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Autore: Canemily    12/06/2016    1 recensioni
Purtroppo la coppia protagonista di questa storia si è separata, ma sicuramente nessuno dei due dimenticherà mai ciò che li ha uniti e che in qualche modo li unirà per sempre. Ho voluto raccontare il giorno in cui la loro avventura insieme ebbe inizio: il primo incontro tra Terence e Soledad.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Soledad Castro
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Aveva smesso di piovere da appena un’ora e ancora si respirava la malinconia che le gocce di pioggia trasportavano sulla Terra, mentre le nuvole si asciugavano gli occhi  aiutate dal vento. Faceva un gran freddo e Central Park era deserto, qualche pozzanghera solitaria era arrivata a far visita all’erba. Una di loro però era diversa, sì, perché l’acqua che riposava al suo interno ospitava due occhi di donna, due occhi bellissimi, profondi, ma tristi, come se arrivassero direttamente da quelle nuvole grigie che proprio non se ne volevano andare. Soledad Castro passeggiava da sola in quel freddo pomeriggio che rispecchiava perfettamente il suo stato d’animo; finché non si era fermata ad osservare la sua immagine riflessa in quella pozzanghera: non distaccava lo sguardo dal quel punto, come a voler arrivare a vedere in fondo al suo animo, alla sua mente, al suo cuore. Ormai aveva girato mezzo mondo, ammirato luoghi meravigliosi, aveva potuto constatare la maestosità della natura e l’abilità dell’uomo nel costruire splendidi edifici, aveva conosciuto persone cordiali e generose oppure ciniche e inospitali, assaggiato cibi deliziosi, amari, dolci, piccanti, talvolta disgustosi, almeno per il suo palato. Quindi? Che cosa le mancava? Le mancavano persone da amare e che l’amassero, persone con le quali confidarsi, e di cui ascoltare le confidenze, una casa, un porto sicuro dove far ritorno ogni giorno. C’era solo un luogo al mondo dove poteva trovare qualcosa di simile: Puente Viejo, quello stesso luogo dove aveva conosciuto il paradiso e poi l’inferno, l’amore e l’odio più profondi. Ma era lì che in quello stesso momento, dall’altra parte del mondo, probabilmente dormivano, sognavano o semplicemente facevano scorrere i loro pensieri nel buio della notte il suo adorato fratello Tristan, colei che considerava una madre adottiva, Rosario, e quindi sua sorella Mariana, suo fratello Alfonso con la moglie Emilia e la figlia Maria; era lì, a Puente Viejo che riposava il suo amore Juan. Possibile che per quanto cercasse di allontanarsi da un posto che neanche era segnato sulla cartina, doveva prima o poi farci ritorno, come se funzionasse da calamita?                                                                                        
Mentre Soledad rifletteva sull’offrire una tregua alla sua fuga, un uomo approfittava della quiete di Central Park per iniziarla quella fuga, non cercava la sua famiglia, ma fuggiva da essa, dalla sua gente e dal suo Paese che l’avevano rifiutato. Il destino fece incontrare le loro due anime solitarie in quell’enorme parco, e quando l’uomo la incrociò non poté evitare che lei si ponesse dinanzi al suo obiettivo e, come attratto da un filo invisibile, si avvicinò. Soledad vide così spuntare accanto ai suoi i grandi occhi di un uomo: i loro sguardi si trovarono, per qualche istante si scrutarono attraverso l’acqua che offriva loro la pozzanghera e in quel momento anche le loro anime si incontrarono; entrambi si riconobbero nello sguardo dell’altro, e questo li incuriosiva. Soledad allora si voltò.                                                                                                                                                                      – Terence Wilder per servirvi, signorina.- si presentò lui elegantemente, baciandole la mano.                                                                                     – Come fate a sapere che sono spagnola, Terence?                                                                                                                                                -  Ho letto il vostro nome ricamato nel fazzoletto che tenete in mano, spero che la parola “solitudine” non vi si addica.                                                  - Forse il mio nome è l’unica scelta giusta mia madre, credetemi. Comunque a quanto pare siete un abile osservatore.                                               – Non ho potuto evitare che il mio sguardo si posasse su di voi: siete incantevole, specie quando sorridete.                                                                – Evidentemente mi sbagliavo sul fatto che siete un abile osservatore, perché non ho ancora sorriso.                                                                         – Sarà, ma ora mi sembra un sorriso quello che è disegnato sul vostro viso.                                                                                                            – Mmm, siete furbo… E adulatore.                                                                                                                                                                       – Quanto basta per rallegrarvi, perché non sembrate molto abituata a sorridere.                                                                                                         – Avete ragione, no, ma credo di poter dire altrettanto di voi… E ora perché mi guardate così?                                                                                   - Non ci posso credere, perché ancora non siete scappata? O non mi avete insultato?                                                                                              - Ma che dite, perché dovrei farlo? Certo, se proprio ci tenete…                                                                                                                                - No no no, solo che.. Non avete visto che sono nero come il carbone?                                                                                                                     - Ora sì che mi fate ridere Terence: con tutte le cose che visto in vita mia dovrei scappare perché siete nero?                                                              - Siete sorprendente Soledad, avrei dovuto capirlo al primo sguardo che non eravate come tutti gli altri.                                                                       – E voi? Siete come tutti gli altri?                                                                                                                                                                          - Secondo voi?                                                                                                                                                                                                    - No, secondo me no.                                                                                                                                                                                           – Bene, allora avreste voglia di raccontarmi quali sono tutte queste cose che avete visto in vita vostra?                                                                 Soledad lo osservò attentamente: lo sguardo malinconico e a tratti impaurito nel quale si era riconosciuta inizialmente ora era dolce, sorridente, incuriosito; anche lei si sentiva attratta da quell’uomo che l’aveva fatta sorridere e che iniziava a scaldare il suo cuore, e credette di potersi fidare:    - Va bene, a meno che voi non foste diretto da qualche parte, perché vi avverto che la mia storia è molto lunga… E naturalmente anche voi mi racconterete della vostra vita, perché ho capito che non è stata facile, anche se cercate di mostrare il contrario.                                                        – A quanto pare ci sono  bastati pochi sguardi per capirci, è un buon segno. Non preoccupatevi per la lunghezza della storia, perché ormai avete stravolto tutti i miei piani, miss Soledad.                                                                                                                                                               – Ed è una buona cosa?                                                                                                                                                                                         - Questo dipende da voi, se lo vorrete sarà molto più di una buona cosa.                                                              
 
 
I due passeggiarono e conversarono per ore, ore, ore; non ebbero paura di confidare i propri dolori, le proprie gioie, i propri segreti, entrambi sapevano che l’altro sarebbe stato un luogo sicuro in cui conservarli. Terence era quello di cui Soledad aveva bisogno da anni. Una persona che la facesse sentire amata, protteta, al sicuro, che la facesse sorridere e la rendesse felice: in quelle ore Terence, passo dopo passo, parola dopo parola, l’aveva tirata fuori dall’abisso in cui stava sprofondando. Allo stesso tempo Terence sentiva che Soledad si stava completamente portando via il suo cuore, più stavano insieme più sentiva di non potersi separare da lei.                                                                                                                                                       – Ascolta Terence, mi hai detto che prima di incontrarmi avevi intenzione di fuggire, giusto? Bene, perché non vieni con me a Puente Viejo?                  - Cosa? Ne sei davvero sicura Soledad?                                                                                                                                                                 - Credimi, è da vent’anni che non sono così sicura di qualcosa come adesso.                                                                                                          – Okay, allora facciamo questa follia.
   
 
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