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Autore: Esarcan    07/06/2016    5 recensioni
In una città popolata da abitanti mossi solo dall’egoismo, in cui la nobiltà mantiene il potere assicurandosi il monopolio sulla magia, Will, uno stalliere orfano, viene catapultato in una vita a lui nuova in cui scoprirà il segreto delle sue origini e troverà la strada per il suo futuro.
Durante questa ricerca il suo destino s’intreccerà con quello di un misterioso veterano mentalmente instabile, il cui unico desiderio è la fuga dal suo traumatico passato, per perdersi completamente nelle assurdità della sua mente contorta. Ad esempio scrivere un dettagliato libro sulle fogne.
Genere: Azione, Comico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La Capitale

 

La capitale. Si presentava come una distesa di opportunità, luci e palazzi. Il problema, che immediatamente si presentava a chiunque desiderasse una delle cose sopracitate, era l’immensa folla di persone che vi si stagliava in mezzo. Per questo la vita in essa era una continua scalata, la conformazione stessa della città ne prendeva atto: arroccata su di un’alta collina, la città si sviluppava a gradoni fino a giungere in riva al lago alle pendici della collina. Dai fetori del porto, passando per gli aromi di spezie del mercato, seguendo il profumo delle botteghe dei fornai, fino alle fragranze raffinate nelle cucine in cima alla collina, l’intera città trasudava di laboriosi scalatori sociali. Una fiumana di persone affollava perennemente le strade, gli ostelli e le locande della città. Non vi era atto che questi non fossero disposti a compiere pur di ottenere fama e ricchezza e tra questa gente era cresciuto il giovane Davi. 

    Figlio di un tranquillo pescatore, questo giovane ragazzo alto e spavaldo dalla chioma corvina era tutto quello in cui la madre ambiziosa poteva sperare, dato che grazie al suo bell’aspetto avrebbe potuto aggiudicarsi la figlia di un ricco mercante. E tutto sembrava andare secondo i piani in quella calda mattinata, mentre le mani di Davi, ben curate per l’occasione, si insinuavano sotto la leggera camicia da notte di Leana, figlia di un facoltoso commerciante. 

    “Non ora!” tentò di controbattere “Mio padre sarà a casa a momenti!”                 

    Ma, in tutta risposta, la presa di Dani si fece più stretta, gli occhi che brillavano di lussuria e avidità. Non sarebbero di certo bastati dei semplici avvertimenti a distoglierlo dalla sua preda: erano ormai mesi che corteggiava Leana di nascosto e, con un po’ di fortuna, gli sarebbe bastato quell’unico incontro a catturarla per sempre. Tenendo bene a mente la comoda vita che lo aspettava, tra il giovane corpo della sua bella e la fortuna del futuro suocero, trascinò Leana sul morbido letto a baldacchino nel centro della stanza. Mentre si chinava per strapparle un bacio dalle labbra carnose. Si udì uno sbattere fragoroso e, incorniciata dagli stipiti della porta, l’alta e ingombrante figura del nerboruto mercante fu colta da uno spasimo di sorpresa, che, quasi immediatamente, si trasformò in un fremito rabbioso mal contenuto. Con poche, pesanti falcate l’uomo fu addosso a Davi e lo prese per la collottola con violenza.

    “Con questo ratto, Leana? Con lui volevi perdere la tua virtù?! Puzza ancora di pesce, per l’Impero!” La ragazza rimase sbigottita, mezza svestita sul letto e non una parola lasciò le sue labbra. Prima ancora che Davi provasse a divincolarsi dalla presa del mercante, questi lo trascinò alla finestra e in un unico movimento fluido mandò il ragazzo incontro al proprio destino, per poi richiudere le ante farfugliando qualcosa sulla vista poco adatta ad una donna.

    Il cranio di Davi ebbe dopo pochi istanti un incontro ravvicinato con la dura strada, mancando di poco un carretto pieno di morbida paglia. Merita di essere menzionato che la sua caduta distrasse un venditore di frutta, permettendo ad un bambino affamato di sgraffignare un pasto decente. Le guardie sgomberarono rapidamente l’area circostante il cadavere, non prima che qualcuno lo usasse a mo’ di latrina in segno di scherno e ne trafugasse gli abiti sozzi di sangue. 

    All’arrivo di Will la strada era già stata chiusa, dovette aspettare fino alla rimozione del cadavere. Will non pianse Davi, per quanto fossero amici d’infanzia le loro differenze li avrebbero allontanati sempre di più, di questo lui era cosciente. Bevve comunque un bicchiere di vino acido in suo nome quella sera stessa al Cervo d’Oro. Quella bettola, che sorgeva traballante nel distretto portuale, era il loro luogo di ritrovo favorito, probabilmente perché era l’unico che potevano permettersi: Davi era... era stato solo il figlio di un pescatore, mentre Will non guadagnava un granché come stalliere. Quella sera la taverna era particolarmente silenziosa, non che fosse mai molto vivace, ma almeno le canzoni d’altre terre di qualche brillo marinaio riempivano sempre l’aria. Will individuò la fonte del silenzio in un piccolo gruppo di loschi individui dalle facce cupe. Gli uomini, probabilmente originari delle province dell’Est, dedusse Will vedendo la carnagione scura, stavano farfugliando qualcosa intorno ad un tavolino, scambiandosi occhiate cospiratorie. Ad un certo punto uno di loro scattò in piedi. “Questa ribellione è morta! Senza speranza!” Urlò. (urlò) “Cosa credete? Di poter fermare i nobili con qualche forcone appuntito? Ci ritroveremmo tutti schiavi prima ancora di cominciare!” Lasciò la locanda, mentre gli sguardi furiosi dei suoi compagni dardeggiavano per la sala, feriti dalla verità nelle parole dell’uomo. Non sarebbe stata la prima rivolta che l’Impero soffocava nel sangue, né il primo popolo schiavizzato.

    Dopo quell’alterco, la giovane cameriera riempì il bicchiere di peltro di Will con un altro po’ dell’aceto annacquata, che lì prendeva il nome di vino. La ragazza era solita soffermarsi al tavolo, per lanciare occhiate lascive a Davi, ma stavolta se ne andò rapida com’era venuta senza neanche una parola.

    A Will mancava il bell’aspetto dell’amico, l’unica cosa che non contribuiva a renderlo completamente insignificante erano gli occhi: non per via del colore, ma per la mancanza dell’avidità e dell’opportunismo che albergavano nello sguardo di quasi ogni abitante della città.

    Egli era giunto a comprendere la situazione degli uomini della capitale, desiderosi di tutto ciò che poteva offrire. Non fu sorpreso della fine che aveva incontrato Davi, era solo questione di tempo per come la vedeva lui. Will dal canto suo era felice: il suo lavoro non poteva di certo essere considerato il migliore immaginabile - spalare sterco equino non era più in voga come una volta -, ma bastava per guadagnarsi da vivere e gli permetteva di accudire i cavalli. 

    Will provava ammirazione per quegli animali splendidi ed eleganti, molto più di mezzi di trasporto o bestie da far correre per denaro. Fin da piccolo ne era affascinato, tutt’ora quando gli veniva affidato uno stallone di razza rimaneva meravigliato dalla loro grazia. Essendo un semplice stalliere, il suo lavoro cominciava col sorgere dell’alba e terminava al tramonto. Molti viaggiatori passavano per le stalle cittadine, anche qualche sporadico messaggero. In pochi ancora utilizzavano messaggeri a cavallo per scambiarsi missive, la gran parte della popolazione usava la Carta a Trascrizione Istantanea: un’invenzione magica che non necessitava di un mago per funzionare, perciò molto gettonata. L’associazione dei mercanti aveva interi libri mastri realizzati con quella carta, sui quali appariva istantaneamente ciò che veniva scritto su di un altro libro mastro collegato. Lo stesso principio veniva applicato per le missive più personali e ogni villaggio e città degni di questo nome avevano almeno un libro a trascrizione collegato ad uno nella capitale. In questo modo, pagando una tassa relativamente esigua, era possibile inviare un messaggio a chiunque. 

    È facile immaginare la mole enorme di libri che venivano gestiti nella capitale; per rendere il compito più semplice erano stati tutti radunati all’intero di un unico edificio, la Libreria Mutevole. 

    Mastro Fillin, il padrone delle stalle, raccontava di tempi in cui i messaggeri erano talmente tanti che i cavalli dovevano essere posizionati uno sopra l’altro per aver abbastanza spazio. Fortunatamente per Will questo non accadeva più: già la mole di lavoro attuale si dimostrava più che sufficiente e, conoscendo Mastro Fillin, un aumento delle mansioni non avrebbe corrisposto ad un aumento della paga.

    Il giorno seguente alla morte di Davi fu una mattina di lavoro apparentemente molto tranquilla, fino a che Will vide avvicinarsi alle stalle un visitatore inusuale. Un cappuccio di seta grigia ne metteva in ombra il volto, un vestito dello stesso colore e decorato da un motivo a rombi chiari e scuri alternati seguiva le sensuali linee della donna che si avvicinava all’ingresso della stalla, al quale Will attendeva i possibili clienti. Ella si avvicinò al giovane stalliere e senza una parola gli afferrò il polso; Will proruppe in un gemito di dolore, quando un forte calore s’irradiò dal suo avambraccio. Tentò di divincolarsi, ma la presa della donna era sproporzionatamente forte, rispetto alla sua taglia minuta. Stava per gridare aiuto quando il calore s’intensificò, gli si offuscò la vista e le gambe gli cedettero. La donna lasciò che si accasciasse a terra, Will sentiva le forze abbandonarlo, non aveva più il controllo del proprio corpo e lentamente le palpebre calarono sugli occhi ormai offuscati. 

    Quando li riaprì la prima cosa che vide fu il volto rubizzo di Mastro Fillin, visibilmente ansioso di poter cominciare una filippica sullo scarso valore morale e la mancanza di fibra di un dipendente che si addormenta sul lavoro e poter trattenere una lauta parte dello stipendio di Will. A poco servirono le poche parole sconnesse del ragazzo che tentava di spiegare l’accaduto. L’unica risposta che ottenne dal suo capo fu: “Il giorno in cui prenderò per vere le parole di un pelandrone, capace solo di dormire sul posto di lavoro, mi metterò a lucidar scarpe con la mia stessa lingua!”.

    Una volta finite le tre ore punitive nelle stalle per essersi addormentato, Will si diresse verso il tugurio in cui il suo stipendio lo costringeva ad abitare. Mentre s’inerpicava per le contorte strade del distretto portuale, scorse tra la folla una veste grigia. Subito la sua mente ritornò agli eventi di quella mattina ed in preda all’agitazione prese la direzione in cui aveva scorto la persona vestita in grigio. Le strade vicine al porto erano sempre stracolme di ogni sorta di persone: esotici visitatori da altre Province, mercanti appena sbarcati, pescatori e l’occasionale portantina che trasportava qualche ricco viaggiatore. Tutti loro erano i bersagli degli innumerevoli ladri e borseggiatori che infestavano la zona. Complice la quasi totale assenza della guardia cittadina, stufa di far accoltellare propri membri, la feccia locale prosperava indisturbata.

    Mentre Will evitava un gruppo di marinai ubriachi e un numero non indifferente di mendicati, vide un’indistinta macchia grigia svoltare in un vicolo laterale e aumentò il passo per starle dietro. Superò un gruppo di sporchi bambini, che teneva in ostaggio un giovane uomo ormai spoglio di ogni avere, e raggiunse l’imboccatura del vicolo. 

Non appena svoltò l’angolo, la vide: una donna vestita di seta grigia, la stessa della mattina, percorreva un vicolo cieco. Prima che Will potesse chiamarla, una voce roca dietro di lui disse: “Allora, ti piace il nostro vicolo?” Will si girò di soprassalto. Due uomini nerboruti stavano bloccando l’entrata della strada, entrambi ghignavano pregustando la loro nuova preda. Le loro intenzioni, chiaramente, tutt'altro che amichevoli. Will si girò di nuovo verso la donna. Era scomparsa: nel vicolo rimaneva solo un muro invalicabile. I briganti si limitarono a ridere come risposta al visibile terrore del giovane, una risata che somigliava ad un gorgoglio emesso da una belva durante la caccia. Il ragazzo cominciò ad indietreggiare, terrorizzato dalla mole dei suoi assalitori. Sapeva che gridare in cerca d’aiuto sarebbe stato inutile, nessuna guardia avrebbe fatto la ronda nel distretto portuale all’imbrunire. Non poté fare altro che indietreggiare finché la sua schiena non urtò il ruvido muro del vicolo. Uno dei malviventi tirò fuori un manganello di legno, l’altro un coltello arrugginito dall’aspetto inquietante. Ormai completamente sopraffatto dalla paura, tutto ciò che Will riuscì a fare fu coprirsi la testa con un braccio, il bandito che già alzava il manganello pronto a colpirlo. Nel momento in cui abbassò l’arma una luce accecante inondò il vicolo. Il manganello non lo colpì mai. Tutto ciò che Will sentì prima di svenire furono le urla di dolore di Grog e del suo compagno.

   
 
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