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Autore: taisa    09/06/2016    4 recensioni
Nella sua innocenza, un cervo attirerà l'attenzione di due piccole pesti con l'inclinazione a cacciarsi nei guai.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bra, Pan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A LITTLE ADVENTURE

L’erba in quel punto era fresca, avendo avuto la possibilità di crescere lontano dall’uomo. I raggi del sole la illuminavano, rendendola più verde di quella alla quale era abituato. Morbida, nonché più facile da estirpare con i denti e meno difficile da mandare già.

Era un cervo giovane, dal manto castano e lucente, sulla punta del suo naso una macchia faceva bella mostra di sé. Era incurante dei pericoli, spingendosi fuori dal confine della foresta, avventurandosi poco al di fuori delle sue mura fatte di fitte fronde d’alberi. Non parve spaventato. Forse distratto dalla fonte di cibo che era riuscito a ricavare, oppure inconsapevole che lì da solo si era reso un facile bersaglio per animali di ogni taglia che si aggiravano tra la boscaglia poco distante, alla quale dava le spalle nella sua infinita innocenza.

Poco distante, dietro un grosso masso, una testolina dagli arruffati capelli neri restò a fissare l’animale per alcuni istanti, cercando di memorizzare ogni singolo dettaglio della scena. Le sue iridi lo ammirarono ancora per alcuni secondi, prima di girarsi ad osservare due altrettanto curiosi occhi azzurri, “Voglio vederlo più da vicino” dichiarò in un bisbiglio. Senza attendere replica si chinò, quasi rasente al terreno, lanciandosi in una corsa per lo più silenziosa alla ricerca di un nuovo nascondiglio, un secondo sasso.

Se il cervo fosse stato più maturo, il frusciare di quei piccoli piedi sull’erba avrebbe sicuramente risvegliato un primo campanello d’allarme, ma nella sua mansueta natura si limitò a muovere un orecchio in direzione del suono. Nemmeno il secondo paio di scarpe che si fece largo tra il manto che lo stava nutrendo sembrò preoccuparlo, tuttavia l’istinto lo indusse ad alzare per un attimo la testa, volgendo due intensi occhi neri nella direzione del suono. Restò a fissare l’orizzonte per pochi attimi, poi tornò al proprio pasto succulento.

La chioma nera riemerse da dietro il nascondiglio, così come aveva fatto la prima volta, al suo fianco anche una seconda testa riemerse da dietro il masso. “E’ bellissimo” affermò questa, dopo alcuni secondi di silenzio. “Sì” concordò la prima, sospendendo le sue parole tra i propri pensieri, “Voglio provare a toccarlo” annunciò. “Cosa?” esclamò in sorpresa la figura al suo fianco, costringendola ad osservare impotente l’altra mentre si avvicinava al cervo.

Questi, ora messo in allarme dalla sconosciuta creatura, sollevò completamente il capo, gli ultimi fili d’erba ancora stretti tra le labbra. Le sue zampe si mossero di un primo passo verso la boscaglia, indeciso. “Vieni qui bello, non ti faccio nulla” gli rassicurò porgendogli una mano, nella speranza di non spaventarlo. Purtroppo ciò non avvenne.

Ora decisamente allerta, il giovane cervo decise che era ora di rientrare nella propria dimora e dopo l’ennesimo passo da parte della figura umana scattò in direzione della foresta, sparendo tra gli arbusti. “Oh” mormorò con delusione, immobile dove l’animale stava brucando fino ad un attimo prima, lasciando cadere il proprio braccio al fianco. “L’hai fatto scappare!” si lamentò la voce ancora nascosta dietro il masso, emergendo da dietro di esso con un broncio afflitto.

“Seguiamolo!” esclamò infine la prima, gli occhi neri che brillavano per l’eccitazione. “Ma non possiamo, è andato nel bosco. Rischiamo di perderci!” Le ricordò l’altra a distanza, eleggendosi a voce della ragione. La risposta arrivò quando era ormai troppo tardi, “Non entreremo in profondità” echeggiò la sua voce, già sparita dentro la boscaglia.

Gli occhi azzurri si fissarono sul paesaggio circondario dei monti solo vagamente familiari “Mi sporcherò le scarpe nuove” urlò al vento, non ottenendo risposta, “Paaaaaaaan!” esclamò esasperata, mettendo il broncio. “Muoviti Bra, rischiamo di perderlo” di nuovo, la voce dell’amichetta giunse da dietro gli alberi.

L’idea di essere rimasta sola in un luogo alla quale non era abituata sembrò darle l’ultima spinta. Bra pestò un piede al suolo, ma decise infine di varcare il confine tra la luce del giorno e l’oscurità creata delle alte fronde. “Pan?” chiamò con voce tremolante, guardandosi attorno, in cerca di un segnale di vita conosciuto.

La folta chioma dell’amica apparve da dietro un tronco alcuni metri più in là, facendole segno di raggiungerla con una mano, “E’ andato da quella parte” le disse con urgenza, additando un punto imprecisato all’interno del bosco. Quando Bra le fu abbastanza vicina, Pan riprese ad avanzare cercando di non perdere di vista il suo obbiettivo. Il cervo, a malapena visibile da quella distanza, continuava ad avanzare a tutta velocità. Se Pan fosse stata una bambina come tutte le altre non sarebbe mai riuscita a tenerlo d’occhio, ma il sangue alieno che le scorreva nelle vene era più che sufficiente per riuscire a seguirlo con lo sguardo. Non solo, per le due giovani saiyan lanciarsi all’inseguimento di un animale che correva a tutta velocità tra alberi, rocce e cespugli non era affatto un problema. Questo anche in considerazione del fatto che, almeno Bra, non avesse una preparazione atletica delle più eccelse.

Stanco della lunga galoppata e sentendosi al sicuro, il cervo si fermò, guardandosi un’ultima volta attorno. Non notando le due piccole inseguitrici, l’animale cominciò ad avanzare con più lentezza, ammirando una piccola pozza d’acqua che faceva al caso suo per dissetarsi dalla lunga corsa.

Alle sue spalle Pan, ed in seguito anche Bra, si fermarono dietro il tronco di un albero secolare, sporgendo le rispettive testoline per osservarlo nelle sue eleganti movenze. “Pensi che riusciremo ad avvicinarci?” domandò la bambina dalla chioma azzurra, cercando lo sguardo dell’amica, che tuttavia restò concentrata sulla principale fonte del loro interesse. “Mmm” farfugliò poi, in un tono poco convincente, “Aspettiamo qualche minuto” suggerì dopo aver ponderato sulla domanda con moderata attenzione.

Tuttavia, le due bambine non erano le uniche a nutrire un vivo interesse sul cervo. Fu Bra la prima a notarlo. Scosse la spalla dell’altra bimba, cercando di attirare rapidamente la sua attenzione, “Pan, guarda là” affermò additando tra gli arbusti dal lato opposto dell’animale, che incurante di quanto stesse accadendo alle sue spalle continuava a bere dalla pozza d’acqua. Pan invece sollevò lo sguardo, notando ben presto cosa le veniva indicato. Un grosso felino dalle zanne aguzze se ne stava sdraiato sotto un cespuglio, ben riparato dalle foglie, occhi fissi sulla propria preda.

Le due si scambiarono un’occhiata veloce. “Pensi che voglia far del male a Macchia?” “Macchia?” domandò Pan, un sopracciglio inarcato con sorpresa, “Beh, in qualche modo dovevamo chiamarlo” farfugliò di rimando Bra, arrossendo appena. L’altra sembrò rifletterci per alcuni istanti, “Andiamo Bra, dobbiamo salvare Macchia” dichiarò alla fine, muovendosi furtivamente tra i cespugli, facendo attenzione a non emettere nessun suono, mentre i suoi piccoli piedi si muovevano tra le vecchie foglie degli alberi. “Che…?” mormorò l’altra, sebbene non potesse più essere ascoltata da nessuno.

Le sue brillanti iridi azzurre seguirono i movimenti della compagna d’avventura, mentre quest’ultima si appiattiva contro i tronchi degli alberi, muovendosi veloce nel tentativo di raggiungere il felino. Tutto il resto accadde in un attimo.

Distratte entrambe dal nuovo obbiettivo, nessuna delle due stava più tenendo d’occhio Macchia, prendendo nota che la sua attuale vulnerabilità lo aveva reso una preda perfetta per l’altro animale che invece era un abile cacciatore. Con un balzo uscì dal suo nascondiglio per lanciarsi contro la preda, colta impreparata. Bra urlò per lo spavento, allertando involontariamente Macchia e mettendolo sull’attenti. Tanto bastò al cervo per alzare lo sguardo un secondo prima di quanto non avrebbe fatto, notando il pericolo sopraggiungere in tempo per poterlo scansare. A sua volta anche Pan uscì allo scoperto, lanciandosi verso il predatore che troppo concentrato sull’altro animale non si avvide della sua presenza fino a quando non fu troppo tardi. Senza molta delicatezza, la bambina sferrò un calcio in pieno viso al felino, incrinandogli una delle zanne.

Fortuna per lui l’allenamento di Pan era ancora incompleto e al di là dell’innata forza, il colpo non era dei migliori. Grazie a questo piccolo particolare lo sventurato animale, ferito più nello spirito e nell’orgoglio che nel fisico, sarebbe stato in grado di tornare alla propria tana e a raccontare di essere sopravvissuto all’incontro ravvicinato con una saiyan solo con un grosso spavento e qualche contusione.

Bra, dopo aver assistito alla scena, emerse da dietro il tronco che l’aveva fino ad ora riparata, correndo nella direzione nella quale aveva visto sparire il cervo. Sollevando una mano lo saltò con entusiasmo, “Ciao Macchia” disse, come se l’animale potesse non solo capirla, ma anche sentirla, sebbene lui fosse ormai lontano nella foresta. Imitandola, Pan l’affiancò, “Arrivederci Macchia!”.

Passati alcuni secondi, le due bambine si scambiarono uno sguardo divertito e carico d'entusiasmo. Risero in coro, consapevoli che il pericolo, se mai ce ne fosse davvero stato uno, era ormai passato. “Torniamo a casa” suggerì Pan, ottenendo un breve cenno d’assenso da parte dell’amica. Fu allora che si resero conto di un’altra verità.

“Pan…” cominciò Bra in un sussurro spaventato, guardandosi attorno nella speranza di smentire presto il proprio presentimento, “Dove siamo?” domandò infine con un filo di voce. E Pan, che aveva raggiunto la stessa terribile conclusione, scosse con lentezza la testolina arruffata da una parte all’altra, “Non lo so” confessò.

Da sole nel cuore del bosco, le due bambine percepirono ogni fruscio di vento e ogni spostamento delle foglie come se tutto potesse attaccarle da un momento all’altro. Per quanto possedessero entrambe capacità innate ereditate da parte dei rispettivi padri, erano pur sempre due bimbe perse e spaventate.

Così concentrate sul cervo e sulla strada da seguire, né Pan né Bra si erano soffermate ad osservare o a segnare la direzione dalla quale erano arrivate facendo sì che, ora, tutti gli alberi risultassero uguali gli uni agli altri, senza modo per riconoscere la via d’uscita. Pan sentì l’amichetta tramare per un secondo, esternando in un cesto istintivo tutte le sue preoccupazioni. Sentendosi in qualche modo responsabile, come se quel misero annetto in più d’età la classificasse come adulta, la saiyan dai capelli neri si guardò attorno, cercando qualcosa che potesse riconoscere, ma nulla attirò la sua attenzione. “Ah!” esclamò dopo quella che parve un’eternità, “Bra, possiamo sempre andarcene volando” disse regalandole quel che voleva essere un sorriso rassicurante. Tuttavia la reazione dell’altra impiegò poco per distruggere il suo entusiasmo, Bra fece scuotere la chioma azzurra legata da un fermaglio in un cenno di dissenso, “Io non so volare” confessò, un po' in imbarazzo, trovando un nuovo interesse nelle proprie scarpe. Pan la fissò con occhi sgranati, in attesa di una spiegazione che giunse presto, “Il mio papà dice che sono ancora troppo piccola” mormorò in un sussurro, cercando di nascondere la voce incrinata da un pianto che la bambina stava cercando di trattenere.

Sollevando gli occhi verso gli arbusti, Pan vide svanire le sue speranze. L’intenso fogliame ricopriva il cielo e se anche Bra fosse stata in grado di spiccare il volo, lei stessa dubitò di riuscire a schivare tutti i rami che la separavano dalla luce del giorno. Purtroppo, dovette ammettere con sé stessa, neanche le sue capacità di librarsi in aria erano delle più affinate. Le sue lezioni, infatti, erano iniziate solo da qualche mese nella quale i suoi genitori, a turno, si prendevano la briga di insegnarle le basi e lei aveva da poco imparato come sollevarsi dal terreno.

Un primo singhiozzo giunse dalla direzione dell’altra e quando Pan si voltò a guardarla si accorse che Bra stava fingendo di nascondere le proprie lacrime. Ancora una volta sentì sulle proprie spalle la responsabilità di essere la maggiore. Le porse una mano “Andiamo Bra” la invitò, aspettando che gliela afferrasse, “Usciremo da questo posto” affermò cercando di suonare più convincente possibile alle sue orecchie così come a quelle della piccola compagna d’avventura.

La piccola bambina originaria della grande metropoli, non altrettanto abituata a scampagnate nelle natura selvaggia, sentì ancora un po' d’insicurezza, ma quando strinse le dita dell’amica sembrò sentirsi almeno un pochino meglio. Veloce si asciugò il viso con la manica della giacchetta che indossava ed annuì, per quanto fosse ancora un po' incerta.

Così, mano nella mano, le due piccole saiyan si allontanarono dal luogo nella quale, appena pochi minuti prima, avevano visto sparire il loro amico Macchia, camminando in quella che doveva essere la direzione opposta a quella da loro intrapresa. Pan davanti, osservando con circospezione ogni tronco d’albero, ogni cespuglio, ogni dettaglio, nella speranza di ritrovare la via che le avrebbe riportate a casa dei suoi nonni; Bra alle sue spalle, alzando di tanto in tanto lo sguardo ogni qualvolta percepiva un movimento sopra la propria testa.

Nell’osservare la sterpaglia, Pan si ritrovò a sperare di poter vedere il viso bonario e sorridente dal suo papà, mentre si sistemava le lenti degli occhiali sul naso, nella certezza che era venuto a prenderla. Oppure le braccia spalancate della mamma, in attesa di accoglierla in un caloroso abbraccio e ricordartele che era lì per proteggerla. Ma anche nella sua fanciullesca mente era perfettamente consapevole che i suoi genitori non sarebbero mai apparsi dal nulla per trarle in salvo.

Bra si fermò all’improvviso, tirando a sé l’amica, “Pan” sussurrò, costringendola a fermarsi per osservarla, denotando che gli occhi azzurri della più piccola erano ora rivolte alle fronde degli alberi. “C’è qualcosa là su” bisbigliò, tradendo la sua paura dal timbro della voce. Sforzandosi di mantenere una parvenza di calma, a beneficio suo e dell’altra, Pan sollevò gli occhi nel punto che le era stata appena indicato con mano tremolate, ma nulla catturò la sua attenzione. “Saranno degli uccellini” concluse speranzosa, desiderando di poter trovare l’uscita il prima possibile.

Se la tranquillità sforzata della bimba dai capelli neri avesse sortito qualche effetto sull’altra nessuno lo avrebbe mai scoperto. Bra non fece in tempo ad abbassare il capo, quando qualcosa scese dagli alberi in tutta velocità toccandole la testolina dalla fluente chioma azzurra.

Si rese conto dell’accaduto un’istante più tardi, quando una ciocca di capelli le finì davanti al viso. Istintivamente portò la mano sul capo, notando ben presto che non vi era più traccia dell’elegante pettinatura che le aveva fatto la sua mamma quella stessa mattina. Poi un altro pensiero, quando vide la dispettosa scimmietta svanire in mezzo ai rami, mentre stringeva tra le dita quello che le aveva rubato. “Ah! Il mio fermaglio” esclamò, sottraendo le proprie dita da quelle dell’amica. Pan, che aveva fatto appena in tempo ad osservare tutta la scena, cercò invano di prendere il controllo, avendo notato gli occhi azzurri dell’amica riempirsi di lacrime. “È solo un fermaglio” azzardò, ma Bra era di tutt’altra opinione “No!” strillò, voltandosi nella direzione in cui la scimmia si stava dirigendo, “ È nuovo! Me l’ha dato il mio fratellone!” esclamò, mentre i piccoli piedi cominciarono a muoversi sul terreno scivoloso. “Fermati!” urlò la bambina all’animale, senza mai perderlo di vista, “Ridammelo!”aggiunse.

“Aspetta, Bra!” strepitò Pan, accorgendosi ben presto di essere rimasta sola, “Braaaaa!”. Come aveva appena fatto l’altra saiyan, anche lei si immerse nella fitta vegetazione della boscaglia, cercando di seguire i movimenti di chi la precedeva.

Contrariamente al cervo, Bra era molto più difficile da tenere d’occhio. Il sangue alieno le permetteva di saltare tra una roccia e l’altra o di evitare alti cespugli con un solo balzo ad una velocità che qualunque animale le avrebbe invidiato. La rabbia, inoltre, e la paura di perdere qualcosa a lei così prezioso la rendeva avventata ed incurante dei pericoli. Se Bra non si preoccupava di poggiare il piede su un masso dall’aspetto pericolante, Pan si vedi più volte costretta a trovare un’alternativa, sapendo che la forza con la quale l’amica lo aveva pestato lo rendeva una specie di trappola. La sola cosa che venne in aiuto alla bambina che chiudeva la coda furono le macchie di colore. Così come il manto del cervo lo mascherava nell'ambiente circostante, i capelli azzurri di Bra e gli abiti rossi che indossava la rendevano ben visibile tra i verdi ed i marroni della natura. Ammesso che non si allontanasse troppo.

Ci fu un momento, lungo e terribile, quando Pan credette di averla persa, avendo abbassato lo sguardo per evitare l’ennesimo ostacolo in quella corsa senza freno. “Ridammelo ho detto” sentì in lontananza e nel suo cuore si riaccese la speranza. “Bra” chiamò muovendosi in direzione della voce e delle urla ora disperate della ladra, che tra le fronde di un albero si era vista costretta a fermarsi per riprendere fiato. La povera scimmia non si era di certo aspettata una tale tenacia.

“Dammelo, è mio!” stava dicendo Bra, quando l’amichetta la raggiunse ai piedi del tronco. Le mani della bimba erano poggiati sulla corteccia, percuotendolo quasi con l’intento di sradicarlo, dimostrando una forza fuori dal comune per una creatura della sua età e della sua stazza.

Pan sollevò lo sguardo sulla spaventata scimmietta, terrorizzata dal terremoto che stava avvenendo sotto le proprie zampe. Non riuscendo a reggersi stabilmente sui rami saltò sull’albero accanto, lasciando cadere quello che per un erroneo istante aveva creduto essere un tesoro alla sua portata.

Insieme le bambine videro il fermaglio ricadere tra le lunga braccia naturali dell’arbusto, svanendo tra le foglie alte. “Noooo!” piagnucolò Bra, le lacrime sui bordi dei suoi grandi occhi azzurri, la voce incrinata. “Ci penso io” la rassicurò subito Pan e senza attendere risposta saltò sul più basso dei rami, poi quello successivo e ancora quello più in alto ed in alto ancora.

Impiegò pochi secondi per raggiungere il variopinto oggetto dei desideri tra il verde delle foglie. Lo afferrò saldamente, poi abbassò lo sguardo sull’amica che con apprensione stava osservando la scena, le mani ancora salde sul tronco. “Ce l’ho fatta!” annunciò, mostrandole il gingillo ora stretto tra le sue piccole dita. Sul volto di Bra tornò ad accendersi un sorriso, “Sei grande Pan” esultò.

Senza attendere un minuto di più, Pan cominciò la sua discesa, ma proprio quando si voltò per cercare un valido appiglio dalla quale iniziare, lo vide. Ed anche sul suo viso si riaccese un sorriso.

Guardò il ramo accanto a sé, decretando che andava benissimo per lo scopo. Raggiunto lo usò come trampolino di lancio, facendosi trasportare al suolo dalla forza di gravità ed atterrando al suolo in pochi istanti. Suo nonno le aveva insegnato il trucco.

“Bra” le disse all’atterraggio, attendendo che l’amica si togliesse le mani da davanti agli occhi, terrorizzata per un’istante che l’altra si sfracellasse al suolo. Quando sentì la voce tanto tranquilla e vicina, Bra cercò con lo sguardo le pupille scure della bambina che davanti a sé le porse il fermaglio tanto inutile quanto, per lei, tanto prezioso. Fece giusto in tempo a ritirare la mano, dopo aver afferrato l’oggetto, quando Pan si aggrappò al suo polso. “Vieni” le disse indicando nella direzione che aveva guardato un attimo prima “Il bordo della foresta non è molto lontano da qui” le spiegò, cominciando trascinare la bimba dai capelli azzurri che, senza protestare, la seguì trattenendo il fiato.

Passarono pochi minuti, poi come se non le avesse mai abbandonate, la luce del sole tornò ad illuminare i prati e le lande desolate dei Monti Paoz che per chilometri si estendevano dinnanzi ai loro fanciulleschi occhi.

“Ce l’abbiamo fatta” mormorò in un bisbiglio Bra, rompendo un silenzio che si era creato. Pan annuì. “Ce l’abbiamo fatta!” urlò di nuovo, cominciando a saltellare sul posto, “Sì!” le fece eco Pan, voltandosi a guardarla ed imitarla.

Ben presto si strinsero in un abbraccio, senza mai smettere di saltare per l’entusiasmo, congratulandosi nella loro gioia per la splendida riuscita della loro piccola avventura.

Poi, con più calma si squadrarono reciprocamente da capo a piedi, osservando i segni visibili lasciati dal bosco. Abiti e scarpe pieni di fango, foglie che avevano trovato rifugio tra i capelli, i visi sporchi e i graffi su braccia e gambe, laddove i rami le avevano sfiorate durante la corsa. Bra rise additando l’amica “Sei tutta sporca” disse divertita, “Anche tu” le rispose Pan. Per la prima volta da quando si erano lanciate all’inseguimento del cervo, Bra osservò con attenzione i propri piedi, denotando con un leggero disappunto che le scarpe della quale era tanto preoccupata qualche ora prima erano ora irriconoscibili. Sul suo viso paffuto si fece larga una smorfia.

Per l’ennesima volta Pan le porse una mano, restando in attesa. “Andiamo” le disse poi, quando le dita delle due bambine si strinsero di nuovo.

Nella mente di Bra si fece largo un pensiero. Benché volesse più di ogni altra cosa tornare a casa, sapeva fin troppo bene di essere nei guai. Gli abiti nuovi erano ora tutti da buttare e questo alla sua mamma non avrebbe fatto per nulla piacere. Già le sentiva le urla e gli strepiti, nonché il castigo che presto le sarebbe piovuto addosso. Nonostante ciò si scoprì desiderosa di raccontare tutte le avventure sue e della sua amica al suo papà, che dietro quella sua aria sempre minacciosa l’avrebbe di certo ascoltata con pazienza.

E mentre le due piccole esploratrici si allontanarono dal luogo che le aveva viste protagoniste nella loro avventura, Bra osservò il viso di Pan comprendendo che condividevano la stessa consapevolezza di essere nei pasticci, ma anche la stessa voglia di raccontarla a qualcuno. Ma soprattutto, entrambe non vedevano l’ora della prossima avventura.

FINE

  
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