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Autore: AlienorJ    07/06/2016    5 recensioni
Giappone, presente. Hikari Tanaka è una ragazza comune alle prese con la difficile scelta di cosa vuole fare del suo futuro. Suo padre, un medico rispettato, vorrebbe che seguisse le sue orme e frequentasse medicina all'università, suo nonno invece vorrebbe che si decidesse ad accettare la proposta di Kenui,un suo compagno di scuola, di sposarlo. Hikaru, dal canto suo, vorrebbe solo girare il mondo. Una sera, sfuggita di nuovo all'appiccicosa presenza di Kenui, trova rifugio in un vecchio tempio shintoista, apparentemente disabitato.
Mentre si aggira tra i vecchi edifici, una luce attira la sua attenzione verso un capanno. All'interno, Hikari trova un vecchissimo pozzo, proprio all'interno del quale scopre un bagliore. Attirata inspiegabilmente verso l'orlo del pozzo, non appena lo raggiunge viene colpita da una forza incredibile.
Da allora, la sua vita cambierà per sempre. Soprattutto dopo l'incontro con un affascinante mezzo-demone alla ricerca della spada di suo padre, la mitica Tessaiga.
Una storia ambientata diversi anni dopo il lieto fine di Kagome e Inuyasha e che vedrà stavolta al centro della scena i loro eredi.
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Aveva camminato lentamente verso casa. Lasciando vagare i pensieri, in cerca di qualcosa di chiaro negli ultimi eventi. Inutilmente.
Non era esattamente il suo forte: strategie, inganni e simili non erano la sua area di competenza. Shippo e Izumi se la cavavano decisamente meglio di lui in quel genere di cose. Keiichi era un uomo d’azione. Uno che agiva e basta, senza porsi troppo domande. Perché fermarsi a pensare quando bastava agire? Perché sprecare tempo?
E poi, quando passava troppo tempo a lambiccarsi il cervello finiva solo per deprimersi e inevitabilmente finiva anche per non fidarsi più di nessuno. Era meglio lasciarsi guidare dall’istinto.
Se, in quel caso in particolare, avesse dovuto basarsi solo su di esso, avrebbe concesso il beneficio del dubbio, almeno per il momento, a Hikari. Infatti l’istinto gli diceva che era una persona genuina, altruista, gentile e lei certo lo aveva dimostrato ampiamente. Keiichi doveva ammettere che, a ruoli invertiti, non avrebbe fatto per quell’estranea neanche metà di ciò che Hikari invece aveva fatto per loro.
Tuttavia, lo stesso istinto lo metteva anche in guardia. Sentiva che c’era qualcosa che non quadrava ancora in tutta quella storia. Qualcosa che non sapeva, ma che sentiva essere di fondamentale importanza. L’istinto lo costringeva a rimanere vigile, quando si trattava di Hikari. Forse ci si poteva fidare di lei, ma potevano esserci ben altri pericoli legati alla sua presenza in quel luogo. Pericoli e circostanze di cui forse persino Hikari era all’oscuro, ma che non li rendeva per questo meno insidiosi. Ecco perché ancora non riusciva a fidarsi completamente di lei e non poteva fare a meno di rimanere freddo e distaccato nei suoi confronti. Non poteva farsi coinvolgere. Dopotutto, era proprio sua la responsabilità della sua famiglia. Doveva vegliare su di loro e da allora in avanti avrebbe dovuto farlo con più impegno.
Appena era tornato se ne era andato. Non che fosse davvero così impaziente di vedere Sayumi, ma restare ad assistere al teatrino da coppia felice di sua sorella lo soffocava.
Invidiava la sorella per quel legame che era riuscita a costruirsi. Per quella piccola isola di felicità e condivisione che Keiichi invece non aveva mai trovato. Sayumi lo aveva fatto sentire accettato per quel che era, lo aveva accolto senza bugie, senza imposizioni di nessuna sorta. Con lei si sentiva libero, tuttavia non si sentiva completo. Sayumi non era mai stato di farlo sentire a casa, come Shippo invece faceva in ogni secondo con Izumi. Riconoscere quella mancanza nella sua vita, gli faceva male. Lo faceva sentire più solo che mai. Ecco perché aveva dovuto allontanarsi.
E ovviamente, anche perché aveva bisogno di stare un po’ lontano da Hikari, e decidere cosa fare con lei. Non poteva continuare a comportarsi come un pazzo quando aveva lei intorno, passando da momenti sereni a momenti in cui le urlava contro. E finché l’avesse avuta vicina non sarebbe riuscito a schiarirsi le idee.
Guardò il cielo: doveva essere ormai mezzo dì. Era stato via molto più a lungo di quanto avesse programmato. Doveva restare lontano solo un paio d’ore, ma le sue gambe lo avevano invece condotto da Sayumi. Il suo desiderio di spegnere completamente il cervello e dimenticare tutto aveva avuto la meglio e aveva trascorso la notte con lei.
Era stato via più di mezza giornata. Lasciando Izumi da sola con i gemelli. Sarebbe stata una furia non appena l’avesse visto. E quella volta avrebbe avuto ragione. Il pozzo di nuovo aperto, i demoni che li attaccavano persino dall’altra parte del passaggio, per non parlare dell’odore di Hikari che Keiichi riusciva a percepire persino da quella distanza. L’odore di potere demoniaco. L’odore di Tessaiga. Se Keiichi poteva fiutarla, ci sarebbe riuscito anche ogni singolo demone della zona.
Una calamita per i guai.
Certo, l’odore di Tessaiga era mascherato da quello dolce e fruttato di Hikari, ma rimaneva tuttavia riconoscibile. Perché Hikari aveva quella traccia su di sé? Che senso aveva? Non riusciva davvero a capire come fosse possibile, una ragione plausibile.
Ad ogni modo, sarebbe dovuto tornare prima. L’odore di Hikari era davvero così forte da attirarlo anche da chilometri di distanza, e, per quanto Shippo e Izumi fossero forti o determinati, non sapevano esattamente chi si sarebbe messo sulla loro strada per ritrovare Tessaiga. In caso di attacco avrebbero potuto aver bisogno di aiuto, soprattutto dal momento che oltre a combattere avrebbero dovuto pensare a difendere i gemelli e anche Hikari, che non era minimamente in grado di combattere.
Una nota stonata nell’aria lo fece fermare, per annusare meglio. Qualcosa non andava.
Sangue. C’è odore di sangue…e proveniva proprio dalla direzione di casa sua.
Keiichi scattò più velocemente possibile in quella direzione. La mente in fiamme, pronta a esplodere, carica di paura e di senso di colpa.
Stupido. Stupido. Stupido!
Li avevano attaccati! Mentre lui era lontano. Sentiva chiaramente l’odore del sangue di Shippo e di Izumi. Erano due odori che conosceva bene, ma erano flebili. C’era un odore più intenso. Il sangue di qualcun altro. Tanto sangue.
Hikari…sono arrivati a Hikari…
Accelerò l’andatura. L’aveva portata in un’epoca che non conosceva, che non era la sua. L’aveva lasciata sola, senza protezione. Non poteva esserle accaduto nulla. Doveva stare bene. Doveva!
 
La casa non era stata risparmiata. Era stata danneggiata, ma non tanto quanto tutto ciò che la circondava. Il bosco non sembrava neppure più lo stesso.
Shippo, che doveva averlo fiutato, lo stava aspettando sulla soglia. La seconda espressione più seria che gli avesse mai visto in volto. La prima era quella con cui l’aveva guardato prima di dirgli che anche sua madre era morta.
“Stai tranquillo” gli disse subito, la voce monocorde “Yoshito, Yosuke e Izumi stanno bene”.
Grazie al cielo, pensò Keiichi, anche se non aveva potuto notare che Shippo non aveva incluso Hikari nell’elenco.
“Cos’è successo?”, gli chiese Keiichi con urgenza.
“Tre demoni ci hanno attaccati questa mattina presto” spiegò il demone volpe “Non so da quanto tempo ci tenessero sotto controllo, ma deve essere non poco. Credo che anche loro sentissero la presenza di Tessaiga: hanno puntato subito su Hikari”, e gli spiegò di come Hikari aveva preso i gemelli per allontanarli dalla battaglia e come così invece li avesse messi ancora più in pericolo, “Non ho idea come né perché, ma sembravano convinti che lei avesse Tessaiga. Continuavano a chiamarla Custode, dunque sanno che in qualche modo lei è legata alla zanna e a come ritrovarla”.
“Hikari non sa combattere” puntualizzò Keiichi “come è possibile che i gemelli stiano bene?”.
“Yosuke ha detto che il demone che li ha seguiti parlava dell’odore di Hikari. La ragazza deve aver capito che stava inseguendo lei, perché li ha lasciati in un nascondiglio, dicendo loro di restare in silenzio, e se ne andata, tirandosi dietro il demone”.
Non è possibile! Stupida ragazzina! Era forse impazzita? Keiichi si lanciò verso la casa, ma Shippo gli bloccò la strada.
“Spostati!” gli ringhiò contro.
“Aspetta” lo riprese Shippo, per nulla intimorito dalla sua rabbia “Izumi è sul piede di guerra, preparati. Ma molto più importante: cerca di darti una calmata! L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno adesso è uno dei tuoi colpi di testa. Soprattutto Hikari”.
“Fatti da parte, Shippo” sibilò tra le zanne “Non lo ripeterò”.
Doveva vedere coi suoi occhi cosa fosse successo. La sua mente gli mostrava mille immagini, mille scenari possibili e orribili in cui avrebbe potuto vedere Hikari. Doveva fermare la propria fantasia, perché ad ogni secondo che passava l’immagine che si formava nella sua mente si faceva sempre più spaventosa.
Shippo, alla fine si fece da parte e Keiichi corse in casa.
Ciò che vide non avrebbe potuto immaginarlo. Hikari non sembrava neppure più lei. Non sarebbe stato in grado di riconoscerla in quello stato, non fosse stato per l’odore. Il viso era tumefatto, per metà completamente violaceo e purpureo, graffiato e livido. L’espressione solitamente attenta e gentile era contorta dal dolore. Doveva provarne tanto a giudicare dalla tensione del corpo, i muscoli che tremavano. La pelle lucida e velata di sudore. Un braccio e le gambe erano fasciati con garze bianche, già macchiate di sangue in più punti. L’odore del sangue di Hikari riempiva la casa. Era sdraiata su un fianco, con un braccio si teneva il ventre. Da dove si trovava non poteva vedere la schiena, ma l’odore che arrivava da quella parte della stanza era più forte che in qualunque altra.
“Sarai soddisfatto ora”.
Keiichi si voltò. Ditro di lui, in uno degli angoli della stanza era accucciata Izumi, lo sguardo di fuoco e le zanne snudate, in una chiara minaccia. Nonostante la sorella fosse immobile, Keiichi non poté non notare che teneva rigido un braccio e aveva un evidente livido sulla mascella. A parte ciò, pareva illesa.
“Tu come…”.
“Non osare chiederlo!” tuonò Izumi “Non osare dire una sola parola!”.
Keiichi non aveva parole di scontro, quella volta. Non c’era nulla che potesse dire, per alleggerire il proprio senso di colpa, così come non c’era nulla che potesse dire per placare la rabbia di Izumi. sua sorella aveva ragione, completamente.
Era stato egoista, e a pagare erano stati loro e Hikari.
“Mi dispiace”, sussurrò.
Un pugno violentissimo lo sbalzò contro la porta, frantumandola e facendolo cadere di nuovo all’esterno. Izumi gli fu subito addosso e ricominciò a colpirlo.
“Izumi!” intervenne Shippo, vedendo che Keiichi non intendeva reagire. La afferrò per le braccia e la divise dal fratello.
“Ti ho detto di stare zitto!” urlò Izumi in preda alla rabbia “Lasciami andare, Shippo! Lasciami!”.
“Izumi…i gemelli…” disse Shippo continuando a trattenerla.
Keiichi si voltò e vide Yoshito guardarlo, ancora terrorizzato, così come Yosuke, sebbene la sua sorellina tentasse di nasconderlo. Anche Izumi portò l’attenzione sui bambini e si fermò. Tuttavia continuava a guardare Keiichi con una furia mai vista.
“è colpa tua!” gli sibilò contro “Saresti dovuto essere qui! Con noi! Con la tua famiglia. Avevamo bisogno di te, e tu non c’eri. Un’estranea si è presa cura dei tuoi fratelli, mentre tu ti sollazzavi chissà dove” Izumi troneggiava su di lui “Saremmo dovuti restare uniti. Lo zio Sota ci aveva avvistai, che Hikari è importante e avremmo dovuto proteggerla, ma tu alla prima occasione te la sei svignata. E ora lei è là dentro, distrutta, per aver fatto ciò che avresti potuto fare tu, per aver cercato di difenderci, quando sarebbe dovuto essere il contrario”.
“Mi dispiace” disse ancora Keiichi.
“Taci!” urlò ancora Izumi “Non ti credo! Non ti sei preoccupato di lei nemmeno un secondo. L’hai portata qui come fosse un pacco, senza neppure pensare che avrebbe avuto bisogno di aiuto e sostegno per ambientarsi. Ti sei fatto gli affari tuoi, senza pensare che avrebbe potuto essere in pericolo in questa epoca”.
Non poteva replicare nulla. Tutte le ragioni che si era accuratamente ripetuto in mente da quando erano tornati erano evaporate nell’istante in cui aveva visto come era stata ridotta Hikari. Mentre lei veniva picchiata a sangue, Keiichi era tra le braccia di Sayumi.
Izumi si avvicinò ancora a lui, “Non sei degno dell’eredità di nostro padre. Non sei degno di Tessaiga”.
Izumi lo guardò abbassare lo sguardo e si avviò verso i gemelli. Li prese per mano e si allontanò. Keiichi rimase a guardare la terra davanti alle sue ginocchia.
“è arrabbiata” disse Shippo, rompendo il silenzio “Non pensa davvero ciò che ha detto”.
“Sì, invece” sospirò Keiichi, rimettendosi in piedi “E ha ragione: non sono all’altezza di mio padre, e potrei non esserlo mai”.
Shippo lo guardava con dolore e rimpianto. Keiichi sapeva che Shippo avvertiva spesso la mancanza di suo padre Inuyasha. Era cresciuto avendolo accanto, esattamente come Keiichi, o forse anche di più. Solo in quel momento, studiando quell’espressione infelice, Keiichi si accorse di un occhio gonfio che faticava a rimanere aperto.
“Tu come stai?” gli chiese.
“Sto già guarendo, tranquillo” Shippo si sedette sul patio che circondava la casa “Cosa pensi di fare ora?”.
Keiichi sospirò e si sedette accanto a lui. Non ne aveva idea. Ad ogni modo, Hikari non poteva essere spostata, non in quelle condizioni, ma restando in quel luogo avrebbero rischiato un altro attacco. Peccato non ci fosse più la vecchia Kaede, l’anziana sacerdotessa del villaggio che aveva aiutato e consigliato i suoi genitori da giovani. Non solo avrebbe potuto curare Hikari meglio e più velocemente di quanto avrebbero potuto fare loro, ma avrebbe anche saputo aiutarlo a capire cosa avrebbe dovuto fare.
“Non credevo avremmo potuto venire attaccati così presto, e proprio qui, in casa”, disse ancora Shippo.
“Io ci ho pensato mentre tornavo qui, poco fa, quando mi sono accorto di quanto fosse intenso l’odore di Hikari” commentò Keiichi “Avendo passato diverso tempo con lei, non me ne ero accorto prima”.
“Quella ragazza è incredibile” disse Shippo, finalmente con l’accenno di un sorriso sul volto “mentre venivamo qui, prima dell’attacco, era preoccupata che potesse esserti capitato qualcosa. Che tu potessi aver bisogno di aiuto”.
Davvero? Keiichi guardò Shippo sconvolto. Hikari era una comune umana, senza alcun potere, mentre lui aveva ereditato il potere di suo padre, il potere di un mezzo-demone. Come pensava di poterlo aiutare?
“E quando ci hanno attaccati non ha avuto esitazioni: ha preso i gemelli ed è scappata”.
“Una stupidaggine” commentò Keiichi, finalmente pronto a riconoscere che la colpa non era completamente sua “Come hai potuto permettere che si allontanasse in un luogo che non conosce, senza alcun modo di difendersi, disarmata…”.
“Izumi le aveva dato una spada…” cercò di giustificarsi Shippo.
“Un’arma che Hikari non sa brandire. Non sa combattere: nelle sue mani era completamente inutile”.
“Se io e Izumi ci fossimo divisi” aggiunse allora deciso Shippo “Non so se saremmo riusciti a respingerli. Erano davvero potenti, Keiichi. Credo che se avessimo dovuto affrontarli separatamente sarebbe finita molto male”.
Era strano sentire Shippo ammettere di avere avuto difficoltà, almeno con Keiichi. Tra loro c’era sempre stata una sana competizione.
“Se Hikari non ci avesse lasciati insieme, non ci sarebbe solo lei là dentro”, aggiunse Shippo.
Hikari era stata incredibilmente coraggiosa. D'altronde, il coraggio era una dote che proprio non le mancava e Keiichi aveva potuto constatarlo già dal primo giorno, quando Hikari si era frapposta fra lui e una freccia sacra.
“Non possiamo rimanere qui” disse Keiichi dopo alcuni minuti di silenzio.
“Hikari non si può muovere” puntualizzò Shippo.
“Lo so” ma Keiichi non poteva rischiare che i demoni attaccassero di nuovo la sua famiglia “ma non possiamo rischiare. Dobbiamo almeno portare Yoshito e Yosuke in un posto sicuro”.
“Cosa hai in mente?”.
“Dovete portare via i gemelli. Prima possibile”.
“E dove?”, chiese Shippo poco convinto.
“Al villaggio degli Sterminatori” concluse Keiichi “Loro ci aiuteranno”.
“E Hikari?”
“Io e Hikari resteremo qui finché lei non starà meglio e non sarà in grado di intraprendere il viaggio. Mi occuperò io di lei”.
Shippo lo guardava con intensità, “Sei sicuro?”.
“Mi fido di te” gli disse con un mezzo sorriso “So che proteggerai i miei fratelli al meglio. Vi raggiungeremo il prima possibile”.
“Ma…” cercò di intervenire Shippo, ma Keiichi lo interruppe subito.
“E se ti preoccupi per Hikari, puoi stare tranquillo” aggiunse “Non permetterò più che le accada una cosa del genere. Te lo prometto”.
Shippo annuì, più sereno, “Sono contento di sentirtelo dire. Allora vado da Izumi, partiremo entro un paio d’ore”.
Si alzò, avviandosi verso il villaggio, ma fermandosi subito, deciso ad aggiungere ancora una cosa.
“Se davvero hai paura di non essere all’altezza di tuo padre, forse dovresti cominciare col ricordare qual è il vero scopo di Tessaiga. Perché è stata creata”.
“La conosco la storia: mamma ce la raccontava sempre”.
“Allora cerca di tenerla bene a mente, ti servirà”.
 
Hikari ancora non aveva aperto gli occhi, e ormai era scesa la notte. Keiichi cominciava ad essere seriamente preoccupato. La sentiva battere i denti e mugugnare nel sonno. Tremava come una foglia e lui non aveva idea di cosa fare per darle sollievo. Non voleva spostarla o anche solo toccarla, per paura di provocarle ancora più dolore e peggiorare le cose. Poteva solo stare seduto là, accanto a lei, a guardarla soffrire da sola.
“Mi dispiace, Hikari” disse a bassa voce, dopo un po’.
“Non…non è colpa tua” balbettò una voce leggera.
Allora è sveglia! Keiichi si avvicinò subito a lei. Lo guardava con lo sguardo triste e preoccupato. Non aveva davvero paura di lui? Se era così, non poteva che biasimare sé stesso per come l’aveva trattata fino a quel momento.
“Come ti senti?” le chiese col tono più incoraggiante di cui fosse capace.
“Mi…mi dispiace...io…non sono abbastanza forte per…” continuò a dirgli invece lei “Come…come stanno i gemelli?” concluse, incapace di parlare troppo a lungo.
“Stanno bene, non ti devi preoccupare” la rassicurò Keiichi, sorpreso che nonostante le sue condizioni, il primo pensiero di Hikari fosse ancora diretto a qualcun altro “Sono al sicuro, o ci saranno presto. Ora dobbiamo pensare a rimetterti in senso”.
Hikari annuì e si strinse ancora il ventre, sul volto una chiara espressione di dolore. Keiichi sapeva che aveva promesso a Shippo di comportarsi bene, di non turbare ancora di più Hikari, ma non poteva trattenersi.
“Cosa ti è saltato in mente?” le chiese, con gentilezza e solo una lieve nota di rimprovero nella voce “Sei stata davvero stupida, a farti inseguire da un demone. Si può sapere cosa ti è passato per la testa?”.
“Ci avrebbe trovati” sussurrò Hikari “Sentiva il mio odore, come te. Voleva solo me. Era l’unica cosa che potevo fare per tenere al sicuro i gemelli”.
“Sciocca” sussurrò ancora Keiichi, provocando un sorriso sul volto sfigurato di Hikari. Un sorriso che scomparve immediatamente, sostituto da un brivido che le fece battere i denti.
“Dovresti dormire, se vuoi rimetterti presto”.
“Non ci riesco” rispose Hikari raggomitolandosi ancora di più su sé stessa.
“Provi molto dolore?” le chiese preoccupato “è per questo che non dormi?”.
“No” sospirò Hikari “O meglio, sì sento un male del diavolo, ma non è per questo che non riesco a dormire”, batté ancora i denti e poi continuò “Ho freddo. Sto gelando. Anche ieri notte non ho chiuso occhio”.
“Non possiamo accendere un fuoco, vorrei evitare altre visite, dal momento che per ora non potremo muoverci di qui” rispose preoccupato Keiichi.
“Lo so” disse Hikari, stringendosi più possibile la coperta attorno al corpo. In realtà ne aveva già tre addosso. Purtroppo in casa non ve ne erano altre: nessuno di loro risentiva del clima come i comuni umani, quindi ne avevano davvero poche in casa. Quelle usava sua madre una volta, probabilmente piene di buchi dopo sette anni che non venivano utilizzate. C’era solo una cosa che poteva fare per farla stare meglio. Si accostò a lei, per stendersi sotto la coperta con lei.
“Cosa stai facendo?” gli chiese preoccupata.
“Se restiamo vicini, sentirai un po’ più caldo”, le rispose tranquillamente.
Hikari rifletté un momento poi assentì, “attento alla schiena, mi fa davvero male”.
“Tranquilla”, Keiichi scostò la coperta e si accostò a quel corpo minuto e tremante. Hikari si sporse verso di lui, dapprima titubante ma poi con più serenità. La sentì sospirare di sollievo e lentamente rilassarsi tra le sue braccia. Smise di tremare e il suo respiro si fece regolare. La sentì addormentarsi profondamente. Cercava di muoversi il meno possibile, fissando il suo profilo nella semi oscurità di una notte serena e illuminata dalla luna. Gli sembrava incredibile, di essere là, in casa sua, abbracciato a una ragazza umana che conosceva a mala pena.
Si chiese se all’inizio della sua missione anche suo padre si fosse sentito come lui si sentiva in quel momento. Stordito, sopraffatto e carico di dubbi. Inuyasha si era costruito il proprio futuro un passo dietro l’altro mentre lottava per compiere la propria impresa. Aveva trovato sé stesso e l’amore della sua vita. Aveva trovato la sua ragione di vivere.
Ora era arrivato il suo turno. E lui cosa avrebbe trovato lungo il suo di cammino? Avrebbe trovato anche lui sé stesso o si sarebbe perso? Avrebbe scoperto il proprio scopo o sarebbe morto da solo?
Hikari si strinse ancora più a lui, attirata dal suo calore.
La ragazza si era fidata di loro fin dal primo momento. Si era fidata di lui, nonostante Keiichi non avesse perso occasione di farle capire quanto lui invece non si fidasse di lei. Anche in quel momento, nonostante fosse ferita e principalmente a causa sua, continuava ad avere fiducia in lui.
Come faceva? Come riusciva a credere così tanto in chi la circondava?
Izumi aveva ragione: non si era messo fino ad allora nei panni di Hikari, non si era chiesto cosa dovesse provare ad essere là con loro, in un mondo diverso, con persone di fatto poco più che estranee. Non aveva cercato di capire. Era rimasto concentrato solo su di sé, e lei ne aveva pagato le conseguenze. Proprio lei che aveva abbandonato tutto, solo per aiutare lui e la sua famiglia. Ecco cosa ne aveva guadagnato. Era quasi morta.
Keiichi credeva di essere solo, ma lui aveva Izumi e Shippo, i gemelli. Hikari invece era davvero sola in quel luogo. Si sarebbe preso cura lui di lei, non l’avrebbe più lasciata sola.
Keiichi decise che da allora in poi si sarebbe fidato di lei. Le avrebbe concesso il beneficio del dubbio e l’avrebbe riportata presto a casa sana e salva. Dopotutto era in debito con lei, per avergli salvato la vita e per aver protetto i gemelli.
Avrebbe fatto ciò che avrebbe fatto anche suo padre: avrebbe dato tutto sé stesso per compiere la sua impresa, così come per proteggere tutti i suoi compagni d’avventura, compresa Hikari, indipendentemente da ciò che gli fosse costato. Sarebbe diventato degno di Tessaiga e del suo potere e allora sarebbe stato degno anche di suo padre e avrebbe finito ciò che lui non era riuscito a termine. Avrebbe finalmente vendicato sia lui che sua madre.
   
 
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