HIT AGAIN, BOY
Sebbene tutto
fosse
tornato alla normalità, o per lo meno quella che poteva
essere tale nella vita
di un mutante, c’era ancora qualcosa da chiarire.
: - Dunque non
posso
proprio convincerti a restare? – Gli domandò il
professore sulla sua nuova
sedia a rotelle, lucida e dal design sobrio e moderno. Teneva lo
sguardo sui
componenti della nuova squadra speciale, selezionati appositamente in
seguito
agli eventi di Apocalisse, che si stavano allenando. La loro docente
privata,
l’ammaliante Mistica, li aveva lasciati per chiedere ad Hank
la chiave di
accesso ad alcuni esercizi specifici dal sistema informatico.
Erik invece
indirizzò gli
occhi su Xavier: sebbene avesse contribuito a sconfiggere un tremendo
nemico
non riusciva a non pensare ai pericoli a cui aveva esposto Charles. Non
volle
però prendersi le sue responsabilità: lo avrebbe
fatto troppo soffrire il
pensiero che il suo più caro amico ( e nemico ) oltre ad
essere rimasto
paralitico, adesso fosse pure calvo. Quest’ultimo non era
semplicemente un
fattore estetico, che a guardar bene poteva ben adattarsi alla sua
professione.
Era il simbolo di quanto Magneto era stato così cieco ed
egoista da mettere a
rischio quella vita così preziosa.
: - Non puoi
salvare
tutti, Charles. Magari c’è qualcuno che non vuole
essere salvato. –
: - Anche il
più forte
cerca protezione e amore. Non siamo così diversi dagli
umani, dopotutto… -
: - Questa
è la più grossa
idiozia che abbia mai sentito! – Esclamò Erik
aggrottando le sopracciglia – Ascolta,
Charles: puoi voler bene a quella feccia per un tuo non ben chiaro
senso di
filantropia… ma mai, mai
dico,
possiamo essere paragonati! Siamo superiori a loro e credere che siamo
simili è
come rinnegare sé stessi. –
: - Ti prego,
Erik… - Il
professore provò ad afferrare una mano dell’amico
per calmarne le vene pulsanti.
Sapeva bene il motivo del radicato odio di Magneto eppure ancora
sperava di
poterlo persuadere alla bontà dei suoi intenti. Suo malgrado
non era riuscito a
trovare un compromesso in quella discussione, nonostante tutto
ciò che era
accaduto tra loro negli anni.
: - E voi!
– Gridò
Lehnsherr, richiamando l’attenzione dei ragazzi a poca
distanza da loro. Per
ripicca infatti volle intimidire gli allievi di Charles e farli
riflettere
sulla propria condizione – Ricordate: per gli umani siamo
solo un obbrobrio
della natura. Di certo sarete i
migliori
rappresentanti della categoria. Addio, Charles. –
E volle
andarsene
incollerito, senza aggiungere altro per non rischiare di perdere il
controllo
delle proprie azioni. Il professore rimase qualche momento immobile,
poi si
diresse lentamente dalla parte opposta a quella dell’amico,
come accadeva
sempre, visibilmente affranto da quella busca reazione. Gli dispiaceva
molto
udire quelle parole però non ne era sorpreso: Magneto
avrebbe estirpato gli
umani anche quello stesso giorno se non avesse saputo che qualcuno
poteva
fermarlo.
Pietro e gli
altri del
gruppo erano stati involontari testimoni di quel colloquio ed erano
imbarazzati, sentendosi di troppo.
: - Certo che
Magneto ha
un bel caratterino. – Commentò a caldo Scott.
: - In fondo
quei due si
vogliono bene, lo sanno tutti. – Replicò Jean.
: - Il
professore
morirebbe per Erik. Dio mio, si vede da come lo guarda. A volte mi
viene da
pensare che potrebbero anche … -
: - Ehi,
ragazzi! Dov’è
Pietro? – Domandò in quel preciso istante
Nightcrawler interrompendo tutti.
:- Te ne vai,
uh? –
Quella voce lo
fece
sobbalzare dallo spavento: - Sei tu, ragazzo. Sì, ho delle
cose da fare. –
: - Tipo?
–
: - Cose che non
ti
riguardano. –
: - Sempre di
molte
parole. Almeno hai il dono della sintesi. –
: - Si
può sapere che
vuoi? Avrei fretta.–
: - Parli con
uno dalla
velocità supersooonica.
– Disse
facendo una voce buffa, com’era solito per giocare e prendere
un po’ in giro.
Proseguì un po’ più seriamente,
scostandosi un ciuffo argentato – Sarò
breve, amico. Non mi è piaciuto il tono
che hai usato con i ragazzi e soprattutto con il professore.
–
: - Non sapevo
che Charles
avesse una guardia del corpo. Beh, non mi interessa se non ti piaceva.
A
Charles parlo come voglio. – Replicò egli,
cominciando a scocciarsi di quella
presenza che gli ronzava intorno. Non faceva altro che irritarlo
maggiormente.
: - Mi
è sembrato poco
gentile. Magari, che ne so, potresti scusarti. –
: - Anche questo
allora ti
parrà poco gentile. – Erik grazie ai suoi poteri
sollevò in aria il lettore
musicale che il giovane portava sempre con sé e, serrando il
pugno, lo frantumò
in mille schegge sotto lo sguardo apparentemente impassibile del
proprietario. –
Mettilo sul Galateo, pivello. –
: - Tu capisci
solo la
violenza, eh? – Constatò senza palesare alcuna
sensazione di sdegno – Va
bene allora ! –
C’era
bisogno di impartire
una bella lezione ma non alla maniera del Professor Xavier, con un
libro in
mano e la voce flautata. Quell’atto era chiaramente una sfida
e sommata alle
offese pronunciate poco prima, erano un chiaro segnale che nella testa
di
Quicksilver fu tradotto con: “ Vuoi botte? E botte
avrai.” Poco importava in
quel frangente se la persona che voleva malmenare era il proprio padre,
sebbene
ancora lo tenesse nascosto.
Pietro avvolse
tutto quel
corpo massiccio con del solido nastro, in modo tale da non potersi
liberare, lo
afferrò per
la giacca sollevandolo dal
suolo e lo portò con sé in mezzo al parco della
villa, lontano da ogni possibile
fonte di metallo.
Giunti in pochi
secondi in
uno spiazzo verdeggiante circondato solo da quieti alberi, Pietro
posò l’uomo
in posizione eretta, caricò un gancio diretto sulla guancia
destra che giunse
talmente rapido da essere invisibile ma allo stesso tempo potente,
tanto che
fece cadere a terra il mutante.
Magneto
sentì pulsare le
sue vene per la rabbia al gusto del suo sangue che gli colava dal
labbro
superiore e ringhiò, quasi con quel verso bestiale volesse
chiedergli conto di
quel gesto. Fosse stato libero o con un qualsiasi oggetto composto di
metallo
l’avrebbe fatta pagare a quel moccioso insolente.
: - Ora che ho
la tua
attenzione, senti qua. Sei un grande, magari non un modello da imitare,
ma sei
uno dei mutanti più apprezzati. Mi hanno detto che hai avuto
una storia
difficile alle spalle. Hey, ce l’abbiamo avuto tutti un
passato complicato. Io
son cresciuto senza padre ma non per questo mi metto a fare il bastardo
a caso.
Sono uno scemo, mi piace esserlo perché così mi
sento libero di manifestare le
mie idee in maniera originale. E devo dirtelo amico, essere un cazzone
non è
essere fico. No no. C’è gente che ti vuole un
mondo di bene, sai? Tipo tanto
bene quanto comprare la confezione extra large di popcorn al cinema. E
credimi,
è graande. Il professor
Xavier poi
prenderebbe un cinema anche solo per darti i popcorn gratis. Fai il
conto di
quanto tiene a te e quanto gli faccia male sentirti parlare in quel
modo. So
che te ne andrai, senza dubbio, non sarò certo io a
fermarti. Tra due minuti
non ricorderai manco una parola di quello che ti ho detto. Fa niente,
volevo
solo che tu sapessi questo. Ci si vede, bello. – Concluso
ciò si mise le mani
in tasca, pronto a tornare alla Villa per proseguire gli allenamenti
assieme
agli amici come se nulla fosse successo.
: - Aspetta.
– Lo
trattenne Erik, facendo leva sulle ginocchia per alzarsi. Aveva assunto
un’aria
seria e il tono di voce era grave – Colpisci ancora, ragazzo.
–
: - Eh?
– Rimase perplesso
a quella richiesta, anzi in un primo istante credette di aver sentito
male.
: - Zitto e
colpisci. – Ribadì
sbrigativo. Pietro non se lo rifece ripetere e diresse le nocche della
mano sul
lato non arrossato del volto dell’uomo, udendo distintamente
l’urto e il suono
della carne colpita.
Erik aveva avuto
la netta sensazione
che il primo pugno ricevuto venisse da Charles, dalla sua frustrazione,
dalla sua
delusione, dalla sua rabbia repressa. Non che il telepate si fosse
impossessato
della mente di Quicksilver per picchiarlo, se ne sarebbe accorto.
Eppure quel
pugno gli ricordava lo stesso con il quale il professore lo accolse
dopo la
liberazione dal Pentagono: violento, disperato eppure al contempo
delicato e
profondo, semplicemente inconfondibile. Il secondo cazzotto invece,
scanzonato
e vigoroso, era stato sicuramente scagliato da Peter. Quel ragazzo
aveva fegato,
senso dell’onore ed era protettivo, e nonostante la sua
idiozia gli piaceva. Un
pochino.
: - Sparisci
prima che mi
penta di averti lasciato andare. – Lo minacciò,
riprendendosi dalle percosse
però si accorse che il giovanotto si era già
volatilizzato, sollevando un
leggero soffio d’aria come un’impronta del suo
passaggio. A quel punto
Lehnsherr volle chiamarlo per farsi liberare le braccia legate, magari
approfittandone per restituirgli il pugno – Ehi, ehi ragazzo
! No, torna
qui!... Ah, sparito. Beh, dovrò arrangiarmi come al solito.
–
Si
allontanò pian piano
con momenti di giramento di testa verso l’uscita della villa,
alla ricerca di
qualche oggetto acuminato di ferro da poter utilizzare per sbarazzarsi
di quel
nastro adesivo. Ottima marca tra l’altro, pensò,
data la resistenza. Chissà
dove l’aveva trovata.