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Autore: Harriet    14/04/2009    2 recensioni
[WATCHMEN] Una pace costruita sulla menzogna non ha basi. Neppure nelle piccole vite di due piccole persone. [SPOILER per la fine della serie!]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Salve...
E' il mio primo approccio a questo fandom ed entro in punta di piedi, proponendovi questa storia e chiedendo scusa in partenza per ogni eventuale ed involontaria deviazione dal canon o caratterizzazione poco azzeccata. E' un primo tentativo.
Spero possa comunicare qualcosa, in ogni modo.
La storia è ispirata alla graphic novel, ma penso sia comprensibile anche a chi ha visto solo il film.
Alla fine trovate delle note per spiegare alcune affermazioni e scelte fatte nella storia.
Ricordo che questa storia è piena di SPOILER per il finale della serie, e se siete capitati qui per caso, vi prego, FUGGITE, perché è una serie splendida e non c'è motivo per rovinarsi il finale leggiucchiando una fanfiction.



Semi

The road refuses strangers,
the land the seeds we sow

(U2, “White as snow”)


Giugno 1986

All'alba, aveva già consumato tutto il sonno che gli era concesso, di quei tempi. Vagava per la casa, di solito, facendo qualche piccola faccenda, o magari leggeva qualcosa, si faceva il primo caffè della giornata. Quella mattina si era perso ad osservare gli schizzi abbandonati sul tavolo, la sera prima. La mano di Laurie vi aveva tracciato un'immagine del costume ideale, così pieno di accessori e particolari pazzeschi da realizzare che avevano finito per scherzarci su per ore. Lui aveva scarabocchiato qualcosa, per darle fastidio, lei gli aveva fatto una caricatura con il costume indosso.
Sorrise, nascondendo via quelle pagine, un piccolo riflesso della loro felicità presente, la più completa che entrambi avessero mai vissuto.
Quando ebbe raccolto l'occorrente per il caffè, un pensiero nuovo gli attraversò la mente, incrinando le immagini serene di poco prima.
Non era la prima volta che riparlavano di quello, di costumi, accessori, macchinari, ritorno al passato... Avevano addirittura fatto progetti abbastanza concreti. Avevano fatto un inventario di ciò che ancora possedevano, dell'immenso armamentario di Daniel.
Però non avevano fatto un solo passo verso l'attuazione di tutto quel parlare.
E' troppo presto.
Era una spiegazione plausibile.
Non bastò a rassicurarlo. Subito dopo, arrivò un altro pensiero che lo fece rabbrividire.
Sarà sempre troppo presto, finché non diventerà troppo tardi?
Scrollò via anche quel pensiero, risolvendosi di mettersi a fare qualcosa, per svegliarsi del tutto e rientrare nella sua serena quotidianità. Ma non riuscì a tenerlo lontano per molto. Fu costretto a seguirne le implicazioni meno piacevoli.
E se, in realtà, non avessimo davvero bisogno di fare, se ci bastasse solo parlarne, per sentirci a posto?
Sarebbe stato ben poco lusinghiero. Rise, sperando che la concretezza del suono della propria voce riuscisse a rendere più irreali quei panorami desolati che si andavano disegnando nella sua immaginazione.
Dove lo portavano, quelle domande?
Lontano da lì, dalla piccola e graziosa cucina della loro casa in una cittadina di media grandezza in California. Lontano dalla felicità tranquilla che finalmente lui e Laurie erano riusciti ad acchiappare.
Lontano, fino alla domanda che aveva inaugurato la loro residenza in quel posto.
Riusciremo davvero ad essere completamente felici?
Se l'era chiesto allora, nel dicembre precedente, e si era risposto che forse, forse...
Forse sì.
Avevano iniziato a crederci.
Poi... Poi c'erano state delle piccole incrinature, che entrambi avevano preferito non approfondire.
Una notte si era svegliato ed aveva trovato Laurie con gli occhi aperti ed il viso bagnato di lacrime. Lei aveva giurato che non era niente, che poteva stare tranquillo. Daniel aveva insistito, ma poi... Perché non doveva crederle? Le donne hanno delle malinconie, delle sensibilità che gli uomini faticano a capire, si era detto.
Qualche volta l'aveva scoperta a guardare fuori dalla finestra, con gli occhi proiettati verso un oltre che lui non sapeva indovinare, anche se un'idea ce l'aveva, e questa lo rendeva inquieto.
E c'era anche la sua insonnia, lieve ma costante. C'erano gli argomenti evitati, e tutte le volte in cui spegnevano il notiziario prima della fine, senza dire niente, ma di comune accordo.
C'erano i discorsi riguardo ad un figlio.
Già, un figlio. Perché no? Non erano certo vecchi. Ne avevano parlato, qualche volta. Ci avevano scherzato, finendo per ridurre quel discorso ad una delle loro affettuose schermaglie. Ma non erano mai arrivati a niente.
E a tutto ciò c'era una risposta, e in quell'istante, con la luce dell'alba che inondava la cucina e una tazza di caffè tra le mani, Daniel ebbe la consapevolezza di conoscerla.
Non volevano davvero un figlio perché conoscevano il segreto dietro quel mondo, e nessuno sarebbe stato così irresponsabile da gettare in pasto ad un simile mondo una creatura umana.
Ecco, l'aveva visto. Il punto oscuro in tutta la loro felicità, un punto minuscolo, ma capace, da solo, di mettere in crisi tutto l'equilibrio della loro vita.
Il segreto.
Potevano provare ad essere felici quando volevano, ma ci sarebbe stata sempre quella malattia sottile e silenziosa ad aggredire tutti i loro piccoli semi di felicità.
Rise di nuovo. Rise di sé, di loro. Rise per ingoiare l'angoscia, e finì per amplificarla, quella sensazione che stringeva il petto.
Possibile che una cosa sola fosse tanto forte da impedire alla loro felicità di essere totale? Perché non potevano trovare pace?
Pace...
Pensò con amarezza che non erano molto diversi dal resto del mondo. La pace di Adrian stava durando, ma quel clima di aiuto reciproco fra nazioni, di unità d'intenti e di vedute, si era infranto molto presto. Forse non ci sarebbe stata una guerra nucleare, ma i rapporti tra gli stati erano gravati da una cappa irrespirabile di velenoso sospetto. E la ricostruzione di New York aveva generato altri problemi, altri conflitti. Ogni tentativo di far perdurare le iniziative positive nate nei giorni tragici dopo la distruzione della città naufragava. Era come se il loro mondo rifiutasse di far germogliare i semi di quella pace che Adrian aveva pensato di poter imporre.
Chissà cosa provava lui, dall'alto del suo regno...
Non che gli importasse davvero. Di Adrian, forse anche del mondo.
Forse, per sopravvivere, avevano finito per allontanare da sé ogni pensiero riguardo alla realtà. Forse si erano convinti di esistere in un universo alternativo creato da Jon, e quei ricordi che si portavano dietro non erano altro che il riflesso dei ricordi dei loro altri “io”, persi nella Terra autentica, ancora scossa dai brividi di conflitti pronti ad emergere, sotto la superficie.
Amici, non ne avevano. Conoscenti, magari. Coppie gentili che si fermavano per un caffè, una partita a carte. Nessuno poteva avvicinarsi troppo a loro. Gli stranieri che transitavano nella loro vita non perdevano mai lo status di straniero, non passavano mai ad essere amici.
Non riuscivano a fidarsi di nessuno.
Nessuno sapeva. Solo loro. Nessuno poteva condividere il peso del mondo con loro.
Il segreto che erano destinati a tacere irradiava di luce cupa tutta la loro esistenza. E allora, ogni prospettiva si trasformava in vago sogno, senza mai realizzarsi, e la felicità non l'aveva mai vinta sui ricordi oscuri.
A loro rimaneva una piccola vita da piccole persone che cercano di rifiutare la depressione sopita nelle zone d'ombra della normalità. Rimaneva l'intimità, che spesso si trasformava, com'era stato in passato, in un modo per sentirsi vivi.
Forse potevano essere quasi felici. Ma la felicità quella vera, che investe ogni fibra dell'animo e rende capaci di affrontare qualunque tempesta, quella sarebbe rimasta un'illusione.
Sentì il rumore dei passi di lei, nella stanza accanto. Fu colto dal bisogno di dirle tutto ciò che gli aveva inondato la mente, ma poi rimase in silenzio.
- Buongiorno, Dan.-
Gli fu accanto e gli scivolò tra le braccia, e lui pensò che non c'era bisogno di turbare Laurie con le sue riflessioni. Potevano benissimo accontentarsi di quella quasi-felicità.

- Che c'è, Laurie?-
Lei fece un sorriso forzato e posò la forchetta, scuotendo la testa.
- Lascia stare. Una sciocchezza. Una cosa stupida che mi ha un po' agitata, oggi, ma niente di grave.-
- Non vuoi dirmi di che si tratta?-
- C'erano due tipi strani, in treno, e parlavano di un giornale che da più di un anno continua a pubblicare articoli che parlano della distruzione di New York come frutto di un complotto, e... Oh, ma lascia perdere. Erano solo follie, e non so perché mi sono lasciata sconvolgere così.-
- Hai ragione. Erano solo follie.-
Una manciata di minuti dopo avevano già dimenticato, come sempre, parlando di cose irrilevanti. E avrebbero finito la cena, avrebbero guardato la TV, forse – ma non il notiziario – e alla fine, si sarebbero abbracciati su quel divano, spegnendo la luce e lasciando al buio le ore successive.
E sarebbe andato bene così.
Erano le regole della loro felicità rassegnata, della loro felicità inquinata.
Ma era sempre meglio di niente.




Note:
- Ho scelto la California come residenza di Dan e Laurie perché Sally Jupiter vive in una casa di riposo in California, e penso possa essere plausibile che si siano voluti trasferire vicino a lei.

- Il riferimento alle teorie del giornale che viene citato: come avrete intuito, la mia speranza è che “quel” diario davvero sia stato preso in considerazione e pubblicato. Ovviamente, essendo pieno di rivelazioni piuttosto gravi, dubito che un solo articolo sia bastato a far esplodere il caso. Non penso che una verità grande come quella che viene nascosta alla fine della storia sia facilmente accettabile. Penso, più che altro, che il giornale possa aver assunto quella teoria ed abbia continuato a scriverne a proposito per un po' di tempo. Non so che esito possa aver avuto tutto ciò, poi... Ripetuti articoli in un giornale minore saranno bastati a far crollare Veidt? Mah...
Soprattutto, questa cosa è in linea con il giornale com'è nel fumetto: un giornaletto di estrema destra, di quelli non particolarmente “seri”, volti più che altro alla pubblicazione di teorie sensazionali e poco verificate, o indagini su presunti misteri di cui nessun altro si occupa. Insomma, una testata così, entrata in possesso di un documento “scottante”, è il tipo di giornale che bombarda i suoi lettori di teorie, assumendo come proprie le verità di tale documento, ma non è presa più di tanto in considerazione dal resto del mondo...

- La storia deve, in gran parte, alla frase di , “Non è giusto che quei due siano lì, a godersi il loro lieto fine!” Eccoti accontentata, dear: niente lieto fine. La storia è dedicata a te. E così si rivela la vera anima di questa storia: sembra una riflessione seria su due personaggi e sul finale della vicenda, mentre invece, sotto sotto, ha una buona dose di “gne gne gne” contro due disperati che hanno avuto il demerito di restare vivi, a differenza di qualcun altro.XD

- Questa storia pubblicizza una challenge ispirata ad alcune lyrics dell'ultimo album degli U2, challenge che ho proposto sul mio lj e alla quale partecipo pure io. Se foste interessati... prego, venite!

Ciao e grazie dell'attenzione!
   
 
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