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Autore: Danmel_Faust_Machieri    11/06/2016    0 recensioni
Sono passati due anni dalla battaglia sulla luna, due anni dalla sconfitta del Kishin e della follia... Ma la follia è un connotato fondamentale dell'essere umano, qualcosa che non è debellabile... Ci attende una nuova DWMA, una nuova storia e dei nuovi eroi che prenderanno le orme dei vecchi. È inutile rimanere qui a cincischiare, quello che dovevate sapere ora lo sapete non mi resta che augurarvi una buona lettura!
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tiber scrutava ogni angolo, ogni anfratto di quella roccaforte. Contava le gocce di liquido che cadevano dai tubi sopra alle loro teste, osservava i piccoli animaletti che si nascondevano tra le crepe dei muri e nel momento stesso in cui uno di quei mostriciattoli a forma di occhi gli si parava davanti, questi non faceva in tempo a sgranare la sua pupilla, che un colpo di balestra lo riduceva ad una nuvoletta nera. I due partner proseguirono a lungo prima di giungere davanti ad un'immensa porta che si aprì davanti a loro.
Il rumore di una spola in continua corsa distruggeva il silenzio in cui sembrava essere immersa l'enorme stanza che si parò dinnanzi ai fratelli Equus. Esattamente al centro della sala, sotto un lampadario che emetteva una fioca luce a causa di qualche consumata candela, una donna faceva marciare senza sosta la spola. Era una donna dai lineamenti incantevoli con dei lunghi capelli neri e una benda che le copriva gli occhi. Su un tavolo poco lontano da lei erano appoggiati altri oggetti utili a filare, cucire e a tessere storie con fili di diversi colori che ricoprivano parte del pavimento sotto il tavolo. Viceversa, ammucchiato accanto alla sua spola, c'era un intricatissimo groviglio di fili neri come una notte senza il suo riverbero di luci.  Lei continuava a raccontare coi fili storie che i due ragazzi potevano solo intuire da lontano. 
Non appena la porta si fu richiusa alle loro spalle la donna fermò il rumore e guardò, senza vedere, nella direzione dei ragazzi.
"Voi siete i fratelli Equus non sbaglio?" disse sorridente.
Tiber era spiazzato da quella voce leggera a delicata che non poteva appartenere in nessun modo a una strega.
"Tiber! Che hai?" gli chiese a bassa voce August.
"Eh… Oh, niente…" disse al partner, poi si rivolse alla donna e disse "Sì; siamo noi i fratelli Equus!" Cercando di mascherare la sua insicurezza dietro a parole sicure che si spezzavano comunque.
"Allora ditemi… Vi sono piaciute le mie creazioni?" domandò la donna alzandosi verso il tavolo e prendendo in mano due ferri da uncinetto.
"Di che creazioni stai parlando?" ribatté August.
"Suvvia i miei piccoli ricami!" lei intanto aveva iniziato a cucire un qualcosa con i fili neri e le sue mani si muovevano ad una velocità impressionante senza alterare la sua compostezza.
"Non abbiamo idea di cosa tu stia dicendo!" sbuffò August.
"Ora vi faccio vedere" e con quelle parole terminò il suo ricamo che si rivelò essere uno di quei mostri a forma di occhio che continuavano ad avanzare per tutto il castello e che avevano visto per la prima volta qualche giorno prima.
"Come diavolo è…." balbettò Tiber.
"Io sono Lachesi, colei che ordina il filo. Vedete, io e le mie due sorelle siamo in grado di creare questi piccole creature. Mia sorella minore, Cloto, grazie a uno degli strumenti di Eibon e alla sua magia, è in grado di trasformare l'oscurità e la follia in fili che poi io ordino, sempre grazie a questi oggetti creati dall'Antico Signore, creando questi tesorini. Mia  sorella maggiore, Atropo, invece predilige lottare in prima persona ma, grazie alle forbici di quel folle inventore, è in grado di aprire portali attraverso i quali possiamo trasportare le nostre creazioni in ogni angolo del mondo!" spiegò iniziando a tessere qualcos'altro.
"E perché ci stai dicendo tutto questo?" chiese confuso August.
"Siete venuti qui a cercare informazioni; no?"
 "Beh a dire il vero sì ma…" cominciò a dire Tiber.
"Oh spero non abbiate frainteso le mie intenzioni: io volevo solo darvi un contentino prima di uccidervi…" concluse la strega sorridendo.
A quelle parole qualcosa dall'oscurità dietro di lei iniziò a muoversi. Un essere alto circa tre metri apparve da quel buio; aveva una forma umanoide ma di umano non aveva nulla: la sua testa era un occhio, nel torso e nella schiena altri tre occhi si aprivano e si chiudevano alternandosi connessi da quelle che ricordavano fusti intricati di vite che poi proseguivano formando gambe e braccia; là dove nell'uomo esiste un'articolazione  lì, in quell'essere, si trovava un occhio. La mano destra e i piedi erano dotati di artigli neri mentre la mano sinistra terminava in una specie di tenaglia che ricordava un'inquietante pianta carnivora.
Appena lo vide Tiber fece un passo indietro sbigottito poi, ripresa consapevolezza, mirò all'occhio che aveva per testa; quell'essere lo scansò senza problemi e, presa la rincorsa, arrivò subito difronte ai due partner  affondando gli artigli nel fianco sinistro dell'artigiano, il quale sputò a terra un po' di sangue, e, liberatosi da quella presa, cercò di riprendere fiato.
"Tiber tutto ok?" si preoccupò il fratello.
"Sì sì; mi ha preso solo alla sprovvista…" e mentre pronunciava quelle parole mirò nuovamente alla testa; l'avversario si scansò nuovamente ma, prevedendo la sua mossa, Tiber lo centrò in pieno. L'occhio-testa svanì ma il corpo, ancora attivo, scattò in avanti cercando di assalire nuovamente il ragazzo. Tiber saltò indietro evitando la morsa del mostro.
"Vive anche senza testa?" chiese August.
"Sembra che dovremo giocare a "colpisci il bersaglio" con tutti gli occhi del suo corpo…" osservò allora Tiber.
"Vediamo… La testa è andata; ora rimangono: 2 occhi-spalle, 2 occhi-gomiti, 3 occhi nel petto, 3 sulla schiena  e 2 occhi-ginocchi per un totale di 12 bersagli…" calcolò la balestra.
"Bene allora… in un minuto avrò fatto" si limitò a sorridere l'artigiano.
Così Tiber si gettò all'attacco contando ogni singolo dardo scagliato, calcolando ogni reazione di quell'essere, studiando ogni possibilità e anticipando con i suoi occhi il ruotare di quelli dell'avversario senza curarsi minimamente del dolore che gli lacerava il fianco. Tiber era fatto così; ogni ferita sembrava concedergli forza nuova, come un elastico, più lo dilatavano più male si facevano nel lasciarlo andare. Lui però sapeva che un giorno avrebbe trovato qualcuno in grado di sconfiggerlo, lo sapeva da quando aveva varcato i cancelli della DWMA la prima volta, quando aveva conosciuto August e quando si erano legati indissolubilmente come due fratelli. Gli elastici da rompere erano diventati due da quel momento.
L'essere mostruoso che si trovavano davanti diventava sempre più indifeso man mano che i suoi occhi sparivano trapassati dai quadrelli degli Equus e, eliminato l'ultimo occhio, i resti di quell'essere svanirono in un fumo in cui si mischiavano rosso e nero.
Tirato un sospiro di sollievo Tiber puntò August contro la strega e scagliò un ultimo quadrello fiducioso dell'effetto sorpresa.
Il quadrello a meno di due millimetri dalla fronte di Lachesi venne fermato da un filo nero che gli si arrotolò intorno spezzandolo.
"Lachesi hai rischiato di farti uccidere!" questa voce risuonò per la stanza senza che gli Equus potessero capire da dove provenisse.
"Cloto… Cosa ci fai qui?" chiese la strega rivolta a un punto imprecisato sopra la sua testa.
Tiber seguì gli occhi di Lachesi e trovò l'origine di quella voce: una donna avanzava lentamente dall'oscurità sul fondo della stanza e, al suo fianco, la seguiva un arcolaio fluttuante.
"Deve essere la sorella minore…" Ipotizzò August.
"Lei mi ha mandato qui; ha detto che avevi bisogno di aiuto" rispose Cloto a sua sorella.
"E i tuoi ospiti?" domandò la strega con i ferri da uncinetto in mano non curandosi più dei fratelli.
"Ha deciso di occuparsene lei"  disse la sorella mentre sistemava l'arcolaio e si sedeva a filare.
"Strano… Comunque, a questo punto, sarà meglio uccidere questi due seccatori!" Concluse Cloto.
Mentre una delle due filava l'altra utilizzava quello stesso filo per tessere una nuova creatura. Un immenso serpente formato da occhi in continua formazione iniziò a strisciare per tutta la stanza.
"Che cosa…" balbettò Tiber atterrito.

"Cthulhu sei sicuro che stiamo andando dalla parte giusta?" urlò Excalibur al suo compagno.
"Sì, ne sono sicuro! Sento le loro anime, non sono molto lontane!"  rispose serio l'antico signore.
Cthulhu stringeva in mano Excalibur grazie al quale aveva ottenuto due lunghe ali nere mediante le quali attraversava i corridoi in un lampo. La potenza dei due Antichi Signori, uniti insieme nella lotta, era qualcosa di inimmaginabile: non c'era essere che poteva sopravvivere a un singolo fendente della spada leggendaria e ogni ostacolo che i due incontravano lungo la via veniva annichilito dall'unione dei loro antichi poteri. In breve tempo giunsero difronte ad una porta sigillata da un qualche incantesimo.
"Excalibur sei pronto?"
"Certo, sbrighiamoci!"
Cthulhu levò alta la spada e condusse un fendente discendente che spezzò a metà la porta insieme all'incantesimo. I due attraversarono rapidi il varco e Excalibur tornò nella sua forma umanoide. Stese a terra videro Angelica e Ginevra: la prima continuava a perdere sangue mentre la seconda respirava a fatica.
"Ragazze!" urlò spaventato Excalibur.
Ma nessuno gli rispose.
"Cthulhu riesci a fermare l'emorragia di Angelica?" domandò Excalibur.
"Certo!" 
Cthulhu allora si avvicinò al corpo di Angelica e, avvicinata la mano sinistra alla ferita della ragazza, iniziò a muovere i piccoli tentacoli che aveva al posto della bocca disegnando segni arcani in aria; una luce iniziò a diffondersi intorno alla ferita e il sangue, lentamente, smise di fuoriuscirne finché la ferita non si cicatrizzò del tutto. 
Excalibur intanto si stava accertando delle condizioni di Ginevra. Era solo svenuta, dopo un buon riposo sarebbe tornata in forze, quindi non ci si doveva preoccupare troppo; lui la sollevò e la mise in una posizione sicura ma poi si accorse di una cosa: un'anima viola stava fluttuando al centro della stanza.
"Ho guarito la ferita di Angelica, con un po' di riposo si riprenderà del tutto" disse Cthulhu guardando il compagno.
"Cthulhu, guarda…" gli rispose lui indicando col bastane l'anima che l'altro Antico Signore non aveva ancora visto.
"Quella è…"
"Già: è l'anima di una strega"
"Vuoi dire che ce l'hanno fatta?"
"Sì; questa è l'alba di una nuova Death-Scythe" disse Excalibur sorridente sia perché le ragazze fossero salve sia per il traguardo che avevano appena raggiunto.

"Rendiamo le cose più divertenti, d'accordo?" Disse la bellissima donna davanti alla scacchiera e, senza aspettare la risposta dei ragazzi, mosse lentamente la mano sinistra. Byron tornò normale di colpo, senza che lui lo volesse, ma poi avvenne una cosa ancora più incredibile: un fumo rosso iniziò a scaturire dal corpo di Vittorio e, alla sua sinistra, si materializzò Mefistofele.
Byron e Vittorio lo guardarono basiti.
"Come diavolo hai fatto?" chiese Mefistofele a quella donna che, di umano, ormai, aveva ben poco. 
Mentre il diavolo pronunciava quelle parole Vittorio si accorse di una cosa: quelle parole le aveva pensate lui, avrebbe giurato di pronunciarle ma invece si rese conto che fu Mefistofele a farlo.
Byron osservò quell'essere vestito di rosso e capì che era l'altra metà di Vittorio, la sua follia.
"Ahahah prima delle presentazioni è meglio esserci tutti, no?" chiese nuovamente la donna e, nuovamente senza ascoltare la risposta dei tre, mosse lentamente la mano destra.
Un fumo bianco iniziò a fuoriuscire dal corpo di Vittorio e si condensò assumendo la forma inconfondibile di Dante Alighieri.
"Ora ci siamo tutti!" ridacchiò lei muovendo avanti un pedone.
I quattro dalla parte dei pezzi neri si guardarono tra loro confusi.
"Qualcuno mi spiega cosa sta succedendo?" chiese Dante con le parole pensate da Vittorio.
"Bene; mi presento: mi chiamo Kleos e, se non vi muovete a movere, il vostro ricordo sparirà da questo mondo" disse la donna.
Vittorio provò a rispondere ma non riusciva a parlare, non sapeva cosa fosse successo ma la sua voce sembrava svanita. Byron lo guardò dubbioso "Vittorio ti senti bene?" gli chiese poi.
"Non riesco a parlare" disse Dante.
Tutti si voltarono verso l'ombra del poeta italiano incuriositi da quello strano fenomeno.
"Ahahahah le vostre facce sono impagabili!" rise Kleos.
Allora Vittorio capì: le sue parole da sempre dipendevano da quelle sue due componenti umane; la follia, rappresentata da Mefistofele, e il senno, rappresentato da Dante. Ora, a causa di uno strano incantesimo di quella strega, quelle due componenti si erano staccate da lui e parlavano con quelle parole che ora poteva solo pensare a seconda della componente che rappresentavano. Vittorio guardò Byron che era ancora confuso.
"Non ti preoccupare Byron; ora ho tutto sotto controllo" disse Mefistofele.
Allora Dante, Mefistofele e Vittorio si guardarono tra loro e, dopo aver fatto un cenno di assenso, il ragazzo mosse il pedone difronte al re di due caselle mentre le sue due componenti dissero all'unisono "Pedone in E-5".

   
 
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