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Autore: martaparrilla    07/06/2016    9 recensioni
Henry ha 8 anni e non parla più da diciotto mesi. Sua madre, Regina, è convinta che quella sia la giusta condanna per non essere riuscita a proteggerlo dal dolore per la perdita del padre. Un giorno, le loro vite incrociano quelle di Emma che, cauta e silenziosa, riuscirà a conquistare la fiducia del piccolo Henry.
E forse, anche quella di sua madre.
Basterà questo a farlo parlare di nuovo? Henry odia davvero sua madre come essa afferma?
Anche stavolta ho dovuto alternare il punto di vista dell'una e dell'altra, è una cosa che non riesco a evitare per riuscire a spiegare al meglio le decisioni prese da entrambe e come queste influenzino positivamente la crescita del rapporto dei tre protagonisti.
La storia è puramente frutto della mia fantasia, nonostante si tocchino argomenti che troppo spesso le donne sono costrette ad affrontare da sole e in silenzio.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Henry Mills, Regina Mills
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Siamo alla prima settimana di ottobre.

Ho sempre pensato che per un paziente in coma il risveglio fosse la parte più difficile.

Mi sbagliavo.

Le complicazioni e le difficoltà per me sono appena cominciate.

Le braccia, le gambe e qualunque muscolo del corpo era totalmente indebolito dalle settimane di immobilità. I primi giorni non riuscivo a tenere una semplice posata in mano e mia madre ha dovuto imboccarmi, con mio estremo imbarazzo. Non riuscivo a sistemarmi i capelli, non potevo andare in bagno da sola e non potevo lavarmi da sola. Vedevo il mio corpo magro e indebolito e pensavo a quando sarei riuscita nuovamente ad essere indipendente.

Da tre settimane è l'unico obiettivo della mia vita.

Col passare dei giorni i piccoli obiettivi stilati dal fisioterapista vengono raggiunti, uno per uno, volta per volta. Mangiare da sola, farmi la coda, tenere il cellulare in mano, passare dalla posizione supina a quella seduta (sempre rigorosamente nel letto) con l'aiuto della sponda che ho accanto.

La notizia del trauma spinale mi lascia interdetta, ma non mi traumatizza come quando sono costretta a chiamare aiuto per i miei bisogni fisiologici.

Sogno la mia vasca da bagno e il mio letto tutti i giorni e ogni volta che Regina varca la porta della mia camera vorrei scomparire in una nuvola di fumo. Per fortuna non mi sono ancora guardata allo specchio, credo che avrei avuto un infarto. Come posso essere anche solo lontanamente attraente per lei?

Il mio fisioterapista (il migliore dell'ospedale), dice che in tre settimane ho fatto molti più progressi io di quanti ne abbia visto fare nella sua lunga carriera lavorativa. “Ho un valido motivo per velocizzare le cose” gli rispondo sinceramente.

La forza nelle braccia è quasi in completo recupero, mentre il recupero del funzionamento della gamba destra non procede alla stessa velocità. Riesco a passare dal letto alla sedia a rotelle in totale autonomia ma quando tento di caricare il peso, questa cede, sempre.

Non mi lascio scoraggiare da questo.

E nemmeno dalle cicatrici sull'addome. Ogni giorno sollevo la maglia e le sfioro. Sono rosse e ancora sensibili al tocco, ma di certo col tempo diventeranno quasi invisibili.

Oggi è il gran giorno del mio rientro a casa. Attendo mio padre sulla mia sedia a rotelle, con al mio fianco Regina, che ha un sorrisetto malvagio e sento nasconde qualcosa.

«Tu mi nascondi qualcosa.»

Le dico con tono offeso.

«Guarda che sei tu che hai dimenticato di dirmi che passerai il pomeriggio tra estetiste e parrucchiere e bagno turco e quant'altro.»

Mia madre che non si sa fare i cavoli suoi.

«Bé, come minimo devo rimettermi a nuovo» dico stizzita «tu sei sempre meravigliosa e io devo per lo meno tornare normale.»

Sento svolazzare il suo camice accanto a me e di colpo me la ritrovo di fronte con le mani poggiate sui manici della sedia. Il suo naso dista mezzo centimetro dal mio.

«Tu sei meravigliosa anche ora e non azzardarti mai a dire il contrario, va bene?» mi sfiora le labbra con le sue.

«Non va bene perché mi sono guardata allo specchio e non mi piace quello che ho visto e deve piacere anche a me, non credi?» ribatto decisa.

«In effetti intravedo dei baffi qui...»

Sgrano gli occhi imbarazzata. Lei scoppia a ridere poi mi abbraccia.

«Oh Emma... non so come abbia anche potuto sfiorarmi l'idea di poter rinunciare a questo» ricambio il suo abbraccio, affondando la testa tra i suoi capelli.

«Questo cosa?» sussurro al suo orecchio.

«Le tue facce buffe, il tuo imbarazzo, la tua voce, il tuo sorriso... insomma, te.»

Si scosta e i nostri occhi si incontrano di nuovo.

«Grazie per essere ancora con me.»

Sorrido imbarazzata. Nessuno mi ha mai ringraziata per il semplice motivo di esistere. A parte mia madre, ma lei non conta, giusto?

La porta che si spalanca senza essere preceduta dal bussare, preannuncia la mia amica Ruby, che mi accompagnerà al centro benessere ed estetico. Mio padre è semplicemente l'autista, insomma.

«Ciao Emma!» dice in preda all'agitazione, tenendo in mano tre palloncini arancioni con su scritto il mio nome.

«Ruby.... devi sempre esagerare vero?» dico scuotendo la testa divertita.

«Uh dottoressa Mills, salve!»

Regina mi tocca la spalla mentre Ruby inizia a legare i palloncini gonfiati ad elio sul manico della sedia.

«Puoi chiamarmi Regina, se vuoi» risponde divertita.

Intanto mio padre, con un mazzo di rose bianche in mano, mi saluta con un bacio sulla fronte.

«Come stai tesoro? Contenta di uscire da qui?» chiede felice, porgendomi i fiori.

«Grazie papà... sì, voglio restaurarmi, voglio fare una vera doccia e vestirmi con qualcosa che non sia un pigiama quindi sì, sono più che felice di uscire da questo posto!».

«E allora andiamo!» dice mio padre prendendo il comando del mio nuovo bolide.

Allungo la mano verso Regina che me la stringe e poco dopo averla lasciata...

«Mi raccomando, non fatela stancare troppo, e non fatele mangiare schifezze e...»

Regina inizia a elencare tutta una serie di cose che non avrei dovuto fare. La interrompo dopo tre secondi.

«Alt» prendo possesso delle ruote e mi giro verso di lei. Estraggo una rosa dal mazzo e gliela porgo.

«Dammi tregua» la rosa è come un dono di pace.

Arrossisce prima di accettare il fiore. Poi si piega verso di me e posa le sue labbra sulla mia guancia.

«Non ti stancare comunque troppo» ripete in un sussurro «domani hai fisioterapia».

È di certo la frase che ripete più spesso da quando mi sono svegliata. Sembra quasi che la gamba sia la sua e non la mia.

«Farò del mio meglio» il mio sguardo si sposta, senza volerlo, alla scollatura della divisa blu elettrico che indossa. Sotto di essa, un reggiseno di pizzo nero incredibilmente familiare mi salta agli occhi.

«Bel reggiseno, comunque» sussurro, incapace di distogliere lo sguardo.

Due dita sollevano il mio mento e lo sguardo torna sui suoi occhi.

«Sono felice che gli ormoni abbiano ripreso a funzionare a dovere, ma ora devi andare, cara» si rimette in piedi, lasciandomi interdetta per qualche secondo.

Qualcuno ha di nuovo preso il comando della sedia e mi sta portando via da lei. Sollevo le dita per salutarla, come rintontita, e lei ricambia allo stesso modo.
Il suo sguardo mi porterà al manicomio, ne sono certa.

 

L'obiettivo “facciamo tornare Emma” può dirsi cominciato.

La depilazione è stata più lunga e faticosa del previsto. La mia gamba quasi inerme è un vero ostacolo tanto che Ruby interviene per sostenerla nel modo richiesto dall'estetista.

La pulizia del viso mi ringiovanisce di almeno cinque anni e la sauna che segue mi rilassa(no) come non mai.

Chiedo gentilmente alla proprietaria se posso usufruire del loro bagno per lavarmi come si deve, sempre con l'aiuto di Ruby, che mi ha accompagnato per quel motivo. Non potevo di certo far entrare mio padre, insomma, è sempre mio padre!

«Allora, come va con la sexy dottoressa?» chiede senza indugio mentre mi insapona e spazzola i capelli.

«Rubs, sono totalmente rilassata, parlare di Regina mi agita» con la testa lievemente inclinata all'indietro, mi lascio andare alle attenzioni della mia amica che si è infilata il costume solo per aiutarmi a fare una doccia degna di questo nome.

«Lei è così dolce con te» aggiunge, ignorando totalmente le mie parole.

«Lo è, infatti...» rispondo sinceramente «non so come va tra noi, non ne abbiamo parlato da quando mi sono svegliata. Abbiamo parlato solo di Henry e del mio recupero. E di Marian che è in carcere. Forse non ha molto da dire. Insomma io le ho detto che la amo... lei no.»

In realtà le cose non stanno proprio così. Anche lei me l'ha detto ma io ero incosciente e lei non sa che io ho sentito tutto. O forse lo immagina e non vuole toccare l'argomento. O forse semplicemente non c'è nulla di cui parlare.

«A volte non c'è bisogno di dire che si ama qualcuno. Lei te lo dimostra e basta» inizia a sciacquarmi dallo shampoo avendo cura di non fare scivolare la schiuma sul mio viso.

«Ruby Lucas, non mi starai diventando romantica per caso!»

Punta l'acqua sul mio viso e a momenti affogo.

«Hey, sono ancora convalescente, non puoi approfittarti di me in questo modo» le dico tossendo in modo convulso.

Lei ride a più non posso e la sua risata è tanto contagiosa che non posso che imitarla.

«Dai che abbiamo un sacco di cose da fare! Vieni qui, non ti azzardare mai più a trasformarti in giubbotto antiproiettile umano, siamo intesi?» dice tornando seria.

Sfrego i miei occhi con le mani, per liberarmi dall'acqua e dal sapone. Lo sguardo di Ruby è serio ora. Sì, avevo fatto preoccupare anche lei.

«Parola d'onore, non accadrà più!»

Torna accanto a me, annuendo. Dopo avermi messo una maschera nutriente sui capelli, mi aiuta a lavarmi, asciugarmi e vestirmi. Mi sento rinata, pulita, profumata. Sarò anche mezzo invalida ma sentirmi sporca rendeva il tutto più difficile da affrontare. Ora invece mi sento divinamente.

Dopo tre lunghe ore, sono in macchina, in viaggio verso casa.

Sul sedile posteriore, osservo le case che sfrecciano di fianco a noi.

Ruby e mio padre parlano fitto fitto ma io non li ascolto. Sto finalmente tornando a casa. Ripeto questa frase nella mia mente tante volte, e ora che si sta davvero verificando non riesco a crederci.

Ruby ha ridato vita ai miei capelli con dei splendidi e morbidi ricci e ha anche restituito un po' di colore e vitalità al mio viso con del trucco. Indosso un vestito nero non sagomato con maniche e colletto bianchi e ai piedi le mie adorate Converse. Nere e dorate per l'occasione.
Sono quasi sicura che Regina dopo il lavoro passerà a casa dei miei a trovarmi e voglio essere di nuovo bella... e in questo momento mi sento bella. Nonostante la gamba, nonostante le cicatrici, nonostante il mal di testa.

Mi sento di nuovo io.

- mi manchi già. Come farò senza la mia dottoressa preferita?- invio.

Le mando un sms proprio quando mio padre imbocca la strada di casa nostra.

«Eccoci a casa» annuncia lui felice dopo aver parcheggiato nel vialetto.

La vibrazione del cellulare mi distrae.

- Domani arriverà presto e ti abbraccerò stretta stretta. Goditi la tua famiglia, ne avete bisogno! -

Sì, domani arriverà presto e sì, potrò riabbracciarla e sì, sarò decisamente presentabile!

Ruby, scattante come al solito, si presenta allo sportello con la sedia a rotelle, ma decido di percorrere la breve distanza fino alla porta di casa a piedi, con l'aiuto delle mie stampelle.

«Vieni tesoro» mi aggrappo al braccio di mio padre per mettermi in piedi e, afferrate le stampelle, cerco di trovare il mio equilibrio sulla sola gamba funzionante.

Ok, ci sono. Un passetto dopo l'altro, con estrema fatica, riesco ad arrivare a destinazione.

Mio padre mi precede e, aperta la porta, mia madre mi butta le braccia al collo, emozionata.

«Oh tesoro, sei meravigliosa!» mi dice tra le lacrime.

«Sì mamma grazie ma devo sedermi, ho solo una gamba per ora!».

Si sposta dopo avermi baciata un'altra volta. E quando varco la soglia un boato invade la stanza.

«SORPRESA!!!»

A parte i dieci anni di vita che ho perso per lo spavento, quando mi volto sulla destra vedo un gruppo di persone con dei bicchieri in mano. Aurora e Filippo, la nonna di Ruby col suo enorme cagnone, alcuni dei proprietari dei cani a cui badavo prima dell'incidente, Belle e Rumple, dei cari amici di famiglia, Jefferson con Alice, una strana ragazza mai vista prima, Elsa e Anna, le mie amiche d'infanzia, accompagnate dalla loro cugina Melody, e perfino Killian, il mio vicino di casa perdutamente innamorato di me da sempre. Sulla destra, Regina, con uno splendido vestito blu elettrico e la scollatura asimmetrica, mi osserva con occhi lucidi e sguardo stupito.

Sì Regina, sono io, e tu sei maledettamente bella.

A incorniciare il tutto, Henry e Neal lanciano coriandoli, divertiti.

«Voi siete completamente matti» riesco a dire con voce roca.

Uno ad uno, vengono ad abbracciarmi e ogni singolo abbraccio sembra darmi quell'energia che ho lasciato sul letto dell'ospedale. Perfino l'abbraccio di Killian mi conforta e mi rassicura e lui sembra molto diverso rispetto all'ultima volta che l'ho visto, rispettoso e gentile come mai lo è stato.

Per ultima si avvicina lei, la dea dal vestito blu, che percorre la distanza che ci separa con fare incerto.

Riuscirà mai a capire quanto amore ci metto anche solo a guardarla in faccia?

«Ci vediamo domani, eh?» le dico mettendole un braccio intorno al collo, ricordando le sue parole pronunciate solo pochi istanti prima. Dio, che buon profumo ha.

Lei mi stringe forte e affonda il viso tra i miei capelli.

«Per la cronaca, eri molto bella anche tre ore fa, quando sei uscita dall'ospedale» dice accarezzandomi la schiena.

«Per la cronaca, oggi sei bella come non lo sei mai stata da quando ti conosco.»

La mia risposta la spiazza, la stupisce e la imbarazza e di certo non ho bisogno di guardarla in viso per capire questo. Mi stringe un po' di più e quasi dimentico di avere le stampelle e di poter contare su una gamba sola.

«Non mi sarei mai persa tutto questo» mi stampa uno schioccante bacio sulla guancia.

«Ora siediti sul divano, così anche le bestioline potranno salutarti per bene!» aggiunge indicando quei diavoletti che si rincorrono attorno al tavolo imbandito di ogni leccornia.

I due bambini mi abbracciano contemporaneamente, felici ed emozionati, sicuramente non solo per il mio ritorno ma anche per la festa. Tutti sembrano felici.

Parlano con me senza menzionare mai il problema della gamba o di chi mi abbia sparato. Sembra quasi che il periodo in ospedale sia stata una lunga vacanza da cui sono rientrata più felice di prima. Tra un ospite e l'altro noto che Killian parla fitto fitto con la cugina di Elsa e Anna e lei sembra particolarmente felice di quelle attenzioni. Ma la cosa che più mi stupisce è l'atteggiamento di Ruby verso quella strana e sconosciuta ragazza che si è presentata come sua amica. Io conosco tutte le amiche di Ruby, perché sono anche le mie. La moretta le sfiora il naso con un dito e lei arrossisce.

OMMIODDIO.

A Ruby piace quella ragazza!

«Ruuuuubs» urlo per farmi sentire mentre addento una ciambella.

Lei sussulta e scuote la testa con fare interrogativo.

«Sai bene cosa devo chiederti, vuoi che lo urli o preferisci avvicinarti?» continuo a masticare in modo eloquente, quando la vedo avvicinarsi a me insieme a quella ragazza.

«Ciao, eh. Quando avevi intenzione di dirmelo?» chiedo a bruciapelo mentre la ragazza di cui non ricordo assolutamente il nome inizia a ridacchiare.

«Io te l'avevo detto che avrebbe capito» aggiunge poco dopo.

«Allora?» le intimo di parlare ma sembra imbarazzata. Ruby imbarazzata non....

«Ero abbastanza triste per quello che ti era successo e allora sono andata al locale che frequenti sempre, per bere un po'... e Mulan si è avvicinata e abbiamo iniziato a parlare e...» abbassa gli occhi e arrossisce.

«E le ho detto che era molto bella, perché lo è... e insomma... siamo qui, a capire quel che potrebbe succedere» le cinge le spalle prima di baciarla dolcemente sulla fronte. Ruby chiude gli occhi in risposta a quel gesto e il mio cuore si scioglie totalmente.

«Siete assolutamente adorabili, venite qui» le stringo in un abbraccio affettuoso che ricambiano in preda alle risate.

«Sono finalmente felice di conoscere questa strepitosa amica che ha fatto da scudo umano a dei proiettili. Cavolo, hai fegato ragazza!» mi dice dandomi un pugnetto sul braccio.

Inevitabilmente il mio sguardo cerca Regina, intenta a sorseggiare un bicchiere di vino e parlare come due vecchie amiche con mia madre. Serie, scambiano parole che dalla mia postazione non riesco a percepire, ma alla fine mia madre la abbraccia e lei ricambia con affetto.

«In realtà stavo proteggendo quell'angelo là in fondo...»

La mia bocca si incurva in un lieve sorriso e improvvisamente si accorge del mio sguardo su di lei.

Mi basta guardarla sorridere per essere felice, felice veramente.

Non esiste vestito o gioiello che la rendono bella come quando sul suo viso nasce un sorriso in risposta al mio. Niente la rende bella allo stesso modo.

«Hey biondina, sei tra noi?» dice Ruby sventolando un piattino di plastica ormai vuoto davanti ai miei occhi.

«Sono nel pianeta Regina Mills e non voglio più tornare indietro» sospiro estasiata continuando a perdermi nello sguardo di Regina. Sguardo che non stacca dal mio.

«L'abbiamo persa, Rubs» sento Mulan parlare e ridacchiare poco dopo.

Mia madre si accorge del nostro scambio di sguardi e invita Regina ad avvicinarsi a me. Supera il divano e il tavolino al centro della sala prima di raggiungermi e sedersi sul bracciolo del divano. Allunga la mano sulla mia e la stringo. E intorno a noi si fa deserto.

Non ci sono più persone, chiacchiere e bambini.

«Come ti senti?»

«Stanca ma felice. Davvero, davvero felice.»

È così. Sono a casa, con la mia famiglia e i miei amici. La donna che amo mi guarda esattamente nel modo in cui voglio essere guardata. E non serve parlare, perché ascoltare quello sguardo è più intenso che far uscire parole dalla sua bocca.

 

Quando anche l'ultimo ospite è andato via, Regina e mia madre si siedono esauste di fianco a me. «Nemmeno per i compleanni di Neal mi stanco così tanto» esordisce mia madre poggiando la testa sulla mia spalla.

«Se vuoi torno in ospedale» faccio io in modo offeso.

«Non scherzare nemmeno... tu non sei stanca?» ha un tono preoccupato.

Regina volta il viso verso la mia parte e la mia mano, come una calamita, si avvicina alla sua. Le sue dita immediatamente si intrecciano e il fiato mi manca. Prendo un grosso respiro.

«Certo che sono stanca ma sono felice di essere stanca per una festa. Ora magari ti aiuto a sistemare. Insomma, con la sedia a rotelle risparmio un sacco di energie!»

Contemporaneamente, le teste di Regina e mia madre si sporgono per guardarsi come a voler dire “questa è pazza”. Passo dal guardare Regina e poi mia madre, destra e sinistra.

«Che c'è?» chiedo io poco dopo.

«C'è che tu ora stai qui e io e tua madre sistemiamo questo enorme casino» mi risponde Regina seria. Porta la mia mano alle sue labbra, lascia un leggero bacio e si alza.

«Sì, Regina ha ragione» mia madre imita Regina «tempo quindici minuti e sarà tutto sistemato, stai ferma qui, facciamo in un lampo».

Osservo le due donne della mia vita andare avanti e indietro tra salotto e cucina, trasportando a volte piatti sporchi, a volte bottiglie semivuote e a volte residui di cibo da conservare. Sono molto affiatate e soprattutto, Regina sembra sapere esattamente dove mettere le mani, come se fosse stata spesso in quella casa in mia assenza. Sono felice che abbia fatto amicizia con mia madre, sono felice che possa fidarsi di qualcuno, e nessuno meglio di mia madre può capirla visto che ha rischiato di perdermi.

Una volta ripulito il tutto, mia madre intima a Regina di accompagnarmi in camera, così da sistemarmi per la notte.

All'inizio sembra imbarazzata, poi mi porge la mano e, aiutatami ad alzarmi, mi accompagna fino alla mia camera. I gradini sono la parte più difficile ma grazie al suo sostegno tutto è facilitato.

Cado a peso morto sul letto, trascinando anche Regina con me. Scoppiamo a ridere.

Mi volto verso di lei e quella risata, quella risata vera, dove con la bocca sorridono anche gli occhi, mi ricordano il perché abbia deciso di svegliarmi. Poterla ammirare dal vivo è meglio di qualunque sogno.

«Sei bellissima» pronuncio queste parole col fiato spezzato.

Il suo sorriso si ricompone per un attimo, prima che la sua mano si posi sulla mia guancia.

«Perché non ti sei vista allo specchio, vero? Sei assolutamente meravigliosa. Brilli. E io sono molto felice di essere qui.»

Raddrizza la schiena, aiutandomi a fare lo stesso.

Occhi contro occhi.

«Vorrei chiederti una cosa ma penso sia estremamente stupido chiedertelo, per cui...» abbasso lo sguardo mentre pronuncio queste parole.

«Lo sai che puoi chiedermi quello che vuoi, Emma. Ti ho visto in condizioni ben più disperate di questa» abbassa lo sguardo ma noto comunque il dolore nei suoi occhi al solo pensiero di ricordare certi avvenimenti.

«Io volevo proprio chiederti cosa è successo dopo che... insomma Marian...» A parte il bacio e il mio ti amo e le sue parole durante il coma, non so cosa sia successo. Non conosco i dettagli e io li vorrei conoscere ma non so se è giusto che lei riesumi pensieri che vorrebbe tenere lontani.

Alza il viso e con un piccolo movimento si avvicina a me.

Poi mi abbraccia. Non aggiunge altro, non parla. Rimane attaccata a me, come un bambino col suo peluche, come una madre col proprio figlio, come chi ha fame d'aria e cerca disperatamente il suo ossigeno. Le mie braccia si stringono inevitabilmente attorno a lei, al suo corpo caldo, mio ora più che mai.

«Vorrei solo pensare a questa giornata in modo positivo... ti racconterò cosa è successo, però non oggi, ok? Oggi voglio ricordare solo il tuo sorriso quando mi hai vista, il tuo abbraccio... le tue mani sulle mie» con le mani sui fianchi, faccio io modo di allontanare i nostri corpi, quel poco che basta per poggiare le mie labbra sulle sue. Desideravo farlo da quando l'ho vista tesa col vestito blu e lo spumante in mano. No, quando mi ha sfiorato le labbra prima di uscire dall'ospedale. No, quando mi ha raccontato di Henry... nemmeno. Volevo farlo dal momento in cui ho aperto gli occhi. Toccarle le labbra sapendo di non dovermi necessariamente fermare perché non sarebbe stato appropriato. Respirare il suo respiro fino a farci mancare il fiato.

L'ultima volta che l'ho baciata in questo modo è stato prima della partenza di Henry per New York. Con le mani sulle gote, trattengo il suo viso, avvicinando quella bocca che, sono certa, avrebbe fatto cose magiche.

Un piccolo morso sul mio labbro inferiore mi fa tornare alla realtà.

«La mia bocca sulla tua...» aggiungo come a voler concludere la sua frase.

Le sue labbra sono di nuovo sulle mie, però non mi bacia, sorride contro di esse. In quell'istante apriamo gli occhi. Sapete quel detto che dice “le parole a volte non servono”? Bè, in questo caso le parole rovinerebbero tutto. Non so cosa stia provando lei, ma io ho solo una vita... e so con chi voglio viverla.

Non esistono occhi diversi che vorrei vedere al mattino che non siano i suoi.

Non esistono labbra più morbide su cui far cadere le mie.

Non esiste profumo migliore del suo di cui ubriacarmi.

Non esiste sapore migliore del suo di cui cibarmi.

La guardo e sento di appartenerle con ogni centimetro del corpo. Corpo che l'ha protetta da quei proiettili che volevano spegnere i suoi occhi e il suo sorriso. Sorriso che mi ha dato tutte le risposte che cercavo e che nemmeno sapevo di voler trovare. Ma le ho trovate, e portano tutte il suo nome.

«Sono molto brava a completare le frasi...» sussurro ancora, sistemandole i capelli dietro le orecchie.

«No tu sei brava a completarmi. Punto» aggiunge lei decisa.

Nei suoi occhi un leggero luccichio di consapevolezza. La sua bocca si socchiude leggermente prima di premere le sue labbra una sull'altra e inclinare la testa, con gli occhi lucidi. Dillo Regina, dimmelo ora, è il momento giusto.

«Io... ti do una mano a sistemarti per la notte, che dici?» si allontana da me di scatto, sfregando le mani l'una sull'altra. Un po' delusa, annuisco, sfilando la mia camicia da notte a righe bianche e blu da sotto il cuscino.

«Io dovrei spogliarmi, non so, forse dovresti uscire...» le dico pensando che la cosa potesse imbarazzarla.

Lei aggrotta la fronte come se avesse sentito la più grande sciocchezza del mondo.

«Ti ho vista piena di sangue, con un tubo in gola, ti ho visto l'addome pieno di punti... ti ho vista con il viso più pallido di un morto, aiutarti a mettere un pigiama non mi crea nessun disagio, credimi.»

Elenca tutte queste cose tenendo il conto con le dita, prima di riavvicinarsi a me e afferrare la camicia da notte. Avermi vista in quello stato ha bruciato le tappe, non avrei mai voluto che accadesse. Come quando dopo una storia che dura un po' di anni a momenti si fa pure la pipì insieme. Capisco che il tempo renda inevitabili certe azioni quotidiane ma esse fanno perdere quell'imbarazzo e quella sorpresa del non conoscere davvero l'altro. Lei mi conosce già sotto ogni punto di vista e la cosa non mi piace molto.

«Insomma, ti faccio pena?» il mio tono è sarcastico, ma non del tutto mentre inizio a sfilarmi il vestito dalla testa, facendolo scivolare dalle gambe verso la vita.

«Davvero pensi che faccia tutto questo perché mi fai pena o perché mi sento in colpa?» prende il vestito e lo posa sulla sedia, mentre io infilo la mia camicia da notte. Magari il reggiseno l'avrei sfilato dopo.

«In realtà sì, un po' lo penso» le dico sincera.

«Quindi anche tu mi sei stata vicina perché ti facevo pena?» ribatte lei subito dopo.

«No, l'ho fatto perché ho pensato fosse giusto, per Henry e perché mi faceva stare bene aiutarti».

Togliere i collant è un tantino più complicato del resto, ma con il suo aiuto riesco a sfilarli e allungo la camicia da notte fin sotto il sedere, così da coprirmi meglio.

«Perché allora non può valere anche per me? Perché mi hai salvato la vita? Credimi, non me l'hai salvata da quei proiettili, hai iniziato molto prima.»

Con gli occhi spalancati e le mani che stringono con forza il bordo del letto, cerco di metabolizzare la sua nuova confessione. Le sue gote, lievemente imporporate, esprimono il suo imbarazzo per la confessione appena fatta, di nuovo, a voce alta. Le labbra si incurvano in un lieve sorriso prima di indietreggiare di nuovo.

«Bè, allora salvarti è stata la cosa migliore che potessi fare».

Pure mentre mi aiuta a mettere il pigiama mi emoziona, come diavolo faccio a sopravviverle?

«Vado da Henry ora, tu mettiti a letto, ci vediamo domani in ospedale per la fisioterapia, d'accordo?» mi dice aprendo piano la porta. Sembra proprio voglia fuggire e non voglio trattenerla oltre.

«Sì, ci vediamo domani. Buonanotte Regina, e grazie.»

Sorride di nuovo e esce dalla mia stanza.

Di nuovo sola, sposto le coperte e con un po' di fatica sistemo la gamba inerme sotto di esse. Avrei avuto sicuramente molti giorni per pensare alle sue parole e a quello che vuole fare di me, di noi. Ma come ha detto lei, è una giornata troppo importante per rovinarla facendo pensieri stupidi. Sotto il mio piumone, mi lascio cullare dal suo odore che ha invaso la stanza, prima di lasciarmi andare a un dolce sonno.

 

Note dell'autrice: Eccoci al terz'ultimo capitolo di questa long. Finalmente Emma è rientrata a casa ed è stata accolta da una bellissima festa di bentornato. Ma questa gamba ancora non ne vuole sapere di tornare a posto. E Regina è così impaziente che quella gamba funzioni di nuovo, molto più di quanto non sia impaziente Emma. Volevo dirvi che dopo la fine della pubblicazione di questa storia avrò due OS da pubblicare, che spero vi renderanno meno amara l'estate.

Grazie come al solito a Nadia e Susan per le correzioni e a tutti quelli che trovano un attimo per recensirmi :)

A martedì <3

  
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