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Autore: alessiawriter    05/06/2016    3 recensioni
È all'apparenza una sera come le altre per la famiglia Brief: è tarda notte e Vegeta aspetta impazientemente il ritorno a casa della figlia minore Bra. Non era la prima volta in cui Bra accasava a quell'ora, eppure Vegeta era deciso a punirla severamente. Era stanco del suo comportamento intransigente.
Tuttavia, quando la piccola Bra, reduce da una serata con gli amici, rientra nell'abitazione familiare con il volto segnato dalle lacrime, l'istinto paterno del Principe dei Saiyan non può non emergere.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bra, Bulma, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Anche Uno Scimmione Sa Essere Un Buon Padre









 
Vegeta era disteso lungo il soffice divano dalla stoffa verdognola, che tanto odiava per via del prurito che recava alla sua pelle olivastra, e fissava il soffitto spiovente con aria assente. Era tarda sera inoltrata e Vegeta non riusciva a prendere sonno perché un chiodo fisso ostacolava la sua tranquillità. Gettò un'occhiata all'enorme orologio a pendolo schiacciato contro la parete e vide con orrore che sebbene fossero le undici di sera, sua figlia Bra non era ancora accasata. Strinse i pugni. 

Ma l'avrebbe sentito, eccome se l'avrebbe fatto! Quella ragazzina impertinente non poteva tornare all'orario che voleva, vigevano delle regole in quella casa e finché Bra vi abitasse, le avrebbe dovute rispettare, volente o nolente che fosse a Vegeta non importava. Il Principe dei Sayan incrociò con forza le braccia al petto, fissando duramente un punto indefinito davanti a sé, quando improvvisamente sentì i passi di sua moglie farsi più vicini a lui. Ci mancava solo lei, pensò sconsolato. 

Sebbene avesse osservato sua moglie velocemente, i dettagli del suo abbigliamento non sfuggirono al suo occhio attento. Bulma, nonostante l'incombere dell'età, conservava ancora il suo venerando, fresco aspetto da adolescente che lo mandava ogni volta in visibilio; soltanto gli occhi, con un velo di tristezza e malinconia segnati dalla vita, tradivano le sue avvenenti fattezze. Notò anche che indossava una semplice vestaglia di lino color panna, la quale lasciava poco spazio all'immaginazione, e i capelli cadevano mogiamente sulle sue spalle nude, il viso completamente struccato. Era la donna più bella che avesse mai visto. 

Vegeta non alzò nemmeno lo sguardo quando la percepì occupare posto accanto a lui e si sforzò di ignorarla. Bulma lo guardava con uno sguardo pieno di comprensione misto ad affetto, mentre scuoteva con mestizia la testa. Erano rare le volte in cui Vegeta mostrasse la sua preoccupazione da padre nei riguardi dei loro figli o sua moglie, solitamente provava a nascondere le sue sensazioni dietro quella maschera che tanto si ostinava a indossare; quella farsa comunque non reggeva il confronto con Bulma, la donna lo conosceva fin troppo bene per caderne in trappola.

Gli si avvicinò ancora e gli accarezzò i capelli corvini, scendendo poi verso il viso fino a fermarsi sulle sue guance pallide. «Devi stare tranquillo, vedrai che Bra tornerà presto», lo rassicurò Bulma, regalandogli un sorriso rasserenatore.

Vegeta finalmente decise di degnarla di attenzioni, quasi contro voglia perché sapeva che se non avesse tenuto a freno l'animale in lui le sarebbe saltato addosso per farla sua, e si voltò a guardarla con un sopracciglio alzato, mentre si alzava e si metteva a sedere accanto alla moglie. «Non essere sciocca, donna, non sono minimamente preoccupato. Le avevo chiaramente ordinato di tornare a casa per le dieci e ancora non si è fatta viva; non può fare quello che vuole, quella mocciosa», concluse appoggiandosi poi allo schienale del divano, sempre con le braccia rigorosamente strette al petto.

Bulma represse un sorriso divertito, mentre ascoltava quelle parole dettate da una voglia quasi naturale di nascondere le sue vere emozioni. Era indubbiamente in pensiero per la loro figlia adolescente, Vegeta per la donna era un libro aperto. Anche uno scimmione sa essere un buon padre, si ritrovò a pensare con spensieratezza. 

Gli sfiorò il braccio teso e contratto, le unghie laccate di rosso che sfregavano lievemente la pelle d'acciaio del guerriero Sayan. «Io torno a letto, Vegeta, ti prego di non essere troppo duro con lei. È pur sempre una ragazzina», lo supplicò con lo sguardo e detto questo lasciò un bacio caldo sulla guancia del marito, mentre gli augurava la buonanotte. Tanta pazienza ci voleva, eh già.

Il Principe dei Sayan la guardò allontanarsi nel buio del corridoio e borbottò tra sé e sé: «Ragazzina un corno», e si accucciò ancora di più contro il divano, serrando gli occhi e buttando la testa all'indietro. Cercò di addormentarsi per non rendere palese il vero per cui fosse rimasto in piedi fino a quell'ora, eppure non trovava pace. I minuti passavano, le lancette correvano e la luna ormai era alta nel cielo squarciato dalle nuvole, o almeno era quello che poteva vedere dalla piccola finestra del soggiorno, ma di Bra ancora nessuna notizia. Aveva deciso: avrebbe rintracciato la sua aura e l'avrebbe trascinata da qualunque posto nel quale si trovasse. Tuttavia, proprio mentre pensava a questo, avvertì la presenza della figlia farsi sempre più vicina. Era ora, diamine.

Deglutì rumorosamente e costrinse le sue gambe a rimanere immobili, nonostante avesse una gran voglia di aprire la porta e accogliere la sua principessina in casa. Dopo, ovviamente, il meritato cazziatone.

Perché, anche quando fosse cresciuta e andata via di casa, lei sarebbe rimasta per sempre la sua bambina. Vegeta si stupì dei suoi pensieri: chi lo avrebbe mai detto che un ex mercenario come lui, le cui mani erano sporche dal sangue d'innumerevoli innocenti, sarebbe riuscito non soltanto ad amare una persona, Bulma, bensì tre?

Vegeta non lo avrebbe mai detto, anzi avrebbe riso, se la domanda gli fosse stata posta un decennio prima; eppure era successo. Lui, che per molto tempo aveva imparato a segregare e rinnegare i suoi sentimenti più umani nei meandri profondi e bui del suo cuore, era riuscito a crearsi una famiglia e, senza neppure accorgersene, giorno dopo giorno, aveva cominciato ad amarli uno a uno. Incondizionatamente, senza riserve e limitazioni. E stava bene, aveva trovato finalmente il suo equilibrio, la sua nicchia nel mondo.

Il rumore delle chiavi inserite nella serratura lo distolse da quei pensieri, che mai avrebbe confesso ad alta voce, e lo fece concentrare esclusivamente sulla figura minuta che stava finalmente per ritornare a casa. Vegeta avvertì il cuore farsi più leggero e una sensazione di sollievo lo pervase; momento effimero, perché subito dopo si sentì montare dalla rabbia e riprese il suo autocontrollo di sempre. Era pur sempre il Principe dei Sayan e quando dava un ordine si aspettava che questo venisse rispettato, a prescindere dal legame familiare e affettivo.

Quando la sentì accedere la luce della stanza, non si voltò nemmeno a guardarla, gli bastò sapere che fosse lì. «Bra», la richiamò severo, «ti sembra questa l'ora di ritornare a casa?», cominciò la paternale, eppure ben presto fu interrotto da un singhiozzo soffocato che raggiunse le sue orecchie dall'udito soprannaturale. Vegeta aggrottò le sopracciglia. 

Il guerriero rimase interdetto per un attimo, prima di riprendere a parlare. «Avvicinati», la invitò, sempre con lo stesso precedente tono autorevole. C'era qualcosa che non andava nella sua bambina, non poteva non notarlo o fare finta di niente. Non poteva e basta.

A quella richiesta – che sapeva tanto di ordine - per qualche istante la stanza rimase completamente silenziosa; poi si ritornarono a udire il suono che i tacchetti di Bra producevano quando entravano in contatto con il pavimento. La ragazza raggiunse suo padre e, senza avere il coraggio di guardarlo in viso o enunciare parola, si sedette accanto a lui, non troppo vicino da toccarlo ma abbastanza da avvertire il suo calore emanato sulla sua pelle raffreddata dalla notte. Era rassicurante avere la sua presenza accanto, per quanto la terrorizzasse sapere che suo padre era in collera con lei. Rimasero entrambi taciturni, in quella posizione, per quelle che sembrarono infinite ore. 

Bra fissava i suoi stivali di pelle nera ed era a conoscenza del fato che il padre non le avrebbe mai chiesto apertamente cosa fosse a turbarla in quel modo, per cui prese un respiro e cominciò a torturarsi convulsivamente le mani piccole e coperte da graffi e tagli. Forse non avrebbe dovuto propriamente colpire con le nocche il primo muro che le capitasse a tiro.

Ma poco dopo, come un fiume in piena, cominciò a sentire il bisogno di parlare e tutt'a un tratto non riuscì più a fermarsi: «Non dovevo fidarmi di lui, sono stata solo una stupida. E pensare che tutti i miei amici mi avevano avvertita di stare attenta, di non credere a nessuna delle sue parole perché lui era uno che raramente diceva ciò che pensava o qualcosa di vero. Ma ho dato loro ascolto? No, devo bruciarmi prima di capire che con il fuoco non si scherza. Ed è successo, papà, mi ha usata», si sfogò, sentendo le lacrime cominciare a solcargli inevitabilmente gli occhi azzurrini. «Ho visto il mio ragazzo mentre si baciava con un'altra e quando l'ho sorpreso in flagrante, non ha fatto una piega e mi ha intimato di sparire e che era finita», concluse, sciogliendo la coda che aveva fatto ai capelli nel gesto di coprire la sua faccia rossa e gonfia di pianto, invano.

Vegeta era rimasto in silenzio per tutto quel tempo, senza muovere un muscolo, sorpreso dallo sbocco emotivo e improvviso della figlia. Si trovava completamente preso alla sprovvista, incapace di dire nulla che potesse confortare la sua bambina, che a dire il vero tale non era più. Cavolo, aveva certamente sbagliato persona, Bulma sarebbe stata la più indicata per quella situazione, ma non di certo lui.

Così, fece l'unica cosa che gli venne in mente: allungò il braccio fasciato dalla maglietta del pigiama e lo poggiò sulle spalle di sua figlia. Bra, sorpresa dal gesto amorevole del padre, per un attimo s'irrigidì; poi, si rilassò sul suo petto e, stringendo il tessuto che copriva l'addome largo di suo padre, si liberò finalmente in un pianto di frustrazione.

E nella testa di Vegeta, vedendo la sua unica figlia femmina ridotta in quel modo per uno stupido terrestre, si affacciò un pensiero: la sua bambina stava crescendo e lui non poteva fare nulla per evitarlo se non starle accanto e cercare di essere il più presente possibile. Nonostante Bra fosse la figlia del Principe dei Sayan e come tale aveva ereditato una forza indicibile, avere il supporto di suo padre la fece rianimare e riprendere controllo si se stessa.

Dopo minuti in cui risuonarono nella stanza solo i singhiozzi di Bra, ella si asciugò gli occhi e guardò Vegeta dritto negli occhi scuri e neri come la pece. «Grazie, papà» disse, facendo nascere sul viso del padre silenzioso e introverso un tenue sorriso, l'unico spicchio di luce in quella serata tanto tenebrosa.
  
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