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Autore: giulianabanana    07/06/2016    4 recensioni
Naruto è il solare proprietario di un chiosco di ramen. Sasuke un veterinario che si trasferisce nella sua città per seguire un corso universitario della durata di sei mesi. Le loro vite si incrociano e tra loro si instaura un rapporto che evolve in qualcosa di più profondo della semplice amicizia.
Nb: la storia è un po' più lunga rispetto agli standard delle os. Chiedo venia ma a giochi fatti non mi va di dividerla in capitoli^^
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sabaku no Gaara, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Team Hebi/Taka | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Oook! Terzo tentativo sasunarutoso per me. Molto AU, abbastanza OOC, decisamente semplice, leggero e fluffffff! Scritto in tempi lunghi oltre l’umana immaginazione per una pivellina come me! Superfluo precisare che geografie, ambienti e cultura in genere sono tanto jappo quanto random XD
Mi sono lasciata andare a un briciolo di lime ma spero di essermi fermata in tempo per risparmiarmi una figuraccia!
Se qualche anima buona volesse regalarmi un paio di righe di porn da inserire, gliene sarei grata ^^
Non faccio promesse a chi deciderà di addentrarsi nella lettura… come sempre, il divertimento è mio, il rischio e pericolo è tutto vostro!
 
 
 
IL CHIOSCO DI RAMEN
 
All’angolo della modesta piazza, si trovava il piccolo chiosco di Naruto Uzumaki.
Altro non era che il riadattamento di un camper degli anni settanta, ma i colori dell’allestimento, l’armonia e la cura dei particolari lo rendevano unico nel suo genere, tanto da potersi considerare una caratteristica parte integrante della piazza, da più di un anno. Per migliorare il servizio, il giovane e fantasioso Uzumaki aveva comprato qualche sgabello e applicato al chiosco due pensiline mobili che fungevano sia da banco dove poter consumare le sue specialità, sia da supplemento alla saracinesca al momento della chiusura. Le tendine piene di soli e fronzoli allegri non passavano inosservate ai passanti e chi si fermava una volta, giusto per provare, ci tornava volentieri. Principale attrattiva della piazza, nonché punto di ritrovo per comitive di ragazzini che si fermavano a mangiare ramen a basso costo. Si ammucchiavano lì davanti e chiacchieravano chiassosamente con il proprietario a volte per ore.
 
Quella mattina l’aria era più pungente del solito. La piazzetta cominciava a prender vita prima della consueta ora, per via dell’apertura della succursale della facoltà di veterinaria. Nell’arco di dieci minuti brulicava di studenti che temporeggiavano in attesa dell’entrata. Il giovane proprietario del chiosco di ramen indossava un maglione di un arancione sgargiante che si abbinava perfettamente al paglierino dei suoi capelli scompigliati e all’azzurro acceso dei suoi occhi, il tutto illuminato da un sorriso radioso, di quelli che non si spengono anche quando non c’è un vero motivo per essere allegri, anche quando non c’è nessuno intorno che li veda.
Nel suo piccolo regno del buon umore, pienamente a suo agio, fischiettava affaccendato e sicuro nei suoi movimenti di preparazione: teglie di cornetti appena sfornati emanavano un profumo invitante che si dissolveva nell’aria a metri di distanza trasportato dal vento. Osservò soddisfatto l’allestimento tutto nuovo e pieno di colori del suo banco e vi poggiò due brocche di succo a completamento dell’opera, poi scese dall’immenso furgone e vi posizionò dinnanzi un cartello con su scritto a caratteri cubitali “colazione occidentale”.
“Coglione, perché non ho pensato a comprare un megafono?” borbottò in un ringhio.
Ma non poteva essere questo un motivo di sconforto, in un giorno così speciale come quello dell’inizio di una nuova era per il suo chiosco. Si schiarì la voce, prese un respiro profondo e posizionò le mani agli angoli della bocca.
“Tecnica del megafono umano!”, si concentrò strizzando gli occhi prima di gridare a tutta voce:
- Accorrete, bella gente! Al chiosco di Naruto Uzumaki, oggi colazione gratis per tutti! Cornetti bollenti per scaldarvi fin sotto ai denti! – e allo slogan studiato quella notte aggiunse un improvvisato
 - Accorrete, voi studenti!! – che a suo giudizio ci stava bene.
La tecnica del megafono umano portò il messaggio a tutta la piazza che si girò incuriosita verso il chiosco di ramen, e si sprecarono commenti più o meno discreti e risolini in direzione di Naruto. Il ragazzo, affatto inibito dal trovarsi al centro dell’attenzione, colse l’attimo per rinnovare l’invito, roteando vigorosamente il braccio verso il suo chiosco, in stile vigile urbano che dirige il traffico.
- Dai! Non siate timidi! Oggi la colazione ve la offre Naruto Uzumaki! Su, signorina, glielo dica ai suoi compagni che a un cornetto caldo e un bicchiere di succo non si dice di no! -
Un sorriso a piena dentatura, una strizzata d’occhio e la ragazza era già paonazza in viso.
- Dai, ce lo dica, signorina! - ridacchiarono i due ragazzi con lei.
- Siete proprio degli idioti! – li apostrofò lei secca spingendosi gli occhialetti neri sul naso.
- Io però il cornetto lo voglio! – ribatté il più alto dei tre.
Così Naruto, indossati il grembiule verde e il cappellino arancione, servì le sue prime colazioni all’occidentale.
I tre studenti parevano piuttosto in confidenza; Naruto, che era un acuto osservatore e un curioso cronico, nel tempo di una colazione riuscì a raccogliere su di loro le informazioni che potevano tornargli utili per il suo lavoro (perché lui i trucchi del mestiere li aveva imparati tutti!), più qualche notizia simpatica.
- Ecco il menù! I ramen con l’asterisco sono quelli che faccio solo su ordinazione. Ve ne lascio qualcuno in più, se volete farmi pubblicità! –
Allungò qualche volantino in direzione del ragazzo più giovane di nome Suigetsu, ma Karin, la ragazza dai lunghi capelli rossi, li intercettò prima che potesse prenderli.
- Dalli a me, in mano sua sai che fine farebbero? –
Juugo, l’altro ragazzo dalla stazza di una montagna, sbuffò rumorosamente, guardando di sbieco verso l’ingresso dell’università, a una ventina di metri di distanza dal chiosco.
- Eccolo lì! Già guardando l’orologio! Un cornetto servirebbe pure a lui, per addolcirsi di prima mattina! –
- Per uno che si alza alle 5 per andare a correre e mangia pomodori a colazione, questa non è certo la prima mattina! Ha fatto in tempo a notare anche che ho lasciato un capello dentro il lavandino, ieri notte! –
Il giovane in questione, stretto in un cappotto nero camminava da un lato all’altro del portone, guardandosi intorno con fare contrariato. Un lungo ciuffo di capelli neri gli copriva parte dell’occhio sinistro.
- Ci avrà visto di sicuro, ma avvicinarsi sarebbe troppo, per un simpaticone come lui! Starà cronometrando i nostri secondi di ritardo! –
Naruto ascoltò con un sorrisetto sulle labbra, incuriosito dalla strana figura.
- È un vostro collega o un prof? –
- Perché non li dai a lui i volantini? – ironizzò Suigetsu rivolto a Karin.
- Andiamo! Non voglio urtare il suo sistema nervoso dal primo giorno! – rispose lei sollevando gli occhi in gloria.
- Portatemelo stasera, gli cambio l’umore con una porzione maxi di ramen! –
- Figurati! Non saprà neanche cos’è il ramen! –
- Non c’è un ramen a base di pomodori? –
I tre ragazzi risero prima di allontanarsi.
- Inseriscilo nei ramen con l’asterisco, eh, Naruto!-
“Che tipi!” pensò il ragazzo del chiosco di ramen con un sorrisetto divertito “Insieme a quell’altro tutto strano, sembrano il Team Taka di quel manga di ninja!”
 
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Lo aveva visto entrare nella piazza verso le cinque del pomeriggio e guardarsi intorno con aria studiosa e pacata, nell’intento di selezionare l’angolo migliore, finché si era avvicinato alla panchina sotto il lampione. Aveva preso posto all’estremità, lasciando da una parte abbastanza spazio per potersi muovere liberamente ma troppo poco perché potesse sedersi qualcun altro, e dall’altra parte al suo fianco aveva disteso di lungo il cappotto, poi aveva aperto il grosso libro sulle ginocchia e curvato il collo in avanti su di esso, lanciando al mondo il suo chiaro messaggio: “Non invadete il mio spazio”.
Ad una ventina di metri da lui, nel suo chosco, Naruto aveva iniziato a preparare il brodo per il ramen. Lavò e tagliò le verdure, fischiettando e buttando l’occhio incuriosito di tanto in tanto su quella figura nera e misteriosa, immobile come una statua. “Sarà morto?” pensò ironicamente quando, a distanza di quasi due ore, la sua posizione non era cambiata di un millimetro: non un accavallamento di gambe, non un movimento della testa in risposta ai mille stimoli presenti nella piazza, non uno starnuto, uno sbadiglio… niente di niente. Solo la mano che come un riflesso incondizionato voltava pagina, senza esitazione, a cadenza regolare. Neanche le combriccole dei ragazzini mangia-ramen, clienti abituali del chiosco, sembravano aver disturbato la sua concentrazione, eppure quelli ne facevano di casino! Insomma, solo intorno alle nove e mezza, sotto la luce traballante del lampione, incominciò a dare segni di cedimento, lasciandosi percorrere il corpo da evidenti brividi di freddo.
Naruto aveva lavorato piuttosto grossolanamente, trascurando quella cura dei particolari che rendevano il suo chiosco e il suo servizio un momento godibile e irrinunciabile per chi ne assaggiava il gusto. Non si era dilungato in chiacchiere e battute di spirito, come era solito fare per intrattenere e coccolare i suoi preziosi clienti. Anzi, aveva avuto una certa smania di anticipare la chiusura delle tende, tutto preso da uno slancio d’istinto fraterno che gli gridava: “Vai dal poveretto e donagli la vita”, là dove la parola “vita” significava “il tuo ramen”.
Abbassò la saracinesca e piegò la pensilina. Poi appese al chiodo il cartellino scritto a mano: “Buonanotte, a domani!”.
- Toc toc! Consegna a domicilio! – la voce stridula del biondo fece sobbalzare Sasuke così forte che Naruto si sentì a disagio.
- Scusami! Eheh! Non volevo spaventarti! –
Gli occhi neri come la notte puntarono dritti ai suoi. Fino a quel momento era accaduto giusto un paio di volte che si fossero incrociati di sfuggita mentre Naruto, affascinato dalla bella presenza del ragazzo, sbirciava dal suo chiosco verso l’ingresso della facoltà di veterinaria, zigzagadando con lo sguardo tra un cliente e un passante, per cogliere brevi attimi di gesti, atteggiamenti o espressioni del viso che potessero dargli qualche indizio sulla sua strana personalità. Quando gli capitava di svegliarsi prima dell’alba, lo vedeva attraversare la piazza correndo in tenuta sportiva e, un quarto d’ora dopo, tornare indietro alla stessa andatura, con un affanno ritmato e controllato. Qualche volta gli aveva rivolto un saluto di sfuggita al quale lui non aveva mai risposto, neanche con un cenno. Ora che quegli occhi cupi sostavano intenzionalmente su di lui con aria piuttosto severa, Naruto si pentì di essersi spinto così avanti per suo semplice capriccio. Rimase lì, impalato davanti a lui, con un paio di bacchette dietro l’orecchio, un bicchierone di ramen fumante fra le mani e un sorriso a trentadue denti, che non si spense nonostante la delusione di quell’occhiataccia nera.
- Lo vuoi? – chiese allungandogli il contenitore.
- È l’ultimo, ho appena sollevato la pensilina! Considerando il freddo, ho pensato che… -
- No, grazie! – lo interruppe quello visibilmente infastidito.
Il sorriso del biondo si indebolì, così l’altro cercò di rimediare alla sua sgarbatezza.
- Cioè, non ho soldi –
- Oh, ma il primo lo offre sempre la ditta! – e recuperando il suo iniziale entusiasmo, gli avvicinò la scodella al viso per “inebriare” le sue narici.
- Non… uhg! – scostò il viso arricciando naso e labbra, in un gesto più che esplicito.
- Non ho fame! Davvero! Come ricevuto, eh! – sudava freddo.
- Okay, ho capito- Naruto fece un passo indietro.
- Il ramen non è per tutti! Le persone o lo amano o lo odiano, anche se non potrò mai capire la seconda categoria! - Comunque… -
Si tolse le bacchette da dietro l’orecchio, se le portò alla bocca, le separò una dall’altra con i denti e le infilò nella tazza
- Se non puoi scaldarti con questo, potresti aiutarti con quello, no? – con un cenno del capo gli indicò il cappotto nero al suo fianco.
Sasuke, spiazzato da tanta espansività/invadenza, afferrò il cappotto e se lo infilò in un secondo alzandosi dalla panchina.
“Ma che vuole questo scemo? Proprio a me doveva abbordare! Adesso che l’ho accontentato se ne andrà?”.
Rimase di stucco nel vedere con quanta naturalezza quel cretino succhiava noodle a mezzo metro di distanza da lui, che quasi si sentiva il ribrezzo degli schizzi di brodo addosso.
Troppo vicino per sopportarlo o per sorpassarlo! Così d’istinto si risedette da dove s’era tirato su e l’altro gli andò subito appresso, gemendo di piacere ad occhi socchiusi, nel masticare a bocca super piena.
- In genere le mie porzioni sono molto più abbondanti– parlava senza darsi il tempo di inghiottire.
- Ma per l’asporto queste sono le confezioni più grandi! – osservò la ciotola con fare derisorio.
- Pfff… - abortì una risata coprendosi la bocca con il palmo della mano per camuffare lo sputacchio.
Il poveretto affianco a lui, inorridito da quella visione e indignato da tanta rozzezza, non riuscì a spiccicare parola e lo scrutò come si fa con un extraterrestre.
- Immaginati come sono quelle piccole! Neanche il tanto per un uccellino! – a dimostrazione di quanto stava dicendo, nel tempo di quelle poche battute, del suo ramen non era rimasta che qualche goccia di brodo per l’epilogo del risucchio.
A scodella finalmente vuota, gli occhi neri del disgusto erano sgranati sul biondo ad aspettare il rutto olezzoso. Ma almeno quello se lo risparmiò.
- Ehi! Non sai che ti sei perso! Poco ma buono: scalda cuore e budella! -
Posò le bacchette sulla panchina e, tirato fuori da una tasca un tovagliolo spiegazzato ma lindo, fece l’unico gesto umano degli ultimi cinque minuti: passarselo sulle labbra.
“Ah! Potere del ramen fumante!” Adesso si sentiva rilassato e a suo agio anche affianco all’uomo più algido dell’universo e con il suo sguardo addosso. Gli sorrise consapevole del suo “carisma oculare” e gli infilò tra le mani la scodella termica vuota, facendolo scattare.
- Ecco, tieni! È ancora calda – gli schiacciò i palmi sulla scodella, riscaldandogli i dorsi con i suoi.
- Chi sei, mia madre? – domandò sarcastico Sasuke, ma si sentì turbato dal contatto inaspettato con un estraneo e, con suo grande stupore, tutt’altro che infastidito. Non riuscì a sottrarsi alla piacevole sensazione del tepore di quelle mani grandi e avvolgenti, sopra le sue, più sottili, ghiacciate e screpolate. L’azzurro ipnotico degli occhi di quel dobe e il suo sorriso gratuito e genuino avevano intaccato la sua indifferenza cronica. Doveva essere per la fame accumulata: non ragionava più lucidamente! Quel contatto fisico durò troppo poco per poterselo godere appieno.
Il ragazzo del chiosco di ramen guardò un’immagine del grosso libro poggiato sulla panchina ancora aperto
- Ne hai letto più della metà, deve essere molto interessante per tenerti seduto nella stessa posizione tutte queste ore! Non ti fa male il culo? –
- Si chiama “studiare” – la “simpatia”.
- Uh! Ma non si dovrebbero evidenziare cose e prendere appunti? Così facevo io! –
- Non ne ho bisogno –
- Wow! Studi per diventare veterinario? – quel poco che aveva intuito guardando le figure…
- No, per interesse –
- E allora? Che ci venite a fare tu e i tuoi amici, barra compagni, barra colleghi, tutti i giorni nella succursale dell’università per veterinari? Interesse anche quello? –
- No, loro seguono un corso di specializzazione –
- E tu? – irritante insistenza.
- Cos’è, un terzo grado? – imbarazzata acidità.
- No, no, scusa! Ero solo curioso! Ma se fai l’addetto alle pulizie mi risparmio il complesso d’inferiorità, quindi dovresti dirmelo! –
- Allora puoi tenerti il tuo complesso! –
- Quindi vuol dire che sei un prof? –
- No –
- Però hai l’aria da prof! Il classico atteggiamento da prof! Di quelli stronzi, che non ti fanno passare agli esami? - Scommetto che ci ho azzeccato, dattebayo! –
- Sono il loro tutor solo per questo corso. Sono stato assunto per farlo e loro mi hanno chiesto di iscriverli con me, punto –
Naruto guardava i lineamenti del suo profilo mentre parlava. Tratti spigolosi come il suo atteggiamento.
- Soddisfatto della risposta? Vuoi un disegnino? – con ironia poco convinta.
- No, per niente! Quindi alla fine sei un prof? –
- Solo per questa volta –
- E per il resto? Un veterinario? –
- Sì, veterinario! Adesso mi lasci andare? – si alzò seccato.
- Ah! Non ti sto mica tenendo! –  Naruto rispose sguaiatamente alla provocazione.
Sasuke si alzò di scatto e cominciò a camminare a passo sempre più spedito. L’altro lo seguì con la fedeltà di un cagnolino.
- Oi, testa quadra, mi stai venendo dietro? –
- Cos…? Testa quadra a chi? Accidenti, oh! Proprio vero che a dare le perle ai porci… –
- Quali perle? –
- Volevo solo essere gentile! –
- Motivo? –
- Mmm… giusto per fare quattro chiacchiere! –
Mentre lo guardava imbronciato girare l’angolo non faceva che ripetersi “Com’era? A dare le perle ai porci…? Cazzo, non mi viene proprio! Ma guarda un po’ ‘sto stronzo!”
 
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- Proprio vero che il mondo è pieno di stronzi!  Ma come si fa? –
- Sarà stato ubriaco! Non ha neanche accennato una frenata! –
- Possibile che non se ne sia accorto? –
- E ora cosa dovremmo fare? Esiste un pronto intervento per animali? –.
Orrore e indignazione nel capannello di gente che si era formato intorno alla povera bestia che giaceva sull’asfalto, ansimante sopra una chiazza di sangue che si espandeva a macchia d’olio.
Suigetsu illuminò con la pila del cellulare la piastrina del collare, facendo attenzione a non sfiorare con nessun indumento il corpo della cagnetta.
- Qualcuno ha una salvietta? Non si legge niente! –
Karin pulì la targhetta dal sangue e mentre leggeva il numero impresso su di essa, Naruto lo digitava sul suo cellulare
- Cazzo! Ma a che cazzo servono i cellulari se sono sempre spenti!? – sbraitò il ragazzo con il dispositivo schiacciato sul padiglione auricolare.
Dalla piazza principale giungevano nitide le prime note del concerto e un boato di fan che acclamavano il gruppo folk ospite per la notte della vigilia di Capodanno.
Alcuni ragazzi si allontanarono di corsa – Dai, dai! È già iniziato! –
- Chiamiamo la polizia? - propose una giovane donna. Un uomo di mezza età, poco lontano da lei, si staccò il cellulare dall’orecchio per rimetterlo in tasca.
-  Dicono che le pattuglie sono tutte impegnate, comunque gli ho dato il numero della targa! Per il cane hanno detto di chiamare l’accalappiacani! –
- L’accalappiacani? Ma quelli mica fanno il soccorso! –
- Secondo voi il pronto soccorso veterinario, se mai ne esiste uno, verrà qui proprio stanotte? -
- Sì, ma se non li chiamiamo non lo sapremo mai! Qualcuno ha internet per cercare il numero? –
- Non lo vedete? Non faremo in tempo a fare niente se non arrestiamo l’emorragia! – disse Karin con voce tremante accarezzando il pelo pregno di sangue nel tentativo di trovare il punto di fuoriuscita. Gli occhi dell’animale sembravano implorare il suo aiuto, tra un lamento e l’altro. Il ventre rigonfio si alzava e abbassava in movimento respiratori sempre più stentati.
- Datemi una mano! – intervenne Sasuke stendendo il suo cappotto nero sull’asfalto accanto alla bestia.
- Che vuoi fare? – gli chiese Juugo.
Nell’arco di pochi secondi, l’immagine di Sasuke con la cagnetta sotto braccio avvolta nel cappotto, sparì nel buio dell’ingresso della succursale della facoltà di veterinaria.  Davanti al portone chiuso si fermarono a discutere Karin e Suigetsu.
- Non ho nessuna intenzione di passarmi la vigilia di Capodanno a cercare di salvare l’insalvabile! L’ hai vista anche tu, non ha speranze! –
- Ma magari si possono salvare i cuccioli, a giudicare dalle dimensioni, forse è matura per il parto! Tu non sei una donna, sei una vipera! Dovevamo entrare con lui–
- Se ci ha praticamente chiuso il portone in faccia! E poi, perché aveva le chiavi della facoltà? Pensi che sia legale entrare di notte così? Non voglio casini! Per una roba del genere secondo me ci espellerebbero dal corso!
Juugo intanto richiamò l’attenzione di Naruto verso il chiosco di ramen pieno di clienti in attesa.  
Alla fine anche i tre del Team Taka cenarono a base di ramen, seduti al banco del suo chiosco, prima di lasciare la piazza per andare a festeggiare in quella centrale del concerto.
Allo scoccare della mezzanotte la piazzetta del chiosco era deserta. Naruto aveva tirato giù le tende circa mezz’ora dopo, sapendo che, se avesse aspettato oltre, si sarebbe ritrovato sommerso dai clienti con il languore del dopo festa, e non aveva voglia di fare le sei del mattino lavorando, come era accaduto l’anno precedente.
 Il suo pensiero fisso era stato Sasuke e la sorte di quella povera bestia da quando lo aveva visto entrare in quel portone. Per le due ore successive a quel momento però era stato così sommerso di lavoro che non era riuscito a guardare verso quella parte neanche una volta. “Chissà a che ora è andato via… o magari è ancora lì?” Si addormentò con questo pensiero.
Una parete del camper era occupata interamente dal lavandino e dal piano di cottura, quella opposta aveva come arredo qualche credenza e un piccolo armadio nascosto nell’angolo. Tra le due pareti, in uno spazio lungo circa quattro metri e largo neanche due, su un materassino di gommapiuma, avvolto come un salsiccione nel futon, Naruto russava e sbavava.
- Oi, Naruto! – riconobbe la voce di Sasuke in sogno e spalancò gli occhi per accertarsi che non fosse reale. Invece lo era. Sollevò di un palmo la saracinesca con appeso il cartellino “Ci si vede l’anno prossimo!”.
- Ma allora è vero che sei un barbone! – constatò il moro riferendosi al fatto che il ragazzo dormiva lì dentro.
- Un barbone? – chiese ingenuamente Naruto.
- Com’è andata? Eri lì fino ad ora? E il cane? –
- Mi serve un mezzo per portar via la carcassa –
La voce di Sasuke aveva un tono più basso del solito, vista l’ora e l’argomento della conversazione, ma come al solito non lasciava trasparire nessuna emozione. Naruto indossò il giubbotto sulla tuta arancione che fungeva da pigiama e scese dal camper. A dispetto della sua voce indifferente, il viso del ragazzo era evidentemente provato dalla stanchezza e il corpo irrigidito dal freddo, vista la mancanza del cappotto.
- Quindi non ce l’ha fatta... povera bestia! – l’occhio cadde sulla busta nera ai piedi del moro.
- Due mani erano troppo poche – lo disse con una punta di risentimento verso chi aveva scelto di tirarsi indietro, e Naruto colse l’allusione.
- Ti riferisci ai tuoi allievi? Non che voglia giustificarli, ma non riuscivano a capacitarsi di come tu potessi avere le chiavi della struttura… temevano di infrangere la legge o essere puniti! Hanno mangiato da me e ti assicuro che erano parecchio tesi. Non credo abbiano trascorso una fantastica vigilia! –
- Allora, mi puoi aiutare o no? – tagliò corto l’altro con la sua consueta simpatia.
- Il camper è senza motore. E lo scooter a secco. Però possiamo portarlo a piedi fino al rifornitore. A passo spedito ci vorrà una mezz’ora. -
Quell’idiota d’un barbone! Il camper fermo e lo scooter a secco! Avrebbe voluto insultarlo per l’eternità, ma in fondo in quel momento era la sua unica salvezza.
- Se mi spieghi dov’è questo rifornitore, vado da solo e ti riporto la moto domattina, sempre se ti vuoi fidare! -
Naruto rise.
- Scappare con il mio scooter? Sai che affarone! Ma è meglio che venga con te, nel caso ci fermasse la polizia, i poliziotti del rione sono tutti amici miei! Da solo rischi che ti perquisiscano e una carcassa in moto... -
Mentre facevano la strada uno affianco all’altro, spingendo la moto con la busta nera sopra, Sasuke pensava che avrebbe dovuto trovare il modo di ricambiare quello stupido ragazzino per l’aiuto che gli stava dando: aveva spezzato il suo sonno notturno e si era anche premurato di prestargli un giubbotto per la camminata. Era la prima persona a cui era venuto in mente di chiedere una mano. Dopo il loro primo incontro sulla panchina, si sentiva più in confidenza con lui che con i suoi coinquilini ed era convinto che il ragazzo lo avrebbe aiutato volentieri. Così era, visto il sorriso stampato sulla faccia di Naruto.
- Quanti erano i cuccioli? -
- Otto. Uno l’ho lasciato in facoltà –
- Perché? Vi serve come cavia? –
- No, dobe, perché era vivo! –
- Davveeeroo? Wow! Che bella soddisfazione! Alla fine ne è valsa la pena allora! Lo adotterai? –
- No –
- Non ti piacciono i cani? Un veterinario che non ama gli animali è il colmo! –
- Perché, tutti i medici amano gli uomini? Curare non è mica sinonimo di amare! –
- Allora, se non sai che farne, posso prenderlo io? –
- Se vuoi.  -
- Uh! Non vedo l’ora di vederlo! –
- Vederla. –
- Wah! Meglio ancora! Dovrò pensare a un nome! Visto che è l’unica sopravvissuta, la potrei chiamare “Prescelta”, che ne pensi? –
- Troppo lungo. –
- Un sinonimo più corto, allora… “Eletta” per esempio! –
- Stesso numero di sillabe di Prescelta! -
Passarono in rassegna diversi nomi, tra i più ridicoli. Nel silenzio della notte i rumori dei loro passi si sovrapponevano. Naruto rideva alle proprie battute di spirito, a Sasuke invece non si piegava all’insù un solo angolo della bocca, però sembrava un po’ più disteso nel viso, rispetto a quindici minuti prima.
- Ma alla fine com’è che avevi le chiavi della facoltà? –
- Li immagino a parlare di questa cosa per ore! Mi hanno dato anche del ladro, per caso? -
- No, no! –
- Non l’hanno detto ma l’avranno pensato! –
- Ma dai!-
- La succursale è mia. –
- Cos..? –
- E anche il resto della facoltà. Ecco perché ho le chiavi. –
“Ma perché lo sto dicendo proprio a lui?” si chiese il prof quando ormai il danno era fatto. Gli era scappato, semplicemente, forse per distrazione o perché quel ragazzo gli ispirava tanta fiducia che con lui non riusciva a mentire con la naturalezza di sempre.
- Cioè? Quindi sei un riccone! – lo scrutò come fosse un fenomeno paranormale.
- Pensa che ero convinto che il proprietario fosse una donna! Tsunade viene a mangiare al chiosco qualche volta… -
- Tsunade è la mia prestanome. – “E io che continuo a dargli spiegazioni!”
- Perché hai bisogno di un prestanome? – “Ovvio, per controllare dall’interno in incognito!” si rispose da solo il principe della scaltrezza.
- Non voglio favoritismi e non voglio che qualcuno me li chieda. – “… e neanche troppi rapporti sociali”.
- Come hai fatto? Cioè, sei ricco di famiglia? –
- Mio padre era ai vertici di un qualche giro illegale, non ho mai saputo nello specifico di che cosa. Quando sono diventato maggiorenne ho deciso di investire i suoi soldi sporchi in qualcosa di utile per me e gli studi che volevo intraprendere. –
Avrebbe voluto dirgli “Hai fatto bene!” per incoraggiarlo a continuare il racconto ma si impose di non interferire in un momento che apparteneva esclusivamente a lui. Neanche si voltò a osservare l’espressione del suo viso per timore di un suo blocco. L’orecchio era teso per non lasciarsi sfuggire una sola parola, un sospiro, o quant’altro lo aiutasse a percepire cosa si nascondeva nel cuore di un ragazzo tanto impenetrabile e cupo. La sua si preannunciava una storia lunga e complicata e lui voleva conoscerla tutta. Sì, era curioso, come sempre. Impicciarsi degli affari personali di Sasuke però andava oltre la semplice curiosità, era un bisogno che si rinnovava ad ogni parola pronunciata dalle sue labbra tese.
- In realtà è stata Tsunade ad occuparsi della gestione del mio patrimonio, prima e dopo la mia maggiore età. –
- Quindi anche tua madre è morta quando eri ancora minorenne? – “Baka!” avrebbe voluto trucidarsi la lingua per quella domanda sgorgata dalla sua bocca senza pensare. “Ecco, ora sarà un blocco sicuro!”. Ma mentre si preparava a rimediare al silenzio che si aspettava seguire a quella richiesta, Sasuke lo sorprese rispondendo di getto.
- Mio fratello maggiore li ha uccisi. Avevo otto anni e lui sedici. Anche volendo, non avrei fatto in tempo ad intervenire. Così, quando si accorse che ero sdraiato sul divano, mi finsi addormentato pregando che la stessa sorte non toccasse anche a me. –
La pesantezza dei pensieri di entrambi si concentrò nel silenzio: la costernazione di uno e i ricordi nitidi dell’altro, che riaffioravano dalla sua memoria con immagini, suoni e odori in successione. Non faceva male, la sua armatura era solida ed era abituato a quel vuoto d’emozioni, ma la presenza di qualcuno accanto a lui a condividere il silenzio, iniziava ad innervosirlo. L’eco dei loro passi nel vicolo vuoto era interrotto a tratti dalle voci festanti oltre qualche finestra.
- Mi hai lasciato senza parole – azzardò Naruto con un sorriso forzato.
- Tu senza parole? Naa! – Sasuke tentò di uscire con l’ironia da quella sorta di torpore della sua mente.
- Cazzo! – gridò rabbioso il biondo davanti al cartello “Fuori sevizio” appeso all’ingresso del distributore.
- Quest’anno è cominciato proprio a merda! – sferrò un paio di calci alla pompa del carburante, inveendo e ringhiando.
- Rilassati, dobe! C’è la polizia. – lo avvertì il moro con voce piatta indicandogli con un cenno della testa la direzione da cui sopraggiungeva la volante.
- Ehi, Naruto! Buon anno nuovo! È iniziato bene? – il giovane poliziotto al volante dagli occhi verde smeraldo gli sorrideva spavaldo oltre il finestrino abbassato.
- Mi prendi per il culo? –sbraitò. Si chinò verso di lui con un sorrisone e in tono sarcastico e confidenziale.
- Anche tu lo inizi alla grande, eh? Che è successo al tuo collega? – chiese notando una figura in uniforme raggomitolata sul sedile posteriore.
- Secondo te? Lo riporto alla centrale, a casa sua o alla Alcolisti Anonimi? –.
Il poliziotto sbirciò incuriosito dalla presenza dell’altro ragazzo alle spalle del suo amico
- Ah, Gaara, lui è il mio amico Sasuke! – suonava piacevolmente strano sentir associate le parole “Sasuke” e “amico”. L’Uchiha sollevò il palmo della mano in cenno di saluto e Gaara rispose con un sorriso e un - Buon anno anche a te! –.
- Ti prego, tiraci fuori dai guai! – supplicò Naruto.
Il tempo di dare un paio di spiegazioni e Gaara aveva già aperto il cofano della vettura e fatto posto alla busta nera della carcassa.
- Grazie, Gaara! Non so come avrei fatto! –
- Mi devi almeno sette buoni pasto! – e prima di ripartire gli lasciò in mano la bottiglia di spumante del collega ubriaco.
- Beh, dai, alla fine ci è andata di culo! – il biondo aveva riacquistato tutto il suo buonumore.
Lanciò un occhio alla marca nell’etichetta della bevanda alcolica.
- Ce lo beviamo o lo verso nel serbatoio dello scooter? –.
La loro camminata di ritorno fu tranquilla e meditativa a parte qualche battibecco per farsi il cambio nel trascinarsi lo scooter che pesava nella strada in salita. Il biondo si godeva la silenziosa compagnia dell’altro, orgoglioso di essergli stato utile. Essere utile agli altri lo faceva stare bene e dava un senso alla sua vita, era alla continua ricerca della sensazione di servire a qualcosa e di lasciare nelle persone accanto a lui un segno di positività, anche piccolo. Non pretendeva né cercava altro che questa semplice piccola emozione e quella notte si sentiva più che soddisfatto per aver tolto un impiccio proprio a quel ragazzo così cupo e solo.  In più gli aveva affidato i segreti della sua infanzia… li avrebbe custoditi con cura, non avrebbe potuto pretendere di più di questo: dopotutto era stato un bel modo di iniziare l’anno, aveva trovato un nuovo amico. Nel silenzio di Sasuke si nascondeva invece lo stupore di aver raccontato ad un estraneo una parte di sé che pensava aver dimenticato per sempre e il desiderio di sputare fuori anche tutto il resto, ma no, avrebbe dovuto essere poco lucido per riuscire a fare questo. Si affidò allo spumante che gli infiammava la gola ad ogni sorso, per riuscire in quell’impresa, e quando finalmente ritornarono al chiosco, sapeva di essere già abbastanza sbronzo. Barcollava, e nella sua mente galleggiavano le immagini dei ricordi della sua famiglia, di quel giorno maledetto, dei giochi d’infanzia con il fratello, degli schizzi di sangue sul suo volto, l’ultimo gemito della madre… ad esse si sovrapponevano quelle del sangue della cagna sparso per tutta la sala operatoria della facoltà, dei piccoli prematuri ammassati nel suo ventre, immobili, che uno ad uno smettevano di vivere, delle pressioni frenetiche del suo polpastrello sui loro toraci per aggrapparsi anche al più flebile alito di vita. Si accasciò sullo scooter con gli occhi chiusi, conscio che da lì in poi avrebbe perso la dignità.
- Cazzo, sono astemio e tu mi hai fatto bere – farfugliò con la bocca impastata e la lingua che si ingarbugliava su ogni sillaba. Naruto era intenerito, affascinato, divertito da questa nuova versione dell’Uchiha.
- Eccerto! Ora dai la colpa a me, dopo che non me ne hai lasciato neanche un goccio! – aprì il portellone del suo camper
- E in più sei a stomaco vuoto! Ti va un po’ di ramen? – la sua era più una battuta che una vera offerta. Entrò nel piccolo servizio del camper per svuotare la vescica, lasciando socchiusa la porta a soffietto per non perdere di vista l’immagine del ragazzo in precario equilibrio, con il petto pressato sul manubrio della moto.
- Ehi! In questa posizione vomiti di sicuro! Dai, devi solo ricordarti la strada, e ti accompagno a casa! –
Gli prese un braccio e se lo appese al collo.
- Non ci voglio tornare… da quegli stronzi! –
- Secondo me ti stanno aspettando! –
- Smettila di difenderli! Se avessero fatto... La busta nera…due mani non… bastano…- Non aveva la forza né la voglia per formulare frasi intere ma il concetto era chiaro e la delusione e la rabbia trapelavano dal tono severo.
- Quindi che vuoi fare? Io non ce l’ho un letto! Sono un barbone, ricordi? –
- Dormo qui, sulla tua moto, finché non mi passa la sbronza. –
- Come no? – cercò di fargli riacquistare un po’ di equilibrio, lo trascinò sul camper e lo chiuse nel piccolo bagno.
- Vomita adesso o mai più! Ho solo un futon! –
- Cazzo, ma dove le metti le ginocchia qui? -
- Piscia in piedi come fanno tutti, no? O vuoi un trono? –
Con le tende chiuse e la saracinesca abbassata, l’interno del chiosco era completamente al buio. Naruto posizionò la candela sul piano della cucina, calpestando il futon su cui era sdraiato supino Sasuke in avanzato stadio di assopimento e con il giubbotto ancora addosso. L’abitacolo era talmente piccolo che la sola luce di una candela illuminava ogni angolo. Naruto, anche lui con il giubbotto, per privilegiare il suo ospite si era accontentato di una posizione di ripiego, sedendosi per terra ai suoi piedi, a gambe piegate e schiena appoggiata alla parete. “Se riesco a dormire anche così, sono un eroe!” pensò un po’ imbronciato “E se sentirò suonare la sveglia tra tre ore, un dio”. Si incantò qualche secondo a scrutare i lineamenti spigolosi del volto del ragazzo che gli aveva rubato il suo prezioso futon. La sua pelle era incredibilmente bianca, senza la minima ombra di barba, in contrapposizione con il corvino dei capelli, lisci come spaghetti. La leggera inclinazione del capo gli aveva scoperto l’occhio sinistro da quel lungo e fastidioso ciuffo che nascondeva metà del suo sguardo. Con le palpebre abbassate e le labbra sottili compostamente schiuse sembrava un ragazzino indifeso.
- Devo andare a controllare il tuo cucciolo – gli aveva detto un secondo prima di perdere i sensi.
- Tra tre ore – gli aveva risposto lui, e poi il silenzio.
Naruto spense la candela con un soffio e il nero lo avvolse.
Alcune volte, quando spegneva quella candela gli ritornava alla mente il buio della camera dell’orfanotrofio, il silenzio opprimente, il corridoio lungo e stretto tra le due file di letti e la sensazione di terrore e solitudine. Strizzava gli occhi con la testa nascosta sotto le coperte che odoravano di muffa e pungevano la pelle del viso. E certe notti nel buio, il silenzio era interrotto dagli ansimi, dai cigolii ritmati della rete del letto di qualcuno, i singhiozzi strozzati e i lamenti ovattati da palmi pressati sulle labbra. Si tappava le orecchie e contava i secondi di quella tortura, da uno a trenta, poi ricominciava da capo perché non conosceva altri numeri, ma ogni volta quei secondi erano interminabili. Non voleva ricordare se era toccato anche a lui. Non lo ricordava. Ma ricordava gli occhi di ghiaccio di quel ragazzino un po’ più grande degli altri che macchiava di sangue le lenzuola e marchiava a fuoco il suo segno maledetto nell’animo dei più indifesi. Ricordava il suo naso insanguinato sotto la furia dei suoi pugni e le grida dell’educatrice che a fatica era riuscita a tirarlo via di peso. Si era beccato dieci giorni di punizione per quel gesto, ma non se n’era mai pentito, anzi, ne era stato fiero da subito e lo aveva aiutato a farsi apprezzare dai quei compagni che avevano subito per mesi e che lo avevano aiutato a vendicarli, tenendo immobilizzate le braccia e le gambe del loro giovane seviziatore. Facendo un confronto con l’infanzia difficile di Sasuke, pensò che almeno lui l’amore di una famiglia lo aveva conosciuto; Naruto invece non sapeva neanche che cosa fosse. Non ricordava gesti affettuosi da parte di alcun adulto verso di lui. Le uniche persone con cui aveva stabilito dei rapporti umani erano i suoi coetanei, sfigati più o meno come lui. Con la differenza che gli altri qualcuno andava a salutarli o a portarli via per il week end, per lui invece non c’era stato mai nessuno. Sasuke almeno aveva ancora un fratello da qualche parte...
- Si chiamava Itachi – la voce bassa di Sasuke fece trasalire il biondo troncando il silenzio e i suoi pensieri
- Tuo fratello? –
- Sì –
- Perché ne parli al passato? –
- È morto dodici anni fa in carcere. Ero andato a trovarlo per la prima volta il giorno del mio diciottesimo compleanno. Avevo aspettato quel giorno perché prima di essere maggiorenne mi era stato proibito vederlo. Volevo dargli una possibilità di giustificazione ma l’unica cosa che ha fatto è stata supplicarmi di ucciderlo. Mi ha abbracciato e mi ha detto un numero di telefono all’orecchio. Non avrei dovuto fare altro che una chiamata. –
La sua voce era come sempre piatta, le sillabe pronunciate in modo rallentato ma corretto.
Naruto spalancò gli occhi nel buio, cercando di intravedere la sagoma dell’amico ma la sua voce veniva dal nulla.
- L’hai fatta? – chiese in un soffio
- Sì. Ho anche pagato. – sintetico e gelido.
- Una settimana dopo è morto per un malore. Se vuoi puoi denunciarmi, non mi interessa. –
- Denunciarti? Non sta a me giudicare! Non lo farei mai. – avrebbe voluto accendere di nuovo la candela per potergli fare quella promessa guardandolo negli occhi ma in fondo quel buio era stato loro amico, testimone di un’inspiegabile quanto intensa complicità.
- Posso chiederti se te ne sei pentito? –
Il moro esitò. Non si aspettava questa domanda e neanche sapeva rispondere. Cercò comunque di tirar fuori qualcosa che potesse essere esauriente.
- Non lo so. Però credo che quell’abbraccio volesse solo eludere le telecamere di sorveglianza o la guardia che era dentro la stanza mentre mi diceva cosa dovevo fare –
- Meritava di vivere fino alla fine con il suo rimorso ma l’unico rimasto che può avere rimorsi sono io. Sarebbe stato così anche se non avessi accettato la sua richiesta, quindi in ogni caso il vincitore assoluto è lui. –
Tre ore più tardi, quando la sveglia suonò, l’unico a sentirla fu Sasuke.
Quando il biondo aprì gli occhi l’interno del camper era appena illuminato da spilli di luce che entravano dalle fessure della saracinesca. Era sdraiato sul suo futon, da solo. La delusione di non ritrovare il suo nuovo amico lo fece sorridere “Abbandonato dopo la prima notte d’amore!”. Stava per alzarsi quando si accorse di un batuffolo arancione accanto a lui.
- Oddio, quanto sei bella! –.
Stava dentro una mano, caldo e leggero, con gli occhi ancora chiusi e i movimenti lenti, la lingua minuscola che entrava e usciva dalla piccola fessura sul musetto, il respiro veloce che gli faceva tremolare tutto il corpo. Naruto se la portò d’istinto al viso per godere della sua morbidezza  “Sei mia” pensò. Non fece che pensare questo, per quei brevi dolcissimi istanti in cui la allattò con la siringa di latte che aveva trovato sulla cucina.
“Trovale un nome” diceva il post-it lasciato da Sasuke. “Sei nostra” corresse il suo pensiero al ricordo di quella notte intensa.
Due giorni dopo il Capodanno la succursale della facoltà era di nuovo operativa. Il tre aspiranti veterinari del team Taka si erano fermati al chiosco a fare colazione, mentre il loro tutor aveva mirato direttamente all’ingresso dell’università, alzando un braccio verso Naruto come cenno di saluto. Naruto però era troppo impegnato a discorrere con Gaara davanti al suo camper per accorgersi di lui. Il giovane poliziotto dai capelli rossi e due smeraldi per occhi porgeva a Naruto una tanica di carburante. Il biondo gli parlava animatamente, rideva e si scompigliava la chioma evidentemente imbarazzato. Sasuke si fermò distrattamente fuori dal portone cercando di captare il succo della loro conversazione
- Fammi due buoni pasto e siamo a posto! – disse calmo l’agente versando il carburante nel serbatoio dello scooter appoggiato al camper.
- Ormai hai accumulato buoni pasto per la tua vita intera, più figli e nipoti! -  rispose Naruto infilandogli furtivamente una banconota nella tasca posteriore dei pantaloni.
L’Uchiha non riuscì ad abortire il suo senso di colpa, mentre voltava definitivamente le spalle alla piazza e si addentrava nella struttura con passo pesante “Dovevo pensarci io! Era l’occasione per ricambiargli il favore! Perché non ci ho pensato?”
 
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La sveglia suonava sempre alla stessa ora e da un mese lo trovava già sveglio a distribuire grano ai piccioni della piazza ancora buia e deserta. Sasuke nella sua corsa mattutina era puntuale come un orologio. Naruto gli si affiancava e prendeva il suo ritmo, stordendolo a chiacchiere per quel quarto d’ora in cui faceva il giro di quattro isolati prima di ripetere il percorso inverso. Si portava appresso la sua “Bella”, dentro un vistoso marsupio imbottito di lana. Le prime volte lo sballottamento l’aveva fatta vomitare, poi si era in qualche modo abituata ma aveva imparato a manifestare il suo disagio abbaiando per tutto il tempo.
- La devi smettere di venirmi dietro! – lo rimproverava il moro infastidito da tanta invadenza.
- Parli troppo, e quella bestia finirai per ammazzarla! Torna dai tuoi piccioni! –
- Bella deve imparare a stare nel mondo! Non voglio che diventi una cagna viziata e antisociale! –
- Che cazzo di nome le hai dato? –
- Ne ho pensato un sacco, ma poi alla fine continuo a chiamarla così, tanto vale renderlo ufficiale! -
- È orribile e per niente adatto a un cane! –
- Scontato, magari, ma non orribile, e poi ha solo due sillabe! Avevi un nome migliore in mente? –
- Kurama –
- Ma ha tre sillabe! E poi, che significa? –
- È un demone –
“Un demone? Vuole dare a un cucciolo il nome di un demone? Questo tipo è proprio fuori!”
- Kurama… ti piace? – si rivolse all’animale, sollevandole con due dita il musetto da dentro il marsupio.
- Davvero potrebbe morire solo perché la sballotto? – la domanda era sensatamente rivolta a un veterinario e aveva un tono velatamente preoccupato.
- No – le risposte di Sasuke si distinguevano sempre per chiarezza e sinteticità nonostante dietro di esse si celasse spesso una riflessione personale: “Lei è forte!”. Gli si intenerivano i pensieri al ricordo del suo accanito tentativo di rianimarla premendole il petto con due dita e soffiandole energicamente sul musetto. Poi un attimo prima di arrendersi, aveva invocato il primo demone che gli era venuto in mente e l’aveva vista improvvisamente fremere. Tutto lo schifo delle ore di sangue dentro la sala operatoria, da quel momento, aveva acquistato un senso.
Correre in compagnia era un’esperienza nuova per l’Uchiha. All’inizio pensava fosse una vera seccatura che non faceva che distoglierlo dal suo ossessivo controllo della respirazione. Ma prendendoci l’abitudine si era accorto che quando quell’usuratonkachi mancava all’appuntamento, l’inizio della sua giornata era pessimo.
- Sai che c’è un tipo di ramen dove ci sono i pomodori a pezzi? – se n’era uscito una mattina il giovane cuoco.
- Quindi? –
- Ho la ricetta! Pensavo di farvelo provare! –
- Fallo agli altri - Sasuke si riferiva ai suoi tre allievi che non perdevano occasione per mangiare al chiosco ed erano entrati parecchio in confidenza con il suo proprietario.
- Sei sempre il solito disgregato! Sarei curioso di sapere cosa mangi da solo in facoltà!
- Pomodori, appunto –
- Che? Ma quelli sono un contorno, mica un pasto! Sarai mica vegano? –
- Ci sono mille ricette di pomodori! –
- Per esempio? –
- In forno, ripieni di riso. –
“In forno… ripieni di riso…” Non era tipo che si faceva entrare le rivelazioni come questa da un orecchio per farsele uscire dall’altro, Naruto Uzumaki!
Nell’arco di un paio di settimane l’insegna del suo chiosco era tutta rinnovata, ad opera delle sue stesse mani che con un tocco di vernice arancione e la “Tecnica dell’artista” avevano trasformato la scritta “RAMEN” in “RAMEN E POMODORI RIPIENI”. Ovviamente la novità doveva debuttare con la promozione “Il primo pomodoro ve lo offre la ditta Uzumaki”.
Sasuke fu il primo a vedere quell’insegna mentre correva all’alba.
Fu un’ambigua fitta al petto che gli bloccò la corsa mattutina e lo lasciò senza fiato e senza pensiero, immobile a fissare quella scritta.
Una fitta che si ripeté quando un sorriso radioso e due occhi accesi d’azzurro si avvicinarono a lui, accompagnati dagli abbai della cagnetta arancione che gli saltellava fra i piedi.
- Ho appena finito di piazzarla! Gaara mi ha dato una mano! Che ne dici? –
“Perché pomodori ripieni?” in uno stato di confusione totale, il moro non riuscì a spiccicare parola.
Le parole di Naruto si mischiavano alle sue domande nel suo cervello in completo tilt.
- Ho comprato un forno e un generatore di corrente più grande! Non avrei mai pensato di farceli stare dentro il camper! –
“Cos’è? Una specie di messaggio per me?”
- Un cliente mi ha procurato la ricetta e ho già inaugurato il forno! –
“O mi sto inventando tutto?”
- Te ne ho lasciato un paio, li ho tenuti in caldo… -
“Sei matto, completamente.”
- O vanno serviti freddi? –
“Cosa mi stai dicendo, Naruto?”
- Non avrai più scuse per non pranzare da me! – quei due fastidiosi fari abbaglianti si ostinavano a voler sfondare il nero degli occhi di lui, che cercava di sfuggire a quell’attacco, rimanendo imbambolato a fissare i colori vivaci dell’insegna.
- Oi! Teme! Mi stai ascoltando? – le mani di Naruto gli sventagliarono a un paio di centimetri dalla faccia.
- Sì -  era troppo frastornato per analizzare la situazione con lucidità e troppo agitato per reggere il confronto con i suoi occhi, così si concentrò su Kurama che gli scodinzolava sui piedi come impazzita, rotolando in tutte le posizioni e facendo tintinnare incessantemente il campanellino del suo collare.
- Cazzo! Non è che mi aspettassi un grido di gioia, ma almeno un incoraggiamento… -
Naruto si fece improvvisamente serio.
- Non voglio certo obbligarti eh! Era solo un invito. Se non ti va lo capisco, da uno come te. –
- Da uno come me come? – lo fulminò d’istinto con l’unico occhio scoperto dal ciuffo.
Naruto raggelò.
- Cioè: che tu magari preferisca pranzare da solo… cioè, non lo capisco, in effetti, però sarebbe una tua scelta. Sacrosanta! -
Si curvò a prendere Kurama da sopra i suoi piedi e se la poggiò al petto, immobilizzandola per far cessare il tintinnio e carezzandola piano. Anche quel gesto a Sasuke era parso un’attenzione nei suoi confronti. Doveva essere impazzito ad illudersi che ogni gesto di quel ragazzo fosse per lui! Non stava ragionando bene.
- Mi occorre solo un parere su come sono i pomodori che ho cucinato. –
Tutto l’entusiasmo del biondo si era volatilizzato. Non era questo che voleva Sasuke con il suo comportamento, non era ciò che lui si meritava! In qualche modo voleva rimediare alla sua cafonaggine e per farlo doveva tornare in sé, ora.
- Okay! –
Naruto abbassò la pensilina del camper e ci posò sopra il piatto, intanto che Sasuke prendeva posto per la prima volta su uno dei suoi sgabelli. Aveva ottenuto quello che voleva: far mangiare il suo amico, quell’amico, al suo chiosco, ma non era soddisfatto. Per niente. Anzi, sentiva come di avergli fatto una violenza e non era mai stata quella la sua intenzione. Potendo tornare indietro non avrebbe fatto niente di tutto questo. Era stata un’idea infelice che non aveva tenuto conto dei desideri di Sasuke, ma solo dei suoi. “Egoista” si rimproverò.
Sasuke rimediò come meglio poteva al danno fatto. Assaggiò i pomodori ripieni e li mangiò fino all’ultimo chicco di riso, nonostante fossero a suo giudizio pessimi. Poi disse a Naruto di procurarsi carta e penna e gli dettò la ricetta corretta, non mancando di aggiungere consigli e piccoli segreti di cui andava orgoglioso, che aveva sperimentato da sé in anni di pratica. Sapeva cucinare una sola cosa, ma in quella cosa non lo batteva nessuno. Parlare di cucina fu un ottima soluzione per abbassare la tensione. Naruto ritrovò il sorriso e di conseguenza anche il suo amico si rilassò.
- Se devi fare anche il ramen ti conviene infornare un’ora prima, sei sicuro di farcela a gestirti entrambe le cose? –
- Non lo so!  Però ci provo! I miei clienti saranno pazienti se dovessi combinare qualche casino! –
- Tipo mettere il riso nel brodo e i noodle nei pomodori? –
- Esatto! Tu riesci a fare ottime battute di spirito restando completamente serio! Meriteresti un premio per questo, ‘tebayo! –
- È una dote naturale –
A quella dichiarazione Naruto esplose in una risata.
- È proprio vero, la terapia delle quattro chiacchiere funziona con tutti! Non ne sei immune neanche tu! –
- Sì? –
- Sì. Dimmi, dopo queste quattro chiacchiere del più e del meno non ti senti più leggero? –
- No – “Ecco, adesso che è tornato normale, lo preferivo come era prima”
- Io per esempio mi sento tranquillo, così, una tranquillità che viene dal niente! I momenti più belli della mia vita sono quelli che condivido con gli amici, anche con gli amici di passaggio eh! Non è che per forza devono essere amici veri! Due risate, un po’ di sake e i problemi sembrano tutti superabili. Non ho mai conosciuto l’affetto di un padre e una madre, quindi il mio concetto di famiglia è personale più che astratto. Ho sempre avuto a che fare con i miei coetanei prima che con gli adulti, i rapporti li ho costruiti così, senza una figura matura come guida, eppure in alcuni miei coetanei ho scoperto il mio concetto di famiglia! Sarà per questo che sono rimasto un po’ bambino! –  
Esitò un istante.
- Boh! Che cazzo ho detto? –
- Non lo so – stavolta era Sasuke a guardarlo con gli occhi di un bambino.
- Aveva un senso? –
- Ovviamente no. –
Quella mattina nell’ora della pausa pranzo intorno al chiosco di ramen si riunirono praticamente tutti gli studenti e i professori di veterinaria. Naruto Uzumaki, generalmente abituato ad affrontare queste situazioni, si trovò per la prima volta in difficoltà nella gestione del suo lavoro, alle prese con un forno che faceva i capricci e che gli bruciava le mani ad ogni distrazione. Gli sgabelli erano troppo pochi e il banco troppo piccolo per un numero così alto di clienti; i pomodori serviti nel piatto di plastica erano scomodi da consumare in piedi, a differenza delle scodelle da asporto di ramen. “Avrei dovuto pensarci… che coglione!” sudava e si affannava per cercare di accontentare tutti nel minor tempo possibile ma alla fine alcuni rinunciarono nonostante la giornata del “gratis per tutti”.
- Aiuto, gente! La ditta Uzumaki oggi ha toppato! Vi ritroverete il riso nel brodo e i noodle nei pomodori, tra poco! –.
“Riciclare le battute altrui è reato?” riuscì a fare ironia dentro di sé anche in quel momento di panico totale
- Dai, Naruto, non ti scoraggiare! I pomodori sono buonissimi! –
- Sì, che vuoi che sia, aspettare un’oretta! Tanto la pausa pranzo dura 45 minuti! – le battute di spirito si sprecavano.
- Mai visto un tale casino al chiosco di ramen! Sembriamo tutti dei morti di fame! Povero Naruto!-  Karin in piedi insieme ai suoi compagni di corso, aspettava il suo turno con pazienza. Il team Taka oggi era eccezionalmente al completo: seppur a malavoglia Sasuke si era sentito in dovere di essere presente. Pativa in silenzio la presenza di tutta quella gente troppo vicina a lui, delle voci ironiche o irrequiete. Ma soprattutto non sopportava vedere Naruto spaccarsi in quattro per quella gente che lo scherniva.
- Ehi, Naru, ti serve una mano? –
- Com’era il detto? “Prendersi a pomodori in faccia”? –
Per uno come lui, così lontano dalle dinamiche della vita sociale, quella non era semplice ironia, ma arroganza.
- Le consegne su ordinazione potrebbero essere una soluzione in questo caso! – Juugo si voltò verso Karin in cerca di consenso, ma quella era sparita e al suo posto c’era Sasuke incantato a seguire quanto stava accadendo dentro il chiosco a pochi metri di distanza.
- Ma cos…! – Naruto trasalì nel ritrovarsela affianco improvvisamente: Karin aveva indossato grembiule arancione e cappellino verde con fare sicuro di sé e totalmente incurante dei commenti dei colleghi di corso.
- Spostati! Il forno te lo gestisco io! –
Gli passò davanti e impugnò una presina.
- Che fai impalato? – lo rimproverò con un sorriso
- Riempi i bicchieri, no? Vuoi che muoiano tutti di sete? –
- Ehm, sì, cioè no… cioè… grazie ‘ttebayo!–
- E brava Karin! Visto, Naruto, che sono arrivati i rinforzi? – disse un ragazzo accennando con alcuni amici un piccolo applauso.
Il sangue dell’Uchiha ribolliva nelle vene. Ma che razza di idea le era venuta in mente a quella? Esporsi davanti a tutti con un’alzata di testa così! Da quel momento per i prossimi due o tre giorni in facoltà non si sarebbe parlato d’altro che della sua stravaganza!
“È troppo lenta” pensò mentre osservava i movimenti un po’ impacciati di chi si cimenta per la prima volta in un’attività.  Eppure il ragazzo biondo le lanciava occhiate d’intesa e gratitudine e sembrava ricaricato di nuova energia. Preso com’era dal suo lavoro, neanche si accorse che in mezzo a quel capannello di gente c’era anche il suo nuovo e tanto stimato amico: lui, un Sasuke logorato da un senso di invidia che non avrebbe mai ammesso a se stesso. Per quanto provasse a trovarle più difetti possibili, la verità era che Karin in pochi minuti aveva acquistato un sacco di punti agli occhi del ragazzo del chiosco di ramen, mentre lui ne perdeva un po’ ogni giorno. Karin si era dimostrata coraggiosa e per niente scontata. Che avesse una cotta per il biondo?
“Se ci fossi stato io davanti a quel forno… e se quel giorno l’avessi portata io quella tanica di carburante…”
Lo pervase il peso della sua inutilità, dell’incapacità di trovare un modo non troppo scontato per saldare il suo debito della notte di Capodanno. Girò le spalle e se ne rientrò da solo in facoltà a stomaco vuoto.
 “Ma che faccio? Mi metto in competizione con Karin e Gaara?”.
In entrambi i confronti, era lui il perdente.
 
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Naruto stava pian piano diventando il suo tormento. Se lo ritrovava affianco al mattino, ancora prima di aprire gli occhi, il primo pensiero della routine quotidiana, ad offuscare la lucidità delle sue azioni. Quel sorriso a trentadue denti era così fastidioso! Avrebbe voluto spegnerglielo con un cazzotto, un cazzotto da dare a se stesso quando a quel sorriso vedeva sovrapporsi l’immagine riflessa nello specchio della sua faccia di merda del mattino! Cosa lo faceva più incazzare? La risata sguaiata di quel dobe o gli angoli della propria bocca afflosciati? L’azzurro cielo degli occhi di lui o il grigio delle proprie occhiaie? Non lo sapeva neanche lui. Odiava tutti e tutto, come sempre, a cominciare da se stesso. Il buonumore cronico di Naruto era incomprensibile e inaccettabile ma non riusciva a toglierselo dalla testa. Non sapeva spiegarsi il perché di questo e neanche voleva sforzarsi di farlo per non dare troppa importanza alla cosa. Quel ragazzo era la sua antitesi, non poteva essere incuriosito e affascinato da un tipo del genere: troppo semplice, grezzo nel comportamento, grossolano nei pensieri, infantile, logorroico, sguaiato… in una parola: fastidioso! Come e più di una zanzara che ti entra nel cervello. Lì dentro, tutte le parole semplici di Naruto ronzavano senza pietà: il suo personalissimo concetto di tranquillità e di famiglia, la sua teoria sulla felicità nascosta nelle cose inutili, la ridicola “terapia delle quattro chiacchiere”…  quante stupidaggini! Naruto aveva proprio i pensieri di un bambino! Quei pensieri però avevano il loro indiscutibile filo logico, doveva ammetterlo, ma tutto era così lontano dalla sua visione della vita! Forse da una parte avrebbe voluto essere sciocco e infantile come lui, per godere di qualche attimo di spensieratezza e positività. Neanche da bambino era mai stato infantile, mai avuto pensieri così, ma in fondo forse bambino davvero lui non lo era mai stato. Forse la sua famiglia non era poi così fantastica come si sforzava di ricordarsela. In realtà, alla fine, cosa ricordava della sua infanzia prima che succedesse la tragedia? Niente. O forse non voleva ricordare una felicità che gli era stata tolta. Mentre nuotava nel buio del suo passato, l’immagine del sorriso di Naruto e l’eco delle sue parole semplici, gli strapparono un sorriso dalle labbra. “Usuratonkachi!”.
Entrato nella sua mente con prepotenza, senza chiedere nessun permesso, adesso doveva sbarazzarsi di lui! Un cancro che lo divorava in progressione, sempre più pericoloso per il suo equilibrio apparentemente intaccabile. Non poteva permettere che prendesse il sopravvento, doveva reagire immediatamente, prima che fosse troppo tardi. Ma tardi per cosa? Di cosa mai si stava preoccupando? Ah, dannato piccolo stronzetto! Aveva voglia di vederlo, una voglia folle, in ogni secondo della sua giornata. Più di una voglia, un bisogno. Tanta voglia e tanto bisogno da rimanere spiazzato, paralizzato dalla paura di aver perso completamente il controllo delle sue emozioni, devastanti, mozzafiato, mai provate prima per nessuno, prima fra tutte l’odio per chi stava martoriando i suoi pensieri. Quel ragazzo… chissà cosa pensava di lui invece! Di certo nella sua piccola testa vuota non potevano esserci ragionamenti troppo articolati o neuroni che si contorcevano come i suoi! Probabilmente in quel momento stava pensando a quanto sale mettere nel ramen.
 
No, no! Troppo sale in quel ramen! Non poteva di certo rovinarsi così la reputazione! Uff! Doveva rifarlo da capo. Oggi proprio non gliene era andata una per il verso giusto! La falangetta affettata con il pelapatate, la multa dell’ufficiale sanitario che lo aveva sorpreso nell’unico momento della sua vita in cui aveva cucinato senza indossare il cappellino, e, come epilogo, un inizio di incendio nell’angolo cottura del camper, sventato con l’uso imbranato di un estintore, fra le risate dei clienti. Era sicuramente a causa dell’aura negativa di Sasuke; ristagnava lì, come una nube nera tutt’intorno al suo chiosco, e portava morte e distruzione! A nulla era servito ripulire con gesto scaramantico, acqua e sapone alla lavanda la parte del bancone dove quel pomeriggio aveva mangiato i suoi pomodori e lo sgabello su cui aveva poggiato il culo. La sfiga aleggiava sovrana! Sentiva viva la presenza della negatività di quel ragazzo, gli entrava nelle ossa, gelida e angosciante, irritante! Non riusciva proprio a concepire come si potessero trascorrere le giornate della propria esistenza con tanta apatia. Sì, capitava anche a lui ogni tanto di sentirsi giù (e poi il suo passato non è che fosse tutto rose e fiori!) ma Sasuke aveva proprio l’aria di uno completamente incapace di farsi una risata non sarcastica. Con un trascorso come il suo c’era sicuramente un motivo abbastanza valido da giustificare una tale avversione nei confronti della vita. Subire la perdita così tragica dei genitori e poi convivere con il senso di colpa di una scelta dettata dall’odio e dalla sete di vendetta. Quali motivi poteva avere per sorridere alla vita? Gli faceva una gran pena, dopotutto! Aveva ripensato ai suoi occhi neri e spenti ogni secondo della giornata e lo aveva pervaso la tristezza, un senso di impotenza, nell’accorgersi che non era riuscito a contagiargli un briciolo di buonumore e spensieratezza. Non che fosse una sua precisa missione, ma era consapevole e orgoglioso della sua innata dote di riuscire a portare una nota positiva nelle giornate a volte grigie dei suoi clienti. Sapeva che questo era uno dei punti di forza del suo mestiere che gli permetteva di sbarcare il lunario da anni. Magari sarebbe stato utile anche a Sasuke fare un lavoro che lo tenesse più a contatto con la gente, piuttosto che sventrare cavie di animali! Cioè: non che il suo non fosse un lavoro di tutto rispetto, anzi, certamente, a parte l’ottimo tenore di vita che ti permette di fare, un veterinario poteva avere un sacco di soddisfazioni, ma non c’era mica confronto con una scodellona di ramen formato family e quattro chiacchiere scacciapensieri con un amico! Chissà se quel teme ce l’aveva un amico! Quasi certamente la risposta era no, con quel carattere antisociale che si ritrovava! Eppure, sarà stato che “gli opposti si attraggono”, pensare a lui e a cosa avrebbe potuto escogitare giorno per giorno per strappargli un sorriso, gli scaldava il cuore tanto da distrarlo da ciò che lo circondava, dal lavoro, dai clienti e da se stesso. Ecco la vera causa del suo dito incerottato, del cappellino dimenticato e dell’incendio scampato: oggi non c’era proprio con la testa, altro che nube nera! Non si era mai sentito così preso dai sentimenti! Se gli fosse successo con Hinata qualche anno prima, adesso avrebbe messo su famiglia! Non poté trattenere una risata autoironica nel constatare che i sintomi dell’amore li aveva tutti. Due clienti seduti davanti a lui commentarono l’espressione sognante del suo viso, mentre porgeva loro le ciotole di ramen fumante.
- Itadakimasu! -  disse con il solito sorriso a trentadue denti.
Non aveva importanza dare una definizione alle emozioni che stava provando. Quella sensazione di calma nel cuore, il desiderio di irradiare con un piccolo fascio di luce la tenebra degli occhi di quel ragazzo, l’eccitazione nell’attesa del momento in cui lo avrebbe rivisto… Le sue giornate si stavano tingendo di nuovi colori, inaspettatamente la sua vita stava prendendo un’inedita piega dal nome Sasuke. Non poteva rifiutare questa occasione di sentirsi ancora più vivo, quali che fossero le conseguenze della sua scelta di dire sì.
 
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- Se il lavoro continua a girare così bene, comprerò un chiosco vero! E porterò a rottamare questo camper! –
- Mancano ancora i tavoli per far sedere la gente, e tu pensi al chiosco vero! –
- Eh, per i tavolini ci vuole una concessione e c’è da pagare! E prima di questo, dovrò cercarmi un aiutante! Pensi che Karin...–
- Karin deve studiare! –
- Ma si tratterebbe solo di un paio d’ore la sera! Per le consegne dei pranzi in facoltà me la sto cavando bene! -
- Lei è lenta –
- Però è carina! Un tocco di classe per la ditta Uzumaki! Secondo te quanto la dovrei pagare? –
- Cosa ti fa pensare che accetterà di lavorare per te? –
- E perché non dovrebbe? Mmm… Accetterà senz’altro! Credo di esserle simpatico, e anche qualcosa di più!–
- La sera il chiosco non è un ambiente adatto a una ragazza! –
- Ma che dici! Ho il chiosco in questa piazza da più di un anno! Sono amico di tutti! Sono il re qui! Nessuno mancherebbe di rispetto a un mio dipendente! E poi c’è Gaara che fa la ronda quasi tut… -
- Lo posso fare io! –
- Che cosa? –
- Te le faccio io un paio d’ore! –
- Tuuu? Il prof chirurgo veterinario? Pff! –
- Senti, idiota, cucino pomodori ripieni quasi tutti i giorni da più di dieci anni! Il lavoro che ti farebbe Karin in due ore, io te lo faccio in mezza! Che cazzo vuoi di più? –
- Oh! Ehm, i-io non voglio niente di più…–
 
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Si guardava la punta delle scarpe combattuto dalla tentazione di tornarsene a casa. Aveva saltato la lezione di quella mattina per starsene appostato lì, davanti alla centrale di polizia, senza neanche avere la certezza di raggiungere il suo obiettivo. Come un bambino che vuole marinare la scuola, si era finto malato con i suoi tre allievi coinquilini e aveva sentito aumentare l’eccitazione ad ogni passo che lo avvicinava verso la realizzazione del suo piano. Idiota, ecco come si sentiva! Un idiota eccitato all’idea di fare una sorpresa a un altro idiota! Si sentiva in debito con lui ancora dalla notte di Capodanno, e questa era un’ottima giustificazione al suo desiderio inconscio di ricambiare le attenzioni che quel ragazzo aveva nei suoi confronti. Non era abituato a ricevere attenzioni; il suo carattere chiuso e l’atteggiamento apatico e freddo avevano sempre tenuto a distanza chiunque provasse a fare un passo verso di lui. Ma il ragazzo del chiosco di ramen era stato insistente, invadente, fastidioso… e al tempo stesso così simpatico, che era riuscito a catturare il suo interesse. Inoltre, dopo avergli raccontato della sua famiglia e di suo fratello, si sentiva piacevolmente in confidenza con lui. Guardò l’orologio, sempre più nervoso.
- Ehi! Ma tu non sei l’amico di Naruto? Il veterinario di Capodanno? – Gaara era di fronte a lui, vestito in borghese, con un sorriso cordiale. Sasuke sussultò nel ritrovarselo davanti proprio mentre stava pensando di rinunciare a parlarci. Aveva il fascino del ragazzo maturo e tranquillo. Gli occhi gli illuminavano tutto il viso. Sasuke provò un senso di fastidio davanti a quella figura dalla forte personalità, così diversa dalla sua, e dovette fare uno sforzo per non farsi sopraffare dall'istinto di competizione.
- Sasuke Uchiha! – ricambiò il sorriso con poca convinzione.
- Cercavo te, puoi dedicarmi un minuto? –
I due ragazzi sedevano al tavolino di un bar, uno di fronte all’altro, tanto belli quanto diversi.
- Certo che me ne posso occupare! Con gli agganci giusti sarà una cosa immediata! Se avessi saputo delle intenzioni di Naruto, mi sarei attivato prima! Ma immagino che tu sia qui per tua iniziativa e lui non ne sappia niente, giusto? –
- Sì – rispose il moro sempre più a disagio sotto i due occhi scrutatori.
- Gli devo un favore. – ci tenne a giustificarsi.
Gaara piegò le labbra in un sorriso consapevole e rassegnato.
-  Lui ha il potere di far diventare omosessuali anche gli etero più convinti! L’ho corteggiato per quasi un anno! Si vede che non sono il suo tipo... magari a te andrà meglio! –
- Cos..? Ma guarda che hai capito male! – ribatté violentandosi per non perdere la sua compostezza. Ma quello non pareva affatto interessato alla sua reazione.
- Due anni fa mi ritrovai coinvolto in un affare illegale. Ero innocente ma gli indizi portavano a me e non avevo testimoni a mio favore. Nonostante mi conoscesse appena, Naruto testimoniò per me. Disse che mi credeva e andò a deporre senza neanche avvisarmi. Lo interrogarono tre volte. Senza la sua testimonianza avrei sicuramente perso il lavoro e forse sarei in carcere… -.
Sorseggiò il suo sake abbassando lo sguardo. Il suo interlocutore era piuttosto incuriosito da quel racconto, in una sorta di masochismo che voleva vedersi annientato per l’ennesima volta da quella forte personalità.
- Non se ne incontrano tante di persone come lui, è speciale. – concluse con una nota nostalgica rialzando gli occhi, fiero e deciso. Il ragazzo silenzioso davanti a lui invidiava la sua capacità di esprimere i sentimenti con tanta semplicità e integrità.
- Comunque non è necessario che tu gli dica che ti ho aiutato in questa cosa! Anzi, ti chiedo il favore di non farlo. –
 
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- Ehi! Sei in cerca di grane? Ti ho detto che non ho ordinato nessuna consegna! Ricaricati sul camion questa roba o chiamo la polizia! – il biondo sbraitava con la sua tipica voce sguaiata.
- Ecco, gioia! Con questo ho finito! Scusami ma non ho tempo per stare appresso alla tua crisi da checca isterica! Ho altre consegne! - .
- Checca isterica?- ringhiò il povero ragazzo tra lo stupore e l'indignazione. - Checca isterica?- ripetè paonazzo fino alle orecchie per la rabbia. La montagna umana risalì sul camion al lato della piazza, sotto gli occhi indemoniati di Naruto e quelli incuriositi dei passanti che si erano ammucchiati intorno al chiosco per capire cosa fosse tutto quel trambusto. Il poveretto, tutto trafelato, rimase impalato a guardare i cinque tavolini in ghisa davanti al suo chiosco: avevano al centro un grande mosaico a forma di sole con varie tonalità dal giallo al rosso, tranne uno che raffigurava invece una mezza luna, con tonalità dal celeste al blu. Incastrate una sull’altra una pila di sedie che richiamavano lo stesso stile.
- Ok, ora chiamo! – disse cercando di darsi un contegno, digitando il numero con il cellulare mentre il capannello di gente intorno al chiosco si disfaceva.
- Oi, cosa stai facendo? – Sasuke gli tolse il telefono da mano.
- Guarda che casino! – Naruto aprì le braccia verso i tavoli che lo circondavano
- Me li hanno scaricati qui dicendo che sono stati ordinati! Ma io non ho ordinato niente! E in più mi rischio la multa perché non ho il permesso per occupare altro suolo pubblico! –
- Rilassati, dobe! Ecco il tuo permesso. –
Sasuke gli porse il documento, che poi posò su uno dei tavoli, vista la lentezza di riflessi dell’amico.
- Che significa? E questi tavolini? – chiese con due fari per occhi.
- Sono opera tua? –
- No, di Gaara! – mentì spudoratamente il moro traditore senza palle.
- Ma si è raccomandato di non dirtelo e prendermi io il merito. –
- Non posso crederci… - sospirò il biondo mentre leggeva il contenuto del documento. Un sorriso si accese piano sulle sue labbra quando lentamente iniziò a realizzare, e sgranò gli occhi sull’Uchiha che non aspettava altro che questa reazione.
- Quel bastardo d’un poliziotto… ma tu come lo sai? Quand’è che vi siete visti? –
Mentre Sasuke cercava una risposta plausibile alla sua domanda, il ragazzo fremente d’entusiasmo accarezzava i mosaici con gli occhi semilucidi
- Oddio, che meraviglia! Si intonano anche alle tendine! Adesso gli sarò debitore a vita a quello stronzo! –
Sasuke si godeva la sua felicità: la risposta del biondo al suo regalo aveva superato tutte le aspettative, poco importava se a prendersene il merito sarebbe stato Gaara! Naruto era estasiato da quei tavolini che lui aveva scelto con cura girando i negozi di mezza città. Il sole era il simbolo giusto, non solo perché era la principale decorazione delle tendine e dell’esterno del camper, ma perché quel ragazzo emanava luce e calore in tutte le direzioni.
- E questo? – Sasuke indicò l’unico tavolino con la luna.
- Bisogna farlo cambiare, ma possibile… - Naruto interruppe la sua polemica su come il camionista potesse aver preso una svista così clamorosa
- No, no! Lasciamolo qui! Lo voglio così! Lo sai… - si frugò le tasche un po’ impacciato
- Stamattina una bambina mi ha regalato questo – aprì la mano con un portachiavi argentato a forma di mezzaluna.
– E mi ha detto che visto che avevo già tanti soli sul mio camper, bisognava compensare almeno con una luna! Eheh! Simbolico, no? –
Naruto mostrava all’amico l’oggetto al centro del palmo come se fosse un segno divino. Il pensiero di Sasuke fu “Ecco l’ennesima cazzata mistica” ma si guardò dal dirglielo per non spezzare la magia del momento.
- E poi, proprio oggi, mi cadono dal cielo questi…- indicò con un cenno del capo i tavoli e si soffermò sull’unico mosaico blu.
- Sarà il tuo tavolo! Se il mio simbolo è il sole, quello tuo è di sicuro la luna! – l’enfasi era quella di un bambino, ma la sua voce assunse un tono più profondo nell’infilargli dentro la tasca del giubbotto il piccolo oggetto. L’Uchiha era confuso, sempre più confuso e travolto da quei gesti: recepiva dei segnali che sembravano chiarissimi, ma poi affondava nel dubbio.
Quella piccola luna sarebbe rimasta lì per molto tempo, l’avrebbe ritrovata infilando la mano in tasca alla ricerca di qualche oggetto o solo per proteggersi dal freddo, l’avrebbe stretta nel pugno ogni volta che l’angoscia avrebbe avuto il sopravvento e si sarebbe sentito rassicurato da quel gingillo senza nessun valore. Naruto era lì. Ormai le mura che circondavano il castello del suo odio, crollavano irrecuperabilmente, mettendo a nudo per la prima volta le sue debolezze. Non era una clamorosa sconfitta ma una conquista: la presa di coscienza dei sensi di colpa per il suo passato, la voglia di perdonarsi e darsi l’opportunità di cominciare a vivere per vivere e non all’unico scopo di distrarsi per non pensare al dolore. Naruto c’era ed era la sua forza.
 
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Naruto - Sasuke è stato davvero gentile, non credi? –
Gaara - Mmm! Mi stai provocando? –
Naruto - Eheh! Non hai niente da dire a riguardo? –
Gaara - Che dovrei dire? Che ci voleva lui per farti capire che sei gay? –
Naruto - Cazzo, non ti arrendi mai? –
Gaara - Mi sono arreso già da un pezzo! Ma che tu sia gay è ancora una mia convinzione! -
Naruto - Bene, bene! E visto che sei un così acuto osservatore, dimmi: hai percepito anche l’orientamento sessuale di Sasuke? –
Gaara - Spero che anche a lui piacciano gli uomini! Di sicuro gli piaci tu, questo l’ho percepito… -
 
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Maledetto vizio di lanciare gli oggetti per mettere alla prova la prontezza dei riflessi altrui! Quando era in orfanotrofio era arrivato a lanciare anche i piatti e gli era costato il pasto innumerevoli volte, eppure ancora non gli era passato! Era un impulso a cui non sapeva resistere e che ogni volta lo faceva ridere anche se si rendeva conto di quanto potesse risultare fastidioso per chi lo subiva. Avrebbe smesso a partire da adesso, solo un’ultima volta… voleva essere sicuro che i suoi sospetti fossero fondati, e poi gli serviva l’occasione per fare a Sasuke una domanda diretta, quindi stavolta aveva uno scopo nobile.
- Ehi, Sas’ke! – gridò lanciandogli lo straccetto con cui aveva finito di pulire il tavolino. Sasuke dietro il banco del chiosco alzò abbastanza in tempo lo sguardo per poter gestire la presa ma la mancò clamorosamente, lasciando cadere l’oggetto dietro di sé
- Usuratonkachi! - borbottò stizzito chinandosi a raccoglierlo.
Naruto rise mentre si avvicinava al camper ma in cuor suo soffriva all’idea che la sua teoria fosse esatta. Entrò e si fermò davanti al lavandino affianco all’amico.
- Che problemi hai alla vista? Sei cieco a un occhio, per caso? –
La sua voce seria irrigidì il moro che si impose di non esitare nella risposta, nonostante il disagio di entrambi.
- Sì, e ora che lo sai, evita di lanciarmi cose! - continuava a tagliare a pezzi i pomodorini sul tagliere come se niente fosse. Questa ennesima violazione della sua privacy da parte del biondo lo irritava e al tempo stesso lusingava. Nessuno fino ad ora se n’era accorto, quindi Naruto era indubbiamente un acuto osservatore.
- Mi dispiace! È la conseguenza di qualche incidente o… -
- È la conseguenza di una malattia – lo interruppe gelido.
"Una malattia... Sasuke è malato". Questa rivelazione gli gelò il sangue. Quale malattia? Di quale entità?  Non poteva chiederglielo, non voleva saperlo in realtà. Rimase immobile a guardare il filo d’acqua che scorreva dal rubinetto e ci mise le mani sotto in un’azione che altro scopo non aveva se non camuffare il suo stato di totale confusione e sgomento. Non gli veniva in mente nessuna parola al momento per sdrammatizzare la situazione. Sasuke colse la tensione di quel silenzio e cedette alla tentazione di iniziare un gioco perverso.
- Mi restano pochi giorni, ad andar bene un mese! – poche parole che sentir pronunciate dalla sua stessa voce gli procurarono un brivido di tensione. Uno scherzo di dubbio gusto, più che uno scherzo una piccola vendetta per quella invadenza inaspettata, o forse un esperimento maligno per studiare le reazioni di quel sempliciotto sempre, troppo, fottutamente sorridente. L'ego sadico di Sasuke Uchiha si stava divertendo da matti! Naturalmente niente dell’esplosione che stava avvenendo al suo interno, trasparì dal tono di voce o dall’espressione del viso. Anche se l’ingenuo biondino quel viso neanche riusciva a guardarlo, per lo shock appena subito. Sasuke lo scrutò con la coda dell’occhio mentre il suo coltello teneva il ritmo del taglio dei pomodori. Aveva le labbra serrate, i muscoli della mascella rigidi e tremolanti, gli occhi fissi sul filo d’acqua che gli serpeggiava fra le dita. Quel ragazzo si preoccupava per lui, davvero? Aveva dimenticato la piacevole sensazione di essere l’oggetto della preoccupazione di qualcuno… o forse non l’aveva mai provata in realtà. E comunque non era questo il momento di sentirsi in colpa, non subito dopo aver provato il sadico divertimento dell’istante precedente! E poi chi si credeva di essere? Naruto era il tipo che si preoccupava della salute dei piccioni della sua piazza, figurarsi quanto poteva valere la sua preoccupazione! Era solo un attore bravo ad enfatizzare le emozioni! Cercava di convincersi di questo per non ammettere che quella “preoccupazione” rivolta a lui, autentica o contraffatta che fosse, gli faceva bene. Ecco perchè non ebbe il coraggio di prolungare ancora quella farsa.
- Dobe, che faccia stai facendo? Mi manca un occhio e niente più! Non dovrei morire a breve, tranquillo! –
Gli occhi azzurri si spalancarono gravi e lucidi su di lui e d’istinto Sasuke rispose a quello sguardo angosciato con un tono quasi premuroso.
- Stavo scherzando! -
- Che vuoi dire? Non scherzare, idiota! – si asciugò nervosamente gli occhi con una manica per non lasciar il tempo alle lacrime di scendere. A quella vista, le viscere di Sasuke si sciolsero una dopo l'altra e non potè fare a meno di sentirsi l'uomo più stronzo del mondo.
 - È compromesso anche l’occhio destro? Che malattia è? –
- No. Non mi è dato sapere quando e se potrebbe essere compromesso. – ora la voce rischiava di spezzarglisi mentre lottava per celare quell'emozione che gli rammolliva tutto il corpo.
 - Non ti è dato sapere, come non ci è dato sapere se saremo investiti da un auto o se ci crollerà il cielo sulla testa? – la sua domanda era banale ma seria e Sasuke, seppur distratto dai suoi intimi pensieri, ne colse il senso.
- Esatto! – provò a sorridere, chiedendosi se ci stesse riuscendo davvero o se fosse la solita smorfia. - Se diventassi cieco, ti descriverei il mondo intorno a te così dettagliatamente che riusciresti a vederlo. E non ti lascerei mai solo… -
Le parole gli scivolarono dalle labbra prima che potesse accorgersi del loro spessore. Per il moro furono una fitta al cuore.
- Non sai quello che dici! – provò a ironizzare.
- Eheh – si grattò la testa scompigliandosi i capelli.
- Vedo troppi film forse! –
- A sì? Senza neanche un televisore? -
Un angolo della bocca di Sasuke si era piegato leggermente all’insù in una specie di sorriso che fu un richiamo irresistibile per il biondo. Senza distogliere lo sguardo da quell’angolino che univa le due labbra sottili, Naruto abbassò la tendina del chiosco con una mano, per nascondere le loro immagini alla piazza. Sasuke scostò il capo di scatto non appena sentì le labbra morbide e calde di Naruto sfiorargli quell’angolo della bocca a tradimento. La sua faccia era rimasta priva di espressione ma quell’attimo fulmineo gli aveva fatto tremare di nuovo il cuore. Troppe volte ormai.
Il biondo rilasciò la cordicella della tendina che si rialzò all’istante in faccia alla piazza, brulicante di gente. Sasuke ritornò al suo tagliere di pomodori e Naruto cominciò a pelare patate, frastornato dal suo stesso inconsulto quanto piacevole gesto.
- Lo sapevo che eri un finocchio! – “Alla fine Gaara aveva ragione!”
- Non trarre conclusioni affrettate! Era solo una cosa amichevole! –
- Amichevole un cazzo! Non provarci mai più o ti spacco la faccia! –
- Ok! Non ti agitare… era un attimo di confusione! – ma l’imbarazzo di entrambi era palpabile.
- Confusione? Alla tua età dovresti avere le idee chiare sul tuo orientamento sessuale! Hai mai avuto una ragazza?-. Lo stupido bacio, in fin dei conti, era stato un espediente per uscire da una situazione più pesante, anche se non era proprio l'esatto obiettivo di Naruto.
- Veramente non del tutto! Cioè, alle medie ci ho provato con una, ma… e tu, invece? Gli stronzi come te in genere hanno successo con le ragazze! –
 - Non ho avuto tempo per queste cose. -
- Naa! Il tempo si trova sempre! Quindi sei vergine anche tu? –
- Almeno abbassa la voce! –
- A quanto pare qualcosa in comune l’abbiamo allora! – Naruto rise.
- Speriamo l’unica! –
Quella sera tra un cliente e l’altro passò senza altri pensieri. Naruto cominciava a credere che la terapia delle quattro chiacchiere avrebbe attecchito anche su quel suo amico così cupo. Ormai passava nel chiosco con lui circa due ore ogni sera e dentro quello spazio di tre metri quadri avevano trovato un sincronismo quasi perfetto: uno sbucciava, l’altro lavava; da una parte bolliva il ramen e dall’altra si sfornavano pomodori ripieni. Sasuke sembrava aver fatto sempre solo questo lavoro anche se non usciva mai a servire ai tavoli; quello era uno specifico compito del biondo, vista la sua predisposizione al contatto umano. A fine sera Naruto si concesse un'altra piccola molestia allungando una mano verso il ciuffo corvino e lungo del giovane veterinario.
- Posso? – chiese nel tentativo di scostarglielo per scoprire l’occhio sinistro. Ma il moro gli bloccò il polso prima che riuscisse nell’intento
- No.-
- È così orribile? –
- Non lo so, ho l’occhio di vetro –
- Come, non lo sai? –
Non lo sapeva davvero. Aveva accettato di portare la protesi solo per evitare di attirare l’attenzione della gente, andandosene in giro con l’occhio chiuso, ma in tre anni non aveva mai avuto il coraggio di guardarsi, tanto che aveva imparato a metterselo e toglierselo senza bisogno dello specchio.
Quella notte per la prima volta proprio davanti allo specchio del bagno, scostò il lungo ciuffo nero. La vista gli si annebbiò di lacrime nel constatare che il suo sguardo non era poi così diverso da prima della malattia, e che anzi, era molto meglio rispetto agli ultimi mesi prima dell’asportazione chirurgica.
Quante emozioni, tutte in un giorno! Quanta vita buttata via senza provarne neanche una! Forse la terapia delle quattro chiacchiere non era poi così stupida. Possibile che per trovare la voglia di vivere bastasse così poco? Che la felicità esistesse davvero in un chiosco di ramen? E soprattutto, possibile che per la prima volta nella vita, di quella felicità gli importasse qualcosa?
 
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- Finalmente hai finito il tuo libro! Come finisce? –
- È un testo di chirurgia veterinaria, non un romanzo! –
- Vabbè, non trattarmi come un ignorante, dattebayooo! –
- Non è quello che sei? –
- Un giorno ho letto un libro… -
- Ah! Era un giorno speciale?! –
- Era una storia di incesto, di un giovane padre che si innamora della figlia e quando lei cresce… -
- Che storia avvincente! –
- Oi, non era mica un porno, eh! Anzi, era sviluppato anche bene! Certo però che fa strano, no? Cioè, non che io sia un intenditore di dinamiche familiari, non avendone mai avuta una! Ma in orfanotrofio avevo una compagna di quattro anni più grande che si è presa cura di me come una sorella maggiore.  Mi chiamava “fratellino”, ma io mi ero preso una cotta mostruosa per lei! –
- Se non è sorella non è incesto, soprattutto se non ci hai fatto niente. –
- No, no! Niente con lei, purtroppo! Però mi ha istruito sul sesso e mi ha introdotto alla “mano amica”! Eheh, Sakura-chan senpai <3 –
- Queste notizie sulla tua vita non mi interessano! –
- Eh? Ma… -
- E neanche altre notizie che ti riguardino! –
- Ah! –
- Come era finito il romanzo incest? –
- Eh? Ah, non lo so! L’ho dimenticato in lavanderia e il giorno dopo non c’era più! –
- Usuratonkachi –
 
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Stupida ragazzetta dai capelli d’un rosso spento, da quando era diventata così incline ai rapporti sociali? Aprire il loro appartamento ad altri, così, senza neanche chiedere conferma ai coinquilini! E adesso per colpa sua si sarebbe ritrovato il fastidioso dobe dentro casa, con altre due femmine per giunta!
- Grazie ragazzi! Non so quanti ramen vi dovrò scontare per questo! Se avessi detto a Sakura che dormo in camper, apriti cielo! Mille rassicurazioni non sarebbero bastate a placare la sua sindrome da infermiera salva tutti! –
Naruto parlava della ragazza con un sorriso affettuoso. Erano cresciuti insieme in orfanotrofio e per lui era stata la prima figura di riferimento, il primo affetto incondizionato. Sakura lo aveva sempre protetto come una sorella maggiore, si prendeva le colpe e punizioni per risparmiarle a lui, lo rassicurava e gli faceva coraggio nei momenti difficili. Verso i dieci anni Naruto era sicuro che quello sarebbe stato il suo unico amore e trovò il coraggio di dichiararsi a lei per avere come risposta una sonora risata.
- Sei un bambino, Naruto! Il mio fratellino! Lo sai quanto ti voglio bene, ma tu sei destinato a Hinata-chan! –
Ma al piccolo Naruto quella bambina di otto anni che neanche riusciva a spiccicare parola quando era davanti a lui, non piaceva. Neanche si era messo il pensiero di come farsela piacere! La salutava e le sorrideva, ma la sua timidezza lo annoiava. A sedici anni Sakura fece il gran salto: una coppia la prese in adozione. La tristezza lacerante dell’addio e il senso di abbandono stretti in un abbraccio pieno di singulti nel portico dell’orfanotrofio “Non andare” la supplica infantile del biondino. E dopo quindici anni senza vedersi, gli stessi singhiozzi soffocati sul maglione arancione di lui, gli occhi strizzati dall’emozione inspirando il profumo dei lunghi capelli rosa in una stretta che non voleva slegarsi più, davanti al chiosco di ramen.
- Sei diventato uno strafigo, Naruto! –
- Uh, allora aumentano le mie chance! –
- Cretino! –
- Strega! –
Il Team Taka al completo seguiva la scena incuriosito, Sasuke per la verità anche un po’ infastidito da tanta enfasi “Mi verrà il diabete” farfugliò sarcastico mentre già gli saliva il grado di intollerabilità.
Hinata li raggiunse poco più tardi, accompagnata dal fuoristrada del fidanzato (a voi la ship het XD)
- Ma perché è fuggito via? Non ce lo presenti? – le chiese Sakura dandole due baci sulle guance. Le due ragazze anche se da lontano, si erano sempre tenute in contatto e fra loro c’era una certa confidenza.
- Eh, avrei voluto, ma è un tipo timido peggio di me! –
Hinata era diventata davvero una bellissima ragazza, con le curve nei punti giusti e i movimenti aggraziati di sempre, anche se alla vista della sua prima cotta infantile si rivelò impacciata e arrossì fino alle orecchie. Era stata adottata da una famiglia benestante: padre in politica e madre donna manager, e nell’ultimo anno aveva iniziato ad affiancare il fidanzato nelle sue attività imprenditoriali. Con lei Naruto fu gentile ma molto meno espansivo che con l’altra amica, quasi temesse fraintendimenti. Sasuke fu pervaso da un’insana gelosia nel constatare come il ragazzo del chiosco di ramen fosse così insolitamente attento al controllo del suo comportamento.
Sakura e Hinata si sarebbero trattenute in città una sola notte in occasione della festa di un’associazione di volontariato, in cui Sakura avrebbe ricevuto un riconoscimento per i suoi interventi di soccorso durante un terremoto. La ragazza aveva intrapreso la strada infermieristica e si era specializzata in primo soccorso con il massimo dei voti. Pur lavorando in ospedale, non sdegnava di offrire gratuitamente il suo intervento in situazioni di necessità o pericolo.
L’appartamento che i membri del team Taka avevano preso in affitto per i sei mesi di durata del corso di specializzazione, era grande e moderno, dotato di un enorme soggiorno, cucina abitabile, bagno, terrazzi e quattro camere da letto delle quali una condivisa da Juugo e Suigetsu, una di Karin, una di Sasuke e una libera, che sarebbe stata quella in cui avrebbero trascorso quella notte Naruto e le sue due vecchie amiche. Per poter trascorrere un po’ di tempo con loro, il proprietario del chiosco di ramen aveva chiuso presto il suo camper. “Chiuso per festeggiamenti di famiglia!” avvisava il bigliettino scritto a mano appeso alla saracinesca. 
Mentre le due ragazze mettevano le lenzuola pulite al letto a due piazze, lui sistemò il suo materassino e il futon sul pavimento affianco al letto. Aveva pensato di allestire quel piccolo armadio con le poche cose da vestire che possedeva e riempire i cassetti con qualche cianfrusaglia presa dal camper, in modo da rendere il più credibile possibile la sua residenza in quell’appartamento.
Sakura e Hinata tirarono fuori dalle loro valigie due tailleur e scarpe con i tacchi.
- Vi sembra esagerato? – chiese Sakura mentre osservava il suo, d’un porpora brillante confrontandolo a quello di Hinata blu notte.
- Anche io ero parecchio indecisa su cosa indossare, ma sarò solo nel pubblico, per i premiati è diverso, no? Il tuo abito è bellissimo! –
- Cavolo! Ma se voi sarete così signore, io come vi devo accompagnare? – “Dovrò recuperare qualcosa di decente da mettermi addosso entro domattina”.
I tre ex compagni d’orfanotrofio si ritrovarono a ricordare i vecchi tempi sdraiati compostamente uno affianco alle altre sullo stesso letto. Ricordi un po’ tristi sui quali seppero ironizzare fino a scaricare la tensione con le risate, complice il fumo di uno spinello offerto dalla festeggiata.
- Da quando è che ti fumi le canne? – chiese Naruto scandalizzato quasi quanto Hinata.
- Veramente è la prima volta! Quindi se non lo dividiamo me lo fumerò da sola! –
Così li aveva convinti e con un solo spinello debuttarono i tre. Un debutto fatto di discorsi senza senso e risate sguaiate.
 Sasuke nella camera adiacente, si rigirava nel letto, schiacciandosi il cuscino a ciambella intorno alla testa al limite della sopportazione.
“Maledetta Karin e il giorno che me li ha messi in casa! Che cazzo avranno da ridere così?”.
L’idea che il dobe condividesse ricordi e risate con due ragazze così carine lo stizziva.
Era geloso. Di nuovo. Non andava bene. Niente andava più bene. Contro la sua volontà si ritrovò a picchiare i pugni sulla parete oltre la quale provenivano le risate.
- Abbassate le voci! Ho la sveglia alle cinque, domani! –
Dall’altra parte calò il silenzio. Hinata si tappò la bocca con una mano arrossendo violentemente.
- Oddio, ha ragione! Sono quasi le due! – .
Gli altri due invece non riuscivano a smettere di ridere, soffocandosi i singhiozzi con i cuscini.
Nonostante in un angolino della sua coscienza si sentisse un po’ in colpa per quel gesto antipatico, l’Uchiha si rituffò nel letto con un sospiro di sollievo. Si girò e si rigirò cercando di non pensare a niente, ma più si concentrava sul silenzio per rilassarsi e più quel silenzio lo agitava: cosa si stavano dicendo in quel silenzio quei tre? Magari stavano parlando di lui e della sua antipatia! Ed eccolo con il padiglione auricolare incollato al muro a domandarsi incredulo “Ma cosa sto facendo?”.
Tre del mattino, un cespuglio di paglia arruffata e barcollante su una maglietta arancione aggrinzita fecero ingresso nella cucina buia. Le mani tastavano il muro alla ricerca dell’interruttore della luce.
In questa casa è vietato fumare, dobe! Cos’è questa puzza? –
Il ragazzo trasalì.
 - Ah! Che spavento! Ma che ci fai ancora in…? –  gli morì sulle labbra l’epilogo di quella domanda nell’accorgersi, accendendo la luce, di avere puntati su di lui in tutta la loro estasiante tenebra, entrambi gli occhi di Sasuke. Quella figura curva sul tavolo davanti ad una fumante tazza di tea, aveva per la prima volta la fronte libera dal ciuffo nero, con i capelli legati all’indietro. L’attaccatura dei capelli con un picco della vedova appena accennato, incantò il biondo come se avesse scoperto la parte più intima del suo amico, intima e terribilmente seducente, al punto da sentirsi infiammare guance e orecchie. Il pensiero di Naruto trasparì dai suoi occhi e non sfuggì a Sasuke che seppur imbarazzato gongolava dentro di sé.
- Potrei farti la stessa domanda visto che è già un’ora che avete smesso di fare casino! È ancora caldo, prenditi una tazza.  –
Gli indicò il bollitore poggiato sulla cucina. Naruto obbedì al comando e si versò la bevanda calda, poi prese posto dall’altra parte del tavolo.
- Non riuscivo a dormire, troppa adrenalina in corpo –
- Troppa marijuana, vorrai dire! Vi insegnano questo in orfanotrofio? –
- Non prenderci per drogati, teme! Domani, cioè, oggi, non vai a correre? –
- Perché non dovrei? Solo perché non ci sarai tu? – provocatorio e indisponente.
- In realtà pensavo a Kurama: dopo una notte passata da sola, rinunciare anche alla sua corsetta mattutina… -
- Non dovrà rinunciarci infatti! Tu invece non apri il chiosco per le colazioni? –
- Eh, credo di no per oggi! Devo andare a comprare un abito adatto per la premiazione di Sakura! E non aprirò neanche per pranzo, visto che con tutta probabilità sarò ancora lì! –
Naruto sorseggiò la sua tazza di tea, pensieroso sul da farsi. Perdere una giornata intera di lavoro gli sarebbe pesato: doveva ancora riempire la bombola del gas e ricaricare il compressore; i soldi di una buona giornata lavorativa gli erano pressoché indispensabili, in più avrebbe dovuto affrontare anche la spesa dell’abito per la premiazione. Ma Sakura era più importante! Tutto poteva essere rimandato e l’abito lo avrebbe affittato o chiesto in prestito a Gaara.
- Ho solo due ore di lezione stamattina. Posso occuparmi io delle ordinazioni della facoltà! –
- Cosa? Davvero lo faresti? – Più che sorpreso, Naruto dall’emozione di quella proposta sentì solleticargli lo stomaco. Sasuke faceva il gentile?
- Sono due o tre infornate, no? Un’oretta e ho finito, sei tu quello che ci sta tutta la mattina! –
Questa volta il suo tono di voce vuoto e freddo non significava niente! Sasuke era premuroso!
- Ehi, teme! Ti preoccupi per me? – gli sorrise dolcemente frugandogli lo sguardo. Nel frattempo il ciuffo nero era ricaduto a tendina sull’occhio sinistro.
- Per niente –
- E allora perché lo fai? Il tuo debito lo hai già saldato, no? – sapeva di giocare col fuoco.
- Di’ un’altra parola e…! – l’Uchiha scattò in piedi e uscì dalla cucina spegnendo la luce.
Naruto restò qualche secondo al buio a meditare su come ciò che era appena successo doveva per forza essere frutto di un’allucinazione da droghe leggere. L’occhio di vetro di Sasuke e la sua fronte scoperta facevano indubbiamente parte di quello strano sogno. Sogno dal quale non aveva nessuna intenzione di svegliarsi.
- Visto che sei in vena di premure, avresti un abito da prestarmi per domani? – si ritrovò ad invadere l’interno della sua camera senza pensarci due volte.
- Esci subito dalla mia camera! –sbottò il moro.
Ma Naruto aveva già aperto il suo armadio, rimanendo sbigottito davanti allo squallore di quelle quattro cose appese.
- Tutto qui? Quattro camicie uguali e un paio di pantaloni? E di abito hai solo questo? – chiese tirando fuori la gruccia con l’indumento blu.
La camera del veterinario era vuota quasi quanto quella improvvisata di Naruto: un letto singolo, un armadio a due ante, un comodino e una scrivania con la sedia girevole. Nessun soprammobile, nessun fronzolo… neanche un calzino buttato in un angolo. Solo un netbook chiuso, ai piedi del letto e qualche pila di libri accatastati affianco all’armadio. Non sembrava affatto una camera abitata da quasi sei mesi!
- Prendilo e sparisci! E restituiscimelo fresco di lavanderia! – il suo sbraitare a bassa voce, per non rompere il silenzio della casa, lo rendevano goffo.
- E adesso cosa diavolo stai facendo? – seguiva esterrefatto i movimenti sfacciati di quell’intruso che si spogliava davanti ai suoi occhi, dentro la sua camera, come se lui non ci fosse, facendo volare sul suo letto la maglietta arancione e i pantaloni grigi della tuta. Avrebbe dovuto apparirgli ridicolo con quella miriade di spirali gialle disegnate sui boxer arancioni attillati e a vita bassa, invece sentì nascere e crescere la curiosità di vedere di più, soffermandosi a cercare l’inizio della spaccatura dei glutei compatti e rotondi al confine con l’elastico. Le gambe di Naruto erano toniche, le spalle larghe e forti, nonostante il resto del corpo apparentemente magro. Stava aspettando di vedere il resto, inghiottendo la saliva nello sconcerto della presa di coscienza che quel corpo maschile lo stava eccitando. Restò lì, impalato implorandolo con il pensiero: “Voltati, Naruto”. Quando si voltò aveva i pantaloni con la cerniera aperta ed era intento ad abbottonare la camicia. Sotto il petto glabro, l’addome piatto e un sole arancione tatuato intorno all’ombelico, con lunghi raggi ondulati. Doveva commentare quel tatuaggio! Per rompere quel silenzio ambiguo, doveva trovare qualcosa di antipatico da dire. Ma la tempesta ormonale che il fisico di quel ragazzo gli stava scatenando, non lasciava spazio ad un briciolo di lucidità. Le dita di Naruto intanto forzavano la cerniera dei pantaloni
- Mi stanno stretti! A quanto pare hai il culetto molto più piccolo del mio! –
- Sei tu che hai bisogno di una sgonfiata! – riuscì a stento a riprendere il controllo.
- Fatto! Allora? Non ce l’hai uno specchio? –
- No! E adesso puoi anche andare a rispogliarti in camera tua! –
- Ah! Mi gira la testa! – “Quella dannata marijuana, vuoi vedere che mi resterà in circolo per tutto il giorno?”
Si tuffò sul letto. La faccia affondata nel cuscino morbido. Inspirò profondamente e trattenne il fiato.
“Eccolo! E così è questo l’odore di Sasuke?”
Sente il corpo dell’altro distendersi accanto al suo
 - Mi piace il tuo odore! –
Una mano gentile gli accarezza i capelli e poi li stringe nel pugno, costringendolo a voltarsi. Il viso di Sasuke è a pochi centimetri dal suo. Un occhio lo fissa, implorante, l’altro è al solito coperto dai capelli. Cosa vuole? Vuole la stessa cosa che vuole anche lui?
- Fallo, dobe! –
- Cosa dovrei fare? –
- Quello che stai pensando. Fallo! –
Gli afferra il ciuffo corvino tra l’indice e il medio, liberandogli l’occhio. La palpebra è abbassata ma non riesce a coprire l’incavo per intero, lasciando una fessura nera.
- Quando hai tolto l’occhio di vetro? – chiede turbato.
- Volevi vedermi, no? –
- Sì, lo volevo –
- Allora? Sei soddisfatto adesso? –
- Sì.  – le dita di Naruto sfiorano dolcemente la palpebra sottile. A quel tocco percepisce un movimento dall’interno dell’occhio vuoto e dalla fessura si spinge fuori con movimento frenetico una blatta, seguita da insetti più piccoli. D’istinto tira via la mano inorridito e va a ricercare sul letto gli insetti, ma altri stanno già spuntando fuori, uno dietro l’altro.
Naruto grugnisce di rabbia scacciandoli lontano con colpi della mano.
- Che succede, Naruto? Hai cambiato idea? – La voce di Sasuke è tra il sarcastico e il sadico.
- No! Non cambio idea! – gli preme il palmo della mano sulla palpebra.
- Non cambio idea, Sasuke! – affonda la bocca nella sua in un bacio sensuale e tormentato, mentre sente sotto il palmo della mano la rivolta di quelle bestie che lottano per essere liberate.
Sasuke si scioglie in quel bacio, il suo occhio destro versa calde lacrime sotto l’azzurro rassicurante degli occhi di Naruto.
- Non lasciarmeli dentro, Naruto! Aiutami! – lo implora.
I due ragazzi si guardano. La spinta di quell’esercito sotto la sua mano si fa sempre maggiore.
- Ok! Sasuke… - solleva la mano  - …non ne resterà – una moltitudine di insetti ronzanti li avvolge  
 …neanche uno! -  i due non si muovono, continuano a fissarsi, facendosi forza l’uno negli occhi dell’altro.
Con uno scatto aprì gli occhi, fissi sul soffitto della camera di Sasuke.
- Era giusto un incubo, no? – la voce di Sakura seduta accanto a lui era accarezzante.
Aveva indosso ancora l’abito del suo amico, quindi, in realtà, solo ciò che era più orribile apparteneva al sogno; era realtà invece la proposta di Sasuke di occuparsi delle ordinazioni della facoltà. Ma quel sogno, quella disperata richiesta di essere salvato, quel bacio… “Fanculo!”
- Sì! Grazie alla tua droga di merda! –
- Non dare la colpa a me eh! Io ho fatto sogni stupendi! –
- Sasuke dov’è? Che ora è? –
- Sono tutti in facoltà, tra meno di un’ora dobbiamo essere all’Hotel per la premiazione! –
- Merda! Perché non mi hai svegliato prima? – scattò a sedersi ma un fulmine gli trapassò le tempie.
Mi sta esplodendo la testa! –
- Certo! Pensavi di fare il grande uomo, fumandotelo quasi tutto da solo! –
- L’ho fatto solo perché non volevo fumaste troppo tu e Hinata! –
- Ma che ragazzo generoso! – rise.
- Devo andare a dar da mangiare a Kurama! – si massaggiò le tempie, cercando a poco a poco di riordinare le idee nella sua testa.
Sakura gli porse una pastiglia e un bicchiere d’acqua.
- Tranquillo! Ha detto Sasuke che per oggi a Kurama e al chiosco ci avrebbe pensato lui! Ha anche aggiunto che dopo questo, avrai un debito con lui! –
Naruto ingoiò la pastiglia e fece un sospiro di sollievo.
- È stato gentile, no? Non pensavo che foste così amici! Sembrava un super stronzo! – Azzardò la ragazza con una punta di malizia
- Infatti… lui È un super stronzo! – rispose il vecchio compagno con un sorriso.
La sala congressi dell’Hotel era gremita di gente.
“Tutti vestiti bene, meno male che ci ho pensato! Avrei fatto fare a Sakura una pessima figura accompagnandola vestito come uno straccione!”.
Una premiazione lunga e noiosa peggio della notte degli Oscar, e Sakura era stata chiamata per ultima. Bella come una dea, avvolta nel suo tailleur color porpora, si era avvicinata alla commissione che aveva elencato i suoi coraggiosi interventi di primo soccorso, soffermandosi in particolare sul salvataggio dei bambini di un centro di accoglienza durante un terremoto. Alcuni di questi bambini, presenti alla premiazione, lessero una lettera di ringraziamento che consegnarono alla ragazza insieme a una raccolta di disegni. Infine una medaglia e un assegno in busta chiusa. Naruto in piedi per tutto il tempo della premiazione della sua sorellona, non fece che piangere come un bambino. Quando Sakura tornò al suo posto, il ragazzo era talmente emozionato che nel risedersi non fece granché caso allo strappo della cucitura dei pantaloni nel suo didietro.
Alla vista dell’importo dell’assegno poi, la sua attenzione si spostò da tutt’altra parte.
 
- Appena ritiro i soldi, la prima spesa sarà un abito nuovo per te e uno per il tuo amico! – Sakura gustava il suo ramen appoggiata al banco del chiosco.
- Pensi di dover rigirare il dito nella piaga per tutta la vita? Ci ha già pensato Sasuke, sai! – la rimproverò il ragazzo destreggiandosi ai fornelli dentro il camper.
Hinata era appena andata via sul fuoristrada del suo misterioso fidanzato. 
Seduti ai tavoli del chiosco erano rimasti gli ultimi clienti della sera e i lampioni della piazza erano accesi già da un paio d’ore.
Sakura assunse un tono confidenziale
- Hai preso una bella cotta per lui, vero? – gli occhi verdi della ragazza affondarono curiosi in quelli azzurri del fratellino.
- C-cosa? - Naruto sentì vampate di calore incendiargli il viso. A Sakura non poteva mentire.
- Forse glielo dovresti dire, non credi? –
- Ehm... No! –
- Perché no? –
- Non voglio rov… - “rovinare l’amicizia! Scontato, ma vero, no?”
- Non vuoi tirare fuori le palle, vorrai dire! – lo interruppe lei senza mezzi termini.
- E secondo te lui che direbbe? – tutte le sue paure erano sospese in attesa della risposta di Sakura a quel quesito cruciale.
- Tu preoccupati di dire il tuo, poi qualunque cosa dirà lui non avrai mai il rimpianto di non averci provato! No? -
“Certo! Facile parlare stando fuori! Anche io fino a ieri la pensavo facile! Invece non è facile niente! Non quando si inizia a stare male… ”
Sakura vide spegnersi il sorriso del ragazzo a quella risposta deludente su cui aveva investito grandi speranze.
- Naruto, fai quello che senti! Scusami, non volevo forzarti! –
- Ma no! Figurati! Sono solo un po’ confuso! –
- Dobbiamo vederci più spesso! –
- Sì! Eheh! –
- La prossima volta mi fai un posticino sul tuo camper, però, senza improvvisare appartamenti! – Gli strizzò l’occhio mentre correva trascinandosi la valigia verso la fermata dell’autobus
- Cos..? – “lo sapevo che alla fine lo avrebbe capito”.
 
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Le parole della sua sorellona gli echeggiavano nel cervello: “Dovresti dirglielo”. Forse aveva ragione. Il rapporto che si era instaurato tra i due ragazzi era abbastanza confidenziale da potersi spingere in avanti con confessioni più intime. O forse no? Naruto cercava di immaginare le possibili reazioni del suo teme ad una sua eventuale dichiarazione di qualche sentimento che andasse oltre l’amicizia.  D’impulso le prime reazioni plausibili di Sasuke che gli venivano in mente erano poco piacevoli o di rifiuto e disprezzo totali: alla fine stava realizzando di essere proprio quel finocchio che il moro aveva detto... e anche Gaara. Ma in effetti in altre occasioni in cui il dobe era stato con lui romantico e invadente, tutto sommato l’Uchiha non lo aveva cacciato in malo modo. Piuttosto era rimasto senza parole o aveva borbottato qualcosa tra i denti ma niente di più.  Non si era scomposto più di tanto neanche dopo il bacio dato a tradimento dietro le tendina del chiosco. Era quasi sicuro che Sasuke davanti ad una sua confessione non si sarebbe arrabbiato. Magari, sì, avrebbe riso, quindi ne sarebbe valsa comunque la pena! Ma questo non significava che lo avrebbe ricambiato. E ciò che più si metteva a rischio in questo caso erano i fragili equilibri dell’amicizia. Naruto era pur sempre un ragazzo solare e positivo e per natura era propenso a iniziare i suoi film mentali con entusiasmo e buon umore, ma poi l’epilogo era sempre lo stesso: il teme che lo rifiutava.
 
“Situazione 1: mentre facciamo footing la mattina:
Io – Ehi, Sas’ke! Come ti senti a correre con me? Cioè: ti fa piacere o t’intralcio? - Mmm…come approccio è già banale e scontato…”
Teme – Che cazzo di domande fai? Perché tiri fuori questa cosa proprio adesso? –
Io – Perché per me correre con te è un bel momento! Cioè, il più bello della giornata, dattebayo! -
Teme – A furia di dire stronzate hai già il fiato corto! –
… Tentativo abortito!”
“Situazione 2: lo e lui sulla panchina
Io - Ti vanno dei pomodori per staccare un po’? -
Teme senza alzare neanche la faccia – Mmm…grazie!-
Io – Ti ricordi la prima volta su questa panchina? Tremavi come una foglia!  Ti avevo osservato per tutto il tempo!  Non vedevo l’ora di chiudere il chiosco per avvicinarmi a te! -
Teme – Maledetto quel giorno! -
Infatti, come non detto…”
“Situazione 3: dentro il chiosco: lui al forno, io in cucina. Gli do una pacca sul culo ogni volta che ci incrociamo e gli dico:
- Scusami teme, ma chi riesce a resistere? –  “Ahahah!”  (Ride da solo immaginando la conseguenza a un simile comportamento) “Questa è un po’ masochista ma vabbè! Potrei provare a baciarlo di nuovo!  Secondo me lui è uno che va più per il concreto…ah? Che ne so? Più lo conosco e meno lo capisco. Ma proprio per questo stronzo dovevo perdere la testa? “
La sua paura più grande era la possibilità che quella che credeva per lo meno una bella amicizia potesse dissolversi nel nulla con il ritorno di Sasuke e del Team Taka nella loro città, a conclusione del corso per il quale si erano trasferiti lì. Mancava meno di una settimana ormai. L’argomento lo dovevano prendere prima o poi, o davvero il veterinario pensava di sparire così da un giorno all’altro? Anche in questo caso, non si sarebbe certo arreso! Lo avrebbe raggiunto nella sua città e cercato dentro l’università di veterinaria (sicuramente lo avrebbe trovato lì, o no?).
“Situazione 4: fuori dall’università sotto la pioggia. Il teme esce dalla facoltà correndo e riparandosi la testa con un libro dei suoi. Arrivo io con il mio ombrello formato family e lo colgo di sorpresa alle spalle. Lui con la faccia di chi ha visto un fantasma – Che cazzo ci fai qui? –
Io col mio sorriso irresistibile – Ho portato l’ombrello! –
Lui mi strappa l’ombrello da mano e lo lancia via insieme al suo libro
Usuratonkachi, perché ci hai messo così tanto? – e mi bacia con passione! Ci bagniamo tutti e poi andiamo ad “asciugarci” a casa sua! Eheheh, pura fantascienza!”.
Si divertiva un sacco a lasciar trasportare la sua immaginazione nella creazione di scenette degne di un manga o una fan fiction; in realtà era una strategia per esorcizzare la sua paura di perderlo per sempre.
Doveva trovare il modo di dirglielo, prima che partisse. Avrebbe inventato qualche “tecnica ninja” per farsi venire il coraggio e gli avrebbe confessato i suoi sentimenti a parole o con i fatti! Ma poi quando lo vedeva e si trovavano da soli, la mattina a correre o la sera a cucinare al chiosco, il solo pensiero di prendere quel tipo di argomento e la paura di un suo rifiuto gli portava alle stelle la frequenza cardiaca. Era la prima volta in vita sua che si trovava così inibito nei rapporti sociali. In più quel ragazzo dagli occhi di tenebra pareva non accorgersi di quanto la sua presenza lo mettesse sempre più a disagio.
- Ehi, bella addormentata! – lo aveva schernito un giorno sorprendendolo totalmente imbambolato a guardare il suo viso di profilo mentre imbottiva di riso i pomodori per l’infornata.
“Svegliami con un bacio!” stava per rispondergli di getto, ma l’ironia gli morì nel pensiero immaginandosi un “Sei proprio un finocchione!” come contro-risposta. Non era pronto per tener testa a questo genere di provocazioni. Per quanto lui non fosse il genere di ragazzo dalle mille seghe mentali, la confusione circa il suo orientamento sessuale non poteva certo lasciarlo indifferente! Per di più non si era mai presentata l’occasione di doverci pensare. Anche se non aveva mai avuto particolare interesse per le ragazze, a parte Sakura, aveva sempre dato per scontato di essere eterosessuale. Doveva ancora accettare e abituarsi a questa nuova realtà con la serenità che lo caratterizzava.
La mattina dell’ultimo giorno del corso di veterinaria, l’Uchiha si presentò al chiosco prima del solito con la consueta tuta da ginnastica nera. Da dentro il camper Kurama iniziò ad abbaiare prima ancora che lui bussasse alla saracinesca, senza perdere il ritmo della corsa sul posto.
- Oi, dobe! Ti muovi? –
- Ma, ma…! Sei in anticipo! Sto dormendo! Shhh, zitta, Kurama! –
Aprì il portellone del camper per liberare il cane che scalpitava in attesa di saltare addosso a Sasuke e riempirlo di feste. Il ragazzo aveva spesso dei gesti affettuosi con Kurama: carezze fugaci, comandi e castighi, dati con una punta di dolcezza nel tono di voce, che non sfuggivano al biondo, anzi, lo conquistavano sempre di più. Come quel - Ti stacchi? Piattola! -che rivolse all’animale mentre cercava di allontanarselo dalle caviglie. Naruto con gli occhi semichiusi, abbagliati dal lampione ancora acceso si grattava la folta chioma color del grano, godendosi la tenera scena Uchiha vs Kurama.
-Cos’è? Problemi d’insonnia? Non sono neanche le quattro! Ho dormito meno di tre ore! –
- Allora ciao! – proseguì sempre allo stesso ritmo attraverso la piazza, seguito da Kurama
- Asp…! Devo fare pipì! Sciacquarmi la faccia e lavarmi i denti almeno! Ah, dannato dottor Uchiha! –
- Sei proprio uno stronzo! Per la fretta ho anche lasciato il camper aperto! –
Sasuke non rispose, come sempre concentrato a controllare i suoi atti respiratori. Il suo ritmo nella corsa quella mattina era particolarmente veloce, tanto che il biondo faticava a tenere il passo. In più aveva allungato il percorso che facevano di solito, prendendo una strada secondaria.
- Oggi vuoi farmi morire? Dove cazzo stiamo andando? Rallenta, dai, o mi servirà un cardiologo! –
- Respira, invece! Perdi solo fiato! – gli lanciò un’occhiata di sfida e accelerò ancora.
- Allora? – un sorrisino maligno gli decorò il viso e per Naruto fu un brivido adrenalinico
“Okay, teme! Tecnica del turbo-flash! ”.
Corsero senza limiti, uno affianco all’altro, al massimo della loro potenzialità; Kurama teneva il passo a fatica, scodinzolando e annaspando, Sasuke respirava sputando fuori l’aria con rabbia, Naruto se la portava dentro i polmoni con la bocca spalancata e ogni tanto pronunciava parole offensive verso il suo avversario. Superarono la strada di periferia e raggiunsero la vallata.
Stremati avevano calato sempre di più il ritmo, cercando di non restare indietro l’uno all’altro, finché Naruto si era lasciato cadere a braccia aperte  sull’erba umida.
- Fanculo, mi arrendo! –
- Era ora! – disse l’altro soddisfatto. Altri due secondi e quelle parole le avrebbe dette lui, ma si guardò bene dal confessare questa realtà!
Restarono supini sull’erba, in silenzio, respirando per riprendersi. Kurama annusava tra i cespugli mentre il cielo della notte cominciava a tingersi di colori più chiari. Fu allora che Sasuke si sfilò la felpa sollevando le braccia. Lo spostamento d’aria di quel movimento trasportò il calore del suo corpo sudato fino a Naruto. Il profumo del deodorante, mischiato al suo sudore fu un richiamo erotico che passò dalle narici, dritto al suo cervello, stimolando le parti più basse, incontrollato. Naruto era eccitato. Con la coda dell’occhio poteva raggiungere solo una piccola parte del petto  dell’oggetto del suo desiderio,  ma quel poco bastava per non riuscire a trattenere la sua fastidiosa erezione.
La canotta nera di cotone leggero gli fasciava i pettorali, lasciando intravedere due piccole punte turgide che, agli occhi di Naruto, vincevano in sensualità su qualsiasi capezzolo di seno femminile.  “Dai, abbassati!” rimproverò il suo amico pisello “Sei tu il più finocchio di tutti!”. Nascose il capo con la felpa e vi sbuffò dentro sconsolato. Sasuke non aveva tempo di notare la tempesta ormonale del ragazzo al suo fianco, preso com’era a dominare l’emozione del momento. Aveva aspettato quel giorno, lo aveva programmato con l’entusiasmo di un bambino e se lo stava assaporando, minuto per minuto. Non aveva paura di un no. Non aveva neanche preso in considerazione un no. Il dobe al suo fianco era un libro aperto, gli dimostrava i suoi sentimenti di continuo, i suoi occhi azzurri erano limpidi e sinceri, il suo sorriso aperto una ventata d’aria fresca. Basta stare male! La vita era in debito con lui e ora voleva il suo risarcimento. Sapeva di avere il potere di rendere felice quel ragazzo e questo era il suo desiderio più grande, lo faceva sentire vivo come non mai. Sentiva di doverlo ringraziare per questo, e lui era lì accanto, ancora affannato sotto quella felpa arancione.
- Ho dimenticato anche l’acqua, morirò di sete! – lamentò il biondo sulla via del ritorno.
Sasuke gli porse la sua bottiglietta quasi vuota.
- Solo un sorso eh! –
Naruto la guardò imbronciato .
- “Solo un sorso” è meno di quello che è rimasto! Avrò più sete di prima! – afferrò la bottiglietta e se la portò alla bocca e di nuovo l’odore di Sasuke inebriò le sue narici. Voleva dirglielo! Doveva dirglielo! Così non poteva più continuare!
- Ti devo parlare di una cosa – azzardò puntando gli occhi sul selciato mentre già sentiva salire la sua temperatura facciale.
- No – rispose l’altro secco.
- Che vuol dire no? Non era una domanda! – ma quell’unica sillaba era bastata a smontare sul nascere la sua decisione.
Sasuke si fermò di scatto davanti al cancelletto di una villetta a schiera con un piccolo giardino incolto. Infilò una mano tra le sbarre di legno per far scorrere il passante dalla parte interna. Naruto si accigliò all’istante.
- Che cazzo fai? – sbraitò a bassa voce guardandosi intorno con aria furtiva e la testa in confusione totale.
Appena aperto il cancello, Kurama si tuffò all’interno del giardinetto rotolandosi nell’erba mugolando. Naruto d’istinto le corse dietro –Kurama! - cercò di afferrarla per il collare ma la cagnetta sembrava impazzita e sgusciava via da lui prima che riuscisse nella presa. In un angolo del giardinetto c'era una vecchia fontanella di pietra, sopra una vasca di acqua stagnate, che faceva da habitat per svariate specie animali acquatiche. La facciata della casa era di un arancione sbiadito e alle finestre le tapparelle di legno sbiadite e crepate gridavano aiuto. Kurama, sfuggita all’ennesimo tentativo di presa del suo padrone, si tuffò nella vasca e vi affondò in un istante.
- Oh, merda! – il biondo constatò a scoppio un po’ ritardato che la cagnetta non sarebbe tornata a galla da sola.
- Ma i cani non nuotano per istinto? – chiese al veterinario che lo seguì correndo verso la vasca. Tirarono fuori la povera bestia immergendosi in quell’acquitrino putrido fino alla vita. La cagna si agitò fra le braccia di Naruto, in un silenzio insolito che allarmò il suo padrone.
- Sasuke! Non respira! Non respira! –
- Tranquillo! – la voce posata e sicura dell’Uchiha rincuorò il biondo.
Un paio di manovre fatte dalle mani esperte del veterinario e l’animale, dopo qualche colpo di tosse riprese a saltare come se niente fosse, lasciando i due poveretti uno affianco all’altro con le tute zuppe e tremanti di freddo.
- Dai, entriamo almeno a strizzarci pantaloni! –
Sasuke infilò le chiavi nella serratura della porta blindata. Il portachiavi era quello a forma di luna che Naruto non avrebbe mai sperato di vedergli in mano.
- Perché hai le chiavi? –
- Secondo te? Perché l’ho comprata, idiota! –
Sasuke entrò, Naruto si bloccò sui tre gradini dell’ingresso con aria sbigottita.
- P-perché? La vuoi affittare, o ci vuoi vivere tu? – tremava non solo per il freddo nell’aspettare la risposta. Sasuke Sarebbe rimasto in città?! Non avrebbe mai osato sperare tanto!
- Per viverci solamente è troppo grande. Pensavo di adibirne una parte ad ambulatorio privato e nel retro allestire un canile, se mi danno i permessi! –
I progetti di Sasuke. Sasuke progettava il suo futuro! Non lo avrebbe mai detto, Naruto, che quel ragazzo così freddo e buio avesse dei progetti per il suo futuro.
- A Kurama piace! Potrei farle una cuccia affianco alla fontana, che dici? –
- Per trovarla affogata? -
- Non credo che ci riproverà più! –
- Vuoi portarmela via? –
- Vuoi continuare a coricartela affianco? Puzzi di cane! –
- Cos? Non è vero! Cioè, magari la mattina appena sveglio, quindi anche adesso! Ma i bagni pubblici aprono alle sette e io sono sempre il primo cliente! Non sono mica sporco eh! Barbone, sì, ma sporco no! – .
Si tolse i pantaloni della tuta fradici e li strizzò dentro il lavandino dell’angolo cottura. I boxer erano sempre quelli arancioni con le spirali gialle. Sasuke si incantò per la seconda volta su quelle gambe muscolose e le natiche tornite e sode e gli scappò un sorriso ironico ai suoi pensieri indecenti. Gli eventi degli ultimi quindici minuti avevano placato l’erezione di Naruto, ed ora era arrivato il suo turno.
- Non te li togli? – chiese ingenuamente il biondo puntando l’occhio proprio lì. Le maniche della felpa nera legata in vita al moro gli salvavano l’imbarazzante situazione.
- No - schematico come sempre…
- Comunque, non ti stufi di andare a lavarti ogni volta al bagno pubblico? -
- A volte, specie se c’è brutto tempo: anche se mi asciugo bene, prendo il raffreddore! In inverno ce l’ho due giorni su tre ma ormai ci ho fatto l’abitudine! -
- Sei proprio un randagio! Pensi di dormire dentro un camper per sempre?-
- Ma cos’è, un terzo grado sulle mie scelte di vita? È la mia casa. Va bene così! A parte che non potrei permettermene una vera, in ogni caso vivere da solo in uno spazio grande, mi metterebbe solo tristezza! Non potrei mai vivere in una casa così per esempio! – le parole di Naruto piombarono sulla testa del moro come un macigno
- Davvero? Non potresti? – il suo viso si rabbuiò di colpo e lui non riuscì a camuffare la sua delusione
- Che ho detto? Ti ho offeso? Cazzo, scusami eh! Parlo senza pensare! Questa casa è molto bella! Io… -  prese un lungo respiro “Ce la faccio, ce la faccio! Tecnica della faccia di culo!”
Strizzò gli occhi e la sparò tutta d’un fiato:
- Sono contento che non te ne andrai! Volevo sempre chiedertelo, che cosa avresti fatto alla fine del corso! Cioè, speravo che me lo dicessi tu per primo ma…-
- Non capisci niente, Naruto! – osservò il moro sedendosi al tavolo e tenendosi la fronte con un una mano. Il biondo lo guardò perplesso. Forse era proprio lui che non capiva, che non aveva ascoltato un bel niente di quel suo preludio di dichiarazione! Se solo lo avesse lasciato finire, e magari anche ascoltato! Cominciava ad innervosirsi oltre modo.
- Te lo dico in parole semplici! -
- No, io te lo dico in parole semplici! –
- Vuoi venire a vivere qui con me, razza di testa quadra? –
Oddio, e quella che proposta era? Non poteva essere uscita dalla bocca di un Uchiha! Era il pensiero di entrambi i ragazzi che si fissavano come paralizzati.
- E se fossi davvero finocchio? – gli sfuggì in un soffio la fatidica domanda.
- Lo sei? -
- Beh, viste le circostanze… – Stava arrossendo come un bambino e nascondeva lo sguardo. Si odiava per questo cedimento. Qualsiasi reazione del suo interlocutore non lo avrebbe aiutato a superare il totale disagio di quel momento. Sasuke intenerito da quella specie di confessione piegò la bocca in un ghigno narcisista. Cercò di dare un contegno alla sua risata ma fu tradito da un –Pfff! e alcuni singulti.
- Cos’è che ti fa tanto ridere? Pensi che sia una specie di scherzo? O sei tu che prendi per il culo? – l’imbarazzo del biondo fu sopraffatto dalla rabbia.
- No, è che… viste le circostanze… - non prendeva per il culo, rideva sul serio.
Sasuke si stava lasciando andare ad una risata sincera, ed era bellissimo.
- ...Siamo in due – concluse con un sorriso rassegnato dai denti perfetti.
Il ragazzo del chiosco di ramen si sentì incendiare il petto: le sue orecchie stavano davvero sentendo quelle parole? I suoi occhi vedevano davvero quel sorriso arrendevole e sincero rivolto a lui? La vista gli si appannò di lacrime nel realizzare che quello stronzo non scherzava affatto. Se ne stava lì in piedi, come pietrificato, in mutande e con i pantaloni appallottolati nelle mani.
Uchiha Sasuke lo fissava: il suo sorriso si spense, in attesa di una qualche risposta. La sua erezione gli doleva dentro i pantaloni fradici, incollati alle gambe.
“Che dovrei dire adesso?” pensò Naruto che era troppo concentrato a rimandare indietro le lacrime per poter attivare i neuroni in altre azioni più complicate.
Il moro si alzò di scatto, innervosito da quel silenzio. Si avvicinò all’angolo cottura semi arredato della sala, aprì un cassetto: al suo interno un piccolo ciondolo a forma di sole. Non era stato facile trovarlo come lo voleva lui, molto simile per stile e dimensione a quello del portachiavi che gli aveva tenuto compagnia per mesi, nascosto dentro la tasca del giubbotto. Lo prese e tornò indietro, seguito da due curiosi occhi azzurri.
- La tua chiave –
Aprì il pugno per rilasciare l’oggetto di metallo sul tavolo ma una mano forte e fredda gli bloccò il palmo aperto su di esso e i due ragazzi si ritrovarono faccia a faccia.
- Vogliamo dare un nome a queste circostanze? – il biondo riusciva a stento a riprendere il suo controllo. Era sopraffatto dal desiderio di conferme e da quello di un contatto fisico.
- No – l’altro cercò di tenergli testa, impegnato nel contempo a domare la sua dolorosa pulsazione stretta sotto i pantaloni.
- Sas’…ke – la voce di Naruto si spezzò sulla bocca serrata del moro, che fece una forzata resistenza a quel contatto umido e morbido, ma non si scostò. L’azzurro delle iridi così vicine, s’impresse nella pupilla del suo unico occhio vedente, prima che si chiudesse. Sentiva tremare la stretta dei denti di lui nell’agganciargli delicatamente il sottile labbro inferiore, in un gesto tanto impacciato quanto sensuale.
- Sas’ke – sussurrò di nuovo in un gemito implorante.
Al secondo richiamo, un brivido percorse la schiena dell’Uchiha e la bocca si schiuse al calore e al sapore di quella dell’altro. La mano grande e ruvida, premeva sempre con più vigore sull’altra dalle dita più sottili e bianche, schiacciandola contro il piano. Naruto lottava contro l‘istinto di chiudere gli occhi. Non voleva privarsi un solo secondo della visione di Sasuke che si abbandonava a lui. Gli toccava il volto, sistemando il lungo ciuffo dietro l’orecchio e ripetendo il gesto ogni volta che lo stesso tornava ad intralciare la sua esplorazione.
Nessuno dei due ragazzi era un esperto baciatore: più che un incontro, quello delle loro lingue assetate di saliva, somigliava ad uno scontro all’ultimo sangue, in cui uno cercava di prevaricare sull’altro. I gemiti erano banditi per tacito accordo.
- Basta, dobe. -  ordinò tirandogli i capelli color del grano, per staccarselo di dosso.
- Ahia! Che c’è? – chiese Naruto ancora in stato di estasi. Le dita delle loro mani sul tavolo si erano intrecciate.
- È il momento di fermarci. – Rispose serio mentre si sentiva tirare il basso ventre al limite della sopportazione. Occhi negli occhi, l’occhio artificiale di Sasuke era in leggera disarmonia con l’altro. Incantato nel notare per la prima volta questo particolare, Naruto provò una piacevole sensazione di intimità con quel ragazzo che stava sempre attento a nascondere il suo difetto agli altri.
- Cosa stai guardando? – gli chiese, anche se aveva già intuito
- Ti fa impressione? –  continuò.
Naruto abbozzò un sorriso. Gli occhi ancora languidi e il respiro irregolare, sorrise.
- Per niente! Ma se dà fastidio a te… -  con un dito fece ricadere al suo posto il ciuffo corvino da dietro l’orecchio.
Sasuke aveva bisogno di quelle attenzioni, non le aveva mai ricevute da nessuno; ogni cellula del suo corpo ora bramava il tocco magico di Naruto.
“È il momento di fermarci”, lo aveva detto pochi secondi prima ed ora si ritrovava di nuovo avvinghiato a lui, ad impregnarsi la bocca del suo sapore, con un martello tra i polmoni che gli mozzava il respiro ad ogni battito, la sua erezione ormai al limite dello strazio. Naruto lo avvolgeva, lo saziava, lo sfiniva di baci e carezze dolci e violente: era un uragano implacabile. Sasuke non riusciva e non voleva dominare la sua goffa irruenza. Era stranamente piacevole lasciarsi sopraffare, abbassare la guardia davanti a quella forza della natura che lo spingeva con il suo corpo, costringendolo a indietreggiare fino a sbattersi contro la parete. Naruto premé forte il bacino contro il suo, schiacciando il suo sesso gonfio e duro su quello di lui.  Sasuke non riuscì a trattenere un gemito; afferrò una mano del biondo strappandosela dal viso, nel tentativo di prendere il dominio; intento in cui fallì clamorosamente posandosela sul tessuto gonfio e tirato dei pantaloni, con tanta titubanza che più che una violenza sembrava una supplica. Pregava che Naruto capisse e finalmente gli concedesse quello che dalle sue mani aveva desiderato per mesi.  Il biondo restò come paralizzato da quella richiesta così chiara e sensuale. Si infilò dentro l’elastico e avvolse con cinque dita impacciate e tremanti l’erezione dell’Uchiha con la delicatezza di chi ha tra le mani la cosa più preziosa del mondo. “Che devo fare?” si chiese sentendosi un perfetto idiota, come se quella fosse la prima sega della sua vita. Beh, in un certo senso lo era: la prima che non faceva su se stesso, la prima che faceva ad un ragazzo… che faceva ad un ragazzo importante per lui.
Era bollente, lungo e duro, la punta già abbondantemente bagnata di seme. La carezzò con il pollice mentre già sentiva che dentro i suoi boxer arancioni anche la sua eccitazione era agli sgoccioli. Il viso si abbandonò sul collo dell’Uchiha con il fiato sospeso: l’odore di Sasuke al contatto con la sua pelle umida gli inebriava le narici, pungeva tutti i suoi sensi.
- Sas’ke, io…-
- Non dire niente, non fare niente! È già abbastanza umiliante! - grugnì il moro strizzando gli occhi in una smorfia di dolore e piacere. Fu sufficiente un solo timido scorrimento del pugno per tutta la lunghezza del suo membro e Sasuke rilasciò in uno spasmo, gli ultimi mesi di tutta la propria frustrazione. Sopra i pantaloni della tuta, sulla scia nera di peli che arrivava fino all’ombelico, tra le dita del suo amico, che non accennava a volerlo liberare da quella delicata stretta.
- Umiliante… – ansimò il biondo sottovoce sulle sue labbra roventi.
- Tanto umiliante che non hai avuto bisogno di toccarmi per avere lo stesso effetto su di me! –
I due ragazzi avevano raggiunto il culmine quasi contemporaneamente. A Naruto per venire era bastato spingersi addosso al moro e sentirlo accompagnare col bacino il ritmo di un paio di strusciamenti, aggrappato ai suoi glutei.
Restarono così, in piedi, immobili e ansimanti, appoggiati al muro, coi corpi incollati l’uno all’altro, Naruto con in mano il membro esausto di Sasuke che si ritraeva lentamente, il viso affondato nell’incavo tra il collo e la spalla del compagno. Le braccia di Sasuke lo avvolgevano e una mano gli stirava ciuffi ribelli di capelli biondi.
“Ecco il vero Sasuke” fu il suo pensiero in risposta a quella insolita carezza.
- Eheh! Ti rendi conto che siamo venuti in due secondi? – ridacchiò l’improvvisatore di tecniche ninja.
- Stai zitto, usuratonkachi! –
L’Uchiha si divincolò, allontanando la mano di Naruto dal suo basso ventre con fare stizzito.
- A quanto pare è un'altra cosa che abbiamo in comune! Dimmi che non sto per svegliarmi! Ho appena toccato il pisello del prof! -
- Anche io devo svegliarmi! Non posso avertelo fatto fare davvero! Giusto per chiarire, questo non è un lasciapassare per le mie parti intime, quindi non toccarmi mai più! –
- Ma guarda che sei stato tu, eh! Io ti ho solo assecondato! – il biondo sorrise malizioso mentre si annusava le dita appiccicose.
- Comunque per me è differente: tu hai il mio lasciapassare, d’ora in poi! –
 
òòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòò
 
- Perché ti sei deciso? –
- E tu perché non ti sei deciso? -
- Non rigirarti la domanda, teme! Rispondi a basta! –
- Mi annoiavo! - “Mi hai fatto venire la voglia di vivere”
- Quindi per non annoiarti ti servo io? -
- Non montarti la testa, dobe! Stiamo solo facendo un tentativo! -
- Ah, sì? Non montartela tu! Non ho ancora detto sì! –
- Beh, farai meglio a sbrigarti perché non è una proposta a vita! -
- Davvero? Quando tempo ho per decidere?  -
- Cinque, quattro, tre, due…-
- Non potrei mai farti mancare il tuo “antinoia”! –
 
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- Un giorno mi spieghi che cos’ha lui che io non ho? – Gaara gli sorride con un’ironica punta di amarezza mentre si porta alle labbra gli ultimi ciuffi di noodle, appoggiato alla pensilina.
Il biondo proprietario del chiosco di ramen, gli versa un bicchiere d’acqua.
Sorride.
- La smetti di fingere di avere il cuore spezzato? –
- Domani mi confesserai il tuo amore e io liquiderò la sposa davanti all’altare! Lo so che finirà così! –
- Domani davanti a quell’altare te la starai facendo sotto così tanto da dimenticarti che sarò lì a guardarti! –
- Cazzo se hai ragione! – ammette ridendo il giovane poliziotto.
Naruto recupera la sua scodella vuota e la lava frettolosamente sotto l’acqua corrente del lavandino, dall’altra parte della pensilina; poi tira giù le tendine colorate e si spoglia del suo grembiule da lavoro. Si guarda un po’ intorno alla ricerca di qualcosa. Eccolo lì, sopra il forno, il suo piccolo sole di metallo infilato nell’anello delle chiavi.
Quel sole che sa di lui, di piccole attenzioni, di felicità.
Solleva la pensilina e chiude la saracinesca.
Stasera il ragazzo del chiosco di ramen va di fretta.
Appende al camper il cartellino scritto a mano: “Sono a casa”.
Saluta il suo amico poliziotto e monta in sella al suo scooter.
“È ora di tornare dove c’è qualcuno che mi aspetta!”  
 
 
 
 
 
Grazie a chi è arrivato fin qui ^^ Spero di non essere stata troppo scontata e noiosa! Fino all’ultimo momento sono stata tentata di togliere alcuni pezzi, tipo quello dell’incubo di Naruto o dei suoi ricordi delle sevizie nell’orfanotrofio…non mi hanno convinto né per forma né per contenuto ma alla fine mi son detta “Chi se ne frega?”. Per il resto ringrazio la mia amica Arianna che mi ha ispirato questa cosa con una fan art molto bella che forse, quando avrò voglia e tempo di imparare come si fa, allegherò alla fic.
Grazie in anticipo a chi vorrà segnalarmi gli errori^^
Saluti e baci e alla prossima ispirazione (se arriverà) XD
Nessun testo alternativo automatico disponibile.
non sono riuscita a risalire all'artista della fan art TTuTT  
   
 
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