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Autore: holyground    10/06/2016    3 recensioni
Tauriel torna nel Reame Boscoso distrutta dalla morte di Kili. Teme di affrontare il lutto, teme l'oblio, teme il dolore. Così si rivolge a chi ha permesso al suo cuore di diventare di ghiaccio pur di superare la sofferenza: Thranduil.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Tauriel, Thranduil
Note: Movieverse | Avvertimenti: Violenza
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  Quando Tauriel corse negli alloggi del re era ormai tardi. La caraffa del vino era vuota, la coppa giaceva ai piedi della scrivania. Thranduil era a terra: un braccio era schiacciato sotto il petto, i capelli erano sparsi sul pavimento come una distesa di neve, la mano destra era puntata verso le porte, come a voler richiamare Tauriel dopo averla cacciata.
  «Aiuto! Guardie!»
  Tauriel era accovacciata accanto al suo re, e quella scena era fin troppo familiare.
  Non di nuovo.
  Le sue labbra continuavano a formare la parola aiuto, ma la sua voce non aveva volume. Scostò i capelli dal viso di Thranduil, in cerca di un segno che fosse ancora vivo. Le guardie entrarono e glielo portarono via prima che lei potesse accertarsene.
 
§
 
  Il capitano Belthil stava organizzando i turni di pattuglia per la settimana seguente quando giunse la notizia che il re era stato avvelenato. Le parole della guardia che l’aveva informata le erano riecheggiate nel petto, rimbombando con un’eco dolorosa.
  «Le sue condizioni non ci sono note per il momento.»
  Il soldato le aveva intimato di tornare a lavoro, l’avrebbe informata lui non appena avesse avuto novità – ma Belthil non era diventata Capitano restando ad aspettare.
  Gli alloggi del re erano in subbuglio, con guaritrici che entravano e uscivano dalla soglia e guardie inquiete che avevano l’ordine di non far passare nessuno. Belthil avrebbe potuto imporre la sua autorità per farsi strada in quel trambusto, ma non aveva intenzione di intralciare le guaritrici.
  Chi avrebbe mai potuto avvelenare il re? A che scopo? Il veleno non era certo la mossa più intelligente per liberarsi del sovrano del Reame Boscoso. Era compito suo fornire le risposte a tutte quelle domande. Una cosa era certa: c’era una spia a palazzo.
  Non c’era davvero niente che potesse fare lì, ma non desiderava allontanarsi troppo. Quando svoltò l’angolo del corridoio riconobbe Tauriel, rannicchiata nella nicchia di una finestra, e realizzò che, inconsciamente, era lei che stava cercando.
  Tauriel le parlò senza guardarla. 
  «Sono ancora tutti lì?»
  Belthil si accomodò accanto a lei, osservando il buio farsi strada tra gli ultimi raggi solari.
  «Sì.»
  Tauriel aveva gli occhi chiusi, e Belthil si chiese cosa stesse vedendo al di là delle palpebre.
  «Che cosa è successo?»
  Tauriel scosse leggermente le spalle. Belthil notò che indossava ancora la vestaglia dell’infermeria, rivelatoria delle sue fasciature.
  «Sono entrata ed era a terra. Era nel vino. La caraffa era completamente vuota.»
  Belthil ebbe la sensazione che vi fosse un altro significato dietro quelle parole, più profondo ed intimo.
  «Che tempismo, il tuo.»
  Tauriel nascose il volto.
  Belthil sapeva che tra lei e il re c’era un rapporto speciale. Lui l’aveva accolta a palazzo e cresciuta accanto al figlio, l’aveva istruita per diventare una guerriera, l’aveva scelta come Capitano della guardia. Belthil aveva sempre trovato irritante il modo in cui Tauriel mancava di rispetto al re nonostante tutto ciò che lui aveva fatto per lei; Tauriel era impulsiva, testarda, orgogliosa, e aveva un senso di giustizia che l’aveva portata più volte a disobbedire agli ordini (non da ultimo, minacciando la vita del re). Ma Blethil stava cominciando a comprendere che le azioni di Tauriel erano dettate da qualcosa di più del semplice egoismo, e che ribellarsi a qualcosa di ingiusto non era un crimine, neanche quando portava al tradimento.
  La notte trascorse come era arrivata, immersa nel silenzio, e Belthil se ne accorse appena. Quando il cielo iniziò a rischiararsi con un luminoso pallore, una guardia fece capolino dal corridoio. Belthil si alzò ricambiando il saluto formale del soldato, che poi si rivolse a Tauriel. Le labbra di lei erano serrate e gli occhi erano infestati da tormenti che Belthil poteva solo immaginare.
  «Il re è sveglio.» Le spalle di Tauriel sembrarono essersi liberate di un enorme peso. «Ha chiesto di te, Tauriel.»
  Lei si stava già avviando verso le stanze del re quando il soldato la richiamò.
  «Il principe… Deve essere avvisato?»
  Tauriel sembrò rifletterci. In quel momento Belthil realizzò questo: Tauriel aveva attentato alla vita del re, era stata bandita, era stata declassata a soldato semplice, eppure era a lei che il soldato si era rivolto per una questione così delicata. Tauriel non era solo Capitano della guardia per il re, ma anche famiglia. E, nonostante non impugnasse più un’arma da mesi, aveva ancora il rispetto dell’esercito.
  Belthil l’ammirava; avvertì un principio di invidia farsi strada nel petto. Aveva visto Tauriel nei suoi momenti più fragili, eppure non poteva ignorare la forza e l’autorità e la sicurezza che emanavano da lei ora.
  «No.» rispose Tauriel. «Non ce n’è bisogno.»
  Prima di avviarsi, Tauriel si voltò verso Belthil e la ringraziò.
 
§
 
  Tauriel si scoprì spaventata. Il sollievo che l’aveva investita quando aveva sentito la parola sveglio si era consumato completamente nel tragitto che l’aveva riportata negli alloggi del re. Thranduil si era fatto trovare in piedi alla finestra, avvolto in una vestaglia argentata che lo faceva sembrare una statua. Tauriel era completamente paralizzata. Lui le fece cenno di avvicinarsi.
  «Nessuno deve sapere.» le disse quando ormai era a pochi centimetri da lui. «Neanche Legolas.»
  Tauriel annuì. Quindi aveva deciso di optare per una conversazione formale. Bene.
  «Me ne sono già occupata.»
  «Ti ringrazio.»
  Quel freddo familiare che era sceso tra lei e Thranduil la riportò al momento in cui lui aveva deciso di riaccoglierla nel suo regno.
  «Hai il permesso di tornare.» le aveva detto. «Ma ci vorranno anni prima che io possa fidarmi di nuovo di te.»
  «Perché?»
  Thranduil si voltò verso di lei, sorpreso, come avesse dimenticato che lei era ancora lì.
  «Perché cosa?»
  «Perché mi hai riaccolto?»
  «È una domanda che non merita risposta.»
  «Io merito delle risposte.»
  Thranduil le diede le spalle.
  «Ho bisogno di riposo.»
  Tauriel gli si avvicinò, osservandogli la schiena.
  «Non ti fidi di me, ma mi riporti con te. Dici che non puoi guarirmi, ma mi metti di guardia nelle tue stanze.»
  I pugni di Thranduil erano stretti e le nocche erano sbiancate.
  «Mi hai baciato.»
  Tauriel ammutolì. Dirlo ad alta voce era come rivelare un segreto, o confessare un omicidio, o ammettere di avere colpa. Dirlo ad alta voce lo faceva sembrare un peccato.
  «Perché mi hai baciato?»
  Thranduil si voltò, e stavolta fissò apertamente le labbra di Tauriel, senza nascondersi, senza dissimulare. Con desiderio e brama e rabbia. La fissò talmente a lungo, e il corpo di Tauriel venne invaso da uno scomodo calore in reazione a quello sguardo.
  «Perché sono un egoista.»
  L’eco di quelle parole la fece rabbrividire.
  «Non potevo perdere anche te.»
  La disperazione nella voce di Thranduil si rifletté negli occhi di Tauriel.
  «Allora perché cacciarmi così?»
  Finalmente gli occhi di Thranduil lasciarono le labbra di lei per concentrarsi sui graffi che le adornavano il volto.
  «Perché questo non è permesso.»
  Si allontanò, lasciandola a domandarsi quanto a fondo dovesse scavare per afferrare il vero senso delle parole.
  «Perché? Perché tu sei un re ed io un soldato? Perché tu sei il re ed io solo un elfo silvano?»
  «Perché è pericoloso!» La rabbia di Thranduil era più violenta di quanto lei si fosse aspettata. «E delicato. E tu non saresti in grado di affrontarlo nel modo corretto.»
  Tutto ciò che Tauriel colse in quelle parole fu l’insulto rivolto alla sua persona.
  «Tu questo non lo sai.»
  «L’ho visto nei tuoi occhi! Eri pronta a concederti a me, senza pensare alle conseguenze. Senza controllo.»
  Con passo spedito, Tauriel lo fronteggiò.
  «Non farlo, non sminuirmi. Non credere di avere questo potere su di me, perché non è così. Sono consapevole delle mie scelte, e non permetto ai miei sentimenti di avvelenare la mia razionalità. Ciò che hai visto nei miei occhi era solo il pallido riflesso della tua paura.»
  Quando lo disse, entrambi realizzarono che era così: Thranduil aveva paura.
  La guardò con sconforto, con gli occhi lucidi; ogni traccia di austerità e freddezza era svanita. Ora non sembrava un re. 
  «Mi dispiace.»
  Tauriel scosse il capo. «No.»
  «Mi dispiace averti trattata così.»
  «Non farlo.»
  «Mi dispiace averti cacciata.»
  «Non dirlo.»
  Thranduil lo disse: «Mi dispiace averti baciata.»
  
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