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Autore: Arwen297    10/06/2016    2 recensioni
Una ragazza dell'alta società alle prese con un ambiente soffocante e di cui non si sente parte. Un ragazzo come tanti che per guadagnarsi da vivere corre in corse clandestine e non.
Cosa riserverà loro il destino? Niente...o forse tutto.
Presente coppia Seiya/Michiru
Avevo iniziato a pubblicare questa storia tempo fa, sotto altro titolo. Ora l'ho ripresa in mano, modificato alcuni capitoli nel loro contenuto e ne ho uniti altri.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yuri, Crack Pairing | Personaggi: Haruka/Heles, Mamoru/Marzio, Michiru/Milena, Seiya, Usagi/Bunny | Coppie: Haruka/Michiru, Mamoru/Usagi
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
Capitoli:
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Note dell'autore: Scusatemi tanto per il ritardo, come ho anticipato oggi sulla pagina FB ero convinta di aver pubblicato l'ultimo capitolo il 27/28 Aprile non il 16 dello stesso mese, e quindi mi sono messa a scrivere questo con molto ritardo. E questi sono i risultati, ammetto che non ho riletto nulla, quindi siate clementi se trovate qualcosa che non va segnalate che la correggo.  Prossimi giorni pubblicherò una one-shot a quattro mani scritta in collaborazione con il mio ragazzo. E ci terrei a ricevere un parere anche li. Non la pubblico su questo account ma su un altro: Arwen297_Matath . 

Vi segnalo inoltre la mia pagina FB: Arwen297 EFP 

Il gruppo FB di questo fandom:  ~ Noi, del Fandom Sailor Moon su EFP ~

20^Capitolo: Midnight Moon.


Sua madre aveva insistito e alla fine sia lei che Mamoru avevano acconsentito a telefonare al prontosoccorso per richiedere  l'ambulanza. Aveva ritenuto opportuno chiamare anche il capo della polizia che stava indagando sull'incidente e le cause. Era infatti sicura che l'aggressione avrebbe aiutato le indagini.

Mamoru aveva acconsentito ad accompagnarla in ospedale, in modo da stare vicini ad Usagi fino a quando ce ne sarebbe stato bisogno. Sua madre lo aveva seguito a ruota perché era ben decisa a far accompagnare la figlia nell'ospedale in cui ella stessa lavorava.

Lei invece era rimasta a casa ad aspettare la polizia per esporre la sua versione dei fatti, in seguito avrebbero chiesto la propria a tutti gli interessati. Mamoru compreso.

Inizialmente si era arrabbiata notevolmente con il moro, in parte era anche colpa sua se la sorella era stata aggredita: averla lasciata lontana da casa a causa dei posteggi dell'auto era stata un'idea avventata.

Poi però la rabbia aveva lasciato spazio alla consapevolezza che sarebbe potuta andare molto peggio, e non se lo sarebbe mai perdonata. Iniziava a pensare di essere portatrice di una maledizione, tutte le persone che amava venivano messe in grave pericolo di vita o la perdavano direttamente senza possibilità di scampo.

L'esposizione della sua versione dei fatti era durata circa un'ora, durante la quale altri poliziotti avevano setacciato accuratamente il giardino del palazzo alla ricerca di qualche indizio. Il suo avvocato lo avrebbe messo al corrente il mattino seguente, non le sembrava opportuno disturbarlo a quell'ora della notte; e poi non vedeva l'ora di sapere come stava Usagi. Da li a momenti sarebbero tornati sicuramente a casa: il fatto che la madre fosse andata con lei aveva aiutato a saltare la fila al pronto-soccorso.

Per ammazzare il tempo che sembrava aver deciso di rallentare, decise di scrivere a Setsuna, per aggiornarla su ciò che era successo. Doveva avvertire tutte le sue amiche di stare attente: se erano arrivati a sua sorella pur di farla desistere dalle indagini potevano arrivare a loro solo per il gusto di ferirla in un batter di ciglia.

"Sets sei sveglia?"

Scelse di scrivere su Whatsapp, l'ultimo accesso dell'amica era relativamente recente e questo la fece sperare che la bruna fosse ancora sveglia. Aveva bisogno di parlarne con qualcuno, Michiru sarebbe stata la cosa migliore ma la situazione non lo permetteva. Eppoi, per quanto poteva saperne, lei magari era a conoscenza di cosa stavano facendo i suoi genitori ed era anche d'accordo. Ecco spiegato perché non si era fatta sentire ne niente...molto probabilmente non era interessata a chiarire. Dopo tutto a una ragazza come la violinista cosa poteva fregargliene di chiarire con una proveniente dal ceto medio basso? Praticamente zero. Era stata una sciocca a credere in chissà che cosa, in chissà quale romanzo a lieto fine. Tra di loro fin dall'inizio non sarebbe potuto esserci niente, le sue amiche avevano avuto ragione a dirle di lasciare perdere la Kaioh. Ma lei con la sua solita testa di cazzo si era rifiutata categoricamente di dare loro retta. E quelli erano i risultati.

Che testa di cazzo che sono, non è una novità ma non pensavo di esserlo così tanto.

Il telefono vibrò sul divano. L'anteprima rivelava che era proprio Setsuna ad averle scritto.

"Ciao Ruka, successo qualcosa?"

" Si, Usagi è in ospedale, i soliti hanno mandato qualcuno appositamente per farle del male come atto intimidatorio. Sono nera, ho bisogno di parlarne con qualcuno scusa se ti scrivo a quest'ora della notte. Ho una rabbia cazzo, che non puoi capire. Quei maledetti!"

"Cosa??? Ma come è stato possibile? Come sta ora? Vuoi che vengo da te?"

" E' in ospedale con Mamoru e mia madre, io sono rimasta perché ho chiamato la polizia e ho dovuto esporre la mia versione dei fatti. Io sono a casa di mia madre ora, ho cenato da lei stasera. Dio Sets, se le succedeva qualcosa li avrei ammazzati con le mie stesse mani"

Le mani le tremarono per la rabbia, al solo pensiero. Una lacrima le rigò la guancia.

Cazzo, piangere ora no!! Non serve a un cazzo piangere come le bambine di cinque anni Haruka. Smettila immediatamente.

La mano destra si avvicinò al viso per asciugarlo, in un gesto carico di nervosismo e tensione.

"Calmati adesso, sei arrabbiata è normale che dici così, come hai intenzione di agire ora? Non sarebbe il caso di piantare li tutto? Non vorrei che diventasse troppo pericolosa la faccenda"

"Domani mattina chiamo il mio avvocato, e intanto chiedo a quello che sai tu di farmi sapere qualcosa, poi decido come agire. Grazie Sets, sono arrivati ci sentiamo domani buona notte"

La chiave girò nella serratura, e dopo qualche istante vide la porta di casa aprirsi per fare spazio a sua madre seguita dai due ragazzi. Scattò immediatamente in piedi, cercando di nascondere le lacrime di pochissimi istanti prima.

«Come stai Usa-chan?». Chiese. Spostando lo sguardo sulla ragazzina.

«Non ha nulla di rotto, la caviglia è solamente slogata e hanno dovuto mettere una fasciatura per farla andare a posto bene. Per il resto sono solo tanti lividi che passeranno con il tempo ma nel frattempo deve rimanere a casa. Altrimenti i professori chissà che idee mal sane si fanno, e far sapere in giro la verità credo che sia poco opportuno». Fu la donna a risponderle. «Mamoru per stanotte dorme qua per far compagnia a tua sorella, quindi apri pure il divano letto che tu dormi li».

«Bene, sono più sollevata...per il dormire non c'è alcun problema, e nemmeno per la scuola credo».

«La polizia cosa ha detto a proposito? Sono riusciti a scoprire qualcosa?». Chiese a quel punto Mamoru.

«No non ancora, quei vigliacchi non hanno lasciato indizi, nei prossimi giorni torneranno per sentire la vostra versione dei fatti. E mi hanno chiesto di dirti...». Si rivolse alla sorella. «Di far mente locale su quanto accaduto e pensare a un qualsiasi particolare che può essere di aiuto alle indagini per bloccare questi folli».

«Ho notato solamente un tatuaggio che spuntava sul collo di uno dei due però non so dire con certezza che forma avesse». Rispose triste. «Non so quanto possa essere utile tutto ciò».

«Può essere utilissimo credimi Usako, ne so qualcosa. Basta un minimo particolare per incolpare o scagionare una persona dalle accuse quindi tutto ciò che ti ricordi di aver notato dillo. Saranno poi le forze dell'ordine a scegliere le più importanti», le spiegò gentilmente Mamoru.

« Coloro che ti hanno ridotta così devono solamente pregare di non trovarsi mai sui miei passi, altrimenti sarà l'ultima alba che vedono». Il suo tono era arrabbiato, non avrebbe mai permesso a quella feccia di rimanere sulla faccia della Terra se ne avesse avuto l'occasione.

«Haruka, non dire ste sciocchezze credo che hai già combinato abbastanza guai non credi??». La riprese la madre, fulminandola con gli occhi. «Credo che sia già abbastanza quello che stiamo subendo a causa di questa storia senza aggiungere legna da ardere. Tua sorella non c'entra assolutamente nulla. Eppure sono arrivati anche a lei, io spero vivamente che sporrai denuncia contro i Kaioh».

«Mamma devo sentire l'avvocato prima di muovermi e non mi sembra il caso di chiamarlo a quest'ora della notte, domani sarà la prima cosa che avrò premura di fare. E credo in ogni caso che tu stia esagerando». Si buona parte della colpa era sua, ma non poteva sapere che quella sera di qualche settimana prima sarebbe finita con l'incidente. I suoi piani erano totalmente diversi e decisamente migliori, per entrambe. Sopratutto non ci sarebbero stati tutti quei problemi, Michiru non sarebbe stata scoperta, e probabilmente sarebbero riuscite ancora a frequentarsi di nascosto.

«Esagerando?? Ti rendi conto che tua sorella poteva non esserci più stanotte? Poteva finire malissimo, e tutto per cosa? Perché ti sei innamorata di Michiru, di tutte le ragazze che potevi trovare proprio di lei ». Tornò all'attacco sua madre.

«Al cuore non si comanda!! Dovresti saperlo, tu papà lo amavi non lo hai sicuramente scelto al mercato». Possibile che doveva essere colpa sua di tutto?

«Al cuore si comanda si, non sei una bestia. Sai cosa puoi fare e cosa non puoi fare, ora anche Usagi a causa tua poteva perdere la vita. E' già morto tuo fratello perché ti sei inzuccata a fare una cosa. Credo sia già abbastanza». Non sapeva cosa la spingeva a parlare in quel modo, forse la paura provata; forse il brutto presentimento che le aveva atanagliato le viscere quando il cellulare poche ore prima era suonato. Oppure l'istinto materno, quello di una donna che ha già sofferto troppo per le perdite di suo marito e di un figlio. O semplicemente stava scaricando l'ansia accumolata da quando tutta quella storia era iniziata.

Haruka rimase qualche istante in silenzio, le accuse di sua madre l'avevano colpita nel profondo, un nodo le si era formato in gola. Harumoto non era morto per colpa sua, no che non lo era.

«Tuo figlio non è morto per colpa mia, è morto perché ha voluto fermarsi ancora dopo la mia decisione di tornare!!! Cazzo non ti permettere di dire che lui non è qui stasera a causa mia, non inventarti stronzate!! Ho cambiato la mia vita e ho soffocato i miei sogni per cercare di portare avanti questa merda di famiglia. E questo è il ringraziamento per fare i salti mortali per piazzarmi sempre al meglio nelle gare?? ». Le urlò in faccia, e non gliene fregava un cazzo se sua madre si fosse offesa a quelle parole. Tanto meno se l'avrebbe fatta sentire in colpa.

«Haru... Mamma... non litigate dobbiamo stare uniti, non è colpa di nessuno se lui non c'è più è il destino». Si intromise Usagi mortificata da ciò che stava succedendo. Non aveva mai sopportato le liti in famiglia, fin da quando era più piccola. Vedere le persone che amava non andare d'accordo tra loro la torturava. Era per lei logorante.

«Vai a fan culo Usagi!! Andate a fan culo tutti». Urlò nuovamente la motociclista, poi prese la giacca e uscì dall'appartamento sbattendo la porta appositamente: sapeva che sua madre odiava quel gesto. Doveva andarsene via da quella casa, si sentiva soffocare, non aveva voglia di andare a casa sua. Le rimaneva quindi solo un opzione da vagliare.

Prese il cellulare dalla tasca dei jeans, compose il numero che sapeva a memoria cercando di calmare il ritmo del respiro. La sua speranza e che non si fosse ancora addormentata e che potesse ospitarla anche solo sul divano.

«Pronto, dimmi Ruka ». La voce della bruna interruppe il silenzio.

«Scusami Sets, spero tu non stia dormendo, posso venire da te a dormire? Ho bisogno di passare del tempo con qualcuno che non mi giudichi. Non voglio tornare a casa stasera e ho litigato con mia madre». Le disse, mentre raggiungeva la sua moto per aprire la sella all'interno del quale erano custoditi due caschi.

«Beh, alle quattro di notte credo sia normale, ma comunque non riuscivo a dormire, ti aspetto quando vuoi vieni». Rispose la ragazza, in fin dei conti gli amici servono nel momento del bisogno e non poteva certamente farla dormire per strada. Cosa che Ten'o non avrebbe mai avuto problemi a compiere, conoscendola.

«Arrivo subito, la strada e vuota credo che in una decina di minuti sarò li». Rispose prima di chiudere la conversazione. Dopo di che chiuse il cellulare nella sella, chiuse la giacca in pelle nera e si fissò il casco in testa.

Girò la chiave del motore e partì con un rombo per allontarsi sempre di più dal palazzo tanto odiato.


***


I suoi genitori avevano accosentito a farla andare in vacanza dai nonni per farle staccare la spina da tutti gli avvenimenti che l'avevano colpita nelle settimane precedenti. Avevano però insistito affinché Seiya andasse con lei: era una questione di rispetto ed educazione visto che era loro ospite. Si era immediatamente pricipitata in camera per preparare le valigie con tutto il necessario per rimanere li fino all'inizio del nuovo anno scolastico. Così in quel momento era in viaggio gia da quasi due ore, diretta alla villa dei suoi nonni paterni. Tra i nonni erano i suoi preferiti, gli altri erano lontani e li sentiva solamente per telefono. Eppoi avevano un maneggio privato nel giardino di loro proprietà, molto ampio. Che non aveva niente a vedere con i giardinetti a cui era abituata in città.

Al maneggio c'era il suo cavallo, nero come la notte, per questo lo aveva chiamato Moonless Night, era nato lo stesso anno in cui era nata lei. Erano cresciuti praticamente insieme, e cinque anni prima i suoi nonni le avevano detto che era il momento di montarlo senza alcuna paura. E nonostante il temperamento giovane e focoso, l'animale non le aveva mai causato cadute o ferite. Erano stati affiatati fin dal primo momento che era salito in sella per prepararsi a qualche gara. Per la felicità non aveva mangiato niente per l'ennesima volta, ma sperava in un certo senso di recuperare sul quel fronte una volta arrivata. Sempre che il suo stomaco glielo avesse permesso. Era sola dietro, e non poteva che essere più grata di ciò.

Il bruno aveva deciso di sedersi davanti per parlare all'occorrenza con l'autista, gli era sembrata la cosa migliore dopo aver constatato in casa che la ragazza non aveva voglia di parlare con lui. Affrontare un viaggio in totale silenzio non faceva per lui.

«Signorina è sveglia? Siamo quasi arrivati». La voce del loro autista interruppe i suoi pensieri, spingendola a incrociare i suoi occhi blu con quelli del guidatore nello specchietto retrovisore.

«Certo che lo sono, non mi sono mai addormentata». Rispose, aveva già dormito decisamente troppo i giorni scorsi per far si che il tempo passasse velocemente. Avrebbe dovuto affrontarli i suoi problemi, ma debole com'era non riusciva. O forse era più comodo scappare, non farsi più sentire e sparire totalmente. Come del resto era abitudine di chi faceva parte dell'alta società.

Alla fine si sarebbe comportata proprio come quelle persone che aveva da sempre odiato, per quanto si sforzasse di essere diversa lei era esattamente uguale a loro. Per quanto volesse sfuggire al destino che le era stato donato alla nascita, non poteva cancellare ciò che era. Lei era l'ultima discendente dei Kaioh e che le piacesse o no doveva rispettare tantissime cose. Avvertì la macchina girare improvvisamente a destra, e il suo campo visivo entrarono le colonne che sorreggevano i cancelli della tenuta dei suoi nonni. I prati verdi nonostante l'estate inoltrata erano indice di grande cura da parte dei giardinieri.

La villa dove abitavano gli anziani signori era in vecchio stile, quasi barocco. Vedere tutti i decori presenti sulla facciata l'aveva sempre affascinata parecchio, fin da piccola.

Guardò l'edificio avvicinarsi sempre più fino a quando la macchina si fermò nello spiazzo antistante all'ingresso, sulla porta di casa potè scorgere la figura dei due proprietari sorridenti. Loro si che erano felici di vederla!

«Lasciate pure i bagagli in macchina, provvederò io tra un attimo a portarli in casa». Esclamò l'autista spegnendo la macchina.

Lei lo udì appena, intenta com'era a raggiungere i suoi nonni preferiti, udì una velata risposta di Seiya che le sembrò ringraziare l'uomo che li aveva accompagnati fin li.

«Nonno, nonna». Disse, non appena fu vicina ai due anziani, prima di baciare le guance di entrambi. Li era come una seconda casa, forse era addirittura l'unico posto che poteva definire casa.

Be, forse l'unico esclusa la casa di Haruka. Fu il suo pensiero improvviso, che scacciò immediatamente: non poteva farsi influenzare dalla situazione. Non aveva voglia di nascondere il magone per evitare le domande che le avrebbero fatto sicuramente.

«Vi presento Seiya». Disse poi, non appena furono raggiunti dal moro.

«Piacere di conoscervi signori, grazie dell'ospitalità». Disse. Doveva fare la più buona figura possibile, per non destare sospetti.

«Figurati caro, gli amici di nostra nipote sono sempre i benvenuti». Fu la risposta cordiale della donna.

«Cara, tu come stai?» chiese dunque Hoshi, suo nonno. Un ometto basso di settantanni con gli occhi ancora vivaci di chi si sente giovane dentro, nonostante gli acciacchi dell'età. «Abbiamo saputo cosa è successo a casa, hai fatto bene a venire qui..vedrai che dopo qualche giorno starai sicuramente meglio».

Adorava suo nonno.

Adorava entrambi, fine della storia.

Sorrise all'anziano in modo sincero, era talmente tanto che non sorrideva più che si era quasi dimenticata come farlo. Doveva migliorare su quel fronte, non poteva permettere alla situazione di strapparle quei pochi sorrisi che le uscivano spontanei.

«Meglio nonno, andrà sicuramente a migliorare la situazione credo..» gli rispose, più per farlo stare tranquillo che per convinzione personale.

«Vedrai tesoro che con i pranzi di tua nonna recupererai tutti i chili persi». esclamò Yumi, sua nonna, anche lei una donnina bassa e un pò grassottella con i capelli bianchi legati in un chignon. Battè allegramente le mani davanti al petto, quasi pregustando tutti i manicaretti che avrebbe potuto realizzare con l'aiuto della domestica. Si, perché nonostante ne avessero una, lei aveva sempre voluto cucinare in sua compagnia e non aveva mai voluto sentire ragioni sulla questione. Per tanto non condivideva la scelta di suo figlio di riempire la casa di servitù, totalmente contraria a come lo avevano cresciuto.

Michiru si limitò a sorridere con poca convinzione, non era affatto sicura che quei chili sarebbero tornati. Al momento la sua fame non aveva dato segno di aumentare, ma forse era presto?

«Sai già dov'è la tua camera, se vuoi andare un pò a sistemare le tue cose vai». Le disse suo nonno. «A Seiya ci penso io». Si rivolse al bruno «Vieni, ti faccio vedere dov'è la tua camera». Si avviò dunque verso il corridoio dove solitamente alloggiavano i loro ospiti, ben lontano da dove avrebbe alloggiato la violinista. Avrebbero potuto stare vicini con la camera, ma negli occhi della nipote era riuscito a scorgere il desiderio di avere più tranquillità possibile. Suo figlio aveva insistito per far andare da loro anche il ragazzo, e inutili erano stati i consigli suoi e della moglie nel fargli capire che visto ciò che era successo sarebbe stato meglio mandare Kou a casa sua: i genitori avrebbero sicuramente capito le esigenze della figlia.

«Ecco questa è la tua camera, troverai già le tue valigie. Spero tu abbia portato anche il necessario per portare i tuoi studi avanti perché vorrei chiederti la cortesia di non disturbare troppo mia nipote, sta passando un brutto momento ed è bene rispettare i suoi tempi per non aggravare ancor di più la situazione». Lo avvisò, senza paura di offendere. Michiru prima di tutto, la buona educazione davanti a problemi di salute passava decisamente in secondo piano.

«Signore, penso che sua nipote abbia bisogno di qualcuno che la distrae. Anche se lei si ostina a dire di no credo che non sia una buona idea lasciarla da sola con questo stato d'animo». Ribattè lui: ci mancava anche il nonnino apprensivo. Non era già abbastanza delicata la situazione, doveva stare attento a non compiere passi falsi. E sopratutto doveva avvisare i suoi genitori del cambiamento delle cose.

«Mia nipote non sarà lasciata sola come a Kyoto, qui siamo tutti in pensione anche se siamo musicisti e gestiamo un maneggio. Non ti stare troppo a preoccupare che sicuramente Michiru starà meglio qui che a casa». Rispose con tono gelido, per chiudere il discorso. «A ogni modo all'una e mezza si pranza, cerca di essere puntuale. La cucina è esattamente difronte a te quando arrivi nell'ingresso». Detto ciò chiuse la porta alle sue spalle.


***


«Mamma non pensi che tu abbia esagerato ieri sera con mia sorella?». Furono le parole di Usagi a interrompere il silenzio della colazione tra le due. Mamoru era uscito al mattino presto, quando ancora stavano tutti dormendo per passare da casa a darsi una rinfrescata prima di recarsi all'Università. L'aveva salutata nel suo dormiveglia con un bacio sulle labbra, aveva dunque ritenuto opportuno affrontare in quel momento il discorso con sua madre. La sera prima tra la presenza di lui e il devastamento psico-fisico non ne aveva avuto le forze.

«Usagi non iniziare anche te, tu eri più piccola quando vostro fratello è morto. E se loro non uscivano perché tua sorella si era inzuccata ad andare a quella festa sarebbero entrambi qua». Rispose gelidamente la donna. «Ogni volta che qualcuno si fa male nella nostra famiglia c'è di mezzo Haruka».

«Non è colpa di mia sorella se lui è morto, è stata una scelta sua fermarsi di più dopo che lei era rientrata. E non è nemmeno colpa sua se papà è morto di cancro. Tanto meno lo è per ciò che è successo ieri, all'amore non si comanda mamma. Dovresti saperlo meglio di tutte noi...ma a quanto pare ti sei dimenticata di quando tu e papà eravate ragazzini».

«Usagi per favore non ti ci mettere anche tu va bene? E' causa di sorella se siamo in questa situazione ora, è inutile che dici di no. E' così e se vuole che io la perdoni deve piantarla li con ste stronzate, altrimenti non otterrà più perdono da me. Tu non potevi esserci più oggi!! Potevano ammazzarti!!!» il tono si alterò leggermente.

«Possibile che vedi solo i lati negativi? Non siamo tutti perfetti! E Haruka ha sempre fatto tanto da quando sono morti loro. Ha accettato anche di sostituire in segreto Harumoto rinunciando ai suoi sogni senza battere ciglio pur di garantire un buon tenore di vita a entrambe, e tu cosa fai? L'accusi per ogni cosa, sarà anche la pecora nera della famiglia ma ha fatto molto più di te in questi hanni che hai solo saputo criticare qualsiasi cosa che la riguarda e mai apprezzarla». Gli occhi le bruciavano mentre parlava così a sua madre, ma era stanca della situazione che avevano in casa. Era stanca di sentire i litigi tra di loro, che a seconda del periodo erano più o meno frequenti. Era stufa di tutto.

«Non ti permettere di dirmi queste cose!». Si alterò la donna.

«Perché altrimenti cosa mi fai? Mi metti in castigo come quando avevo cinque anni? Fammi il piacere..lasciami in pace! Non sono più una bambina». Tagliò seccamente prima di abbandonare la colazione non finita sul tavolo e dirigersi in camera sua sbattendo la porta alle sue spalle.

In quel momento dovevano stare unite, ma la verità era che da quando suo padre se ne era andato in quella casa era sempre tutto uno schifo. I loro rapporti si erano incrinati per il cancro prima, e per l'incidente stradale di suo fratello maggiore poi. Erano sempre riuscite a salvare le apparenze davanti agli altri parenti, sembravano davvero una delle famiglie felici della televisione. La realtà era ben diversa però. Il suo rapporto con la sorella maggiore era molto migliorato con la crescita di entrambe, assistere a scene come quella della sera prima la faceva sempre stare male.

Papà dove sei? Se tu fossi con noi sarebbe tutto più semplice...tu si che sapevi tenere unita la famiglia.

Pensò, mentre stringeva tra le mani una foto presa dalla mensola dove c'erano tutti e cinque. In quell'occasione si che erano felici. I suoi codini erano notevolmente più corti perché era più piccola. Ma tolto quello era rimasta uguale. Stessi occhi e, all'apparenza, stesso sorriso.

Portò il dito alla guancia destra per raccogliere una lacrima che ribelle era sfuggita all'occhio limpido.


***


Quel mattino si era svegliata con una forte emicrania, avvolta nelle coperte della sua migliore amica, completamente abbandonata sul divano. Indossava ancora i vestiti del giorno prima, un sospiro di sollievo le uscì dalle labbra: aveva subito pensato al peggio, visto che lungo la strada aveva preso qualche bottiglia di vino in un bar aperto ventiquattro ore. Poca roba. No ok, forse a giudicare il suo stato aveva un pò esagerato. Ma dopo le parole di sua madre ne aveva avuto bisogno, doveva scaricare i nervi in qualche modo e quella era una delle rare volte in cui era consapevole che una scopata non avrebbe risolto nulla. Ma anzi, avrebbe aggiunto rimorsi a tutti i pensieri che già le affollavano la testa.

«Ma da quando ti svegli così presto?». La voce di Setsuna le solleticò l'udito.

Avvertì i suoi passi sempre più vicini.

«Ho troppa roba da fare stamattina Sets, devo chiamare l'avvocato per prendere l'appuntamento e vedermi anche con l'investigatore privato che sai». Le spiegò. Aveva ingaggiato un investigatore privato per vederci più chiaro nella faccenda, perchè qualcosa continuava a non quadrarle... non si era più avvicinata a Michiru. Per quale motivo i suoi genitori avrebbero dovuto mandare gli agguzzini che avevano picchiato sua sorella? Era sempre più convinta che sotto c'era qualcosa di particolarmente grosso e quella fosse solo la punta dell'iceberg.

E no, quel Kou non le piaceva per nulla.

«Che cosa hai intenzione di fare? Investigatore privato perché?». Gli chiese la bruna mentre si alzava per andare in bagno.

« Perché credo che io sia solo un pretesto e che i motivi per cui stanno agendo così in realtà siano altri. E non voglio rimetterci per i loro loschi affari, ne voglio che Usagi o mia madre rischino per cose che a noi non interessano minimamente». Spiegò prima di entrare in bagno.

Si diresse verso il lavandino e aprì l'acqua fredda, allungò la mano per saggiare la temperatura dell'acqua, per poi buttarsela più volte sul viso nel tentativo di svegliarsi.

«Sets, mi faccio una doccia». Urlò.

«Fai come fossi a casa tua, gli asciugamani sono sempre al solito posto, i bagno schiuma stessa cosa scegli quello che vuoi di entrambi». Gli arrivò la risposta, a giudicare dalla voce la bruna era in cucina a preparare la colazione per entrambe. A quel pensiero il suo stomaco brontolò sonoramente.

Credo di aver un pò di fame, sarà meglio che mi dia una mossa.


***


L'odore di fieno le colpì le narici non appena oltrepassò l'ingresso della scuderia dei nonni. I vecchi gestori le avevano detto che non c'erano più, dopo anni di servizio erano andati felicemente in pensione. Quella notizia le mise addosso una sorta di dispiacere, il suo istruttore di equitazione sapeva essere nella vecchia leva e probabilmente non lo avrebbe più rivisto. Come tutto il vecchio personale del resto.

Girò a sinistra una volta arrivata alla fine del corridoio ed entrò nell'ala privata della scuderia dove venivano alloggiati i cavalli della sua famiglia, sette in tutto tra cui il suo.

Un magnifico stallone di razza Frisone, nero come la notte. Midnight Moon aveva deciso di chiamarlo anni addietro quando le era stato regalato. Era nato li alla scuderia da una giumenta che aveva all'epoca suo nonno e che purtroppo era deceduta in seguito a una caduta, nonostante era stato fatto il possibile per lei in risorse umane e mediche.

Il box era l'ultimo, e lui non aveva la testa fuori, probabilmente non aveva ancora avvertito i suoi passi.

Qualche passo dopo lo vide comparire con la lunga criniera, lo sentì nitrire in segno di saluto, proprio come al solito. Non si era affatto scordato di lei. Era felice di rivederlo, era uno dei pochi esseri viventi a farla stare bene. Uno dei pochi con cui era riuscita a stringere un legame così profondo come il loro.

Si fermò due box prima, dove era presente una porta che sapeva custodire al suo interno la sella, le redini e la cavezza. Ciò che cercava era nello scaffale subito di fronte all'ingresso proprio dove ricordava di averli lasciati l'ultima volta.

Prese tutto il necessario e andò dall'animale.

«Ciao cucciolotto». Gli disse dolcemente entrando nel box. «Ancora un pò di pazienza e andiamo a correre come ai vecchi tempi». L'animale in segno di assenso gli diede un colpetto alla spalla prima di lasciarsi mettere cavezza e redini. Subito dopo mise il sottosella e la sella, per poi stringere le cinghie nel modo più appropriato. Prese quindi le redini e lo guidò fuori dall'edificio, una volta fuori salì a cavallo e partì al galoppo.

Aveva voglia di andare in spiaggia, anche se a giudicare dal vento il mare sarebbe stato tutto tranne che calmo e piatto.

Sarebbe tornata sicuramente in tempo per pranzo, e anche se non fosse stato così il non mangiare non la preoccupava eccessivamente.


***


Aveva fatto i salti mortali per arrivare puntuale all'appuntamento con l'investigatore, aveva rischiato più volte di perdere aderenza con le ruote della moto a causa dell'asfalto bagnato, ma grazie alla sua esperienza era riuscita a domare la tigre ruggente sulla quale era seduta.

Per non dare troppo nell'occhio decise di non togliersi il casco una volta dentro il locale, ne aveva scelto uno piuttosto anonimo, che non facesse troppo caso all'etichetta e che non la costringesse a togliersi il copricapo.

Come da accordi trovò l'uomo già seduto al tavolo del locale, era piuttosto giovane: ad occhio e croce doveva avere una trentina d'anni, ma aveva già parecchia esperienza nel suo ambito.

«Buongiorno, mi sono permesso di ordinare due cappuccini se non le dispiace». Mormorò l'uomo.

« Ha fatto bene, è riuscito a scoprire qualcosa?». Chiese immediatamente abbandonando le frasi di cortesia.

« Vuole andare diritto al punto Ten'o». Sorrise, portando le mani sotto al mento. « Ebbene si ho scoperto molte cose sulle persone di cui stiamo parlando...roba che scotta». Gli spiegò guardandola fissa negli occhi verdi.

«Che tipo di roba?». Era curiosa di sapere tutti i giri che ruotavano dietro a una buona famiglia come i Kaioh.

« Diciamo parentele... troverà comunque tutto nella cartellina che le sto per dare». Lo osservò tirare fuori dalla sua ventiquattro ore un contenitore in cartoncino rigido e giallo che le fu porso dall'uomo. Proprio nell'istante in cui il cameriere di sala arrivava a portare loro le tazze. «La guardi con calma a casa, se non capisce qualcosa poi sono a sua completa disposizione per chiarimenti e se vuole approfondire le indagini potrò farlo senza problemi. Lo faccia vedere anche al suo avvocato mi dia retta, prima di decidere di fare qualsiasi cosa».

«Ottimo, poi mi sappia dire quanto le devo e provvederò a versare la cifra sul suo conto corrente, ovviamente le chiedo se può mandarmi la ricevuta via email». Mormorò, dopo un cenno di saluto al cameriere.

«Certamente». L'uomo la vide bere in un solo sorso il contenuto della tazzina.

«La ringrazio molto per il lavoro da lei svolto, che mi sarà sicuramente molto utile per questa situazione». Prese dunque il portafoglio. «Mi permetta di pagare anche la sua colazione». Si alzò quasi senza attendere risposta, e si avviò verso il bancone del locale dove la cassa era già libera.

Meno male, così non devo aspettare più di tanto per tornare un attimo a casa prima di incontrare l'avvocato oggi pomeriggio. Ho bisogno di distendere i nervi e sopratutto sono curiosa di leggere attentamente il contenuto di questa cartellina.

Una volta pagato il totale per entrambi, si diresse fuori dal locale.

   
 
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