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Autore: Tes98    09/06/2016    1 recensioni
Le avevo porto la mano e lei l'aveva presa con grazia e si era spinta nelle mie braccia. Le onde infrante ci bagnavano, ma non ci davano fastidio, anzi rendevano il tutto ancora più romantico. "Io e te Dylan, per sempre". Chissà come mai lei riusciva a parlare in quel posto, forse perché era anch'essa frutto della mia immaginazione.
Genere: Dark, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Celia/Haruna, Dylan Keith, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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•prima di catapultarsi nella lettura della fic o mentre la si legge consiglio di andare ad ascoltare il brano "Al chiaro di luna" (Beethoven) per rendere il racconto ancora più magico ^.^•

AL CHIARO DI LUNA

La chemio mi faceva male, sudavo molto e non riuscivo a tenere gli occhi aperti, la dottoressa aveva acceso una musica rilassante per distrarmi:"Kira, voglio un pianoforte" avevo detto, lo volevo a coda per sentire il riverbero di quelle note all'infinito. Intorno a me le infermiere si erano guardate non capendo fino in fondo le mie parole, solo lei le aveva intese e si era catapultata giù al piano terra per trovarmene uno. Era stato complesso spostarmi fino a sotto, ma lo volevo così tanto che anche la dottoressa aveva acconsentito. 
"Sistematelo lì" aveva detto, io però non stavo più nella pelle e mi ero alzato per scendere dal letto e correre incontro al pianoforte. "No Dylan, stai fermo ti avviciniamo noi" aveva detto Kira, sdraiandomi delicatamente per paura di farmi male. Appena accanto al piano, mi avevano aiutato a sedermi permettendomi di sfiorare i tasti:
"Solo per qualche secondo Dylan, poi ti rimetterai sul letto e chiederò a qualcuno di suonare per te. "No, non servirà dottoressa, ci penserò io a suonare" le avevo risposto, erano tutti preoccupati, avevo ancora attaccata a me la flebo con la schifosa medicina all'interno che mi corrodeva fino nel profondo dell'anima. Loro non volevano che suonassi, ma vedendo che ero ostinato e non mi sarei rimesso sulla barella fino a quando non me lo avressero lasciato fare, avevano deciso di concedermi un po' più di tempo: "Qualche minuto solo Dylan, poi te ne torni sul letto e ti portiamo sopra… Devi riposare". Riposare? Come facevo a riposare con quel dolore che mi bruciava il corpo. Mi ero seduto al pianoforte, Celia si era avvicinata e mi aveva chiesto: "Allora cosa ci suonerai?" E io prontamente: "Al chiaro di luna di Beethoven" tutti erano rimasti sorpresi dalla mie parole, non sapevano che suonassi e non pensavano che mi potesse piacere quel genere di musica. "Dylan, come mai hai scelto proprio questo pezzo?" mi aveva detto Kira, io sorridendo le avevo preso una mano: "Semplice, è la mia musica preferita e poi... Io amo Beethoven" lei sembrava sul punto di piangere, era strano visto che non fa uscire mai le sue emozioni, probabilmente quella era una eccezione che dimostrava quanto mi amasse. 
Ho iniziato a suonare, le dita all'inizio erano molto pesanti, quasi non riuscivo a muoverle. Ad un certo punto i miei occhi si sono chiusi e ho visto le note della musica volare, creando giochi di luce e lì le mie mani hanno iniziato a "ballare" senza che io dovessi fare il mimino sforzo. I miei pensieri si facevano sempre più lontani dal luogo dove mi trovavo, quasi non sentivo più il dolore della chemio. Stavo iniziando a intravvedere un posto magico, senza alcun dolore: ero lì, sugli scogli e sentivo le onde infrangersi sopra, la musica risuonava e si mescolava con gli spruzzi delle onde che danzavano per me. Il tubicino della mia flebo si stava staccando dal mio braccio e si stava trasformando in un filo d'oro, volando via catturato dal vento. D'istinto mi ero alzato e avevo lasciato che il piano suonasse da solo come sotto a qualche incantesimo. Intanto il filo d'oro si era arrotolato intorno a una sagoma scura. Io incuriosito mi stavo avvicinando, quando mi accorsi che si trattava della mia fidanzata. Volevo dire: "Kira", ma non ci riuscivo, quel mondo era speciale, l'unico suono che si sentiva era quello della musica che proveniva dal grande strumento con i tasti neri e bianchi. Il filo d'oro si era trasformato in un vestito che quasi mi abbagliava. Ormai la stanchezza non faceva più parte del mio corpo, mi sentivo vivo, mi sentivo meno ammalato. Le avevo porto la mano e lei l'aveva presa con grazia e si era spinta nelle mie braccia. Le onde infrante ci bagnavano, ma non ci davano fastidio, anzi rendevano il tutto ancora più romantico. "Io e te Dylan, per sempre". Chissà come mai lei riusciva a parlare in quel posto, forse perché era anch'essa frutto della mia immaginazione. A questo punto la musica era terminata e il mondo creato da me si stava piano a piano scolorando. Avevo di nuovo chiuso gli occhi abbracciando la mia compagna di ballo più forte che potevo. Quando li avevo riaperti, avevo visto Kira al mio fianco che piangeva, ero di nuovo nella mia stanza, sul mio letto, attaccato a una flebo e con un tubo dritto in gola. "Kira" avevo provato a dire, ma il tubo mi stava soffocando e così non era uscito neanche un suono dalla mia bocca, allora avevo deciso di stringerle la mano. Lei aveva alzato il capo e vedendomi: "Ti sei svegliato finalmente! Non farmi mai più prendere uno spavento del genere. La prossima volta suono io al tuo posto, così non svieni sul pianoforte" e mi aveva dato un leggera pacca sulla spalla sorridendomi felice. 
   
 
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