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Autore: Love Your Sin    05/06/2016    6 recensioni
Magnus/Alec; Jace/Clary; Simon/Isabelle
Capitoli: 8/8
Neighbors!AU
Modern setting!AU
||TRADUZIONE||
[Alec non ha mai fumato. Ha sempre odiato il fumo e tutto ciò che lo riguarda, a partire dall’odore sino al sapore. Ma eccolo, alle dieci di sera, a comprare un pacchetto di sigarette nel piccolo supermercato alla fine della strada, con l’unico scopo di avere una scusa per poter uscire sul balcone e parlare con il suo bellissimo vicino senza ombra di dubbio impegnato. Alec si sente veramente stupido, in quel momento.]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Izzy Lightwood, Magnus Bane, Simon Lewis, Un po' tutti
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 5.

Life or Death

 
“If you want to keep a secret,
you must also hide it from yourself.” 

(George Orwell)
 
 
“Dobbiamo parlare dell’Operazione Malec.”
Simon non era riuscito a trattenere un sospiro. La Missione Uno era stata un totale fallimento, per cui credeva che Isabelle avrebbe lasciato perdere e basta. Questo si chiama sottovalutare la sua caparbietà. Quando gli aveva chiesto di incontrarsi per un caffè, sapeva che non era soltanto per la sua bellissima compagnia, anche se ci aveva sperato un po’. Avrebbe dovuto pensarci meglio, al posto di illudersi troppo.
“La prima missione è stata chiaramente un disastro” aveva risposto Simon, come se fosse un dato di fatto, bevendo un sorso del suo caffè. “Non credo che dovremmo insistere.”
Isabelle aveva sbuffato e alzato gli occhi al cielo. “Dobbiamo organizzare una serata in un posto festoso, ma abbastanza intimo, così che possano trovare un angolino tranquillo per limonare.”
Era come se lui non avesse detto nulla.
“Izzy, non è una buona idea” aveva riprovato. “Non abbiamo fatto proprio un bel lavoro la prima volta.”
“Perché siamo stati abbastanza stupidi da credere che avrebbero fatto tutto da soli” aveva risposto, guardandolo dritto negli occhi, come se lo stesse vedendo per la prima volta da quando gli si era seduta di fronte.
Si era spostato un po’ sulla sedia, sfregando nervosamente il pollice sulla tazza. “Va bene, ma se va male anche questa volta, non ci sarà un terzo tentativo. Okay?”
“Vedremo.”
 
***
 
Il Taki’s dinner era un ristorante nel cuore di Manhattan. Era frequentato da gente proveniente da tutta New York, sia dai giovani ricchi e viziati dell’Upper East Side, sia dai ragazzi di Harlem che cercavano una distrazione. Era economico e il cibo era deliziosamente fantastico. Il sabato sera era così pieno che ci si poteva muovere a malapena, ma il venerdì si riusciva almeno a respirare e questo era l’unico motivo per cui Alec aveva acconsentito a lasciarsi trascinare lì dopo il lavoro.
In realtà Jace non gli aveva lasciato molta scelta. Lo aveva aspettato nel parcheggio del campus, fermo vicino alla sua macchina.
“Andiamo a mangiare un hamburger e poi usciamo” aveva affermato, senza lasciare spazio alle negazioni. “Spero che il tuo fegato sia resistente perché berremo di brutto.”
Alec aveva lanciato uno sguardo al fratello e, dopo aver visto la determinazione illuminare i suoi occhi dorati, aveva sospirato e abbassato le spalle, sconfitto.
Perciò, eccolo lì.
Isabelle era seduta alla fine del tavolo con Clary ed erano entrambe sporte l’una verso l’altra, sussurrando e ridacchiando per solo Dio sa che cosa. Si era chiesto quando fossero diventate così amiche, per giungere alla conclusione che probabilmente era semplicemente successo, come tra lui e Magnus.
Clary e Jace avevano avuto qualche appuntamento, dopo aver chiarito quel famoso fraintendimento, ma non stavano ancora insieme ufficialmente ed Alec stava davvero cominciando a stancarsi delle lamentele del fratello. Al tempo stesso, però, era grato, perché Clary riusciva a tenere Jace sulla giusta carreggiata ed era rilassante potersi prendere un po’ di pausa da tutto quel fare da babysitter. In sostanza, aveva diverse sensazioni riguardo alla loro relazione, ma non voleva impicciarsi troppo.
Jace era di fronte a lui, mentre Simon era seduto di fianco ad Alec, che sorseggiava la sua birra in attesa di ordinare la cena, e stava fissando Isabelle con uno sguardo che aveva portato Alec a corrugare le sopracciglia, senza però dire alcuna parola. Se Simon voleva volare troppo in alto, raggiungere il sole e bruciarsi le ali, non toccava a lui fermarlo. E Isabelle era più che in grado di prendersi cura di sé.
Stava contemplando l’idea di schioccare le dita di fronte agli occhi di Simon, quando erano arrivati Magnus e Raphael, che si erano fermati al loro tavolo. Magnus aveva tirato una gomitata a Jace così che si spostasse per lasciare dello spazio. Il biondo li aveva accontentati, riservando poi loro uno sguardo privo di interesse.
Alec aveva dovuto distogliere lo sguardo dal suo vicino perché era davvero più attraente del solito e anche perché era col suo fidanzato, pertanto non poteva farsi cogliere in fallo. Era quasi da criminali, da parte di Magnus, non abbottonare mai del tutto la camicia. Lasciava sempre in mostra la pelle abbronzata del petto e non era assolutamente corretto nei confronti della forza di volontà di Alec.
“Finalmente!” aveva esclamato Isabelle dal suo posto, sorridendo ai nuovi ordinati. “Possiamo ordinare, ora?”
“Ciao anche a te, tesoro” aveva risposto Magnus, sorridente, prendendo un menù. “Siamo in ritardo perché il qui presente Raphael non voleva venire a meno che non fossimo andati a prendere una giacca a casa di sua madre. E, beh, Guadalupe mi ama troppo per lasciarmi andare così in fretta, quindi ci siamo dovuti fermare per un caffè.”
“È la mia giacca preferita!” aveva borbottato Raphael in risposta, guardandolo. “E mia mamma non ti ama poi così tanto.”
“Sì, invece, dolcezza. E lo sai benissimo” aveva replicato Magnus, facendogli un occhiolino giocoso.
“Come vuoi.”
Alec sapeva che era totalmente irrazionale il fatto che odiasse tanto Raphael. Non aveva fatto nulla di sbagliato, se non uscire con il ragazzo per cui aveva una cotta. Infondo sapeva che loro due non erano poi tanto diversi. Entrambi erano persone molto sulla difensiva. Non si aprivano molto e non si abbandonavano troppo ai sentimenti. Erano persone prudenti e Alec poteva riconoscersi in lui più di quanto volesse ammettere.
La cameriera, Kaelie, che aveva il brutto vizio di flirtare con Jace ogni qual volta frequentassero quel luogo, si era avvicinata al loro tavolo, scuotendo il suo taccuino.
“Pronti a ordinare?”
Isabelle stava per rispondere, ma Alec l’aveva interrotta, schiarendosi la voce. “No, stiamo ancora aspettando una persona. Grazie Kaelie.”
Lei aveva annuito in sua direzione e si era spostata verso il tavolo successivo.
“Cosa vuol dire che stiamo ancora aspettando qualcuno?” aveva esclamato Isabelle, sporgendosi leggermente in avanti sul tavolo per guardarlo. “Sto morendo di fame!”
“Alaric ci raggiunge” aveva detto semplicemente Alec.
Isabelle lo aveva guardato a bocca aperta, quasi comicamente. Sembrava il lupo di quel vecchio cartone di Tex Avery.
“E per quale motivo?” aveva chiesto, sollevando un sopracciglio, sorpresa.
“Perché l’ho invitato?” aveva risposto, il tono interrogativo volto probabilmente a infastidirla. “Perché ci stiamo frequentando?”
“Voi vi state che cosa?” aveva pienamente urlato, questa volta.
Alec era praticamente saltato sul posto, accigliandosi. “Potresti smetterla di urlare?” l’aveva rimproverata, le guance bollenti per l’imbarazzo. Era dolorosamente consapevole del fatto che tutti gli altri clienti li stessero fissando.
“Hai un fidanzato?” era intervenuto Jace, con un tono fortunatamente molto più calmo di quello della sorella. “Non lo sapevo.”
“È una cosa recente” aveva risposto Alec, con un leggero cipiglio. “Ci siamo conosciuti alla festa che Isabelle ha organizzato a casa mia.”
L’aveva fissata, mentre aveva sputato quelle parole. Non l’aveva ancora perdonata per quella cosa.
“Alec, non conosci la definizione di una botta e via?” aveva continuato la ragazza, le sopracciglia corrugate per il fastidio. “Non dovresti frequentare l’altro, dopo!”
La sua sorpresa stava cominciando a trasformarsi in irritazione. Non sapeva cosa non andasse con sua sorella, ma ora stava diventando rude e irrispettosa.
“Okay, cosa c’è che non va?” aveva borbottato, a denti stretti.
Non voleva che i suoi nuovi amici lo vedessero arrabbiato. Ma non era mai una bella vista. Molto probabilmente Jace aveva pensato lo stesso, perché le sue spalle si erano visibilmente tese.
“Izzy, Alec è adulto. Sono sicuro che sappia cosa sta facendo” aveva detto, cautamente.
“Beh, forse non mi piace Alaric” aveva risposto, ostinatamente, incrociando le braccia al petto con un’espressione che non era riuscita a diminuire la sua esasperazione.
“Non ti piace?” aveva ripetuto incredulo. “Sei stata tu ad invitarlo nel mio appartamento! Era tuo amico, prima di diventare il mio ragazzo!”
C’era un silenzio tombale intorno al tavolo. Sia Clary che Simon stavano guardando a disagio le proprie mani, Jace aveva la faccia da merda-si-sta-per-rovinare-tutto e, per una volta, non era colpa sua. Magnus stava fissando Alec negli occhi, preoccupato e aveva contemplato l’idea di calmarlo, ma dopo averci pensato due volte, aveva lasciato correre. Rapahel, da suo canto, sembrava divertito da tutto ciò, il che non era affatto sorprendente. Il silenzio si era protratto fino a quando qualcuno che si era schiarito la voce non li aveva fatti saltare tutti sul posto.
Alaric aveva i capelli scuri e degli occhi grigi chiari, messi in risalto dalla pelle marrone. Aveva le spalle larghe, era alto, ma non quanto Alec. Era davvero bellissimo, ma Alec, guardandolo, non aveva sentito il cuore stringersi nel petto. Andava bene così, però, perché la persona che gli provocava quegli effetti era dolorosamente irraggiungibile.
Era tranquillo, sensibile e forte al tempo stesso. Alaric non era di certo l’amore della sua vita, lo sapevano entrambi, perciò Alec si sentì un po’ meno in colpa nell’usarlo per dimenticare Magnus. Si erano divertiti alla festa, avevano riso molto e Alec non aveva trovato alcuna ragione che lo trattenesse dal portare le cose oltre, con lui, soprattutto visto che, in tutti quei mesi, aveva accumulato grande frustrazione sessuale, tanto che la pelle quasi gli pizzicava. Era umano. Alaric non sapeva proprio tutto nei dettagli, ma Alec era stato sincero riguardo ai suoi sentimenti (o della loro assenza, più precisamente). Alaric non era stato infastidito dall’onestà di Alec, anche perché nemmeno lui considerava la loro relazione una storia seria.
Ciò però non significava che avrebbe permesso ad Isabelle di insultare la loro relazione come era successo.
“Da quanto tempo sei qui?” gli aveva chiesto prudentemente Alec, guardandolo dal basso.
“Sono appena arrivato” aveva risposto, apparentemente sorpreso da quella domanda, abbassandosi per lasciargli un bacio sulle labbra. “Scusate il ritardo, mi hanno trattenuto al lavoro. Ciao a tutti” aveva aggiunto, salutando imbarazzato.
Gli altri avevano ricambiato e lui era andato a sedersi vicino ad Alec, che lo aveva fermato per alzarsi dalla cassapanca.
“Vado a fumare. Jace ordina anche per me, grazie” aveva borbottato, frugando nelle tasche per cercare le sigarette.
Aveva imprecato a bassa voce, quando aveva realizzato di averle lasciate sul balcone, la sera precedente e aveva imprecato una seconda volta perché era la prima volta che voleva veramente fumare, non per il semplice obiettivo di fare due chiacchiere con Magnus. In un qualche modo, ciò lo aveva fatto arrabbiare ancora di più.
Quest’ultimo si era alzato, al suo sguardo disperato, prendendo il suo pacchetto. “Mi unisco a te” aveva detto.
Senza aggiungere un’altra parola, Alec si era spostato verso l’uscita sul retro del ristorante. Si era appoggiato al muro e aveva aspettato pazientemente che Magnus lo raggiungesse. Gli aveva offerto una sigaretta, che aveva accettato volentieri, avvicinandosi a lui così che potesse accendergliela.
Il suo vicino gli aveva lasciato qualche altro minuto di silenzio e pace, prima di schiarirsi la voce, scuotendo leggermente la testa.
“Stai bene?”
Alec aveva respirato profondamente, gli occhi spalancati tanto per la confusione quanto per la rabbia. “Non so cosa le sia preso” aveva sospirato. “È lei ad esortarmi continuamente a cercare un fidanzato e ora che ne ho uno, non è felice? Cosa dovrei fare? Restare single fino a quando non trovo un ragazzo che non deluda le aspettative di Isabelle?”
Magnus aveva sorriso, stanco e impacciato. Non aveva niente a che vedere con il suo solito sorriso.
“Sono sicuro che avesse buone intenzioni” aveva detto. “Voi Lightwood siete molto protettivi.”
“Sì, ma questa volta non era semplicemente superprottetiva. Non so nemmeno cosa stesse facendo, non ha alcun senso.”
Magnus gli si era avvicinato, appoggiando una mano consolatoria sul suo braccio e Alec aveva sussultato per la nuova vicinanza. Non aveva detto nulla. Era stato lì a strofinare delicatamente il pollice sul bicipite di Alec. Era un gesto dolce e semplice, che però era riuscito a tranquillizzarlo. Aveva aspirato profondamente dalla sua sigaretta, soltanto perché aveva paura di non riuscire a fermare la sua bocca dal fare altro.
“Andiamo” aveva detto Magnus alla fine, buttando la sigaretta a terra e spegnendola con un piede. “Torniamo dai nostri amici prima che comincino a pensare che sei qui fuori a flirtare con me invece di tenere il muso.”
Alec aveva riso sommessamente e lo aveva seguito.
Quando erano tornati al loro tavolo, era ancora immerso in un imbarazzatissimo silenzio. Alaric era sembrato molto sollevato, quando Alec si era seduto al suo fianco.
“Okay, smettetela tutti di comportarvi in modo strano, dovrei esserlo io qui” aveva esclamato Magnus, tornando a sedersi vicino a Raphael. “Allora Alaric, cosa fai nella vita oltre ad essere bellissimo e corrompere il nostro caro Alec?”
Alaric era scoppiato a ridere, rilassandosi immediatamente. Non per la prima volta, Alec era estremamente grato che Magnus esistesse.
 
***

“Quindi…suppongo che l’Operazione Malec sia andata in fumo” aveva affermato Simon, sedendosi di fronte a Isabelle.
“L’Operazione Malec?” aveva ripetuto Jace, alzando un sopracciglio. “E cosa ci fa lui qui?”
“Mi hanno invitato Izzy e Clary” aveva risposto Simon, guardando il biondo.
Si erano riuniti in un piccolo coffee shop, tre giorni dopo, e Alec li stava raggiungendo, perciò Simon aveva pensato di aprire l’argomento per porvi una fine definitiva.
“A quanto pare” aveva sospirato Isabelle, ignorando completamente il fratello. “Non riesco a credere che abbia scelto proprio questo momento per trovarsi finalmente un ragazzo.”
“Non dovresti essere felice per lui?” aveva chiesto Clary, con un leggero cipiglio in volto.
“Sì, sì. Ovvio che sono felice per lui.”
Sembrava tutto, tranne che felice.
 
***

Alec odiava veramente la sua vita.
Non stava piovendo, stava diluviando. Era completamente fradicio e la maglia bagnata gli appiccicava fastidiosamente al petto. Stava correndo, nella speranza di arrivare al suo condominio il prima possibile. Il vento violento non stava di certo aiutando.
Quando era arrivato, si era fermato un minuto nell’ingresso, per riprendere fiato. Era saltato in aria, quando la porta si era aperta dietro di lui, e si era voltato, trovando un Magnus bagnato e infastidito, con un ombrello in mano.
“Bastardo fortunato” aveva borbottato.
“Che linguaggio sconcio” aveva sorriso Magnus. “Mai sentito parlare degli ombrelli? Sono stata un’invenzione straordinaria.”
“Ne avevo uno, ma si è rotto a causa del vento.”
Alec aveva premuto il bottone per chiamare l’ascensore, chiedendosi se quella giornata potesse peggiorare.
“Se ti fa sentire meglio, il look bagnato ti sta benissimo” lo aveva preso in giro Magnus.
Alec era arrossito e aveva cercato di nasconderlo alzando gli occhi al cielo, mentre entrava in ascensore, seguito dal suo vicino. Aveva poi premuto il tasto per il quinto piano. Stava cominciando a tremare, i denti sbattevano per il freddo. Magnus gli aveva lanciato un’occhiata preoccupata.
“Ti prenderai un raffreddore” aveva detto, accigliandosi.
“Per questo mi farò una doccia calda non appena arrivo a casa” aveva soffiato Alec, abbracciandosi per cercare un po’ di calore.
Ovviamente l’Universo aveva altri piani. Erano quasi arrivati al quinto piano – e lui riusciva già ad immaginare l’acqua calda scorrergli su tutto il corpo – quando l’ascensore si era improvvisamente bloccato e le luci erano andate vie.
“Oh, Cristo!” aveva urlato Alec, a nessuno in particolare, fissando il soffitto. “Davvero? Proprio ora?”
Magnus non era di sicuro la persona più ragionevole del mondo ma, in situazione come quelle, diventava completamente razionale. Perciò aveva premuto il pulsante di chiamata per le emergenze e parlato con l’assistenza, mentre Alec se ne stava lì in piedi ad imprecare. Quando aveva finito, si era voltato verso il suo vicino, le cui labbra stavano cominciando a diventare blu.
“Togli la giacca, è fradicia” aveva detto delicatamente, avvicinandosi.
Alec aveva seguito il suo consiglio, lasciandola cadere a terra. Senza dire una parola, Magnus aveva tolto il suo giubbetto, per appoggiarlo sulle spalle dell’altro, e aveva cominciato a sfregare le mani sulle sue braccia per procurargli un po’ di calore.
“Non sta aiutando” aveva balbettato Alec, a denti stretti.
Aveva fatto un passo indietro, restituito la giacca a Magnus, e poi aveva cominciato a sbottonare la camicia, con le dita tremanti. La stoffa si era attaccata al petto a causa della pioggia e gli sembrava di essere rinchiuso in una coperta di ghiaccio; non riusciva a pensare a nessun’altra soluzione, se non a togliersela. Quando non era riuscito a slacciare un bottone per ben tre volte, a causa del tremore, Magnus si era avvicinato e aveva continuato in quell’impresa demoniaca al suo posto, le dita ferme e sicure. Alec aveva trattenuto il respiro. Era troppo, ma al tempo stesso non abbastanza. Era troppo intimo, ma non intimo a sufficienza. Riusciva a percepire il respiro di Magnus sulla pelle, a vedere una scintilla tremolante nei suoi occhi verdi e avrebbe voluto, più che mai, prenderlo e portarselo il più vicino possibile. Era una tortura.
Magnus aveva fatto scivolare la camicia lungo le spalle e lo aveva coperto di nuovo con la sua giacca, gli occhi si erano fermati per un attimo sul petto nudo di Alec, prima di risalire. Non c’era traccia di sorrisini ironici sul suo volto, era serio e preoccupato, le sopracciglia corrugate. E Alec era completamente perso.
Magnus aveva provato a fare qualche passo indietro e sembrava quasi timido; sarebbe dovuto essere sufficiente affinché Alec si risvegliasse da quello stato di confusione e lo prendesse per le braccia, trattenendolo vicino a sé.
“C-calore umano” si era giustificato, perché riusciva a vedere la sorpresa negli occhi di Magnus.
Era probabilmente la peggiore scusa del secolo, ma Magnus non aveva controbattuto. Al contrario, si era avvicinato ancora di più, stringendo il fianco nudo di Alec con una mano. Sembrava che stesse andando a fuoco e stava tremando tutto. Era un incredibile paradosso: all’improvviso si sentiva tanto caldo quando freddo.
Magnus era più alto di lui, non di molto, ma abbastanza perché, quando erano così vicini, Alec era costretto ad alzare lo sguardo per guardarlo negli occhi. Questa non era stata di sicuro la migliore idea che avrebbe potuto avere, perché Magnus aveva uno sguardo così intenso che ci era voluta tutta la sua forza di volontà per trattenersi dal baciarlo in quell’esatto istante. Era di sicuro un’idea migliore rispetto al guardargli le labbra, però, perché in quel caso era sicuro che non sarebbe riuscito a trattenersi.
“Cazzo” aveva sussurrato, quando Magnus si era leccato le labbra e lui non aveva altro su cui spostare lo sguardo.
Lo avrebbe fatto. Se voleva essere onesto con se stesso, avrebbe dovuto ammetterlo. Lo avrebbe baciato se l’ascensore non avesse ripreso a muoversi all’improvviso, facendoli saltare per lo spavento.
Magnus si era allontanato e Alec era stato colto di sorpresa dall’improvvisa mancanza di calore. Non avevano più aperto bocca. Il ding che aveva indicato il loro arrivo lo aveva riportato sul pianeta Terra. Si era schiarito la voce ed era uscito, camminando dritto verso il suo appartamento.
“Ci vediamo più tardi” aveva sputato, voltandosi per guardare Magnus.
“Vai a farti una doccia calda” aveva sorriso, quando aveva raggiunto la sua porta, sparendovi dietro.
Forse a lui serviva una doccia fredda, aveva pensato amaramente.
Alec si permise di ripensare alla scena solo dopo essersi trovato nella doccia, l’acqua bollente a rilassargli le spalle.
“Cazzo” aveva detto, a nessuno.
La sua sola voce sembrava aver risvegliato qualcosa in lui, perché era stato improvvisamente colpito dall’immagine di Alaric, velocemente seguita da quella di Raphael. Era una persona orribile, terribile. E doveva chiamare il suo fidanzato urgentemente.
 
***

Magnus era perplesso.
Sembrava proprio che Alec stesse per baciarlo. Lo aveva capito dalla tensione del suo corpo e dagli occhi blu tormentati. C’era una piccolissima possibilità che se lo fosse sognato, ma era praticamente impossibile. Era un sognatore ad occhi aperti, ma non a questi livelli.
Comunque non era stato il fatto che fosse quasi successo a sconcertarlo, ma il fatto che Alec sembrasse volerlo. Magnus aveva passato gli ultimi sei mesi a flirtare con il suo vicino, dal primo giorno in cui si erano incontrati, a dirla tutta. Nelle poche occasioni in cui Alec aveva risposto positivamente, era sembrato tutto un gioco, una risposta irriverente alle sue battutine. Tuttavia, a parte queste rare volte, non aveva mostrato grande interesse.
E, per di più, aveva un fidanzato. Non da molto, ma Alaric era davvero e sicuramente reale.
Perciò niente di tutto ciò aveva senso.
E, come sempre quando qualcosa nella sua vita non aveva senso, Magnus aveva deciso di mettere la cosa da parte fino a quando non lo avesse avuto.
Alec era sembrato sorpreso quando, aprendo la porta, aveva trovato Magnus davanti a sé. Si era cambiato indossando uno dei suoi terribili maglioni, che Magnus avrebbe volentieri usato per accendere un falò, e il viso aveva riacquistato il suo colore naturale, il che era rassicurante.
“Magnus?”
“Brodo di pollo!” aveva annunciato allegramente, mostrandogli la tazza che aveva in mano ed entrando senza troppi complimenti.
Alec aveva alzato gli occhi al cielo, seguendolo. “Sto bene, la doccia ha aiutato.”
“Starai ancora meglio dopo il mio buonissimo brodo di pollo” aveva risposto Magnus, troncando il discorso.
Alec si era lasciato cadere sul divano vicino a lui, prendendo la zuppa che gli aveva preparato il vicino con un sorriso. Aveva imparato molto tempo prima a non controbattere Magnus quando si tratta di cibo.
“Grazie.”
“Beh, mi piaci davvero, e se muori dove lo trovo un altro vicino bello quanto te?” aveva affermato Magnus, drammaticamente.
Alec aveva sbuffato. “Allora tutto questo è per interesse personale, mh?”
“Quindi oltre al bell’aspetto hai anche un cervello!” aveva sorriso Magnus, giocoso.
“Sei fortunato che il tuo brodo di pollo sia fantastico, altrimenti ti avrei già cacciato.”
Sostanzialmente la parte del ‘fare finta di nulla’ stava funzionando piuttosto bene. Non c’era motivo per smettere di farlo.
 
***

La serata a casa di Magnus era la cosa che Clary preferiva al mondo.
Non era solo per la compagnia, piuttosto magnifica, ma soprattutto perché sapeva che si sarebbe divertita, e non solo grazie al . Sia che fosse per l’eccentricità di Magnus, le sue battute con Alec o Simon, o Isabelle che era semplicemente se stessa, succedeva sempre qualcosa di particolare. Per di più solitamente si sedeva sempre sulla destra del divano, vicino alla finestra. Non era di sicuro il posto da cui si vedeva meglio la TV, ma lo era per osservare i suoi amici.
“Non guarderò Love Actually un’altra volta” aveva borbottato Simon.
Stava frugando nei cassetti in cucina alla ricerca di un pacchetto di patatine, mentre Isabelle gli gironzolava intorno.
“Beh, io non guarderò Il Signore degli Anelli di nuovo, invece” aveva ribattuto con astio. “So già che ripeteresti a memoria tutte le battute.”
“Va bene. Ma non ho nemmeno intenzione di guardare uno di quegli strani spagnoli che piacciono a Raphael.”
“Non sei abbastanza intelligente per capirli” era intervenuto Raphael dal balcone, dove si trovava con Magnus.
“Lascia perdere, Sheldon” aveva detto quello con un sorriso. “È una battaglia che non puoi vincere.”
“L’ho notato” aveva sospirato Simon, rovesciando le patatine in un piatto.
Jace, che fino ad allora era stato seduto vicino a Clary in silenzio, si era proteso verso di lei, con un sorrisino a giocargli sulle labbra.
“Venti bigliettoni che guarderemo Love Actually” aveva sussurrato scaltramente.
“Non scommetto con te quando sono sicura di perdere” aveva sorriso lei. “Sappiamo tutti che Izzy ha sempre l’ultima parola.”
E infatti, mezz’ora dopo, erano tutti riuniti davanti alla televisione; Isabelle stava borbottando qualcosa riguardo l’accento inglese di Hugh Grunt, quando Alec era entrato nella stanza. Non aveva detto una parola e si era spostato subito in cucina per prendere una birra, per poi sedersi al suo solito posto vicino a Magnus. Isabelle si era mossa per prima: aveva preso il telecomando per stoppare il e si era poi girata verso il fratello.
“Sei rientrato presto” aveva affermato. “Non dovevi essere ad un appuntamento?”
Alec aveva annuito, ingerendo un sorso di birra.
“E? Cosa è successo?” aveva insistito Isabelle, accigliata.
“Ci siamo lasciati” aveva annunciato Alec, come se non fosse niente di importante, qualcosa che succede tutti i giorni.
Clary non aveva fatto a meno di notare il modo in cui Magnus si era spostato sul posto, un sorriso timido gli era nato sulle labbra e aveva tentato di nasconderlo mordendosi l’interno delle guance. Lo conosceva troppo bene per non notarlo. Si era chiesta da quanto tempo suo fratello provasse qualcosa per il vicino di casa.
“Cosa?” aveva urlato Isabelle, non riuscendo a fermare un piccolo sorriso.
“Fai almeno finta di essere triste” aveva borbottato Alec. “E fai ripartire il .”
Aveva lanciato uno sguardo alla televisione e respirato profondamente, fissando accusatorio Simon e Jace. “Seriamente? Di nuovo Love Actually? Non c’è nessuno qui che sa tener testa ad Izzy?”
“Fa paura, amico” si era lamentato Jace. Simon aveva semplicemente annuito.
Alec aveva alzato gli occhi al cielo, per poi sorridere.
“Stai bene?” gli aveva chiesto Jace, avvicinandosi per appoggiare una mano sul suo ginocchio con fare consolatorio.
“Sì, non era di certo l’amore della mia vita. E sono stato io a lasciarlo.”
“Mh, e perché?” aveva continuato il biondo, curioso. “Pensavo ti piacesse.”
“Ne parliamo più tardi” aveva risposto Alec, prendendo un sorso di birra.
Clary non conosceva bene Alec. Gli piaceva, ma non erano proprio migliori amici. Non avevano molto in comune, se non Jace e lei e Jace uscivano ufficialmente insieme soltanto da due mesi, per cui si erano concentrati più sul conoscersi piuttosto che conoscere le rispettive famiglie. C’era qualcosa di speciale in Alec, però. Era una persona molto chiusa, ma con gli amici era in realtà molto espansivo. Era impacciato e cercava sempre di sembrare più piccolo di quanto non fosse, o indossando vestiti troppo grandi oppure piegando le spalle in avanti, seppur inconsciamente, mentre camminava. Non era la persona più carismatica che Clary avesse mai incontrato, ma chi lo può dire.
Quando Alec parlava, tutti lo ascoltavano. Era quello responsabile, forse a volte persino troppo, ma anche persone cui non importava nulla come Jace, Isabelle o Magnus lo ascoltavano quando diceva di no. Era un’osservazione speciale come quest’uomo riservato e prudente potesse diventare un leader in mezzo secondo. Aveva una luce negli occhi che ti fermava dal controbatterlo.
Era proprio a causa di quel luccichio che né Jace né Isabelle gli avevano fatto altre domande.
C’era davvero qualcosa di speciale in Alec, aveva pensato Clary sporgendosi verso Jace, gli occhi di nuovo fissi sulla televisione.
 
***
 
Raphael, è una questione di vita o di morte. Vieni da me immediatamente.
Raphael non era esattamente una persona affettuosa. La maggior parte della gente diceva che era uno stronzo e che non gli importava affatto di quello che dicevano gli altri. In ogni caso, per quanto stronzo potesse essere, di fronte a messaggi così non riusciva a non saltare in macchina e raggiungere Magnus al suo appartamento.
Magnus ci aveva messo circa cinque secondi ad aprire la porta – non che Raphael li avesse contati.
Lo aveva guardato dall’alto verso il basso, alzando un sopracciglio. Magnus aveva addosso uno dei suoi strettissimi paia di jeans e non portava la maglia, la pelle scura brillava a causa del sudore (e probabilmente anche grazie a un po’ di glitter, si era detto Raphael).
“Quale sarebbe questa questione di vita o di morte?” aveva chiesto subito. “Stai bene? Perché non hai su una maglietta?”
Odiava quando Magnus lo spingeva a dimostrare che, infondo, si preoccupava per lui.
Magnus lo aveva seguito all’interno dell’appartamento e si era fermato nel salotto, indicando il casino che aveva probabilmente creato lui stesso sul pavimento. C’era un mucchio di pezzi di legno e viti.
“Ho provato a montare questa mensola per due ore e non ho ancora capito come fare!”
Raphael lo aveva guardato storto, con la bocca spalancata.
“Magnus, questa non è una questione di vita o di morte” aveva urlato, più infastidito che arrabbiato. “Mi hai spaventato!”
“Oh tesoro, non sapevo ti importasse così tanto” aveva risposto Magnus con un sorriso e una luce negli occhi che Raphael aveva deciso di ignorare. “E questa è una questione di vita o di morte perché se questa mensola demoniaca non sarà pronta entro un’ora potrei uccidere qualcuno o me stesso o entrambi.”
Raphael aveva alzato gli occhi al cielo e si era piegato per raccogliere il foglietto delle istruzioni da terra. “Dio, sei proprio melodrammatico” aveva sospirato. “E poi perché ti serve una nuova mensola?”
“Sto ridecorando” aveva detto Magnus, fermando qualsiasi commento con un cenno della mano.
“Devi smetterla di ridecorare tutti i mesi” aveva borbottato Raphael, togliendosi la giacca per poi lanciarla sul divano. “È estremamente fastidioso, proprio come lo sei tu.”
“Smettila di fingere di non sapere quanto sono fantastico.”
Raphael aveva sbuffato, lanciando un’occhiata critica agli attrezzi di Magnus. Aveva raccolto un cacciavite per smontare il casino creato dal suo amico.
“Perché non hai chiesto aiuto ad Alec?” aveva chiesto, mentre proseguiva nel suo lavoro. “Sono sicuro che sappia come montare una mensola e in più ti avrebbe dato l’occasione di fissargli il sedere come fai continuamente.”
“Hei” aveva protestato Magnus. “Non sono così anti sgamo!”
Raphael aveva cominciato a tossire, indignato. “Sì. L’unico modo per essere più esplicito sarebbe gridare ‘voglio un pezzo di quel sedere per Natale’, ma d’accordo Magnus, hai ragione tu.”
“Sai come si dice, no? Il sarcasmo è la forma più bassa di arguzia” aveva risposto, mettendo il broncio.
“Disse colui che ha inventato il sarcasmo.”
Raphael aveva poi raccolto il martello da terra per fissare due assi. Non poteva vedere Magnus, ma riusciva ad immaginare la sua solita espressione da ostinato, le sopracciglia corrugate e le dita che si muovevano leggermente. Questa cosa succedeva probabilmente con tutte le persone che si conoscono da molto e i cui comportamenti sono quindi famigliari.
“Allora, perché non l’hai chiesto a lui?” gli aveva domandato.
“È al lavoro” aveva risposto Magnus, fissando le unghie colorate di verde con nonchalance.
Raphael aveva acconsentito sotto voce, concentrandosi sul suo lavoro. Non era così complicato e non riusciva a capire a cosa fossero dovute le difficoltà di Magnus. A pensarci bene, probabilmente non voleva rovinarsi lo smalto. Magnus era una vera diva.
Ci aveva messo meno di venti minuti a montare la mensola. Quando aveva terminato, Magnus aveva fortunatamente indossato una maglia.
Si era poi seduto sul divano, accettando volentieri il bicchiere di vino rosso offertogli dall’altro.
“Cosa c’è tra te e Alec, comunque? Perché non gli hai ancora chiesto di uscire? Tutta questa tensione sessuale tra di voi sta diventando fastidiosa.”
“Da mio ex fidanzato, non dovresti cercare di sistemarmi con qualcun altro” aveva risposto Magnus casualmente, sedendosi a gambe incrociate vicino a lui.
Raphael aveva sbuffato. “Essendo il tuo ex fidanzato, sono la persona più adatta per dirti di darti una svegliata e chiedergli di uscire.”
Non parlavano spesso della loro relazione. Magnus era stato il primo ragazzo di Raphael. Lui aveva sedici anni, Magnus diciotto e non era durata a lungo.
Erano amici sin da bambini. Magnus era già molto socievole e Raphael estremamente irritabile. Ricordava ancora benissimo il giorno in cui si erano incontrati. Era successo nel parco dietro l’appartamento di Luke. Magnus era lì controllato dal padre e correva intorno insieme a Luke per fare amicizia con chiunque. Raphael era seduto sotto lo scivolo. Era lì solo perché la madre lo aveva forzato, per permettere alla sorellina di giocare con gli altri bambini. Raphael stava meglio da solo e si divertiva a giocare con le sue figurine di Iron Man. Magnus si era mosso verso di lui e aveva cominciato a parlargli, come se fossero stati amici da sempre. Raphael aveva fissato incredulo l’altro, che aveva preso a parlare e parlare senza mai fermarsi, senza essere infastidito dal suo silenzio che solitamente faceva allontanare tutti. Poi era stato semplicissimo e naturale diventare amico di Magnus, più che altro perché quest’ultimo non gli aveva lasciato molte scelte. Magnus era riuscito ad affascinare la madre di Raphael in pochissimo tempo.
Erano cresciuti insieme. Raphael era consapevole del fatto che non era stata la socievolezza di Magnus a consolidare la loro amicizia. Raphael aveva perso il padre quando aveva due anni, praticamente non lo aveva mai conosciuto, non riusciva a ricordarlo. Seppure piccolo però, comprendeva il significato di una perdita e del dolore. Raphael aveva sette anni quando Magnus aveva perso il padre a causa del cancro. Quando lo aveva scoperto, aveva chiesto di essere accompagnato a casa sua e quando era arrivato, Magnus gli aveva sorriso; un sorriso triste e spezzato, ma pur sempre un sorriso. Da quel momento Raphael non lo aveva mai abbandonato.
Magnus era il suo unico amico per cui era stato normale, per Raphael, parlargli dei suoi dubbi sulla sua sessualità. Quella di Magnus non era un segreto. Aveva fatto outing nell’esatto istante in cui aveva capito di essere bisessuale, Luke e Jocelyn lo avevano accettato senza pensarci due volte, perché lo amavano per quello che era.
Per Raphael era stato completamente diverso. Era stato cresciuto in un ambiente estremamente religioso, dove essere etero era praticamente una regola e la migliore delle opzioni. Magnus era con lui quando lo aveva detto a sua madre e ai suoi fratelli e gli aveva tenuto la mano per tutto il tempo. Non era stato facile, ma alla fine lo avevano accettato. Magnus aveva pregato per lui, gli occhi ardenti di sicurezza e affetto, e ciò lo aveva aiutato. Quando erano tornati alla loro solita panchina nel parco, Raphael si sentiva molto più leggero e lo aveva baciato. Era sembrato il modo migliore per ringraziarlo per tutto quello che aveva fatto. Era stato strano perché, dopo tutti quegli anni, Raphael non pensava di vivere nuove prime volte con Magnus, ma al tempo stesso era stato anche bello e infatti avevano cominciato ad uscire insieme.
Non era durata a lungo. Non perché non si amassero, ma più che altro perché il loro era un amore fraterno.
Inoltre Magnus aveva conosciuto Camille e si era completamente innamorato di lei.
Raphael non era mai stato una persona affettuosa. Magnus era sempre stato l’unico abbastanza forte da riuscire a distruggere i suoi muri. Quindi forse ora toccava a lui rompere quelli che l’amico aveva costruito intorno a sé.
“Non gli chiederò di uscire” aveva sospirato Magnus, rompendo il lungo silenzio.
“Perché no?” gli aveva chiesto Raphael, con un cipiglio in volto. “Magnus, ti conosco e sei talmente cotto per quel ragazzo che sta diventando una cosa morbosa.”
L’amico era arrossito e Raphael aveva sorriso. Fare arrossire una persona sicura quanto Magnus con la semplice capacità di ciò che prova è gratificante.
“Non ha alcun senso chiedergli di uscire, sapendo che mi direbbe di no” aveva sospirato. “Non voglio rendere le cose strane tra di noi.”
“Perché sei così sicuro che rifiuterebbe?”
“Lui è…sta raramente al gioco quando flirtiamo e fa sempre due passi indietro quando cerco di avvicinarmi, non perché sia disgustato, ma come se si sentisse…in trappola” aveva sospirato, la voce sembrava lontana, lo sguardo perso nel liquido scuro del bicchiere.
Si era poi schiarito la voce, aveva scosso la testa e sul suo viso era ricomparso il famigliare sorrisino sarcastico.
“Basta con queste chiacchiere” aveva detto, con un tono troppo allegro per essere naturale. “Come sta il caro Ragnor? Come lo sta trattando il Perù? Non lo sento da settimane, quello stronzo.”
“Non chiamare il mio fidanzato stronzo, coglione” aveva borbottato Raphael.
Avrebbe dovuto sicuramente avere gusti migliori in fatto di migliori amici.
 

Nda.
Finalmente un po' di movimento e di hot scenes in questa storia!
Eccomi con un nuovo capitolo, come promesso. Purtroppo, anche se gli impegni scolastici sono pressoché finiti, non sono riuscita a di giovedì nemmeno questa volta. Molto probabilmente il prossimo capitolo arriverà esattamente giovedì 16, così che poi possa riprendere a sempre lo stesso giorno. Tuttavia mi dispiace dirvi che non posso garantirvi nulla perchè il prossimo lunedì inizio lo stage e sarò impegnata tutti i giorni fino alle 17.00 circa.
Comunque, passando al capitolo. VOGLIAMO PARLARE DELLA SCENA IN ASCENSORE? No perchè, non so voi, ma ho sclerato e fangirlato tantissimo. Anche ora, traducendola, ci sono rimasta malissimo per il mancato bacio. Comunque perseverate e non abbattetevi proprio ora perchè cambiamenti significativi stanno arrivando. Abbiamo poi dei chiarimenti riguardo al rapporto tra Magnus e Raphael, che purtroppo però non avvengono di fronte ad Alec (non ancora). Credo che tutti aveste già capito che i due non stavano insieme. Come vi avevo detto l'idea che Alec si fa della relazione tra questi due personaggi avrebbe influenzato fortemente tutta la storia. Ho appena finito di tradurre il capitolo e purtroppo non avevo voglia di rileggerlo tutto e revisionarlo, anche perchè è leggermente più lungo del solito, ma domani non avrei avuto tempo di pubblicarlo, quindi eccomi qui.
Fatemi sapere cosa ne pensate di questi stravolgimenti e sclerate con me, grazie. Come al solito vi ricordo che la storia non è mia (potete trovare l'originale qui su AO3), ma soltanto una traduzione, tutti i diritti (tranne quelli della traduzione, che ricordo non può essere copiata da nessuna parte) sono dell'autrice (Lecrit). Vi lascio con lo spoiler del capitolo successivo che vi lascerà con un'ansia assurda (vi faccio aspettare fino al 16 per l'aggiornamento anche per questo, eh già) e una bellissima gif dei nostri amatissimi Clace, questa volta!
Ci sentiamo alla prossima, I. xx




(SPOILER)

“Scusa” aveva detto Jace. “Cosa ti ricordi?”
“Niente” aveva sospirato, cercando di farsi passare il mal di testa per riavere indietro i ricordi. “Oh sì, ricordo che Simon mi ha sfidato a chi beveva più shots. Sono piuttosto sicuro di aver perso, costatando il mio stato.”
Jace aveva esitato per qualche secondo prima di schiarirsi la voce. “Ricordi…altro?”
Se fosse stato in grado di muoversi, Alec si sarebbe probabilmente ghiacciato sul posto. Il tono di suo fratello in quel momento era la cosa più preoccupante che avesse mai sentito in vita sua.
“Che cosa è successo?” aveva chiesto, frettolosamente. “Che ho combinato?”

 
 
  
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