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Autore: thembra    08/06/2016    1 recensioni
...Quella corolla era l’amore che c’era stato e che tutt’ora esisteva fra la donna più insolente e indifferente che lui avesse mai conosciuto e suo padre...
Sia lui che Inuyasha non avrebbero mai più potuto dimenticare le ultime parole esalate dalle labbra del loro fiero padre morente.
Tre, e tutte uguali.
Rin…Rin…rin
Genere: Erotico, Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Rin, Sesshoumaru
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Occhi velati da shock e indecisione fissavano oramai da interminabili minuti il plico di prestampati standard leggendoli senza realmente intendere nulla di tutto ciò che vi era scritto sopra.
Assicurazioni, massimali, rischi copertura minima …
 
“Come ho in precedenza già detto alla sua amica, c’è mancato poco, Rin. Il cucciolo deve essere operato, aspettare aumenterebbe il rischio di decesso nel caso di nuovi, pesanti attacchi. Prenditi il tuo tempo, ma decidi cosa è meglio per Shippo.”
 
Il dottor Jenshin era stato sempre sincero con lei, a volte persino brutale, nel dirle e ribadire ogni volta che la situazione del piccolo era critica e prima si interveniva meglio era cosa sulla quale lei non poteva che trovarsi d’accordo.
L’unico problema? Il clan dei Kitsune delle illusioni dal quale proveniva Shippo era sparito da anni migrato a nord, dicevano le voci, ma impossibile da rintracciare il che era un male poiché era necessario sangue compatibile per permettere al cucciolo di sopravvivere qualora fosse stato necessario ricorrere alla trasfusione. E Sato Jenshin, primario di chirurgia demoniaca era assolutamente convinto del fatto che ce ne sarebbe stato bisogno.
Shippo era piccolo inoltre la pressione sanguigna e il battito dei demoni differiva da quello umano essendo più accelerato e potente, il che significava che alla prima incisione di un bisturi il sangue sarebbe schizzato fuori al doppio se non triplo della velocità dal quale esso fluiva dall’arteria umana. E bisognava tener conto del fatto che sarebbe stato sedato.
 
Sospirando schiuse gli occhi sperando di veder cambiare le parole in frasi più incoraggianti.
Niente da fare.
 
‘Prendi la penna e firma’
 
Ma la mano non si muoveva, rimaneva immobile accanto al foglio col pollice che sfiorava la penna.
 
Tutto d’un tratto quell’unica opzione incominciò a suonarle come sentenza di morte.
 
La porta dell’ufficio del primario si aprì alle sue spalle e lei seppe d’istinto che non si trattava né del suo proprietario né di Kagome.
I nervi del collo irrigidendosi le fecero rizzare i capelli come succedeva spesso quando …
Al diavolo, doveva smetterla di pensare sempre al peggio. L’avevano aiutata no? La stavano aiutando quindi basta paura, basta terrore e angoscia, basta pass-
Una mano le sfiorò la spalla e lei smise anche di respirare.
Accorgendosi del suo madornale errore Sesshomaru fu svelto a togliere il contatto rispondendo all’occhiata allibita di Inuyasha, colpito forse più di lei dal suo gesto, con un’espressione neutra. Che voleva gli dicesse? “Non posso resistere” e “La devo assolutamente toccare” non sembravano neanche lontanamente scuse plausibili e più ne prendeva coscienza più si rendeva conto che non gliene fotteva un bel niente perché lui la doveva toccare, la voleva sentire e … Kami-sama, basta!
 
“Sato ci ha detto che ti avremmo trovata qui …”
“…” *respira Rin, respira*
 
In silenzio Sesshomaru attese se non che rispondesse almeno un po’ d’attenzione, uno sguardo timido, un’occhiata un cenno del capo … qualcosa.
Ma lei nemmeno batteva ciglio, sembrava diventata una statua. Era immobile e se non fosse stato per il suo battito, che nonostante tutto almeno era regolare, si sarebbe preoccupato.
Abbassando gli occhi nello spazio fra le sue mani notò che i fogli non erano neanche stati toccati.
 
“Non hai ancora avuto modo di leggerli?”
“…” *li ho letti TRE volte, ma …*
 
Stavolta deglutì, la vide e arricciando le labbra all’interno si umettò l’inferiore. Si stava preparando a rispondere?
 
“…”
 
Falso allarme.
 
Inuyasha dal canto suo faticava a contenersi.
La pazienza, a differenza di suo fratello, non era mai stata una sua qualità, anzi, la perdeva con facilità sbottando subito se qualcosa non seguiva i suoi ritmi ma stavolta stava facendo un’eccezione, dopo tutto lo doveva alla povera ragazza di fronte a lui che si sentiva come nella gabbia dei leoni, no?  
Ciò non toglieva che stesse facendo un’enorme sforzo, il tic al sopracciglio e il ripetuto ticchettio delle sue unghie sul tavolo contro il quale s’era svaccato ne erano la prova.
Non avvertiva angoscia e cupa paura come quando s’erano incontrati alcuni giorni prima, sembrava tranquilla allora perché non interagiva con loro?
La voce di suo fratello lo distrasse per la terza volta e lentamente portò le sue gemme ambrate su di lui ascoltando con attenzione le sue parole lanciando ogni tanto una leggera occhiata per vedere se lei reagiva.
Tutto questo incominciava a stancarlo.
All’ennesimo silenzio prolungato non riuscì a trattenersi.
 
“La stregaccia che ti fa la guardia non c’è?”
 
Magari se ci fosse stata le avrebbe ceduto un po’ di veleno e rabbia visto che la vipera sembrava averne abbastanza per due tanto era feroce.
 
L’espressione stanca che le aveva visto in viso quando l’aveva avvicinata per “salvarla” dall’essere investita trafisse per un attimo l’idea che aveva di Kagome rendendosi conto che alla fin fine si trattava di una ragazzina che al pari di Rin aveva paura ma reagiva in modo diverso per proteggere chi amava diventando leonessa per combattere i leoni, comportandosi da umana quando le umane preoccupazioni la affliggevano.
 
C’era stato un periodo in cui aveva creduto che suo padre avesse bisogno d’esser protetto dalle grinfie di quell’umana opportunista che null’altro desiderava che ascendere nell’alta società senza farsi scrupoli nell’approfittarsi del cuore spezzato e malconcio di un povero demone ma se avesse visto con gli occhi di un esterno avrebbe sicuramente capito che la creatura indifesa e triste che adesso gli stava a pochi metri era veramente come Taisho gliel’aveva sempre descritta. Innocua e gentile.
Se l’avesse guardata senza i filtri dell’odio della gelosia e della rabbia per la perdita di sua madre avrebbe capito già allora e probabilmente non si sarebbe comportato come il demone che la sua natura gli imponeva di essere.
 
“Stre-gaccia?”
 
E proprio quando stava partendo per la sua ennesima maratona di pare mentali la voce di Rin spezzò l’imbarazzante silenzio fievole come il miagolio insicuro d’un micio sperduto.
Al contrario, guardarla negli occhi ora che Rin lo fissava stupita fu qualcosa di completamente diverso. In essi c’era qualcosa di sereno ed immobile, una calma color nocciola dall’aroma intenso come quello del caffè, una sensazione completamente impossibile da spiegare e che non aveva paragoni perché mai, nessun’altra emozione l’aveva fatto sentire così. Era in pace, come se niente di quello che fosse successo in precedenza avesse più importanza, come se quello fosse un nuovo punto di partenza per la loro storia e la maniera in cui si sarebbero interposti l’uno con l’altra.
Davvero Rin poteva fare questo?
Cancellare e dimenticare tutto così?
 
E mentre il suo animo cercava di spiegare quell'avvenimento o dare risposta alle sue ultime domande successe qualcosa di inaspettato.
 
“Kuku…mpfh ahha…stregaccia…”
 
Rin rise.
Timidamente, con occhi schiuse e dita davanti alle labbra e mai tono di voce sembrò più lieto ai due fratelli che d’improvviso si sentirono sollevati da qualcosa che da anni oramai premeva loro sul petto generando tuttavia un nuovo bisogno in esso.
Proteggerla.
Loro dovevano proteggerla.
Lo avrebbero fatto.
A qualsiasi costo.





TH
  
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