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Autore: Danmel_Faust_Machieri    12/06/2016    0 recensioni
Questa storia sarà ambientata in una dimensione lontana dalla nostra eppure incredibilmente simile sotto certi punti di vista. È una storia d'avventura e di misteri tessuta tra creature leggendarie e esseri umani.
Spero che questa storia possa interessarvi. Se volete conoscere più nello specifico la trama di questa storia vi consiglio di leggere il primo capitolo che è una specie di puntata pilota in cui spiego vagamente la struttura del mondo in cui tutta la vicenda si svolgerà.
Vi auguro una buona lettura.
Saluti
Danmel_Faust_Machieri
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nel mondo di Atlantide era il 28 del mese di Coll, o mese del Nocciolo, (l'equivalente nel nostro mondo del primo di settembre). Una giornata splendida si era annunciata sin dal primo cantar del gallo: un cielo turchese chiamava chiunque fosse ancora assopito nel suo letto, rimproverandolo per non essersi ancora svegliato a godersi quell'alba che il sole chiamava con la sua luce.
La nostra storia ha inizio in questo giorno, ha inizio con il canto di quel gallo che avete sentito mescolato nella natura.
A qualche chilometro dall'immensa città di Atlantis, dove la natura regna sovrana ed esseri delle varie razze si dedicano all'agricoltura, tra le decine di fattorie che sorgono in quella zona, ce n'è una che richiede la nostra attenzione.
Questa fattoria si compone di: un casolare, campi dove crescono rigogliose spine di grano e verdure, qualche albero da frutto e un mulino con il tetto rotto ma perfettamente funzionante. Nel casolare abitano quattro persone che, guarda caso, saranno i protagonisti di questa nostra storia poiché le loro avventure sono divenute note in tutta Atlantis e potrebbero dare qualche spunto anche per gli abitanti di questo nostro mondo.
Uno di loro è il proprietario effettivo di tutta la fattoria, ha 63 anni e si chiama Andrea Mazziali. Andrea era un uomo che non dava troppo nell'occhio ma allo stesso tempo era incredibilmente energico: nonostante l'età, ogni giorno, si accertava che la fattoria fosse in ordine, che nei campi non ci fossero problemi ed era pronto a gettarsi sotto l'acquazzone pur di coprire con un telo il la falla nel mulino ed impedire così che la farina divenisse inutilizzabile. Dietro a quel vecchietto così simpatico e gentile, sempre vestito con una maglia grigia e dei pantaloni neri, si celava un abilissimo praticante nato sotto il segno della Stregoneria; possedeva un'Aura incredibilmente vasta e di color marrone. Era stato lui ad addestrare i tre ragazzi che vivevano con lui nelle Interdictae Virtutes ma di questo parleremo più avanti.
Il più grande dei tre ragazzi (anche se di qualche mese) era Giacomo Caeruleum. Giacomo aveva 18 anni, era un ragazzo molto portato per la pittura, discendente da una nobile famiglia che l'aveva cresciuto fino ai 12 anni offrendogli tutto ciò che la nobiltà ha da offrire; nato sotto il segno della Magia con un'aura blu dalle sfumature argentee. Lui aveva i capelli corti, lisci e marroni, un volto molto semplice e gli occhi marroni.
Oscar Rubedo era invece tutt'altra cosa. Oscar aveva 17 anni ma avrebbe compiuto i 18 di lì a qualche giorno. La sua famiglia era stata assassinata da un clan mai identificato quando era ancora molto piccolo, a quella strage sopravvissero solo lui e uno zio il quale lo tenne con se finché non compì 10 anni. Oscar era un abile musicista e suonava da anni una cythara che lo zio gli aveva donato il giorno della sua partenza; lui era nato sotto il segno della Necromanzia con un'aura rossa dalle sfumature nere. Aveva dei corti capelli ricci, gli occhi anche lui marroni e una barbetta corta che gli cresceva su tutto il mento. Ed infine troviamo Filippo Viriditas, il più giovane dei tre anche se, come specificato prima, tra lui e Oscar correvano solo 3 mesi esatti, quindi, come l'amico, aveva 17 anni. Non conobbe mai i suoi genitori e venne cresciuto da sempre dai suoi nonni fino a quando compì i 9 anni. Era un'appassionato di letteratura e poesia, passione che instillò in lui il nonno grazie alla sua immensa biblioteca. Filippo era nato sotto il segno dell'Alchimia con un'aura verde dalle sfumature nere. Aveva i capelli lunghi e castani, gli occhi verdi e un paio di occhiali tondi dalla montatura spessa.
I quattro si impegnavano per riportare le Interdictae Virtutes al loro splendore originale e per fare questo cercavano di aiutare gli altri avvalendosi di queste ma, salvo la riparazione di qualche aratro o la caccia di qualche animale che minava la prosperità dei campi vicini non erano riusciti a fare tanto altro.
Prima di continuare con la narrazione è corretto che io vi spieghi perché Andrea si è preso carico di questi ragazzi quando erano ancora piccoli. Come ho già detto l'Aura è un potere che alcuni Homines riescono a risvegliare ed è raro che dei bambini riescano in questo: non fu così difficile per i nostri tre ragazzi. Quando i loro tutori ebbero modo di accorgersi che ciò fosse accaduto (ed è una cosa molto palese come vi spiegherò poi) cercarono un modo per proteggerli e decisero quindi di affidarli ad Andrea perché li crescesse al sicuro. I tre ragazzi però non volevano abbandonare i loro poteri vedendo in questi un modo per aiutare gli altri e, convinto dal nobile ideale dei tre, Mazziali decise di aiutarli a sviluppare le loro Virtutes.
Ora cerco di spiegarvi rapidamente perché il risveglio dell'Aura è un qualcosa di evidente poi prometto che riprenderò la narrazione. L'Aura come ho già spiegato ha una natura propria (un colore e una vastità che ne indica anche la potenza) ed ha anche un Virtutes propria. Mi spiego meglio; quando un'Aura si risveglia è come se "scegliesse" lei la Virtutes che vuole sviluppare e l'Homines diventa in grado di utilizzare solo quella e, nel momento stesso del risveglio, compare, sul petto del Praticante in corrispondenza del cuore, un simbolo che attesta la Virtutes propria dell'Aura. I cinque simboli sono: un pentacolo che indica la Stregoneria, una stella a cinque punte che indica la Demonologia, una stella a sei punte che indica l'Alchimia, una croce che indica la Necromanzia e una spirale tripla che indica la Magia; ogni simbolo ha poi lo stesso colore dell'Aura che lo ha marchiato sul Praticante. 
Bene ora possiamo riprendere con la nostra narrazione.
Quando il famoso gallo delle prime righe svegliò il sole col suo canto i nostri protagonisti erano già in piedi e si stavano dedicando alle loro faccende: Oscar stava accordando la sua cythara seduto su una poltrona, Giacomo stava perfezionando una sua natura morta mentre Filippo sfogliava libri e trascriveva qualcosa su una pergamena sporca d'inchiostro.
"Ma qualcuno di voi sa dov'è finito il professor Mazziali?" chiese Oscar mentre sentiva se la corda del sol era perfettamente tesa e, sentendo quel suono perfetto, iniziò ad annuire con la testa.
"Sarà andato a prendere la posta come al solito" gli rispose Filippo mentre immergeva la penna, ricavata dalla piuma di un corvo, nell'inchiostro.
"Filippo ha ragione; vedrai che a breve rientrerà" concluse Giacomo mentre cercava la sfumatura giusta di arancione per creare i dettagli di un'arancia.
Giacomo aveva appena finito il suo discorso quando Mazziali entrò correndo nella stanza tutto trafelato. I ragazzi lo guardarono sorpresi e gli corsero incontro.
"Professore tutto bene? Cos'è successo?" gli chiese il necromante preoccupato.
"Abbiamo… Abbiamo…" balbettò il maestro dei ragazzi.
"Riprenda fiato professore" consigliò l'alchimista.
"Venga, venga professore; si sieda qui" disse il mago mentre avvicinava la poltrona sulla quale era seduto fino a poco prima Oscar ad Andrea.
Dopo qualche secondo seduto sulla poltrona l'anziano riprese fiato e forza.
"Professore si sente meglio?" domandò allora Filippo.
"Sì, sì… Grazie ragazzi" rispose Mazziali ancora con un leggero fittone.
"Ma perché era così agitato?" chiese nuovamente Oscar.
"Abbiamo… Abbiamo ricevuto questa lettera" disse estraendo dalla tasca dei pantaloni una lettera che presentava ancora il sigillo in ceralacca intatto.
"Ma quello…" iniziò a dire Giacomo stupefatto "Quello è il sigillo reale…"
"Il sigillo reale!?" sobbalzò Oscar.
"Sì… È il sigillo del Senatores degli Homines… Ma perché scriverci?" continuò il giovane pittore.
"Non ne ho idea… Tieni Filippo… Leggila tu…" disse il professore.
"Come vuole professore" acconsentì il più giovane dei tre mentre prendeva la lettera e spezzava il sigillo. Quando ebbe spiegata la pregiatissima pergamena iniziò a leggere "Credo che voi quattro signori abbiate già capito che questa lettera vi è inviata dal Senatores degli Homines, sua eccellenza Alfonso Albedo; ebbene sono venuto a conoscenza che voi quattro signori siete dei Praticanti" A quella dichiarazione ai quattro gelò il sangue nelle vene "Ebbene sono disposto a tacere sull'intera questione solo se nel giorno di oggi, 28 del mese di Coll, verrete presso al Palazzo del Concilium per concedermi il vostro aiuto riguardo a una questione della massima segretezza. Sappiate che se non vi presenterete alle 15:00 in punto al Palazzo vi denuncerò pubblicamente al Tribunale Dell'Inquisizione. Cordiali saluti Alfonso Albedo"
Filippo quando ebbe finito di leggere quella lettera guardò con gli occhi sbarrati gli altri.
"Certo che questo Alfonso è un bel pezzo di merda" disse Oscar sdegnato.
"Diciamo che non ci lascia molta possibilità di decisione" osservò Giacomo indispettito da quella lettera.
"Credo che non abbiamo molto da decidere…" iniziò a dire il professore "Preparatevi: alle 14:15 partiremo con il carro e saremo al Palazzo per le 15:00 in punto!"
I ragazzi allora cercarono di non pensare a tutta quella faccenda riprendendo le attività che avevano lasciato in sospeso. All'una mangiarono nel totale silenzio dei loro pensieri; tutti loro stavano ragionando sulle parole del Senatores, sapevano benissimo che poteva trattarsi di una trappola ma non avevano alternative. Al termine del pranzo ognuno andò nella propria stanza per darsi una sistemata. Andrea indossò semplicemente una giacca nera e una camicia bianca; Giacomo si mise una camicia azzurra con dei ricami in filo d'argento che i suoi genitori gli avevano regalato coordinata a una sciarpa con la quale era cresciuto sin da piccolo; Oscar indossò una maglietta tosa con un gilet nero e un cappello fedora con nastro rosso; Filippo invece si mise una giacca verde con una polo nera e un cilindro verde con nastro nero. Quando furono pronti si ritrovarono all'ingresso e salirono sul loro carro trainato da un cavallo tenuto alle redini da Oscar e partirono alla volta del Palazzo del Concilium.

Nel Palazzo del Concilium intanto si stava concludendo una seduta del Concilium alla quale avevano partecipato i Senatores delle varie razze: Lucifero, il Senatores dei Diaboli, un Diavolo vestito con una toga rossa e incappucciato in modo che si potesse intravedere solo il suo volto in cui brillavano due profondissimi occhi rossi, coronati da un ghigno sorridente e due lunghe corna; Angelica, la Senatores degli Spiriti, una Fata incredibilmente affascinante dai lunghi capelli biondi e con la testa coronata di ulivo; Caradrio, il Senatores dei Mythi, un essere che sembrava l'incrocio tra un gallo e un uomo con una lunga coda di scorpione vestito con un panciotto nero alto come un Homines qualunque; Tantlico, il Senatores degli Aquatiles, un vecchio Oceano, il più vecchio componente del Concilium, basso con due lunghi baffi arrotolati e pinne lungo il corpo; ed infine c'era Alfonso, il Senatores degli Homines, un ragazzo di 19 anni che era succeduto alla morte del nonno siccome il padre era morto prima di lui, aveva dei corti capelli neri, gli occhi azzurri e un sorriso infido come una serpe. 
"Dichiaro conclusa questa assemblea del Concilium" disse Alfonso alzandosi dal tavolo rotonda accanto al quale si erano ritrovati i Senatores "Ora vi invito ad andarvene perché ho un incontro importante tra poco"
"Arrivederci" disse Lucifero seccato sparendo in una fiamma rossa.
"Stia tranquillo giovinotto" disse Tantlico alzandosi e appoggiandosi al suo bastone nodoso "Non è nostra intenzione farle perdere tempo. Arrivederci colleghi" ed uscì dalla porta principale della stanza.
"Allora ci rivediamo il mese prossimo per la solita riunione. Arrivederci" disse Caradrio volando fuori dalla finestra.
Angelica invece si congedò con un inchino rivolto agli altri Senatores e volò anche lei seguendo Caradrio.
"Finalmente solo…" disse Alfonso stravaccandosi sulla poltrona "Danilo vieni qui!" disse chiamando il suo braccio destro: Danilo Cricium era il figlio dell'ex-maggiordomo della famiglia Albedo ed era subentrato al suo posto alla sua morte, Alfonso però lo considerava alla stregua di un fratello anche se spesso si avvaleva dei suoi servigi in quanto maggiordomo.
"Mi hai chiamato; Alfonso?" disse il ragazzo entrando nella stanza. Era molto più alto del Senator, aveva i capelli corti e biondicci e gli occhi marroni.
 "Sì mi puoi portare un bicchiere di vodka con tre cubetti di ghiaccio?"
"Certo Alfonso; comunque, da quello che ho potuto vedere, i suoi ospiti hanno appena varcato il ponte"
"Ahahah! Sapevo che non avrebbero rifiutato il mio invito" disse lui sorseggiando dal bicchiere "Danilo vai ad accoglierli e portali nel salone per gli ospiti"
"Certamente Alfonso" rispose lui con un profondo inchino.

Il carro guidato da Oscar varcò il cancello d'entrata che seguiva al ponte levatoio. Il castello sorgeva esattamente al centro della città di Atlantis, su un'isola artificiale protetto da alte mura di pietre che formavano un cerchio perfetto. Dentro dalle mura si estendeva, circondato dai giardini, un lungo viale alberato in acciottolato che conduceva dal ponte al corpo principale del Palazzo un lungo complesso che presentava, all'estremo destro e a quello sinistro, due alle che "risalivano" parte del viale.
"Signori dovete lasciare il carro qui e proseguire a piedi" disse una guardi appena varcato il cancello delle mura.
Allora i quattro scesero dal carro e camminarono finché non raggiunsero le porte del Palazzo. In quello stesso momento un Diavolo incappucciato vestito di rosso uscì dal palazzo e urtò distrattamente Filippo. 
"Oh; mi scusi signore" si scusò il ragazzo.
Lui lo squadrò rivelando i suoi occhi rossi poi spalancate le sue ali simili a quelle di un pipistrello si alzò in volo senza rispondergli.
"Professore chi era quello?" chiese allora Giacomo mentre l'alchimista seguiva il suo volo con gli occhi.
"Probabilmente quel Diavolo era Lucifero, il Senatores dei Diaboli" rispose Andrea "Si vede che oggi c'era una riunione o qualcosa del genere oggi" rispose lui sinteticamente.
Appena varcarono la porta si trovarono davanti a un lungo corridoio di marmo lucente lungo il quale correva un tappeto rosso accanto al quale si alternavano statue di tutti i Senatores che si erano alternati nel corso degli anni. 
"Cari signori!" disse una voce dalla loro destra. Loro si voltarono e videro un ragazzo vestito da maggiordomo diretto verso di loro "Mi presento, sono il maggiordomo del Senatores Alfonso, mi chiamo Danilo e mi ha espressamente chiesto di accompagnarvi da lui. Seguitemi prego" e li invitò con un gesto della mano.
Allora giunsero davanti a una porta e, aperta, si ritrovarono in un vasto salone tappezzato con tappeti preziosi, tre divani in velluto rosso si trovavano intorno ad un camino spento mentre su un tavolo erano disposte bottiglie di liquori diversi. Un ragazzo con un bicchiere stava osservando fuori dalla finestra.
"Bene arrivati cari Praticanti" disse lui senza voltarsi "Scusate per l'irruenza con cui vi ho convocati ma avevo urgente bisogno del vostro aiuto"
Appena si voltò i ragazzi distinsero il volto del Senator che avevano spesso visto rappresentato nei giornali da qualche mese a quella parte.
"È un piacere poter aiutare sua signoria" rispose umilmente Mazziali accennando un inchino "Se non le dispiace, ci può dire perché ha richiesto i nostri servigi?"
"Così mi piace!" disse finendo la vodka "Quando si va dritti al sodo! Come ben saprete sono diventato Senator qualche mese fa e mio nonno, il compianto Alberto Albedo, in letto di morte mi stava per dire qualcosa di importante ma purtroppo è morto prima di potermi comunicare il tutto e qui entrate in gioco voi: so che uno di voi è un Necromante e ho bisogno che lui mi metta in contatto con l'anima di mio nonno. Potete farlo?"
"Oscar ti senti in grado?" domandò Andrea rivolto al ragazzo con la cythara sulla spalla.
"Certamente professore; ma avrò bisogno di un qualcosa che apparteneva al defunto" disse lui rivolto a Alfonso.
"Tieni! Questo orologio da taschino era suo" e lo diede a Filippo, che era il più vicino a lui, perché lo desse a Oscar.
Quando l'alchimista lo ebbe in mano osservò una cosa: sull'orologio era inciso il simbolo della stregoneria: il pentacolo; da tempo quel simbolo non si vedeva in giro per quel mondo e trovarlo nel Palazzo del Concilium lo lasciava perplesso.
"Filippo?" lo chiamò Oscar "Tutto bene?"
"Sì, sì… Scusa, tieni" disse porgendogli l'orologio.
I cinque presenti nella stanza si misero in cerchio attorno ad Oscar che si era seduto a terra con l'orologio davanti e la cythara in mano. In un profondissimo silenzio il ragazzo bisbigliò "Requiem": le fiamme rosse e nere della sua Aura si accesero sulla punta delle dita e, mentre suonava una canzone molto lenta alla cythara, le corde vennero avvolte dalla sua stessa Aura. Sin dalle prime note un fumo iniziò ad uscire lentamente dall'orologio da taschino finché non aumentò pian piano e da quel fumo apparve lo spirito di Alberto.
"Nonno!" disse sorpreso Alfonso.
"Nipote mio… Finalmente ti rivedo…"
"Anche io sono felice di vederti… Nonno ti ricordi quello che mi stavi per dire prima di morire?"
"Certamente nipote"
"Bene puoi concludere il tuo discorso ora?"
"Certamente… Alfonso ascolta attentamente devi ritrovare la "Lama della Luce" e il "Caduceo di Hermes" questo è l'unico modo per riuscire nell'impresa che ti ho affidato. Mi raccomando trovali e quando avrai entrambi le parti tutto ti sarà chiaro"
"La "Lama della Luce" e il "Caduceo di Hermes"? Ma dove posso trovarli?"
"Io non ne ho idea… Ma tu potrai capire, ne sono certo… Ora devo andarmene… Questo è tutto ciò che ho da dirti… Addio" concluse l'ombra di Alberto mentre il fumo si affievoliva sempre più.
"Addio nonno" disse piano Alfonso chinando il capo.
Andrea aveva ascoltato attentamente il discorso dei due ed era rimasto terrorizzato da quelle parole.
Giacomo se ne accorse e gli chiese a bassa voce "Professore va tutto bene?"
"Dobbiamo andarcene da qui…" bisbigliò lui "e molto in fretta"
"Bene!" irruppe Alfonso facendo sobbalzare l'anziano "Ora che ho ascoltato le ultime parole di mio nonno siete liberi di andare e state tranquilli: il vostro segreto è al sicuro con me"
"G-g-grazie Senator Albedo… È stato un onore conoscerla…" disse Andrea sudando freddo e, raccolti i suoi ragazzi, uscì dalla porta.
"Aspettate un attimo" li fermò Alfonso.
Il cuore di Andrea mancò un battito.
"Non vi ho nemmeno dato una ricompensa, prendete, al volo!" disse lui lanciando un sacchetto pieno di Dracme al vecchio.
"Oh… Ehm… Grazie mille per la sua generosità; arrivederci" lo ringraziò Andrea voltandosi e pensando tra se e se "Un altro di questi spaventi e ci rimango secco.

Mentre tornavano verso la loro fattoria varcando le vie cittadine con il carro, Giacomo domandò a Mazziali "Professore, ma  cosa le è preso prima davanti ad Alfonso?"
"Ragazzi ci siamo cacciati in un guaio immenso" iniziò a dire lui.
"Cosa intende dire?" chiese Filippo.
"Vedete, molto tempo fa circolava la voce che la famiglia Albedo tramasse qualcosa contro le altre razze di Atlantis. Quando il nonno di Alfonso divenne Senator a lungo cercò di evitare il Concilium e provò a prendere le decisioni a nome di tutti con provvedimenti assurdi. Ad un certo punto rischiò di scoppiare una mezza guerra civile e solo ad allora Alberto abbandonò i suoi piani dispotici. L'unico all'interno della famiglia che avrebbe cercato di riportare l'ordine fra le diverse razza sarebbe stato il figlio di Alberto ossia il padre di Alfonso. Il problema fu che lei scomparì prematuramente, prima ancora della morte del padre, e quindi, alla sua morte, salì al potere Alfonso. Secondo la stampa la sua morte prematura fu un incidente ma circolarono voci secondo le quali il futuro Senator venne assassinato"
"Sta scherzando vero?" domandò preoccupato Oscar mentre conduceva il cavallo.
"Mi piacerebbe ma queste voci poco note sono molto attendibili. Quando prima lo spirito di Alberto ha parlato al nipote ne ho avuto conferma. Se ricordate lui ha chiesto al nipote di trovare due oggetti la "Lama della Luce" e il "Caduceo di Hermes"; secondo le leggende antiche sono due artefatti che risalgono alla fondazione di Atlantis da parte dei Primi Esseri, e si dice che, colui che ne entrerà in possesso, guadagnerà poteri che affondano le loro radici nell'inizio dei tempi"
"E quindi, secondo lei, Alfonso utilizzerà quegli strumenti per portare a compimento il piano del nonno defunto?" chiese allora Filippo.
"Esattamente; tra l'altro si racconta che la famiglia Albedo vanti una discendenza di Praticanti"
"Cosa?!" dissero i tre ragazzi all'unisono.
"Esatto: Alberto fu accusato più e più volte di essere un Praticante dedito alla Stregoneria ma si salvò sempre grazie a testimoni che spuntavano sempre fuori quando le cose prendevano una brutta piega per i suoi interessi"
"Ora che ci penso" iniziò a dire Filippo "Ho notato che sull'orologio del nonno di Alfonso era inciso il simbolo della Stregoneria"
"Purtroppo tutte le strade portano a quella conclusione… Per quanto ci riguarda sarà meglio stare a vedere che piega prenderà l'intera faccenda e poi… Beh vedremo…"
Con queste parole i nostri protagonisti terminarono il viaggio arrivando sani e salvi a casa rintronati per la scorrazzata in carro e per le nuove informazioni che Andrea aveva dato ai tre ragazzi.

"Il vecchio sa! Ne sono sicuro" Hai visto come tremava quando tuo nonno ha pronunciato il nome di quei due artefatti?! Non capisco perché non li abbiamo eliminati mentre ne avevamo la possibilità!" Danilo era furioso e continuava a ripetere queste parole mentre Alfonso sorseggiava un altro bicchiere di vodka, questa volta, senza ghiaccio.
"Li avremmo dovuti uccidere qui, dici? Certo li avrei potuti eliminare in tre secondi con la mia Stregoneria ma poi come avremmo spiegato al Concilium che noi due soli saremmo riusciti a uccidere quattro Praticanti?! Quante volte te l'ho detto che dobbiamo restare celati finché non metteremo in atto il nostro piano!?" disse allora Alfonso.
"Ha… hai ragione, scusami… ma questa cosa mi ha lasciato i nervi a fior di pelle" spiegò allora Danilo lasciandosi cadere su un divanetto.
"Non scusarti Danilo… Comunque ho un piano. Come sai io faccio fatica a lasciare il Palazzo quando voglio ma tu invece… Questa sera raggiungerai la loro fattoria e li ucciderai"
"Ma non possiamo usare il Tribunale per farli condannare ed aspettare che sia l'Inquisizione ad eliminarli?"
"Servono delle prove per accusare qualcuno e noi non ne abbiamo"
"Hai ragione… Quindi sarebbe meglio attenersi al tuo piano ma, come li ucciderò? Mi darà dei soldati o qualcosa di simile?"
"No, daremmo troppo nell'occhio. Quando sarai davanti alla loro fattoria utilizzerai i tuoi poteri"
Danilo allora sorrise "Ahahahah! È da molto che non uso la mia Demonologia… Era ora di sgranchirsi un po' ahahahah!"

La notte era calata sulle campagne e i nostri protagonisti si erano già addormentati da tempo, tutti tranne Oscar che preferiva restare sveglio a lavorare alla sua musica per un po'. Era l'una circa quando Danilo giunse a cavallo presso la fattoria "Iniziamo" iniziò a dire, porse avanti le mani che si accesero delle fiamme viola della sua Aura "Assedio" sussurrò e allora degli strani esseri si alzarono dal suolo. Erano Incubi alti circa un metro e mezzo formati da un solo occhio centrale e quattro arti con tre artigli ciascuno.
Ritaglio a questo punto un breve spazio dove vi parlo un attimo degli Incubi. Gli Incubi appartengono alla razza dei Diaboli ma, come già detto, possono essere creati dai chi utilizza la Demonologia. Essi sono esseri di diversa forma ma che si stingono per un tratto fondamentale: gran parte del loro corpo è formato da occhi incredibilmente grandi; più occhi ha un Incubo più è forte. Gli occhi degli Incubi sono legati tra loro da una sorta di rami nodosi e contorti, della consistenza della carne umana, di colore blu scuro e rosso questo particolare tessuto forma anche arti che gli incubi utilizzano per combattere. Una volta che veniva distrutto "l'occhio nucleo" dell'Incubo esso spariva.
Oscar guardò fuori dalla finestra e vide quello che stava succedendo quindi urlò "Ragazzi svegliatevi! Ci stanno attaccando" non riuscì nemmeno a finire la frase che un Incubo sfondò la porta e gli si scagliò addosso. Lui fece divampare la sua Aurea intorno alle sue dita e si mise a suonare un pezzo abbastanza movimentato e disse "Gavotte!" A quelle parole delle mani scheletriche ruppero le assi del pavimento e afferrarono le gambe dell'Incubo bloccandolo allora altre mani fluttuanti gli afferrarono le braccia e lo iniziarono a tirare verso l'alto finché l'occhi non si spezzò in due facendo scomparire l'occhio.
"Ragazzi vi muovete!?" disse Oscar uscendo di corsa dalla fattoria per accertarsi della situazione all'esterno. Grazie alla luce della luna riuscì a contare venti Incubi che avanzavano verso la struttura e un uomo a cavallo con le mani tese che li doveva controllare. Eliminò altri tre incubi utilizzando la stessa tattica.
Da una delle finestre della fattoria divampò una fiamma azzurra con sfumature argentee allora Giacomo urlò "Fauves!" affacciandosi dalla finestra: le radici di un albero di ciliegio si tinsero di quello stesso colore e iniziarono a muoversi, poi si scagliarono contro quattro Incubi trapassando i loro occhi ed eliminandoli.
Filippo si lanciò fuori dalla finestra e lasciò divampare la sua Aura verde e nera intorno alla mano sinistra. Quando atterrò la mosse come per tirare un manrovescio e urlò "Ignavi!" allora delle piccole scintille di Aura si staccarono dalla mano e si scagliarono a una velocità inaudita diventando quasi solide contro quattro Incubi ai quali bucarono ripetutamente gli occhi facendoli svanire.
L'Aura marrone di Mazziali accese col suo colore le pale del mulino che si staccarono da esso e, ruotando a una velocità incredibile, attraversarono i campi eliminando tutti gli incubi rimasti.
Allora Oscar e Filippo corsero verso il ragazzo a cavallo che però fuggi non appena li vide avanzare si diede alla fuga. Nel fuggire però gli cadde il cappuccio e, senza che Danilo se ne accorgesse, i due ragazzi lo riconobbero.
I quattro si ritrovarono allora davanti alla porta di casa.
"Era Danilo… Il cameriere di Alfonso" disse Oscar affaticato.
"Quindi è un Praticante anche lui…" osservò Giacomo mentre porgeva agli altri due ragazzi due bottiglie di vetro contenenti mezzo litro di idromele a bassa gradazione.
"Probabilmente è stato mandato qui da Alfonso per eliminarci a causa di quello che abbiamo sentito oggi…" continuò a dedurre Filippo dopo aver stappato la bottiglia.
"Eh già… Oramai questo non è più un luogo sicuro per noi…" iniziò a dire Mazziali "Ragazzi dovete partire"
I tre ragazzi lo guardarono confusi con un'espressione che gridava "Che cazzo sta dicendo?!"
"Ascoltatemi, se restiamo qui Alfonso ci troverà senza problemi, dobbiamo fuggire, trovare un nuovo posto in cui restare ma per farlo dobbiamo dividerci, saremo meno rintracciabili"
"Ma… Professore…" sussurrò Filippo.
"No! Non voglio contraddizioni! Voi tre prenderete il carro, io invece sellerò un cavallo. Ascoltatemi attentamente, non molto a ovest di qui si trova un paese di nome Libitrum, dovete cercare un bibliotecario di nome Samadeo, ditegli che vi mando io e lui saprà cosa fare. Noi ci ritroveremo in quello stesso paese tra tre giorni siamo intesi?"
I tre annuirono con riluttanza.
"Ragazzi non preoccupatevi per me; sarò in grado di farcela anche senza di voi, sono vecchio ma robusto!" concluse sorridente "Mi raccomando, prendete le cose che vi servono da casa tra mezz'ora partiamo"
Dopo mezz'ora ognuno aveva pronto il suo bagaglio: Andrea aveva due bisacce attaccate alla sella del suo cavallo, lo stesso aveva fatto Oscar mentre Filippo aveva una borsa marrone simile a quelle che usano i professori e Giacomo uno zaino marrone.
"Ragazzi" iniziò a dire il professore "Ci rivediamo tra tre giorni" e poi partì a cavallo nella direzione opposta rispetto ai ragazzi "Arrivederci professore" urlarono loro e lui sollevò la mano per salutarli senza voltarsi.
Loro caricarono un po' di scorte sul carro e partirono, con il favore della notte, diretti verso il paese indicato da Mazziali ancora rintronati a causa di tutti gli eventi di quel giorno che era finito solo da qualche ora.
   
 
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