spalle senza far rumore,
fingendo che sia stato solo un soffio di vento, perché il vento non ha mai colpe.
 Il vento è libero di spazzar via e lasciare che tutto crolli.
Mi copro la testa con il cappuccio del mantello nero e scendo le scale verso l’oblio.
È tutto ciò che mi resta.
Piove.
A lei la pioggia piaceva.
Quante volte, siamo rimaste ad ascoltarla.
L’unica cosa che aveva il potere di farla star calma. L’unica cosa che aveva il potere d’avvicinarla a me, di farci sentire unite, per la frazione di un lampo. Lei sorrideva.
Le fossette sulle guance marcate. Gli zaffiri brillavano, di luce vera. Di luce pura.
Indicava l’acqua con l’indice, scalpitava. Appena il tempo di lasciarla a piede libero, e iniziava a saltare nelle pozzanghere. S’imbrattava tutta. Detestavo lasciare che si sporcasse.
Mi sentivo impotente, ma quell’impotenza alleggeriva le mie giornate.
Sembrava quasi volesse consolarmi. Lasciavo che rimanesse nell’erba, che si bagnasse i capelli. La guardavo mentre tendeva le mani verso l’alto, e poi rideva perché le gocce la costringevano a tenere gli occhi chiusi. Quei ritagli di perfezione divina.
I miei brandelli di anima. Il riverbero della tua.
La storia sussurrata di notte, tra me e mio marito, tra me e il mio cuscino.
La pioggia cade. La pioggia cade lenta.
È perfetta. Non è stanca, non si stanca mai. Non è come me.
Lava, purifica ogni cosa.
Alzo anch’io la testa, verso questo cielo immenso. Quando piove, non ha il colore dei suoi occhi.
È grigio. Un grigiore pallido, stantio, un grigiore che precede la nebbia.
Un leggero sorriso incurva le mie labbra.
Il ricordo, l’eco della sua voce arriva assieme alle folate di vento che scuotono i roseti.
I petali rubino si sollevano. Sembrano voler fare da monito, avvertirmi.
Sembrano gocce di sangue colate da una ferita innocente.
Lei era innocente soltanto sotto la pioggia.
Io mi avvicinavo, m’inginocchiavo alla sua altezza,
 spinta dal coraggio che le gocce avevano il potere di ridestare in me.
-Dai un bacio alla mamma.-
Lei mi guardava, mi trafiggeva, mi attraversava.
Io tendevo le braccia, per afferrarla. Per stringerla a me.
-Ambra, vieni qui. Dai un bacio alla mamma.-
Non si tuffava fra le mie braccia. Il suo istinto non riconosceva il contatto con la mia pelle.
Mancava l’odore, tra me e lei.  Tua figlia profumava di pioggia, Bella.
E la pioggia ha l’odore che precede l’addio. La pioggia ha l’odore della calma prima che si  squarci il mondo. La pioggia ha il profumo che risveglia i fiori selvatici.
La pioggia ha il profumo perduto delle cose inafferrabili. Quel profumo che sembra di ritrovare ovunque, dappertutto.
Quella scia che non si perde mai. Che ti segue anche se non la trovi.
Si avvicinava al mio orecchio, ci metteva il naso freddo dentro quando doveva parlarmi.
-Cosa dice la pioggia prima di cadere a terra?-
Io fissavo le gocce cadere nella pozzanghera,
le increspature concentriche sulla superficie dell’acqua espandersi.  
La sua altalena dal ramo del ciliegio cigolava. Il roseto bianco si piegava inerme, i petali stracciati dal temporale chiedevano clemenza.
Non sapevo cosa dicesse la pioggia prima di cadere al suolo, Bella. Non sapevo risponderle.
Ma sapevo che la terra alle volte implorava pietà.
 
Please don’t let go, can’t we stay for a while?
It’s just to hard to say goodbye…
Listen to the rain…
 
M’inoltro nella nebbia.
Una sagoma scura a contrasto con il bianco del nulla. I tuoni accompagnano i miei passi, turbano il silenzio. Il vento mi solleva il cappuccio, i miei capelli si ribellano, sfuggono anche loro alla razionalità.
Li ho lasciati sciolti, liberi sulle spalle. Come facevi tu.
Ti rifiutavi di domarli, persino di pettinarli.
Io tua figlia la pettinavo per ore.
Lo facevo mentre dormiva.
Da sveglia non potevo toccarle i capelli.
Da sveglia io non riuscivo a toccarla. Perché lei era pioggia.
Mi sfuggiva tra le dita.
Mi limitavo a raccoglierla dal pavimento, quando ci crollava. A metterla a riposare.
Quando aveva finito di scavare nella mia anima. Di parlare. Di sussurrare i suoi segreti.
Mettevo via il dolore. Aspettavo il primo tiepido raggio di sole.
Aspettavo che l’acqua si prosciugasse.
Aspettavo invano.
 
Listen listen listen,
 listen listen listen
To the rain weeping…
 
Sono sola. La pioggia si è tramutata in tempesta.
Ora posso fermarmi, perché qui è dove finisce tutto.
Con te, bisognava sempre perdersi e perdere per seguirti, Bella.
Il problema è che non hai mai stabilito regole sulla restituzione degli effetti personali.
Ciò che era tuo, era tuo.
Ciò che era tuo, mio non sarebbe mai potuto esserlo.
La pioggia scrosciante accompagnata dal vento m’investe come le onde di una marea.
Ma non c’è risacca.
Se mi volto, non riconosco neppure questi giardini, quest’ intrico di strade.
Non so neppure che posto sia.
Non so come abbia fatto ad arrivarci.
So solo che tuo marito compare nella nebbia. Un fantasma come me. Una seconda sagoma scura, venuta dal niente anche lui, che al niente ritornerà.
Non ha un viso, non ha un colore e non ha più un segreto, neppure lui.
Ha solo una condanna. La stessa mia.
Vuole solo macchiare il bianco del nulla con il peccato.
Lo stesso mio.
Mi prende la mano.
L’afferra, la stringe. Ne intreccia le dita, cerca quell’appiglio che ha cercato per tutta la vita.
Sapendo benissimo che non lo troverà mai.
Ma il nostro peccato è rosso sangue.
La pioggia lo laverà.
Non rimarrà più nulla.

 
I stand alone in the storm
Suddenly sweet words take hold.
 
-Non hai motivo di farlo.-
Io sorrido. Lui mi guarda. Mi guarda e cerca te.
Addentrandosi in ogni mia sfumatura, lui cerca Te.
Le sue mani forti mi sfiorano il viso. Le mie mani fragili i suoi capelli.
Le nostre labbra si avvicinano, senza avere il coraggio d’incastrarsi per davvero.
Perché siamo uguali.
Perché bisogna essere opposti, per incastrarsi alla perfezione.
E la sua perfezione, Bella, sei tu.
So cosa cerca, persino dal modo in cui mi tocca. C’è la tua scia, in ogni carezza che abbandona sulla mia pelle bagnata. C’è il suo dolore, in ogni bacio che imprime fra i miei capelli, ispirando con forza il mio profumo, provando a trattenere il ricordo del tuo; anche lui l’ha perduto.
Anche a lui rimane solo quello della pioggia.
Posa le labbra contro il mio orecchio. Io serro le palpebre, mentre mi aggrappo alle sue braccia che mi cingono la vita.
Sono sull’orlo del precipizio, attendo solo la frana che mi ci farà ruzzolare dentro.
-Vuoi un letto?-
Scuoto piano la testa. Ho la fronte contro la sua guancia. È caldo, Rodolphus. E anche se respira me, profuma di te. Forse l’hai salutato prima che uscisse di casa.
Rido di me stessa a quel pensiero ridicolo. No. Non l’hai salutato.
È lui che affonda il viso contro i tuoi vestiti, contro le lenzuola in cui dormi tu.
Perché anche tu sei pioggia.
-No. Voglio la pioggia.-
Annuisce. Ha capito. Il mio dolore, può capirlo solo lui.
Il mio e il suo dolore si conoscono, sono fratelli.  Affondano le unghie nella tua carne.
Come gli alberi le radici nella terra.
Il mio e il suo dolore aspettano la cura risanatrice. Come le radici secche l’acqua.
Ma quando l’acqua è troppa, la pioggia inonda. Uccide. E tu uccidi.
Non c’è sollievo al nostro dolore. La cura stessa ne è la causa.
 
La mia mano destra ora stringe ciuffi d’erba verde. Lui mi solleva il vestito.
Mentre le gocce mi lavano, e lavano lui. I suoi riccioli grondano acqua sui miei.
Si china per baciarmi la fronte. Tuo marito bacia la mia fronte, Bella.
Alle labbra abbiamo rinunciato. Né io né lui siamo in grado di osare tanto.
Perché le mie labbra sono l’unica cosa che ho d’identico a te.
La stessa forma leggermente incurvata all’ingiù.
La stessa sensualità. Lo stesso colore, la stessa morbidezza.
Le mie labbra baciavano tua figlia, quando dormiva.
Le mie labbra vogliono ciò che è tuo, mentre le tue aspettano di posarsi silenziosamente sul mio orecchio, come da bambine, per ricordarmi ancora che ciò che è tuo, è tuo.
Non ha la confidenza per spogliarmi del tutto. Tuo marito è gentile.
La pioggia l’ha reso duttile, malleabile.
Anche se la pioggia è fredda.
Ma si diventa ciò che si insegue, ciò che si cerca. Specialmente se è inarrivabile.
Rodolphus cercava il Sole.
 
-Spogliami.- È un sussurro, un sussurro che non ha coraggio.
Lui mi gira il viso, lo prende fra le mani, mi sovrasta, mi costringe a guardarlo.
-Spogliami. Fammi male. Fai come con lei. Non cambiare niente.-
Sembra mi stia per dire qualcosa, sembra quasi che stia per urlare. Sgrana un attimo gli occhi.
Il suo respiro affannato incontra il mio, si mischiano.
-Sei sicura?-
Annuisco più volte, mentre gli scosto la frangia dagli occhi. Lui prende un altro respiro profondo. Poi, con uno scatto, si avventa su di me. Mi lascio scappare un gemito, mentre armeggia con la chiusura del mio vestito, sulla mia schiena. Lascio che mi spogli, che strappi la sottoveste, che mi rivolti a suo piacimento e mi prenda per i capelli.
Lascio che si illuda: sappiamo regalarci solo questo. Anche la pioggia è illusione, Bella.
Tu, sei illusione.
 
Non mi accorgo di piangere fino a quando non sento il palmo della sua mano premere contro la mia tempia e poi scendere ad insistere sull’angolo dell’occhio per arginare le lacrime.
Non mi accorgo di urlare fino a quando non mi circonda nuovamente il viso, con le braccia, e non
rallenta le spinte violente, i colpi secchi.  
Non apro gli occhi, forse anche lui li tiene chiusi.
Io non li apro, perché se li apro, s’interrompe l’illusione.
Sapevo che non era facile, essere te. Sapevo che recava dolore, essere te.
Allora dimmi. Dov’è l’incanto, nell’essere te? Cos’hai tu, che io non ho?
Per quale motivo non ce la faccio, io, ad essere te?
La domanda di tutta la mia vita.
Rodolphus non si ferma, né desidero che lo faccia. Perché con te, non si fermerebbe mai.
Io graffio la sua schiena forte. In un certo senso, Bella, quasi riesco a capirti.
Ted non mi ha mai fatto male. Neppure la prima volta.
È talmente intenso questo dolore agrodolce che mi stordisce.
Mi perdo. Un’altra volta, l’ennesima. Mi perdo per colpa tua. E mi perdo con la speranza di ritrovarmi per mano di un qualcosa di tuo. Mi lascio ferire, lacerare, consumare da un qualcosa di tuo. Con la speranza di arrivare a te. Ad un’illusione. Siamo illusioni, Bella.
Siamo pallidi fantasmi nella nebbia. Siamo di passaggio.
Niente ci trafigge, se restiamo immersi nel nulla. Neppure gli zaffiri di Ambrosia.
 
Lui geme. Parla. Non capisco quello che dice, ma lascio che parli. Sta parlando con te.
Fiamme vive invadono il mio ventre, ogni centimetro della mia carne. Mi lascio andare.
Non ho più un posto dove stare, mi hai portato via tutto. Tutto ciò che avevo, che ero e che mai sarò. Non ho più paura di te, Bella.
Quando perdi tutto, niente ha il potere di spaventarti ancora.
Non ho più paura del buio, né delle ombre. Ho visto tutto ciò che c’era da vedere.
Posso lasciare che il buio mi abbracci, e posso finalmente vedere ciò che invece vedevi tu.
 
Hurry they say, for you haven’t much time
Open your eyes to the love around you
 
 
Lui mi sta guardando. Si è fermato. Si è fermato anche il dolore. Ha cessato anche lo scrosciare della pioggia. Gli accarezzo le spalle tese, ha il labbro inferiore che trema. L’impulso di tamponarlo con il mio, è pressoché irrefrenabile. Sollevo la testa dall’erba, lentamente.
Lui mette la mano dietro la mia nuca, intreccia le dita ai capelli fradici.
Non mi fa più male. Riprende a spingere, piano. Ed io lo sento. E sento me.
E sento tutto l’amore che c’è, e che non può esistere.
Perché l’hai calpestato, come ogni cosa che hai toccato.
Tu cali come il buio, hai le tenebre negli occhi.
Hai troppi segreti. Nessuno, neppure la pioggia, li può raccontare.
 
Eppure Rodolphus ti racconta, Bella.
Prima con la violenza e poi con la dolcezza che riserva a me, mentre fa l’amore pensando a te.
È solo un attimo, prima che finisca tutto. Lo cingo con le gambe, lo accolgo in me desiderandolo, come forse tu non hai mai fatto. E lui, di nuovo, sgrana gli occhi. Li immerge nei miei.
-No. Non chiuderli.-
Me lo sta chiedendo, ci si sta specchiando.
E lo noto solo adesso. Il dettaglio. La pecca, l’errore, la crepa sottile che come il vento fa crollare tutto.
Neppure lui è innamorato di se stesso.
Anche i nostri occhi, sono uguali. Hanno la stessa sfumatura ambrata.
Nessuno dei due sarà mai innamorato di questa sfumatura.
Ci passa una mano sopra, mentre viene in me con un’ultima cadenzata spinta e un gemito roco,
di rimpianto e disperazione.
Vuole afferrare la sfumatura. Vuole cambiarla, confonderla.
Mischiarla all’acqua della pioggia.

 
You may feel you’re alone,
But I’m here still with you
 
-Riportamela.-                                     
Ora sono io a chiedere, mentre la sua testa si poggia nell’incavo del mio collo.
Lui resta in silenzio. Il suo respiro sul mio petto si ferma.
So che non può farlo. Che anche se potesse, forse neppure lo farebbe. So che non è colpa sua.
Che la sua unica colpa, come la mia, è stata quella d’amarti.
Ma continuo a sussurrare la mia preghiera, proprio come un segreto.
Le mie lacrime colano lungo le guance. L’ambra si è sciolta, è resina: non è più in grado di fossilizzare il dolore.
Rodolphus non si sposta. Tiene la testa sul mio cuore.
-Ti prego. Riportamela. Non ho avuto abbastanza tempo. Non ho avuto abbastanza tempo per dirle che l’amavo. Non l’ho avuto. Non l’ho ascoltata. Avrei dovuto ascoltarla. Diglielo.
Dille che l’amo. Dille che la sogno ogni notte. Che la cerco. Che sono sempre con lei.
 Avrei dovuto farlo io. Avrei dovuto ascoltarla.-
Lui tende il braccio.
Passa la mano fra i fili dell’erba alta, senza strapparli. Le ultime, rade gocce di pioggia, si posano sul dorso mentre l’accarezza. Tuo marito accarezza anche l’erba.
-Ed io avrei dovuto farle capire che non era sola. Avrei dovuto ascoltare la pioggia.
A Bella piace così tanto la pioggia.-
Regalo un ultimo sguardo al cielo, si sta aprendo. Sta comparendo l’azzurro.
Ma tu, Bella, mi hai tolto anche l’azzurro.
Il buio, nasconde i colori.
La pioggia, li sbiadisce. Li cancella.
Non resta più nulla.
Solo il sogno.
In ogni sogno, i colori sono tutti sbiaditi.
Era il tuo amore, il nostro sogno, Bella.
-Dovevo ricordarmene, di ascoltare la pioggia.-
Lo stringo.
Fradicia di un peccato che non ha un colore.
Nei confini di un sogno che non esiste.
Se avessi imparato a disegnare, probabilmente avrei tracciato linee indelebili.
Avrei marcato i confini.
Delineato ciò che ero io e ciò che eri tu.
È questa la risposta alla mia domanda.
Non ho mai tracciato i confini.
Ti ho regalato un incanto che non possedevi, perché volevo possederlo io.
E nell’incanto mi sono persa. Perché è difficile ascoltare la pioggia.
Non si riesce, ad ascoltare la pioggia.
Nei sussurri della pioggia ci si perde. Io mi sono persa in te. Noi ci siamo persi in te.
-È difficile, ascoltare la pioggia, Rod.- Mormoro, ad occhi chiusi.
Lo sento sospirare. Provare a controbattere, alla disperata ricerca dell’incanto, ancora una volta.
-Per lei, non è difficile.-
-La pioggia torna, Rodolphus. La pioggia torna sempre. E’ lei, che non torna.-
 
Lui si scosta da me. Il freddo s’impossessa del mio corpo. Nuda, mi abbandono alla terra.
Mi lascio nutrire dall’illusione, dal sogno.
Serro le palpebre. Finalmente, la vedo.
La vedo, la mia Luce.
Mia figlia.
Ha tre anni, è seduta a terra.
Ha la faccia e le mani imbrattate.
Solo gli occhi blu spuntano fuori in mezzo a tutto quella cioccolata, l’ha versata un’altra volta sul tappeto.
Mi guarda preoccupata per un attimo, ha paura che io la sgridi.
Poi arriccia il nasino, come un orsetto. Ci pigia il dito sopra e lo punta verso di me.
Aggrotta leggermente le sopracciglia, la fronte, con aria saccente.
Poi, ride.
Con lo stesso ditino sporco, mi indica la vetrata.
-Tanto viene la pioggia.-
Io la sollevo. Le faccio il solletico.
-Viene la pioggia, Amore?-
Lei ride, strilla e sgambetta mentre io la bacio, mentre m’inebrio di lei, della sua pelle fresca, della cioccolata che mi spalma sulla faccia, con le sue manine morbide.
Innocenti.
E strofino il naso contro il suo, e lei mette le labbra sulle mie, e la bacio. Ed è cioccolata.
E i suoi occhi brillano, di luce vera.
E i miei s’illuminano di riflesso dai suoi.
Non c’è pioggia che lavi via questo.
Il riverbero, Bella, l’acqua lo riflette con sé.

 
You can do what you dream,
Just remember to listen to the rain …
Listen.
 
-Listen to the rain, Evanescence-
  
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