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Autore: Nephrite ekips    06/06/2016    1 recensioni
Nephrite e Zachar nemici mortali oppure grandi amici a seconda del giorno.
Zachar fa chiarezza sul loro rapporto, analizzando i punti chiave della loro vita insieme.
Mia prima storia dedicata interamente a Medea Astra che oltre ad essere una cara amica è stata anche l'artefice di questa mia vena da scrittrice.
Spero che la storia piaccia a voi così come a me è piaciuto scriverla.
Buona lettura!
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Shitennou/Generali
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Nel corso della mia vita centenaria ho passato tante avventure.
Ho visto, vissuto e sentito cose che hanno dell’incredibile,  emozioni tanto belle quanto brutte e spesso non ricordo nemmeno l’esatto ordine cronologico.
 
La cosa che ricordo più chiara era la tua presenza, non importava che fossi alleato o nemico, tu c’eri!
 
Non ho mai fatto chiarezza sul tipo di sentimento che provassi per te, ti amavo o forse ti odiavo.
 
Ricordo il giorno in cui ci incontrammo, arrivasti spavaldo, arrogante come sempre sei stato.
Ecco, ti odiavo già.
E con la tua impetuosità unisti sia me che gli altri due generali con cui mai avevo avuto rapporti prima del tuo arrivo.
 
Hai sempre creduto di essere superiore e non hai perso occasione di dimostrarlo, anche durante battaglie quante volte mi hai fatto scudo e sei venuto a salvarmi.
E poi ti beffavi di me, perché sapevi che ti dovevo un favore.
Ed io ti odiavo, ti odiavo terribilmente.
 
Quando arrivarono le Sailor, quelle maledette.
Kaspar cedette al fascino di Minako, mi sentii morire… piansi disperata.
E mi ritrovai te alle mie spalle che con rimprovero mi spronasti ad esser forte. “Sei un generale! Non ridurti come una comune donnina.”
Mi porgesti la tua spalle e mi desti conforto, per una volta togliesti l’abito da generale e mostrasti il fratello che c’era in te.
E ti amavo, ti amavo tantissimo.

I giorni successivi mi trattasti come indifferenza, come se ti avessi fatto qualcosa, ma poi capii… avevo decisamente pianto troppo per i tuoi gusti, ed eccolo di nuovo lì l’odio, era più forte di te.
Dovevi farmi sentire sbagliata, ti odiavo da morire, decisi che mi sarei vendicata.
Ma quando venni in stanza per rimproverarti ti sentii litigare con Kaspar.
Eri furioso per il suo comportamento, lui promise che sarebbe cambiato.
Ti dovevo un altro favore.
 Ti odiavo.
 
Eri così, roba del tipo mai dare soddisfazione a Zackar potrebbe montarsi la testa, ero sempre io quella che veniva a piangere da te…tu mai! Eri troppo orgoglioso per mostrarti debole e ti odiavo terribilmente per questo.
E ti odiai quando finì la tua relazione con Makoto, mai una volta che tu avessi scelto la mia spalla per piangere, dovevi fare sempre quello forte, sempre quello orgoglioso.
Avrei potuto darti tanto affetto, avrei potuto dirti che lei non era degna.
 
Non lo era perché tu eri il più impavido dei generali, meritavi una donna consapevole della fortuna che aveva.
Ti odiavo anche per questo Neph…non hai mai avuto grandi capacità di giudizio.
 
Ero stanca di vedervi discutere, lei non ti meritava.
Pensai dunque che fosse arrivato il momento di saldare il mio debito.
 
Pregai la donna di lasciarti andare, e lei mi ascoltò senza opporsi neanche poi tanto.
Almeno avevo ragione.
 
Era tutto perfetto. Il mio migliore amico tornò com era prima, senza mai scoprire le vere cause della rottura.
Almeno così credevo.
Sei sempre stato bravo a fingere…
 
Dopo anni di battaglie e momenti condivisi insieme arrivò Berly desiderosa di vendetta nei confronti del nostro principe, e scelse noi come pedine per i suoi piani.
 
Per molti anni restammo lontani, ognuno ebbe una zona diversa nel mondo in cui raccogliere energia per risvegliare Metallia.
In quei periodi mi credevo invincibile, convinta che se ti avessi rivisto le cose sarebbero andate diversamente, che sarei stata io quella col coltello dalla parte del manico, che la bambina piagnucolona non c’era più.
 
Ma un giorno fummo riuniti a Tokyo, ed i nostri occhi si incrociarono per un attimo.
Ero felice di vederti, mi sentii invasa dalla gioia, e fui sorpresa da quella gioia, perché escludendo l’amore per Lord Kaspar, in me non viveva altro che l’odio e la crudeltà.
Ma tu non eri uno qualunque.
Insieme a Kaspar e Jack eri la mia famiglia, non avrei vissuto un attimo senza di voi.
Quando ti guardai negli occhi capii.
Non dicesti nulla, ma il tuo sguardo parlò per te.
Per tutto quel tempo non avevi detto nulla, ma sapevi quello che avevo fatto.
 
Ed il mio cuore si spaccò in due, ti amavo. lo capii solo in quel momento.
E quell’amore è stato la mia rovina. Non accettavo il tuo odio, non potevo vivere nella tua indifferenza.
Ma ero troppo orgogliosa per parlarti e lo stesso anche tu.
Non eravamo di certo due persone normali.
 
E allora andò così, ogni giorno una battaglia su chi fosse meglio, una competizione continua in cui nessuno vinceva e tutti soffrivano, soffriva il gruppo che ormai era spaccato, soffrivo io ma non l’avrei mai ammesso e soffrivi tu.
Ma andava bene comunque.
In ogni caso facevi parte della mia vita, nel bene e nel male. L’avrei accettato.
Ma sei cambiato di nuovo.
Berly ti mandò sulla terra e tu cambiasti.
Stavi soffrendo per la scomparsa di Jack, l’avevi allenato tu, era il tuo protetto.
La sua scomparsa fu il pretesto perfetto per allontanarti.
La tua presenza divenne sempre più sporadica, anche i rapporti a Berly divennero sporadici.  
 
E di nuovo l’odio fece largo in me.
Come poteva un grande Shitennou vivere insieme ai terrestri, come uno di loro.
Decisi di riportarti a casa facendoti visita al castello.
Volevo darti fastidio, come facevo sempre.
Ma tu non eri lo stesso di sempre, fingevi che ti importasse della missione.
Come se non mi fossi accorta che qualcosa era cambiato.
E quando scoprii cosa mi sentii morire.
Nephrite… l’impavido generale delle stelle, il guerriero fiero ed orgoglioso che perdeva la testa per un- per una terrestre.  Un’insulsa bambina delle superiori che portava ancora il fiocchetto nei capelli.
Non potevo accettarlo.
No.
Decisi dunque di intervenire, ancora.
Ma purtroppo non andò come previsto….
Come si cambia nella vita, l’uomo che una volta faceva scudo alla sua migliore amica nelle battaglie stavolta le aveva voltato le spalle, preferisti fare scudo a lei piuttosto che tornare da noi, la tua famiglia e da me, la tua migliore amica.
 
Eri lì dolorante, e debole, lei ti aveva reso debole.
Avevo causato io la tua fine ma nonostante questo decisi di andarmene, non avrei potuto continuare la mia vita assistendo alla fine della tua. 
Fui vigliacca, ancora una volta.
Scelsi la strada apparentemente più facile, e grande è stato il rimorso.
Avremmo potuto parlarne Nephrite… potevamo risolverla come persone normali.
 
Ah già, non lo eravamo.
 
I giorni successivi furono difficili, tuttavia qualcosa avevo imparato da te, iniziai a fingere con Kaspar che non mi importasse niente, che infondo quella fine te la meritassi, ci avevi tradito.
Ma la morte sa bene dove posare la sua falce.
Se tu meritavi la morte, io devo andarmene dopo di te.
 
Non ero pronta per lasciare Kaspar, cercai di prolungare quanto più possibile quel momento, ma morì felice, tra le braccia del mio uomo e sicura che una volta arrivata dall’altra parte  avrei ritrovato i miei amici di sempre, avrei trovato te con lo sguardo corrucciato e con le braccia aperte.
 
Non ricordo nulla di quei momenti, ricordo solo un intenso dolore al corpo e improvvisamente mi ritrovai nel regno delle tenebre, ormai distrutto,  intorno a me solo macerie e buio.
La voce di Kaspar mi fece risvegliare, e poi l’incredulità.
Eravamo vivi e stavamo bene.
Da lontano vidi Jack confuso e mi sentii felice nel rivederlo dopo tanto tempo.
Eravamo noi tre, e la gioia mi pervase ancora di più.
Da qualche parte c’eri anche tu.
Ti cercammo e ti trovammo accanto al trono di Berly, eri ferito e sofferente come quella sera.
Non avevi più forze, le ultime le consumasti per scagliarmi qualcosa contro, non ricordo se fece male quel colpo. Ero troppo impegnata a soffrire per lo sguardo carico d’odio che mi riservasti, ancora una volta avevo agito alle tue spalle.
Dopo quel colpo cadesti a terra privo di sensi.
Io e gli altri ti medicammo e ci prendemmo cura di te.
Restasti in stato di incoscienza per otto giorni, e in neanche uno di questi abbandonai il tuo capezzale.
Jack era confuso, chiese spiegazioni al tuo gesto e gli spiegai tutto, anche di Makoto.
Vuotai il sacco con i due generali ignari.
Finalmente mi liberai di quel peso.
 
Jack e Kaspar non la presero bene, dissero tante cose, e l’ammetto non mi importava niente di ciò che pensassero, l’unica cosa che volevo era il tuo risveglio.
Cercai ovviamente di giustificarmi, non volevo ucciderti, non volevo toglierti quella ragazza, volevo solo che tu avessi avuto il valore che meritavi, che tornassi quello di un tempo, che tornassimo uniti come un tempo.
Mentre discutevamo apristi gli occhi, ed il mio cuore si riempii di gioia.
Kaspar e Jack ti abbracciarono calorosamente.
Eravate bellissimi, sembrava essere tornati a quei giorni spensierati nell’orfanotrofio ed oggi come allora avevo timore nell’avvicinarmi a te, temevo quello sguardo indifferente, tant’è che restai in disparte, limitandomi ad osservare.
Kaspar e Jack si spostarono simultaneamente, ed i miei occhi incontrarono i tuoi.
E meccanicamente abbassai lo sguardo per la vergogna.
“Nephrite… io… insomma … mi dispiace…”


Le parole mi si strozzarono in gola, non riuscii a far nulla se non avvicinarmi a te.
Cercai di mantenere la compostezza ma riuscii solo a piangere di nuovo, era la cosa che mi riusciva meglio.
Sentii un caloroso tocco sopra la testa.
La tua mano gentile mi carezzava amorevolmente.
Alzai la testa e rividi il mio migliore amico, il fratello di tante battaglie il confidente di notti insonne, la spalla su cui piangere.
Non importava quanto mi sforzassi, alla fine ero sempre in debito con te.
Ma stavolta non mi importava più, ti amavo, finalmente l’avevo capito.
Parlammo tutta la notte,  ricordammo gli avvenimenti, le grandi battaglie, le litigate, la sofferenza di esserci persi e la gioia di esserci ritrovati, eravamo di nuovo noi 4 invincibili, inseparabili.
La cosa più bella era che, dopo più di 100 anni ne stavamo parlando.
Così, come due persone normali.
   
 
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