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Autore: GreenWind    05/06/2016    4 recensioni
Raccolta su vari tipi di anti-eroi, frutto dell'immaginazione e, probabilmente, di un pizzico di momentanea follia :)
Spero vi piacciano le mie storie :)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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-Caffè NoHero-



 
 
Poteva benissimo dire no davanti al prete, poteva guardarmi negli occhi e pronunciarlo; per me non ci sarebbe stata differenza. Certo, non presentarsi in chiesa e non avvertire con una telefonata è stato un vero atto di strafottenza. Ma siamo umani, tutti sbagliamo. Mio padre non la pensa così, perché farsi rimborsare un pranzo di nozze, le bomboniere e tutto il resto non è cosa facile, e lui non ha mai voglia di discutere. Eppure oggi era infuriato, premeva i tasti della calcolatrice con un'insolita stizza, che mi ha fatto sorridere. Di tanto in tanto la moglie gli mollava qualche gomitata nel ventre e lo fulminava con due occhi grandi così, perché per lei il vero dramma sta nella sua "bambina". Che non si preoccupi, perché io non me ne faccio un problema. Claudio ha preso la sua decisione, e questa non mi ha toccato. Guarda, sono io la più forte, sono io che non ho sofferto! Che sciocco uomo che stavo per sposare! Sciocco, evanescente come questa nuvoletta di fumo che esce dalla mia bocca. Tiro di nuovo e socchiudo gli occhi nell'incontrare la nicotina. Potrei morire fumando. Se fumo non devo parlare. E poi la sigaretta è così elegante tra le mie dita. Io sono così forte, superiore, quando fumo.
"Catia, c'è Nicola al telefono", un vocino distrae i miei pensieri.
Prendo la sigaretta tra i polpastrelli e la lascio cadere per terra. La schiaccio con la punta della scarpa e la spingo giù dal balcone. Un metro e non la vedo più, inghiottita prima da un camion e poi da un’automobile gialla. Strofinio le braccia gelate ed entro in casa.  Sara fa una smorfia annoiata e scuote la mano che, chissà da quanto tempo, regge il telefono. Mi chiedo come faccia a non stancarsi mai di essere stufa. Mia sorella ha sempre qualcosa da dire, in fatto di uomini soprattutto; zia Lucia dice che è per questo che non si sposerà mai. Prendo il telefono e ricado sul letto, mentre lei lascia la camera sbuffando. Probabilmente avrebbe preferito che me ne fossi andata da casa.
"Pronto, Nicola?", inizio fissando il soffitto e battendo sul pavimento un ispirato ritmo con le gambe.
"Catia, vai al Caffè NoHero. Ci vediamo lì tra mezz'ora", risponde lui tutto d’un fiato, chiudendo subito la telefonata e senza lasciarmi il tempo di metabolizzare le parole.
Indispettita dal suo comportamento, mi sollevo dal letto ed incontro il mio riflesso nello specchio. Non mi dice niente questo viso. Neanche i vestiti sono belli come la prima volta che li ho comprati, sono così incolori, oggi. Dovrei cambiarmi, ma non lo ritengo necessario, non ne ho voglia. Per strada la gente, se vuole, si ferma per vedere la sposa, non un pesce come me.
Tiro un sospiro e mi precipito al piano terra. È come entrare nell'inferno. Il fermento che agita i miei parenti, i conoscenti e gli sconosciuti accorsi dall'estero per il mio matrimonio è qualcosa di catastrofico. Tutta questa agitazione entusiasma i bambini, che avranno qualcosa su cui indagare per il resto della settimana, ma gli adulti non sono della stessa opinione. Mio padre è ancora incollato al tavolo del soggiorno, intento a combattere con la calcolatrice, e mia madre si dà al pianto con le zie, che indossano ancora il vestito della festa e di tanto in tanto tamponano gli occhi per evitare che le lacrime mettano a repentaglio il trucco. Dovrei prendere il cappotto, ma il bar è a due passi da qui ed Alfonso accende i riscaldamenti anche con quindici gradi all'aperto. Lascio la desolazione dietro le mie spalle e mi tuffo tra la folla.
La strada è affollata e la gente sembra non temere i borbottii del cielo, pronto anche lui a piangere sulla nostra cittadina. Che siano usciti tutti dalle loro case per prendermi in giro? I loro sorrisi e le risate echeggianti per i vicoli vogliono ricordarmi che a me tutto questo è estraneo. Io sono in perfetta sintonia con il cielo grigio, mentre loro hanno raggiunto le più alte vette dell'appagamento interiore. Ecco perché quando passo alcune vecchiette mi fissano stralunate; io e la mia aura ci distinguiamo dalla massa. Tanto a me tutto è estraneo e non posso più lasciar correre i pensieri, perché sono arrivata al Caffè.
Sulla porta vedo Nicola, seduto al solito posto. Entro ed affogo nell’umidiccio calore del locale. Da dietro il bancone, Alfonso mi sorride mestamente, con uno sguardo pieno di compassione, servendo un cliente. A quanto pare le notizie corrono. Ma cos'altro c'è da aspettarsi da un paese di appena tre mila abitanti? Ricambio con un cenno della mano e raggiungo Nicola.
Lui solleva la testa sorpreso e scosta il suo libro, uno dei tanti che porta sempre con sé.
"Sei già qui?", chiede senza aspettarsi una risposta.
Io mi siedo di fronte a lui e poggio i gomiti sul tavolino. Noto subito che è nervoso; solo quando lo è si stropiccia le maniche della maglia e comincia a tirarle su e giù per il braccio. Conosco troppo il mio amico e non solo perché buona parte della nostra vita ci ha visti crescere insieme, ma perché, in fondo, abbiamo parecchie cose in comune. La sua agitazione presto mi contagia, così sospiro nell'accogliere Alfonso e la cioccolata sul vassoio, che regge. Lui sa che non prendo altro e me la serve sempre con una fragola candita. Mentre mescolo il liquido bollente con il cucchiaino, squadro Nicola con cipiglio.
Bravo ragazzo, ottima istruzione, impiegato in una casa editrice emergente; Nicola mi appare piatto e senza forma in questo momento. Davvero ama tanto la letteratura come dimostra? Non è che i libri sempre al suo seguito, in realtà, gli rechino soltanto noia? Stupida cosa, ma mi rendo conto che, alla fin fine, non conosco tutto di lui.
"Allora, ti decidi a parlare?", lo incito a spezzare il silenzio, sorseggiando la cioccolata e regalandogli la fragola, come sempre.
Lui accenna un magro sorriso, intinge la fragola nella cioccolata e la butta giù in un attimo.
"Odio quando fumi, lo sai. Il tuo solito profumo svanisce, e ti fa male", sospira rassegnato, vedendomi accendere l'ennesima sigaretta.
Io per ripicca gli soffio il fumo in volto e lui si volta disgustato. Cielo, che bell'amico che ho! I suoi moralismi e questi occhi neri non mi fanno mai trovare sensate repliche.
"Ma sono tanto elegante quando fumo!", rido portando i capelli dietro le orecchie, "Guarda come mi sta bene tra le dita".
Sventolo la sigaretta davanti ai suoi occhi e lui, più nervoso che mai, prende la mia mano e l'abbassa sul tavolino, stringendola.
Lo fisso sorpresa. Non è mai stato tanto serio con me, non ci è mai riuscito, e quest’inaspettato cambiamento mi fa scoppiare in una sonora risata. Oggi il mondo deve essersi alzato col piede sinistro.
"Ti amo", sussurra a denti stretti, strapazzando la mia mano, la sola a cui prestino attenzione i suoi occhi.
La risata mi muore in gola. Schiaccio la sigaretta nel posacenere e porto la sua mano alla mia bocca, per darle un lieve bacio sulle nocche. Nicola solleva lo sguardo ed accarezza il mio mento con i polpastrelli, mentre il suo petto esala un sospiro trattenuto.
È proprio un bambino.
Quattro anni fa io ero innamorata persa di lui. Lo divoravo con gli occhi e, quando restavo sola, cercavo di ricordare ogni particolare del suo viso: le sopracciglia folte, il neo accanto all'orecchio destro, quella chiara cicatrice sulla tempia. Avrei fatto follie per lui, ma, caratterialmente timida e riservata, mi sono convinta del suo disinteresse per me. Pensavo che la nostra amicizia sarebbe andata in frantumi se lui, rifiutatami, avesse trovato difficoltà nel parlarmi, se si fosse sentito a disagio e avesse messo in discussione ogni mio sorriso, ogni abbraccio. La verità, forse, anzi no, sicuramente, è che mi mancava il coraggio. Ma mi sono sbagliata; anche lui sa fingere bene. Non avrei mai neanche immaginato che potesse amarmi.
"La mia felicità nel non vedere Claudio... entrare in chiesa", continua sorridendomi amorevolmente, "Ho sempre temuto di non essere abbastanza per te, Catia".
E come glielo dico che, ora, non sento né caldo né freddo nel sentire queste parole? Sono una larva inerme, rinchiusa nella sua inconsistente contingenza, separata da tutto e da tutti. Certo che ha avuto un gran coraggio a dichiararsi il giorno stesso delle mie fallite nozze! E sì che accarezza le mie guance con dolcezza, quella infinita dolcezza che un tempo potevo solo immaginare e che adesso sa di anonimo.
"Allora, sono ricambiato?", chiede illuminato, sicuro di una risposta positiva.
Non me la sento di dire un no, non ne ho la forza. Deve essere colpa del Caffè e del suo fastidioso profumo di spezie.
Quattro anni fa lo avrei baciato all'istante, gettandogli le braccia al collo dalla contentezza. Ma oggi non provo niente per lui, e, forse, gli dirò di no, domani.
 
 





 

Nota dell’autrice

Salve! E’ la prima volta che pubblico nella sezione nonsense, ma non ho potuto resistere. Questa che avete letto è una delle storie che ho intenzione di pubblicare in questa raccolta. Sarà una raccolta su anti-eroi. Bizzarra come cosa, ma spero di riuscire a portarla a termine. Che dire?, ringrazio tutti coloro che si sono soffermati per leggere questa storia e spero vi sia piaciuta. Non è niente di che, ma mi ha fatto piacere pubblicarla :)
A presto :)
   
 
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