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Autore: not_clivford    06/06/2016    2 recensioni
Sperava di ricordare qualcosa, qualsiasi cosa della sua vita fino a quel momento. Gli sarebbe bastato una persona, un oggetto, o anche solo un nome, ma il Fato non sembrava essere della stessa idea.
Genere: Angst, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Percy Jackson, Percy/Annabeth
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Percy non riusciva a ricordare. Più si sforzava, più i ricordi sembravano scomparire. Pensava che una volta tornato dall'impresa sarebbe finalmente riuscito a rimembrare tutto, ma la sua mente sembrava essere completamente vuota. Aveva qualche ricordo confuso: una professoressa di algebra, un "quando dormi sbavi” detto con superficialità e stizza, l’Empire State Building, un bacio casto e leggero scambiato fra due adolescenti alle prese con il loro primo amore.
Percy aveva poche certezze, ma di sicuro sapeva che quello non era il suo posto. Era la stessa sensazione che lo aveva colpito quando vide i centauri e i ciclopi combattere contro di loro: era sbagliato. Lui non doveva essere lì, eppure Reyna aveva detto che era possibile che fosse sopravvissuto tutto quel tempo grazie alla sua maestria e alla sua bravura, al suo stile di combattere da graecus. Molti gli avevano dato quel soprannome, come se non fosse romano e non facesse parte del Campo Giove.
Quel pomeriggio sarebbe arrivata l'attesissima nave, la Argo II, e Percy aveva un po' di paura. Chi avrebbe incontrato? A bordo c'erano i suoi amici? Magari c'era la sua fidanzata. Fidanzata. Non sapeva se ce l'aveva, ma ipotizzò di sì, dato che più e più volte gli era capitato di ricordare un bacio e, a meno che la suddetta ragazza non fosse morta, pensò di essere fidanzato.
“Lei non è importante” gli aveva detto una dea in sogno. “Mi ha mancata di rispetto, non merita di essere ricordata”. Percy pensò che anche lui aveva mancato di rispetto la suddetta dea e, per qualche assurdo motivo, non si sentiva pentito. Gli era stato detto più volte che non bisognava mai e per nessun motivo mancare di rispetto agli dei, neanche in una situazione in cui eri chiaramente dalla parte del giusto.
«Percy, tu cosa ne pensi a riguardo?» la voce di Reyna lo fece risvegliare dai suoi pensieri che lo tenevano sveglio la notte.
«Credo… che dovremmo fidarci. Potrebbero avere le risposte che cerchiamo. E… magari Jason è con loro, su quella nave»
Si era discusso a lungo, in quei giorni, su cosa avrebbero dovuto fare dopo l'arrivo dell’Argo II, principalmente perché far approdare una nave volante, possibilmente da guerra, nel luogo in cui erano raccolti migliaia di semidei, sembrava alquanto sconveniente.
«Fidarci dei greci?! Certo, così magari bombardano anche Nuova Roma!» esclamò Ottaviano «Pensateci: non sappiamo chi siano, hanno Jason e tu sei uno di loro. Magari gli hai anche passato informazioni sul Campo Giove»
Il sacerdote non sembrava fidarsi ancora del nuovo arrivato, e sicuramente non si sarebbe scomodato ad appoggiarlo in una seduta del Senato.
Percy si alzò dalla sedia da pretore per poi rivolgersi a Ottaviano, cercando di trattenere l’impulso di tirargli un pugno in faccia.
«Ho già detto che non ricordo assolutamente niente del mio passato, e nemmeno l’impresa mi ha aiutato. Non sto mentendo, anche perché non avrei ragione di farlo. Non ho intenzione di distruggere Nuova Roma e il Campo Giove. Non dopo che mi avete dato una mano e un posto in cui stare.»
«Menzogne!» fu la pronta risposta del sacerdote, aggressivo e diffidente come sempre «Lui è un graecus! I semidei greci e romani non hanno mai collaborato, cosa vi fa pensare che questa volta ci riusciremo?»
«Forse, e dico forse, ci serve unire le forze perché la dea più antica e potente mai esistita si sta svegliando e distruggerà tutto, se non la fermeremo.»
Inevitabilmente la discussione si accese anche fra gli altri membri del Senato, per la maggior parte propensi ad ascoltare Ottaviano piuttosto che Percy, nonostante fosse un pretore.
Come Reyna intervenne, cadde nuovamente il silenzio, e l’attenzione si spostò su di lei.
«Litigare tra di noi non servirà a niente. Io propongo di acconsentire l'entrata a Nuova Roma ai greci e di preparare le armi. Se cercheranno di attaccare non ci faremo trovare impreparati. Siamo romani: ricordiamoci dei nostri valori»
Con il consenso della maggior parte dei membri, la seduta si sciolse così, lasciando i semidei a prepararsi per l’arrivo dei greci. Tuttavia, serpeggiava ancora qualche mormorio di disapprovazione.
La nave arrivò pochi minuti dopo, apparendo in volo sopra il Senato. Insomma, non proprio il miglior modo per presentarsi a un’orda di semidei diffidenti pronti a imbracciare le armi da un momento all’altro. Una polena a forma di testa di drago annunciò il loro arrivo, sputando una colonna di fuoco che fece intimidire la folla romana. Poi, finalmente, venne calata una scaletta dalla nave, e da lì comparvero quattro semidei. Era sicuro di non conoscere nessuno di loro, ma quando incatenò i suoi occhi con un paio grigi e tempestosi della ragazza bionda qualcosa si mosse in lui. Era certo di averla già vista, ma non si ricordava minimamente chi fosse. Poi lei sussurrò il suo nome, e quel fastidio si fece sempre più insistente come a dirgli che doveva ricordarsi di lei. Che non poteva dimenticarla, come se qualcosa li legasse.
Accadde tutto in un attimo: la ragazza corse verso di lui con uno sguardo minaccioso, come se avesse intenzione di ucciderlo, facendo mettere all'erta tutti i semidei che li circondavano. Gli gettò le braccia al collo e lo baciò, lasciandolo interdetto. Quel sapore nostalgico, le mani di lei che gli accarezzavano i capelli, il sapore di limone... Tutto ciò gli era familiare, ma non riusciva a ricordare chi fosse. Si fece forza e mise le mani sulle spalle della ragazza allontanandola da lui delicatamente e lentamente, quasi intimorito dal fatto che si sarebbe potuta rompere solo con quel gesto.
«Scusa, ma...ci conosciamo?»
   
 
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