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Autore: Ink Voice    10/06/2016    1 recensioni
Niente sarà più come prima. Forse è meglio così, pensa Eleonora, mentre si chiede esasperata quale sia il prossimo compito da portare a termine. È una domanda retorica che si pone solo per rispondersi subito dopo: “Salvare il mondo”. Una frase da supereroe, da film, che invece le tocca pronunciare per autoconvincersi che il momento è giunto e che lei, fino a qualche anno prima una ragazzina normale che non conosceva la realtà in cui è improvvisamente finita, è una delle più importanti pedine nel triste gioco della guerra.
Dalla parte di chi schierarsi e perché, quando ogni fazione ha numerosi difetti, che rendono l’una indistinguibile dall’altra? Troverà mai dei motivi che la spingeranno a non chiudersi in sé stessa e a non tirarsi indietro? Perché dover rischiare la propria vita per una causa che non si conosce davvero e per una verità svelata sempre poco per volta?
Queste domande l’accompagneranno mentre cercherà la forza per non arrendersi. È l’ultima parte di Not the same story.
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Manga, Videogioco
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Not the same story'
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XII
Sulle tracce di (quasi) nulla

I primi raggi del sole tingono il cielo notturno di colori più caldi: i miei occhi si erano abituati ad un’oscurità quasi totale e la luce mi è per il momento estranea. Le stelle cominciano a dissolversi, di gran lunga sovrastate da quella più vicina alla Terra, che porta oltre al chiarore anche un po’ di calore: questa notte invernale dev’essere stata terribilmente gelida, come tutte le altre, ma non ci ho fatto nemmeno caso. Il Legame con Ho-Oh mi rende nei fatti insensibile a certi fattori climatici, o almeno fa sì che mi siano facilmente sopportabili; ma penso che sarei stata comunque immune al freddo, durante le parecchie ore passate a meditare tutta sola, con lo sguardo perso nell’orizzonte oscuro o nel cielo quasi del tutto buio.
“Forse è opportuno rientrare?” chiede Ho-Oh. Era praticamente scomparso: non ho percepito la sua presenza agli inizi, e poi ho proprio smesso di cercarlo. “Se qualcuno ha visto la tua porta aperta e la stanza vuota, si starà di certo preoccupando. Non hai detto niente a nessuno sul tuo… impegno.”
«Non dovevo avvisare» mormoro. La mia voce si sente benissimo nel silenzio dell’alba, pare che neanche il vento - sempre che ci sia: non so bene perché, ma non lo sento - cerchi di superarla. «Era una cosa tra me e me stessa. E prima di rientrare vorrei parlarne con te, ora.»
“Dimmi.” Penso che si sia rassegnato: sa già dove voglio andare a parare ed è disponibile ad assecondarmi, mentre fino a poco tempo fa - fino a ieri, immagino - si sarebbe categoricamente rifiutato di parlarmi di certe cose.
«La forma materiale del Legame mi ha divisa in due persone: una umana, l’altra più vicina al mondo dei Pokémon, soprattutto a quello dei Leggendari. E in questo non c’è niente di normale. Avere la forma materiale del Legame non significa cambiare carattere, atteggiamenti e modo di pensare: non può influenzare a tal punto il Legato, dovrebbe trasformare solo l’aspetto fisico. Certo, l’umano viene contagiato dal carattere del Leggendario, dai suoi pensieri… come è successo a Daniel, che dice che Dialga lo influenza molto e senza che lui possa opporsi, e anche Sara diventa più seria e matura nella Forma di Mezzo. Ma il mio caso non rientra in questa situazione, me lo hai detto tu stesso. E quindi spiegami perché un tuo Legato del passato, che è vissuto chissà quanti secoli prima di me, è riuscito a fare tutto questo: come ha fatto a entrare, perché dopo la sua morte la sua anima non si è trasferita altrove, e allora perché è venuta ad infestarmi. È stato lui a scindermi in due persone: lui si è preso la parte più influenzata dal Legame, rendendola quella dominante, mentre dovrebbe essere secondaria a quella umana. Questa infatti l’ha messa da parte, e me ne sono riappropriata con difficoltà, ieri.» Ricorderò per sempre la piccola crisi che ho avuto, e quanto sia stato mortificante scoprire di aver assecondato l’estraneo e di aver relegato altrove la me umana. «Però temo che lui tornerà.»
Ho-Oh ci mette un po’ per rispondere. “Niente lo fermerà dall’intervenire nuovamente, in futuro. Ha preso delle decisioni e ha un certo carattere che lo portano, talvolta, a comportarsi così: non sei la prima dei miei Legati ad avere problemi con lui, e non so se questa sia la situazione più preoccupante di tutte quelle a cui abbia mai assistito, ma sicuramente è un grosso problema in un periodo come quello attuale.
“Lui si chiamava, anzi… si chiama Helenos. È il primo essere umano con cui abbia mai contratto un Legame, quando la Terra era ancora nella fase del Primo Mondo. Viveva in una società arcaica e la sua era una posizione triste e piuttosto sfortunata: eppure aveva un carattere forte, come non ne ho mai visti in tutta la mia esistenza, e di volta in volta vado cercando un Legato che gli sia paragonabile… ma è stato veramente un caso unico. Nonostante le dure condizioni di vita in cui era stato costretto, nonostante la cattiva fama che gli era stata riversata addosso, lui non ricorse al suicidio per liberarsi, mentre era una prassi in quella società afflitta da una cultura di vergogna, basata sull’onore, che gli altri, esterni, costruivano per ogni individuo. Mi ricordo bene di quel giorno.”
Ho-Oh ha stranamente voglia di parlare e raccontare, e stavolta non ha scuse per tornare ad essere di poche parole: il tempo c’è e il desiderio di ascoltarlo pure. “Camminava a testa alta per le strade della sua città. Ancora era un giovanotto, poteva avere qualche anno in più di te. Non so dove fosse diretto, credo non lo sapesse neanche lui: aveva le vesti lacere dopo uno scontro con qualcuno, i passanti cercavano di intimorirlo o di annichilirlo con occhiate cariche di odio, disprezzo e diffidenza. Ma lui avanzava incurante di tutto ciò, lo sguardo fisso avanti a sé con gli occhi che non degnavano nessuno della loro serietà nobile. Aveva un passo deciso e quasi solenne, come a farsi beffa di chi gli voleva del male. Però non riuscì ad evitare me.
“Non mi piace trasformarmi in essere umano, saranno secoli che non lo faccio a parte il giorno in cui sei arrivata tu sulla Torre Campana, e lui fu una delle prime volte in cui mi costrinsi a presentarmi in quel modo: ma ero certo che ne valesse la pena. Avevo creato il Legame quasi per caso, non aspettandomi di certo che il neonato dai capelli rossi che avevo scelto avrebbe rivelato un carattere così resistente e orgoglioso, perfetto per me. Ero emozionato e curioso di rivelarmi, devo ammetterlo. Mi camuffai con i vestiti del luogo e dell’epoca, e cercai di passare inosservato agli occhi di tutti. L’unico momento in cui uscii volontariamente allo scoperto fu quando lo sentii vicino, e lo riconobbi subito. Lui fu ovviamente attratto, nonostante me ne fossi stato piuttosto in disparte e mi fossi limitato a studiarlo meno aggressivamente degli altri che c’erano… e subito capì che quell’uomo era diverso da chiunque altro avesse mai incontrato in vita sua. Fece un’espressione stupita e si agitò un po’, e qualcuno che credeva di essere l’oggetto del suo sguardo gli lanciò una provocazione gratuita; ma fu come se avesse dimenticato l’esistenza di tutto e tutti, meno che la mia. Fu tentato di fermarsi e raggiungermi ma, incredibilmente anche per me, riacquistò il suo contegno e, seppur turbato, proseguì per la sua strada, sforzandosi di non posare nuovamente il suo sguardo su di me, o di ricambiare il mio. Ero davvero meravigliato.
“Lo seguii a una certa distanza e feci in modo che non si accorgesse di me finché non si infilò in un vicolo: lo imitai e solo allora gli feci percepire la presenza di qualcun altro, qualcuno di speciale, quell’uomo che lo aveva guardato in modo diverso e che, soprattutto, era diverso da tutti gli altri esseri umani esistenti. Mi avvicinai in silenzio, rapidissimo, arrivando a un paio di passi da lui: si girò, mi vide e lanciò un grido, perdendo l’equilibrio e cadendo a terra. Mi ritrovai a sovrastarlo e, per la prima volta dopo tanto tempo, Helenos provò paura di qualcun altro: non era mai stato in soggezione da quando non era più un ragazzino, stavolta aveva paura di ricambiare lo sguardo di un altro, ma allo stesso tempo sentiva di non poter staccare i suoi occhi dai miei, mezzo disteso per terra, immobile se non per qualche inevitabile brivido.
“Aspettai per alcuni secondi e, appena il suo cuore si calmò, mi mossi per primo, tornando al mio aspetto di Pokémon. Helenos svenne e al suo risveglio si ritrovò ad indossare la forma materiale del Legame: il suo aspetto fisico non era cambiato di molto nella Forma di Mezzo, ma le sue abilità sì. Fin da subito si rese conto di avere dei poteri e dei mezzi a cui gli altri esseri umani non potevano avere accesso, e si allontanò dalla sua città.”
Ho-Oh ha raccontato così appassionatamente che in più punti ho avuto dei fremiti emozionati, ma sono stata altrettanto a disagio: la bestia dell’invidia mi fa provare un po’ di rabbia nei confronti di questo Helenos e del suo rapporto con il Leggendario, che di sicuro non potrò mai eguagliare: se non ci sono riusciti i miei “predecessori”, tra cui ci sono stati certamente uomini di gran lunga migliori di me, come posso sperare di essere paragonata al primo Legato di Ho-Oh? Il Leggendario sa cosa provo e nemmeno cerca di consolarmi o di rassicurarmi: entrambi sappiamo che è così che stanno le cose e nessuno dei due ha qualcosa da aggiungere in merito.
«La forma materiale del mio Legame.» Sospiro. «C’è poco oro perché stavolta ti è capitata una Legata che non è pura di cuore, vero?»
“Il tuo cuore non è marcio.”
«Ma non è neanche del tutto degno di questo Legame. Tu dovresti legarti a persone pure di cuore, forti ed eroiche… ma a questo giro ti è andata male, temo.» Faccio un mezzo sorriso amareggiato. «Hai scelto una ragazza comune. Chissà se l’hai fatto inconsapevolmente o meno.»
Ho-Oh non risponde; mi alzo in piedi, stiracchiandomi un po’ troppo rumorosamente, facendo finta di non curarmi della verità, anche se è difficilissimo.
Quando mi giro, facendo per scendere la Torre Campana, per poco non ricado a terra. Un uomo alto, dai capelli rossi un po’ ricciuti e ordinati, mi fissa con occhi severi a un paio di metri di distanza.
Mi chiedo se Helenos sappia che sta replicando la scena nel vicolo di quando Ho-Oh gli si rivelò, ma stavolta io sono al posto suo e lui mi studia, mettendomi alla prova, come fece il Leggendario a suo tempo. Dello stesso colore della chioma sono le sopracciglia e la barba folte; le prime sono corrugate e induriscono ancor di più l’espressione dei suoi occhi, forse castani, insieme al naso un po’ aquilino che dà al suo viso un cipiglio austero. L’elaborata, meravigliosa armatura d’oro che indossa gli copre il torso, gli avambracci e la metà inferiore delle gambe, e sembra brillare più di quanto dovrebbe nella semioscurità dell’alba; lascia scoperta metà delle braccia muscolose. Sotto di essa c’è una tunica non troppo lunga - si vedono un po’ le cosce forti - del colore del sangue, come l’ampio mantello che il vento fa frusciare più silenzioso del normale.
Non c’è bisogno di far notare a me stessa che il signore è molto, molto bello; peccato solo che sembri desiderare di vedermi sparire all’istante grazie alla forza del suo sguardo, iniettato di sangue. Non so se la soggezione mi stia giocando brutti scherzi ma l’impressione è che abbia davvero cattive intenzioni. L’armatura e la tunica sono spezzate da un cinturone che riconosco subito come la forma materiale del Legame di Helenos: un grande prisma brilla al centro di essa, altri più piccoli sono disseminati per tutta la sua lunghezza, ed è decorata ancor più finemente del resto delle parti in oro che veste.
Helenos incrocia le braccia e smette finalmente di fissarmi; non so come, ma ho sostenuto il suo sguardo per tutto il tempo, anche se il mio era notevolmente sconcertato e intimorito. Quando torna a guardarmi è solo leggermente meno cupo e aggressivo di prima.
«Non puoi avere la presunzione di sapere cosa vuole da te Ho-Oh, e di poterlo servire decentemente. Sei solo una ragazzina… e persino tu sei arrivata a capire che è un caso che ti abbia scelta.»
Sapevo che non era granché simpatico già dai suoi modi invasivi e logoranti, ma è comunque un brutto colpo sentirsi rivolgere certe parole in un tono così aspro e freddo. Ma in qualche modo gli rispondo quasi subito: forse non è vero che sono così inadatta al Legame di Ho-Oh. «Puoi dirmi davvero che la scelta di un Legato avviene casualmente?» gli chiedo. «Tu hai visto arrivare tutti i suoi Legati, visto che sei il primo. Sei in una posizione diversa rispetto a quella degli altri, forse Ho-Oh ti ha messo a conoscenza di questo segreto.»
«Anche se lo sapessi, non te lo rivelerei neanche se questo mi portasse a sparire definitivamente» ribatte lui. «Ne parleresti con qualcun altro, e i danni che causeresti sarebbero irreparabili.»
«Per esserti intromesso in me senza tanti complimenti, non sei stato un grande osservatore. Altrimenti sapresti che non farei mai una cosa del genere.» La mia voce inizia a scaldarsi e ad alzarsi. «O forse non vuoi ammettere che se Ho-Oh mi ha scelta ha avuto le sue ragioni, e forse anche tu le hai viste, ma vuoi farmi credere che io non abbia qualità per questo Legame.»
«Non rivolgerti a me in questo modo.» Le braccia di Helenos tornano lungo i suoi fianchi. Appesa alla cintura c’è una spada. «Non illuderti di…»
«Non mi sono illusa di niente» lo interrompo. Lui si irrigidisce: so che si sta innervosendo, ma provo un gusto strano, quasi perverso, al pensiero di poterlo provocare. «Sei tu che ti sei costruito un’immagine falsa e negativa di me, e non vuoi abbandonarla. Ho-Oh stesso però non vuole che tu cerchi di manovrarmi come preferisci.»
«L’idea che mi sono fatto di te è confermata da quel che dici, e dal tuo comportamento» risponde. «Hai appena affermato qualcosa che Ho-Oh non ha mai detto, ti sei convinta di sapere cosa voglia da te e per te. Non dimenticare che sei una ragazzina, e una dei Legati meno validi che abbia visto finora, se non la peggiore.»
Cerco di farmi scivolare addosso le sue offese, di non vacillare sotto i suoi occhi cattivi, ma dubito di essere in grado di darmi un contegno. «L’unico presuntuoso qui sei tu: hai totalmente perso il mio rispetto, puoi essere il miglior Legato di Ho-Oh, ma non mi interessa, se i ragionamenti del tuo cervello sono così chiusi e limitati.»
Helenos mette mano sull’impugnatura della spada, la sfodera; un sibilo metallico accompagna il gesto e una vampata di fiamme arcobaleno si sprigiona dalla lama interamente d’oro. Stavolta le gambe mi cedono veramente e cado con il sedere per terra, ma il fuoco prende il posto dell’intera figura dell’uomo e si dissolve dopo pochi secondi. La sua era una minaccia, solo una minaccia… ma entrambi sappiamo quanto abbia paura di lui, non posso farne a meno; lo sanno anche Ho-Oh e tutti i suoi Legati, se ce ne sono ad assistere e se sopravvivono dentro di me, ma loro senza farsi sentire, al contrario di Helenos.
Sto ansimando e tremando senza ritegno, ma in qualche modo riesco a calmarmi, anche se ci vuole del tempo. Mi alzo barcollando un po’, vado un momento ad appoggiarmi alla specie di altare al centro del tetto della Torre, in cerca di un minimo d’aiuto. «P-per… perché…» balbetto. «Perché… s-se l’è presa… con me…»
“Helenos non ama le donne.”
«Ah, ci mancava… che fosse misogino» ansimo. «Quindi mi disprezza anche per questo? Non solo perché sono assolutamente incapace come Legata?»
“Sei affatto incapace, Eleonora: hai sorpreso sia me che Ilenia ieri stesso quando hai appreso nel giro di qualche ora come combinare due dei tuoi poteri. Helenos non è mai stato ostile con i miei Legati, semmai li ha presi per mano e li ha guidati come un fratello: ma con le Legate è sempre stato particolarmente insofferente. Tu non devi sottometterti a lui e allo stesso tempo non devi dimostrargli niente. Devi far finta che non esista, devi impedirgli di entrare in contatto con te, perché potrebbe soltanto arrecarti dei danni.”
«Se è già stato così in passato, immagino tu lo abbia rimproverato almeno una volta. Perché non smette?»
“È testardo e disobbediente da questo punto di vista. Così come da altri, in effetti, ma sono piccole cose della sua personalità, rispetto al resto, che è sempre stato perfetto per rivestire il ruolo di Legato di Ho-Oh.”
«Non puoi fare a meno di amarlo, eh?» mormoro. «Per quanto tu voglia aiutarmi…»
Non mi aspetto una risposta e Ho-Oh non me la dà. Mi ci vuole ancora qualche istante per sentirmi sicura sulle mie gambe e per dirmi di non avere paura, ma Helenos potrebbe materializzarsi da un momento all’altro come ha fatto prima: non mi farebbe del male perché andrebbe contro il nostro Leggendario, ma la paura è tanta e rende ogni mio movimento esitante, cauto; dopo ogni battito di ciglia il cuore accelera aspettandosi di vedere il primo Legato di Ho-Oh che mi guarda male, e forse stavolta con la spada in mano per minacciarmi ancora. Di cosa non lo so, e dubito che lui lo sappia: sarà il suo disprezzo, sempre che non sia addirittura odio, a comandarlo.
A passo lento scendo i primi piani della Torre Campana, finché non sono abbastanza sicura sulle mie gambe - e non vedere né percepire Helenos aiuta - da accelerare: inizialmente gli scricchiolii del legno sotto i miei piedi sembravano grida, nel silenzio totale del luogo. L’interno di esso è appena rischiarato dalle timide luci dell’alba e le tende bianche alle finestre si appropriano di quasi tutti i raggi che arrivano.
Le pareti spoglie della Torre sono in totale contrasto con quelle della casetta apparentemente insignificante in cui è nascosto il passaggio per la sala riunioni segreta, che sono invece ricoperte di immagini coloratissime e che a tratti sembrano essere in movimento. Guardando Helenos, prima, mi è subito tornata in mente la prima figura umana che appare nella sequenza di affreschi: un uomo con un mantello rosso, anzi color sangue, e un’armatura d’oro, che si inginocchia davanti alla fenice Leggendaria, già ritratta molte volte prima di lui - ogni tanto con Lugia a bilanciare, per dargli una controparte. Helenos non torna mai nei disegni, ma gli altri umani rappresentati servono soltanto a mostrare il potere di Ho-Oh di restituire la vita e di regalare gioia a chi lo vede attraversare in volo il cielo, lasciando dietro di sé un arcobaleno dei più nitidi. Nessuno di loro è un suo Legato e questo dà ancora più importanza all’uomo del Primo Mondo che ebbe l’onore di essere il primo contraente del Leggendario.
Ricordo come stanotte non sia riuscita a prendere sonno e, seguendo un qualche istinto sconosciuto, me ne sia andata a guardare quegli affreschi, facendomi strada nel buio con il fuoco e, una volta arrivata, illuminando i disegni con una fiamma arcobaleno sospesa sul palmo della mia mano; e ricordo ancora meglio la sensazione di vuoto e allo stesso tempo di oppressione al petto quando la luce è arrivata alla fine della sequenza di immagini, mostrandomi come le rappresentazioni dell’epoca attuale siano state del tutto cancellate. Non so da chi o da cosa, né perché, ma un paio di metri prima di tornare al punto di partenza degli affreschi, i disegni non sono più visibili. Alcuni sono molto sbiaditi, altri del tutto scomparsi. Ho capito che sono cancellati a partire da poco tempo prima dalla mia nascita perché ho visto il disegno della mia forma materiale del Legame, che è diversa per ogni Legato; e fra l’altro anch’esso era rovinato, come se qualcuno l’avesse graffiato e dopo un po’ avesse lasciato perdere.
Non sono giorni tranquilli quelli del conflitto tra Forze del Bene e Victory Team, ma non dovevano esserlo nemmeno quelli precedenti. La matematica non è un’opinione e io sono nata cinque o sei anni prima che le due fazioni si dichiarassero guerra, e Ho-Oh aveva deciso il suo prossimo Legato in tempi ancor più lontani. Questo perché, e perché gli affreschi sono parzialmente cancellati?
Il Leggendario mi ignora del tutto, cercando di dissuadermi dal continuare a farmi domande a cui non può rispondermi, perlomeno non ancora; ma ripenso di continuo a quel che ho visto, sentendo ogni volta il cuore tremarmi per l’immagine delle rappresentazioni quasi del tutto scomparse, addirittura graffiate laddove entra in ballo il mio Legame.
Ho-Oh torna a farsi sentire quando sono fuori dalla Torre. “Più tardi va’ da Ilenia ed esercitati con lei per tutta la mattina. Nel pomeriggio puoi stare con gli altri, e cerca di sfruttare il nuovo potere mentre ti alleni con loro, sempre che tu faccia progressi sensibili in mattinata. Ovviamente non ti conviene usare quella tecnica se sei ancora troppo lenta, perderesti solo tempo in uno scontro con un avversario in movimento che aspetta solo che tu ti fermi, anche solo per un attimo, per mandarti al tappeto.” Smette di parlare; io annuisco e riprendo a camminare. “Mi spiace che quella ragazza stia così male per il suo Legame.”
Mi blocco dopo due passi, stavolta per la sorpresa: «Ti dispiace?»
“Sì. I Legati di questo periodo non sono in condizione di poter apprezzare la relazione tra loro e un Pokémon Leggendario: tu per prima hai problemi con Helenos e ritieni me un grandissimo rompi…”
«Ma no, ma no» ridacchio. «Sei solo un po’ troppo serio, come direbbe Sara, per essere un tipo Fuoco.»
“Ho i miei motivi per esserlo, e qualcosa puoi benissimo immaginarlo anche tu” bofonchia lui. “Beata lei che si gode il suo Legame con Articuno! E più o meno sono nella stessa condizione i ragazzi scelti da Latios e Latias. Ma i Legati di Dialga e Raikou non ci sono sembrati granché felici della loro identità, vero?”
«E neanche… neanche quello di Rayquaza.»
“Di lui non so niente. Ad ogni modo mi preme che tu faccia attenzione ai Legati di Raikou e Lugia: devi capire cosa c’è che non va nel loro rapporto con il Legame e cercare di risolvere, perché sono le persone che ti saranno più vicine nel futuro prossimo e dei contrasti con i loro poteri non possono ostacolare la squadra che formerete. Io farò di tutto per tenere lontano Helenos da te, ma non ti assicuro niente.”
«Sinceramente, Ho-Oh, non credo sia un bene intromettermi negli affari dei miei compagni. A loro non ho detto niente su Helenos e nemmeno dirò a nessuno di lui, e già questo mi impedisce di fare quello che vorresti. E poi tu stesso, poco tempo fa, hai affermato che certe cose vanno discusse tra Leggendario e Legato e devono rimanere tra loro due, e nel frattempo nessuno può mettersi in mezzo. La tua richiesta è un po’ assurda e contraddittoria, per dirla in poche parole. Poi ovviamente cercherò di capire come sta Ilenia, ma dal punto di vista di un’amica. Con Luke non sono in confidenza come con lei, non gli chiederò nulla… non mi sembra nemmeno che stia tanto male con il Legame. Semmai in futuro indagherò, se sarà palesemente in difficoltà.»
Mi chiedo se non mi sia spinta troppo oltre con il mio personalissimo punto di vista, che va allegramente contro il desiderio di Ho-Oh, che potrebbe trasformare la sua richiesta in un ordine. Il suo silenzio mi preoccupa, ho paura che si possa innervosire per il mio rifiuto; e non mi risolleva per niente, anzi, peggiora la situazione la sua risposta finale: “Vedremo. Adesso rientriamo.”
Dopo un po’, prima ancora di essere rientrati, chiedo a bassa voce: «Tu sai già perché Ilenia sembra stare male? Hai mai dei contatti con Lugia, anche se ora siete occupati con i vostri Legami?»
“Penso di sapere perché lei stia così, e no, non ci parliamo quasi mai.”
«Perché? Per entrambe le cose.»
“La risposta è una sola: Lugia ha un carattere strano. Non gli piacciono gli umani né i Pokémon: i suoi Legati si contano sulle dita di una mano e non sono rinomati per essere sopravvissuti a lungo, al contrario dei miei, che sono sempre stati molto longevi e sono sfuggiti alla morte più a lungo e più facilmente. Se non fosse stato per…” All’improvviso si blocca e automaticamente mi fermo anch’io, spingendolo a continuare la frase, ma invano. “Be’, mi stupisce che abbia creato un Legame, anche perché in genere lo fa quando io non ne ho creato uno. Non mi ama e io non amo lui: gli piace starsene da solo sul fondo del mare, presso le Isole Vorticose. Non si arrabbia mai e non si diverte mai, non cerca esperienze con gli esseri umani e non sfida altri Pokémon, neanche Leggendari.”
«Di quali esperienze stai parlando…?»
“A me piace parlare di esperienze erotiche, ma altri Leggendari hanno preferenze diverse.”
Ammutolisco, trovata la conferma a una mezza idea che mi ero già fatta: ma non volevo credere davvero che Ho-Oh se la spassasse in questo modo ogni tanto, certamente - me lo auguro! - sfruttando il suo aspetto umano.
“Comunque” prosegue con indifferenza, “pensa soltanto che Lugia non si è mai nemmeno rivelato. Ha creato un Legame ma era palesemente speranzoso, te lo assicuro, di non dover ricorrere mai ad esso. A Ilenia è stato ordinato di trovare il suo Leggendario dalle Forze del Bene, ma sono certo che se Lugia fosse stato in grado di contattarla senza doversi per forza rivelare, le avrebbe detto di stare alla larga da lui.”
«Quindi ha creato un Legame per sicurezza, e lo avrebbe voluto usare come ultima spiaggia?»
“Esatto, invece si è ritrovato a dover addestrare una giovanotta con nessuna esperienza con i poteri del Legame, solo un po’ di abilità nel combattimento. Immagino sia molto freddo e distante nei suoi confronti, esattamente come lo è con ogni altro umano e Pokémon: potrebbe pensare che si comporti così soltanto con lei, e per questo ci rimane molto male ed è abbattuta come noi la vediamo in questo periodo. Ma siccome non mi confronto con Lugia da tantissimo tempo, nei fatti da quando abbiamo creato i nostri Legami, non ho idea di come sia diventato, se sia cambiato in questi anni oppure no: per questo devi parlarne con la tua amica, non puoi basarti sulla mia esperienza, che potrebbe non coincidere più con l’attuale carattere di Lugia.”
«E in questo caso Ilenia potrebbe star male per qualche altro motivo.»
Ho-Oh assentisce e si ritira dalla mia mente appena apro la porta della base segreta e vi metto piede all’interno, richiudendola silenziosamente alle mie spalle. Un paio di ragazzi che girano per il corridoio principale sobbalzano appena mi notano, non aspettandosi che qualcun altro all’alba fosse in piedi e gironzolasse per la struttura, né che questo qualcuno fosse proprio la Legata di Ho-Oh. Me ne torno in camera - a fare cosa, non lo so neanch’io: mi sdraio sul letto, anzi, mi ci butto senza tanti complimenti, spalancando le braccia e fissando il soffitto con sguardo vitreo per alcuni minuti. Se avrò la possibilità, chiederò a Ilenia del suo Legame oggi stesso; altrimenti lo farò alla prima occasione possibile nei prossimi giorni.
Improvvisamente è come se un lampo mi attraversasse la mente e con la sua luce rischiarasse un pensiero che in questo periodo era stato del tutto oscurato: i miei Pokémon! È da quando sono ad Amarantopoli, se non prima, che non passo un po’ di tempo con loro, con la mente del tutto rivolta al Legame, ai miei compagni di sventura e agli allenamenti costanti, individuali e in gruppo. Le loro Poké Balls non sono nella mia stanza, altrimenti li avrei già fatti uscire e ci avrei fatto una delle mie chiacchierate quasi a senso unico: tutti abbiamo dovuto affidare fin da subito, perché ci potessimo concentrare solo sui nostri allenamenti, le nostre squadre al box PC della base segreta, e ci è stato richiesto di farlo talmente velocemente che non abbiamo avuto il tempo di salutarli prima di poterli rivedere chissà quanti giorni dopo; o almeno, io non ho avuto modo di farlo.
Mi precipito fuori dalla stanza, dimentica di quanto fossi svuotata di ogni energia fino a poco fa e incurante del fatto che vada a disturbare qualcuno all’alba per un capriccio che potrei esaudire più tardi; ma non faccio in tempo a inoltrarmi per il corridoio che, per la seconda volta in meno di due giorni, rischio di appiattire la faccia a uno sfortunato qualcuno sbattendogli una porta in faccia. E anche stavolta, con mia sorpresa, si tratta della direttrice Hei Feng: alla sua espressione di disorientamento risponde il mio stupore, e appena lei riprende il suo contegno anche io divento imperturbabile. Ad essere sincera, però, sono curiosa di vederla in piedi fuori dalla mia camera.
«Buongiorno, Eleonora» mi saluta con freddezza.
«Buongiorno a lei, Hei Feng» rispondo con meno distacco. «Come mai…»
«Mi hanno detto che eri sveglia e a zonzo per la base segreta. Ho il diritto e il dovere di controllare cosa facessi a quest’ora in giro: pare che ti sia alzata nel cuore della notte per rientrare all’alba, nessuno ti ha notata uscire.»
«Ma certamente, ci mancherebbe altro» replico, esagerando, non so se volutamente o no, e non so nemmeno se sono stata ironica o seria: la donna sbuffa ma la ignoro e domando: «E lei non dorme mai, Hei Feng?»
Sorride appena: è un’espressione strana, credo di coglierci una punta di amarezza che non so spiegarmi. «Ogni tanto sì, quando serve. Altrimenti campo a caffeina.»
Le direi che la capisco benissimo, perché anch’io sono sempre stata una caffeinomane mancata, ma mi freno: ancora non voglio essere simpatica con lei e penso che potrebbe credere che sia diventata una leccapiedi all’improvviso. Perciò continuo a imitare le sue espressioni e accenno un sorriso simile al suo, privo però di ogni sfumatura di emozione. «Deve dirmi qualcosa o vuole solo controllarmi?»
«Volevo vedere cosa facessi e poi invitarti a parlare con me più tardi, ma già che ci siamo, seguimi ora.»
Ce ne andiamo nel suo ufficio senza scambiare una parola; solo quando arriviamo e ho accostato la porta dietro le mie spalle, lei dice: «Abbiamo deciso che tu, Daniel, Ilenia e Luke partirete per Unima per trovare i Legati dei Leggendari di quella regione, mentre Sara andrà con Lewis, Laura e Hans alla ricerca di Jirachi. Poi anche loro vi raggiungeranno alla base segreta della Fossa Gigante una volta che avranno portato a termine il loro compito. Tuttavia, pensandoci bene, è molto più facile che ci arriveranno prima di voi.»
«Questo perché non abbiamo alcuna idea su quanti e quali siano i Legati dei Leggendari di Unima, vero?»
Hei Feng scrolla le spalle. «Non del tutto. Non sappiamo se abbiano creato un Legame la maggior parte di quei Leggendari, ma di recente siamo stati più o meno indirettamente contattati da quelli di Reshiram e Zekrom.»
Inarco le sopracciglia. «Davvero?»
«Sì, ma stiamo ancora facendo degli accertamenti, per capire se è una trappola tesa dai Victory per rapire chi andrà a proseguire la Missione Leggendaria o se sono veramente i Legati di Reshiram e Zekrom. Ti faccio vedere le loro foto e i dati che abbiamo raccolto finora, mi dirai tu se possiamo fidarci tanto da mandarvi subito o se dobbiamo continuare a fare ricerche.»
«Per subito cosa intende?» chiedo mentre lei si inginocchia davanti una specie di comodino e fruga tra i cassetti, aprendone uno dopo l’altro.
«Domani o dopodomani.»
«Ah…» mormoro. Non è una bella notizia e me lo fa sentire pure Ho-Oh: il tempo a disposizione per allenare l’unione tra il potere della mente e quelli di fuoco e aria sarebbe davvero poco, così stando le cose. Per le Forze del Bene sarebbe un problema dover continuare a lavorare sugli eventuali Legati di Reshiram e Zekrom, ma per certi versi spero che ci diano ancora qualche giorno di tempo.
«Ecco qua» esclama dopo alcuni secondi Hei Feng, tirando fuori un sottilissimo fascicolo dal cassetto più in alto nel mobiletto. «Rongyin, Legata di Reshiram, e Anyang, Legato di Zekrom.» Non ho assolutamente capito come si chiamino costoro, ma faccio comunque un cenno affermativo con la testa. «Sono cugini di primo grado, poco più grandi di te. Apparentemente non hanno alcuna relazione con il Victory Team e, a quanto dicono, sono riusciti a mettersi in contatto con le Forze del Bene grazie ad un altro Legato. Anzi, due.»
«Allora è probabile che qualche altro Leggendario di Unima…»
«In realtà» mi interrompe, «si sono incontrati con i Legati di Xerneas e Yveltal, che erano di passaggio per andare alla base segreta nella Fossa Gigante e poi a Kalos, cercando la forma materiale del loro Legame. O meglio, la Legata di Xerneas già ce l’aveva: le è stato affidato quello di Yveltal.»
«Lei è Camille, no?» Hei Feng conferma. «E lui come si chiama?»
«George. Proviene da Sinnoh e pare fosse un amico stretto di Daniel.»
La notizia inizialmente mi stupisce, ma subito mi ricordo che anche George era stato mandato alla centrale nucleare di Flemminia l’anno scorso, e Sara mi aveva detto che erano stati inviati soltanto dei Legati, perché siamo immuni a ogni tipo di radiazioni nocive. Il fatto che ami i Pokémon Buio conferma benissimo il tipo del suo Legame e adesso capisco anche perché non mi stesse affatto simpatico - anzi, lo trovavo davvero insopportabile: i nostri Leggendari hanno poteri, capacità e tipi praticamente opposti. Lui è il Legato della distruzione, io della vita.
«Strano che Camille si sia rimessa in contatto con le Forze del Bene.»
«Sì, si comporta addirittura peggio di te.» Sorrido mio malgrado e anche Hei Feng si rilassa un po’ di più. «A detta sua, sta collaborando con noi solo perché ha un conto in sospeso con suo padre, Elisio, e noi possiamo aiutarla a compiere la sua vendetta. Si è fatta sentire di nuovo, sempre parole sue, pure perché aveva bisogno della sua controparte, il Legato di Yveltal, perché doveva aiutarla a cercare altri Legati a Kalos.»
Credo che, paradossalmente, tra i due sia Camille la vera folle distruttrice assetata di sangue, perché George mi è sempre sembrato calmo e posato da questo punto di vista: la ragazza vuole staccare la testa al suo papà con le sue stesse mani e non ho difficoltà a immaginare che voglia anche giocare con il suo cadavere prima di essere rintracciata e sbattuta in manicomio. E dire che pure lei, come me, è la Legata di un Leggendario che ha potere sulla vita - nel suo corso e nei suoi periodi di massimo splendore, mentre Ho-Oh ha potere su di essa in tutti i suoi aspetti e momenti. Dubito che George, senza magari una spinta da parte di Yveltal, sia in grado di uccidere qualcuno, o perlomeno di farlo a sangue freddo - oppure arrivando a provarci gusto.
Pensando a Camille, inizialmente mi è venuta voglia di rivederla; un momento dopo mi sono augurata di non doverci scambiare più di qualche convenevole prima di attaccare il cuore del Victory Team, e una volta finito tutto di non incontrarla più in vita mia. Dubito che sarò mai in grado di sopportarla, è un miracolo che ci sia riuscita per qualche tempo: non invidio per niente George. I due Legati più antipatici del mondo in un’unica coppia…
Hei Feng mi sottopone le fotografie dei due possibili Legati di Reshiram e Zekrom. I loro nomi sono scritti sotto le foto e ce ne sono due: una più piccola per la sola testa e una piuttosto grande a figura intera. Lei, Rongyin, ha i capelli neri, incredibilmente lisci e lucidi, che le arrivano alla vita: una frangetta le copre la fronte e tutte le sopracciglia, lasciando poi spazio a un viso tondo e pallido: ha il naso piccolo, schiacciato, le labbra a forma di cuore e gli occhi neri a mandorla. Dall’espressione sembra astuta e sveglia; quella di Anyang invece è ingenua e riservata. Anche lui ha gli occhi a mandorla e i capelli scuri, i suoi sono corti e ordinati: si somigliano parecchio. La maggiore differenza è il colore della pelle: quella di lui infatti è piuttosto scura. Entrambi sono magrolini e nessuno dei due sembra granché alto.
“Sono dei Legati” dice Ho-Oh. Anch’io ho avuto questa situazione ma non ero sicura di dovermi fidare del mio sesto senso, dopo aver soltanto visto un paio di foto ciascuno. “Non importa se hai ancora bisogno di alcuni giorni per esercitarti: lo farai direttamente a Unima, se necessario. Visto che non c’è tempo, tutta la giornata di oggi la passerai a lavorare sui tuoi poteri, con o senza Ilenia: se lei vorrà allenarsi anche con gli altri, ci penserò io a te.”
“Fantastico” gli rispondo mentalmente; lui borbotta qualcosa mentre io dico a Hei Feng: «Sono loro. Sono tutti e due Legati, lei a Reshiram e lui a Zekrom.»
La donna sorride. «Perfetto. Appena vedi i tuoi compagni mandali da me, così informerò anche loro. In giornata deciderò con i miei colleghi il momento migliore per farvi partire, sperando che nel frattempo riusciremo a localizzare di nuovo i due Legati… dopo averci contattati hanno fatto perdere le loro tracce. È tutto per ora… Eleonora» aggiunge dopo un attimo di esitazione, come se temesse di darmi troppa confidenza.
«Va bene. Allora buona giornata, Hei Feng» la saluto, arrivando pure a chinare il capo.
Lei sbatte un paio di volte, velocemente, le palpebre e non risponde. Giro i tacchi, fingendo che non me ne importi del fatto che non abbia ricambiato il saluto - anche se mi dà un po’ fastidio, e apro la porta per uscire. Il rumore di essa mentre si chiude interrompe a metà l’“arrivederci” della donna.
  
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