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Autore: n3rieko    10/06/2016    4 recensioni
Victorian AU ispirata al Ritratto di Dorian Gray
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Se Tooru fosse stato un colore, in quel momento, sarebbe stato magenta. Un rosso avvolgente, accecante, quello sprazzo di colore di un dipinto che attira l'attenzione su di sé, lasciando gli elementi circostanti alla loro funzione di mero riempimento.
Iwaizumi non poteva smettere di guardarlo.
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Tooru Oikawa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ho modificato il testo della storia, era stata pensata come una storia di 2 capitoli ma avevo voglia di renderla una rating rosso QUI ORA SUBITO NOW quindi mi è stato fatto giustamente notare nelle recensioni che i personaggi stessero correndo un pochino, ma tipo, un pochino. Visto che le persone ancora ci possono capitare a leggere questa storia, ho voluto rendere il finale un filo meno esagerato senza però cambiarne il succo, ecco.



The Picture of Oikawa Tooru

 

«Signorino, l'artista vi attende in soggiorno.»

Oikawa alzò lo sguardo. Se ne stava seduto sulla poltrona di camera sua, vicino all'enorme finestra che dava sul giardino. Tra le mani teneva un libro dalla copertina ingrigita.

«Digli che sarò subito da lui.»

Il maggiordomo si congedò ed i suoi passi svanirono nel silenzio. Il giovane si alzò controvoglia.

Per quanto suo padre ed il signor Ushijima fossero grandi amici, non nutriva per quell'uomo grande simpatia.

Ushijima Wakatoshi aveva ritratto anni prima i genitori ed i nonni paterni del signorino, e le sue opere erano famose in tutta Londra. Era uno degli artisti più richiesti dalla nobiltà inglese e nonostante fosse di provenienza asiatica si era perfettamente ambientato in Inghilterra, ed anche oltremanica il suo nome suonava familiare. Eppure, nonostante fin da piccolo Tooru fosse stato costretto a passare in compagnia del padre e del sig. Ushijima diverse ore a settimana, non aveva trovato neanche un modo per poter avere con lui una conversazione che si potesse definire piacevole. Era un uomo di poche parole, i capelli inbiancati dall'età ed il viso duro, le sue pacche sulla spalla erano sempre troppo forti e sorrideva (non per più di qualche secondo) soltanto quando parlava con il signor Oikawa.

Tooru sospirò, maledicendo il padre per averlo obbligato ad assumere Ushijima al posto di un qualunque altro artista. Come se non ci fossero già abbastanza quadri firmati da lui nei corridoi della loro tenuta.

Si sistemò la camicia ed indossò la sua giacca preferita, e sfoderando il più sincero dei suoi sorrisi finti, si avviò a salutarlo.

 

«Signor Ushijima, che pia-»

Oikawa si interruppe quando da dietro la tela già montata sul cavalletto, si sporse una figura che poco aveva a che vedere con quella del pittore che aveva chiamato. Era un giovane dalla pelle dorata, i capelli neri come carbone, gli occhi dall'inconfondibile taglio asiatico erano anch'essi scuri, adombrati da un paio di folte soppracciglia. Sembrò stupito in un primo momento, perché queste si alzarono leggermente e le iridi dall'impercettibile riflesso nocciola squadrarono Oikawa come se non si aspettassero che qualcuno dovesse arrivare.

«Ahh» Oikawa si lasciò scappare un sospiro la cui interpretazione poteva collocarsi tra il sollevato ed il gradevolmente sorpreso.

«Il signor Ushijima dov'è?»

«Al momento si trova impossibilitato a lasciare la propria residenza per motivi di salute. Mi ha chiesto di lasciarvi questo. Sono il suo apprendista.»

Da una delle tasche del suo grembiule, il giovane estrasse un biglietto ed allungò il braccio in direzione di Oikawa, ancora fermo sul decimo gradino della scalinata.

«Sarò io a ritrarvi, se per voi va bene» aggiunse notando la mancanza di risposta, come a spiegare in parole povere un concetto estremamente complicato.

Tooru si riscosse e lo raggiunse per prendere il messaggio, e senza nemmeno controllare cosa vi fosse scritto, lo infilò nella giacca.

«Il vostro nome, prego?»

«Iwaizumi Hajime»

«Venite anche voi dal Giappone, signor Iwaizumi?»

«I miei genitori. Io sono nato qui a Londra.»

Oikawa sorrise e si avvicinò ad un divanetto. Facendo scorrere le dita sul velluto dello schienale, lanciò uno sguardo divertito al pittore, lasciandogli intendere il suo interesse.

«E da quanto tempo lavorate per il signor Ushijima?»

«Da tre anni.»

«Strano che non vi abbia mai visto prima d'ora, signor Iwaizumi. Quanti anni avete, se mi permettete di chiedere?»

Oikawa si sedette incrociando le gambe e descrivendo fluidamente un arco con la punta della sua scarpa.

«Ventidue»

«Siete giovane. Non fatevi influenzare troppo da lui, o la vostra bella fronte rimarrà corrucciata in eterno.»

Iwaizumi in risposta gli rivolse un'occhiataccia, non troppo cattiva, s'intende (dopotutto era con il signorino Oikawa che stava parlando), ma abbastanza da rendere chiaro il suo messaggio.

«Prego, vogliamo iniziare?» chiese sistemando gli ultimi strumenti sul cavalletto.

«E ditemi, voi parlate giapponese, Iwaizumi-san

«Lo capisco.»

Tooru canticchiò un “Mh mh” ed iniziò a giocherellare con una ciocca di capelli, avvolgendola sull'indice e continuando a girare finché questa non si liberava per tornare in ordine con il resto della pettinatura.

Il giovane artista davanti a lui era una piacevole, piacevolissima sorpresa. Il suo corpo sembrava abituato a lavori pesanti, e le sue mani non sembravano di certo fatte per dipingere dettagli o per fare velature di colore. Sembravano le mani di un falegname, forti e sicure, calde e ruvide. Mani che avrebbero potuto tenerlo fermo con poco sforzo, tirare i suoi morbidi capelli e soggiogarlo come un docile animale da compagnia, impedendogli anche soltanto di respirare.

«Iwaizumi. Iwa, roccia. Izumi, sorgente. É un nome poco comune. Come il mio dopotutto. Iwa... » La voce di Oikawa cambiò, assumendo un tono scherzoso: «Iwa-chan»

Hajime fu percorso da una scossa, come se fosse inciampato su qualcosa, ad esempio la sua pazienza, che ora giaceva riversa a terra spirando lentamente.

«Posso darti del tu?»

«Potremmo iniziare? Vorrei lavorare finché c'è ancora luce.»

Tooru si alzò, saltellò fino alla tela e con un sorriso innocente si piazzò di fianco al giovane.

«Iiiiiwa-chan!»

Iwaizumi, per il buon nome del suo maestro e per la propria incolumità, si stava trattenendo, respirando profondamente, le braccia incrociate sul petto e lo sguardo fisso sulla tela, o più precisamente sul cadavere della sua pazienza, che aveva deciso di lasciarlo prematuramente a questo mondo crudele.

Oikawa allungò la mano per prendere una piccola spatola da uno dei ripiani del cavalletto. La esaminò saggiandone il peso ed osservandone il manico sporco di colore. Rimessa a posto, passò ad indagare la tela con le dita, i suoi occhi invece di guardare davanti a sé, guizzavarono sul viso di Iwaizumi, in cerca di una reazione.

Lo stava provocando, come un bambino con una tata troppo indulgente.

«Non toccate» grugnì il moro.

Con una della sue mani dall'aspetto tanto grezzo, prese il polso di Oikawa per allontanarlo.

«Sono veramente... calde» si lasciò sfuggire Tooru.

«Cos-?»

«Le tue mani. Sono calde. Guardandole danno l'idea di esserlo, sono anche così ruvide. Dovresti prendertene cura, Iwa-chan.»

Il balbettare alterato di Iwaizumi fu un tentativo fallimentare di nascondere il rossore che colorava per intero il suo viso: «O- Oikawa. Signor... Oikawa.» Fece una pausa e poi riprese: «per favore, non toccate.»

Iwaizumi non aveva mai creduto in una divinità, ma in quel momento, di fianco a quel ragazzo in vena di scherzi e dai capelli castani, dolci come miele, dalla pelle così perfetta da sembrare lui stesso un dipinto, ecco, in quell'istante, davanti alle ceneri della sua pazienza, Hajime avrebbe potuto iniziare a pregare per la propria anima così che le fosse riservato un posticino comodo all'inferno.

«Puoi chiamarmi Oikawa. Dovremmo passare un po' di tempo assieme comunque, giusto?»

«Non se iniziamo subito.»

«Jaa, Yoroshiku ne» Tooru si inchinò scherzosamente, i fronzoli del colletto della camicia che ricadevano candidi con la stessa delicatezza in cui tutta la sua figura era immersa.

«Un... yo- yoroshiku» bofonchiò Iwaizumi con accento imbarazzante, portando una nuova ondata di rossore alle sue gote.

 

 

Un quarto d'ora dopo, Oikawa si era finalmente deciso a mettersi in posa, ed Iwaizumi poté iniziare a lavorare. Portava un pannetto sporco gettato su una spalla ed un grembiule macchiato di grafite proteggeva la sua blusa color panna, le maniche alzate fino ai gomiti rivelavano i suoi avambracci.

Tooru riusciva a scorgervi il rilievo delle vene che li percorrevano.

«Iwa-chan»

«Mh?» Hajime stava facendo un primo schizzo, i suoi occhi si spostavano rapidamente dalla tela al suo modello.

«Il tuo sguardo.»

«Cosa?»

«Sembri arrabbiato.»

«Signor Oik-»

Oikawa lo interruppe schiarendosi la voce in modo teatrale.

«Oikawa... Dovreste guardare in quella direzione, non me.»

«È difficileee»

«Non siete in posa da nemmeno dieci minuti, non potete essere già stanco.»

«Non parlavo di quello. È difficile non guardare te, Iwa-chan.»

Iwaizumi alzò la testa, la sua mano si mosse automaticamente per prendere un pennello dalla cassetta che aveva di fianco, e con un lancio preciso, lo fece volare a pochi millimetri dal naso di Oikawa. Quest'ultimo impallidì e lanciò un gridolino impaurito.

«perché!?»

Iwaizumi si allungò per prendere un secondo pennello.

«VA BENE va bene va bene. Iwa-chan, non pensavo fossi così cattivo però»

«Non lo sono. Ora tornate in posa.»

«Haai hai» Oikawa si rimise a fissare l'angolo di una cornice, rabbrividendo ogni volta che al magine del suo campo visivo percepiva Iwaizumi alzare lo suardo.


 

Il sole si fece basso all'orizzonte e la luce che filtrava dalla grande vetrata divenne di un intenso arancione. Iwaizumi terminò la seduta, concedendo a Tooru di crollare sul divanetto, la schiena ed il collo doloranti.

Si erano scoperti compatibili; in qualche modo, nonostante le loro personalità sembrassero di due sfumature complementari, così come quei colori creano un constrasto interessante e piacevole, anche loro trovavano la presenza dell'altro gradevole.

«perché vi siete fidato di me?» chiese il giovane pittore riponendo i suoi strumenti in un piccolo bauletto. «Non avete mai visto nemmeno una mia opera, e nemmeno avete letto il messaggio del mio maestro.»

«Non lo so. Mi fido di te e basta. E poi per essere un allievo di Ushijima dovrai avere grandi capacità, un uomo come lui non accetterebbe mai un artista mediocre ad infangare il suo nome.»

Iwaizumi annuì e chiuse gli ultimi scompartimenti in cui teneva i tubetti di colore.

«Tornerò domani se per voi va bene.»

«Iwa-chan»

Sdraiato sul velluto, la giacca aperta sulla camicia appena sbottonata, Tooru gli fece segno di avvicinarsi. L'artista fece come richiesto.

«Volevate dirmi qualcosa?»

Oikawa si issò sui gomiti e con una mano prese il braccio di Iwaizumi, tirandolo a sé finché i loro volti non furono così vicini da poter sentire uno il respiro dell'altro.

«Niente di particolare, se non questo-» Tooru colmò la distanza tra di loro, dischiudendo le labbra e lasciando un bacio impalpabile sulla bocca di Iwaizumi. Durò una frazione di secondo, poi si separarono.

Tooru si beò qualche istante dell'espressione confusa sul volto che aveva appena sfiorato.

«A domani» fece come se nulla fosse accaduto. Iwaizumi era indietreggiato di qualche passo.
Gli occhi di Oikawa sembravano oro allo stato liquido, brillavano del tramonto che inondava la stanza.

Iwaizumi abbassò lo sguardo e lasciò la sala a passo svelto, rivolgendgli le sue grandi spalle.

Da dietro, si poteva scorgere il rossore delle sue orecchie.


 





 Note: Salve! In principio doveva essere una one shot, poi si è deciso di inserire altre scene ed ho pensato di fare in capitoli. Ovviamente non si andrà per le lunghe ecco ù.ù
Grazie ad
-->EmsEms<-- sensei che mi ispira, corregge e mi motiva *-* Fate un salto a trovarla se non la conoscete già ;3 
Fatemi sapere che ne pensate, mi raccomando *U* Tipo anche soltanto se siete arrivati in fondo senza star male, ecco, quello è già un traguardo
Alla prossima 
∠( ᐛ 」∠)_
 

  
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