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Autore: _happy_04    09/06/2016    3 recensioni
Conan è arrivato alla soluzione del caso, ed è pronto per mettere fine ai giri dell'Organizzazione Nera, ma c'è un imprevisto: Vodka è andato da Ai per farla tornare tra i corvi... la ragazza accetterà? Questo potrebbe essere il capolinea per il Detective dell'Est...
--tratto dal testo--
"Io non le do' mai retta, ma la mia vocina interiore mi dice che stavolta sarà diverso, che stavolta ci sarà un motivo in più per contrastare e rischiare. O per accettare e tornare al lato oscuro. O forse, più semplicemente, voglio smettere di cercare di mimetizzarmi nel bianco del foglio nonostante io sia il nero di seppia. Forse voglio solo rassegnarmi al fatto che il nero non viene più via dal cuore."
Genere: Azione, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Un po' tutti | Coppie: Heiji Hattori/Kazuha Toyama, Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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  1. Epilogo

 

“...insomma, io e Ran siamo riusciti a uscirne indenni, ci siamo ritrovati insieme agli altri e tutto è finito per il meglio. Fine.”

Shinichi abbassa la schiena sul comodo schienale del divano, guardando soddisfatto i nipotini che lo fissano a bocca spalancata. A quanto pare è riuscito a stupirli. Tuttavia, la sua espressione cambia del tutto...

...quando i cinque bambini scoppiano a ridere, così forte che a un certo punto una di loro, una bimba sugli otto anni dai capelli scuri e gli occhi di un particolare colore ambrato, si ritrova distesa a terra a tenersi la pancia.

Shinichi li guarda sgomento e anche un po' deluso. “Scusate, ma che... cosa c'è da ridere?”

Un bimbetto sui quattro anni, biondo con dei begli occhi blu, riesce a dire, tra le lacrime: “Niente, nonno... è una bella storia...”

“...ma è troppo poco credibile per mettere come protagonisti te e la nonna!” completa un altro bimbo, di un paio di anni più grande del primo, piuttosto simile al precedente ma con un casco di ricci rossi sulla testa.

Shinichi si ritrova suo malgrado a esibire una grande espressione esasperata. “Ma è tutto vero... vi assicuro che è vero...” Senza sapere più che fare, si rivolge a una bimbetta di due anni, che tiene abbracciato a sé un orsacchiotto di peluche. “Reiko, tu mi credi, vero?”

Reiko lo fissa confusa con i grandi occhi verde oceano, facendo ricadere di lato i capelli corti e neri. “Perché nonnino, non era solo una storia?”

Shinichi sente qualcosa sprofondargli nello stomaco. Non riesce a farsi credere neanche da una bambina convinta dell'esistenza degli unicorni! Ma come è possibile? “Ma io vi assicuro che...”

“Andiamo, papà!” Dallo stipite della porta, una donna sui trentacinque anni, dai lunghi capelli neri striati di cioccolato e gli occhi azzurro-lilla, ride, facendo risaltare la voce limpida e acuta. “Non vorrai mica continuare a raccontare questa storia fino a quando non troverai qualcuno che ci creda?”

“Sono...” Seduto al tavolo, un uomo poco più piccolo di lei, con gli occhi blu oceano e i capelli castano chiaro, alza gli occhi per riflettere un attimo.

“...trentatré anni, fratello.” suggerisce quella che chiaramente è la sua gemella, accanto a lui, per poi rivolgersi al padre. “Papà, sono trentatré anni che continui a ripetere la stessa storia a ogni generazione.”

Shinichi fa scorrere lo sguardo tra i figli, sgomento, perdendo ogni speranza di trovare in loro la garanzia che serviva ai bambini per credergli. “Ma... Sonoko, Conan, Sharon...” Disperato, cerca una risposta anche fra i piccoli, guardandoli a uno a uno nell'ordine in cui erano intervenuti poco prima. “Masami! Hiroshi! Eisuke! Reiko!” I quattro bambini però scuotono la testa, con un'espressione che sembra dire “Mi dispiace, ma non posso farci nulla!”. Shinichi reprime uno sbuffo, ormai quasi senza speranze. Cerca un ultimo sguardo di conforto nell'unico rimasto, che ancora non ha detto una parola. “Forse ho ancora una speranza...” “Atsushi... tu mi credi, vero?”

Il bimbo si morde un labbro. Nonostante il grande ciuffo scuro che gli scende sulla fronte, si nota l'indecisione tra dire la verità e non rischiare di ferire il nonno negli occhi ambrati come quelli della sorella. “Beh, è un racconto molto dettagliato, in cui è presente anche la nonna...” Poi però scuote la testa. “...ma sembra la trama di uno di un libro d'azione come quelli che legge la mamma.”

... o forse no.

Shinichi sente allo stesso tempo qualcosa che si accende e qualcos'altro che si spegne dentro di lui, farfugliando una qualsiasi cosa che possa convincere i nipotini, cercando di non farsi prendere dall'esasperazione.

A interromperlo è una risata cristallina che sente provenire da dietro di lui, che gli fa dimenticare tutto e lo spinge a voltarsi. Dalla porta della cucina esce Ran. Ormai sono passati quarant'anni da quel momento, non è più una ragazzina. Le rughe hanno già da tempo cominciato a rigarle il volto, mentre tra i capelli scuri si vedono numerosi filamenti bianchi... ma, almeno agli occhi di Shinichi, è sempre bellissima, proprio come allora, se non di più. Persino la sua risata sembra non essere cambiata, e ha ancora il potere di far dimenticare a suo marito tutti i suoi problemi, anche solo per un istante. “Stai cercando ancorai di convincere i nostri bimbi di tutto quello che è successo quarant'anni fa?” domanda con un sorriso divertito, posando sulla tavola la teglia che porta in mano.

“Ma, Ran è tutto vero, tu...”

“Lo so, Shinichi, me lo ricordo ancora bene.” Ran si siede accanto a lui sul divano, prendendogli la mano e appoggiando la testa sulla sua spalla, con un sorriso dolce sulle labbra. “Non potrei mai dimenticare. È stato allora che siamo riusciti ad ammettere a noi stessi che un “noi due” esistesse.”

“E io ti amo sempre e da sempre, proprio come allora, anzi, ancora di più.” Shinichi le lascia un bacio sulla fronte, per poi sorridere insieme a lei proprio come da ragazzi.

Hiroshi emette un verso disgustato, proprio come faceva suo padre Conan da piccolo in momenti del genere. Al contrario, Masami sospira sognante, sembrando, se non fosse per gli occhi, la fotocopia di sua madre Sonoko alla sua età.

“Nonostante tutto questo, Shin,” continua Ran, chiamandolo con il diminutivo usato fin da quando erano due ragazzini. “non puoi pretendere che ti credano. Devi ammettere che è piuttosto particolare, come vicenda. Se non lo avessi vissuto io stessa, probabilmente non ci avrei creduto neanch'io.”

Shinichi si morde un labbro. Deve ammettere che Ran ha ragione, come sempre. In fondo, quando si era risvegliato in ospedale dopo gli ultimi accertamenti, quarant'anni prima, aveva faticato lui stesso a credere a quello che era appena successo.

“Ma...” La preoccupazione di Shinichi però è un'altra, anche se non sa come spiegarla a parole. Forse, il punto è che teme che tutto passi come se nulla fosse accaduto. Ran deve aver capito, perché si rivolge ai nipotini, sorridendo dolcemente. “Bambini, però dovete fare a me e a nonno una promessa. Dovete prometterci che da grandi, anche quando noi dovessimo non esserci più, racconterete questa storia ai vostri figli e ai vostri nipoti, che a loro volta dovranno raccontarla a figli e nipoti e così via, in modo che la storia sopravviva per sempre. Ce lo promettete?”

I piccoli si guardano l'un l'altro, ma poi annuiscono decisi alla nonna, giurando in coro.

Ran si appoggia di nuovo alla spalla del marito, che la guarda divertito e sorpreso, sorridendo furbetta. “Visto? Non era difficile!”

***

Mi siedo sulla poltrona della sala d'attesa dell'editore, poggiando la borsa sulla sedia accanto a me e riprendendo in mano una risma di fogli fissati insieme. Soddisfatta, prendo un respiro, rileggendo con calma alcuni passi. Anche se non ce n'è bisogno, o almeno io non ne ho: ho sentito quella storia, da piccola, così tante volte, che l'ho praticamente imparata a memoria. Il nonno, in fondo, si ostinava a raccontarla ogni volta che nasceva un nuovo nipotino. E, considerando che io ero la maggiore, la avevo sentita alla nascita mia e di ogni mio cuginetto... ovvero per cinque volte totali, senza contare quelle che la raccontava tanto per fare qualcosa.

Tuttavia, alla decima volta, avevo iniziato a chiedermi se non fosse accaduto davvero. Così, molto più tardi, avevo chiesto anche alla nonna, e avevo scoperto che quella storia era tutta vera. Da quel momento in poi avevo cercato di raccogliere le testimonianze di tutti i protagonisti della vicenda, per poi trascrivere tutto in un racconto a capitoli, ciascuno dei quali diviso in paragrafi. In ognuno di questi si raccontava dal punto di vista di qualcuno.

Dopo che lo avessi finito però qualcuno di molto premuroso (“ciao, mamma”) aveva “riordinato” la mia camera, e la storia era finita in qualche meandro della mia libreria.

Invece, proprio la mattina del giorno di parecchi anni dopo (“ovvero proprio stamattina”), ho riaperto casualmente quel cassetto, e l'ho trovato. Immediatamente, mi è scattata un'idea in testa. “Perché non pubblicarlo proprio, in modo da farlo diventare leggenda assoluta?” E da questa folle congettura nata quasi per scherzo mi sono ritrovata tra le mani un futuro libro che probabilmente, o almeno così si spera, avrebbe fatto il giro del mondo.

E adesso ho tra le mani proprio questo libro, questo racconto così sacro per me e per tutta la famiglia, una storia vecchia di sessantatré anni ma che ha condizionato intere generazioni.

Nonno ne sarebbe contento.” Il ricordo di nonno che racconta questa storia mi fa sorridere ancora, sia per l'ironia dei momenti che per nostalgia. Soprattutto dal momento che avevo fatto appena in tempo a dirgli che gli credevo, poche ore prima che morisse. Scrivendo quella storia, non ero riuscita a fare a meno di pensare che aveva avuto davvero una gioventù rocambolesca, che però era finita in una vita incredibile. Sfogliando queste pagine, riesco a sentire il profumo di nonno, dei suoi racconti così coinvolgenti ed emozionanti, al limite del non credibile. Quasi senza farlo apposta, accarezzo le pagine del libro, dolcemente. “Ti voglio bene, nonno.”

Improvvisamente, a risvegliarmi dai miei pensieri, quello che immagino sia il segretario dell'editore mi raggiunge nella sala. “Signora Masami Konobuchi? Il capo dice che può entrare.”

Alzo lo sguardo, e, riprendendo la borsa, sussurro a mio nonno tra le pagine del libro: “Andiamo a renderti leggenda, nonno.”

----------Angolo dell'autrice
Ciao a tutti!!!
e così, anche questa ff è finita..... sniff, mi sto mettendo a piangere. anche se non saprei valutare la qualità stilistica del capitolo, di sicuro la situazione non è male. (la parte di “nonno Shin” già ce l'avevo in mente da secoli. quella di Masami da grande in realtà l'ho avuta sul momento, anche se non mi sembrava male. e poi... è grazie a lei se c'è questa storia!)
prima di causare un corto circuito del computer, mi dileguo. spero che, nel complesso la storia vi sia piaciuta! fatemi sapere!
bacioni!!!
<3, _happy_04

   
 
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