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Autore: _TheGreatHistory_    13/06/2016    1 recensioni
"Gli disse lei ridendo forte,
tralalalalla tralallalero
gli disse lei ridendo forte,
l’ultima tua prova sarà la morte."
Ed arrivò innanzi a lei, col fiatone e col sangue che sgorgava dai polsi squarciati, mostrandosi con tutta la sua vergogna in ciò che si era ridotto: un mostro, un pazzo, un debole.
{LietBel}
Genere: Angst, Drammatico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bielorussia/Natalia Arlovskaya, Lituania/Toris Lorinaitis
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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La Ballata dell’Amore Cieco (o della Vanità)

 
Un uomo onesto, un uomo probo,
tralalalalla tralallalero
s'innamorò perdutamente
d'una che non lo amava niente.

In un piccolo sobborgo dimenticato, ove le strade puzzavano di rifiuti ed escrementi di stalloni che, un po’ oggi e un po’ domani, passavano galoppanti, vi abitava un giovane ragazzo della Lituania, semplice e puro come un bambino nella sua fanciullezza. Portava morbidi capelli ricadenti sulle spalle, dal colore delle noci, e con due grandi ed espressivi occhi color smeraldo osservava il mondo vivere attorno a lui. Il dolce sorriso non abbandonava mai quelle sottili labbra, sempre pronte ad effondere parole gentili e confortevoli, ricordando la melodiosa voce d’una madre attenta a cullare il proprio neonato. Al mattino presto, egli si svegliava senza alcun rammarico per andare a lavorare in bottega, dove si vendevano pani e viveri alle persone che ne facevano richiesta. Molti invidiavano ciò che era e molte richiedevano la sua bella mano; ma il giovane ragazzo lituano, con purezza e consapevolezza, si macchiò della colpa d’aver posato gli occhi su una bellissima donna, gradevole per lo sguardo quanto nociva per lo spirito. Ella altro non era che una nobile, un’arpia, una a cui la vita dava tutto, sporca perfino d’una perversione incestuosa. Tutto ciò era risaputo fra gli abitanti del luogo, ma il bel fanciullo, oltremodo genuino, non volle dar ascolto alle voci degli amici; in un freddo pomeriggio d’autunno, carico d’un nuovo coraggio e con un mazzo di rose rosse stretto nelle mani, andò a parlarle, rivelandole quei sentimenti che da troppo tempo abitavano la sua mente.
 
Gli disse portami domani,
tralalalalla tralallalero
gli disse portami domani
il cuore di tua madre per i miei cani.

Le parole che la bella donna gli rivolse rivelarono la sua natura perfida e maligna, ma le recitò con tale soavità da farle sembrare un’invitante armonia. In un primo momento, il giovane ne rimase sconvolto, i suoi occhi sempre sereni come il cielo d’estate adesso brillavano di terrore. Dallo sgomento lasciò cadere i fiori, che delicatamente poggiarono al suolo, staccandosi da alcuni dei loro preziosi petali rossi. Successe però che, nell’udire quelle parole crudeli, una luce di speranza infiammò il cuore del giovane, come un incendio che divampa fra la legna; l’inascoltata ragione l’abbandonò completamente, lasciandolo in balìa d’un desiderio folle ed assillante. Nuovamente tentò di giustificarla, nuovamente trovò delle assurde ragioni per spiegare a se stesso il motivo di quelle assurde sentenze, pronunciate da labbra sin troppo candide per aver proferito parole sincere. Pensò che magari a quella donna piaceva il gioco, dietro la folle maschera di cattiveria si celava uno spirito bizzarro e benevolo. Tuttavia, mentre gli occhi cristallini di lei lo scavavano nell’anima come avvoltoi che dilaniano le proprie prede, capii che non si trattò solo d’una beffa: doveva fare ciò che quelle labbra assassine avevano appena pronunziato, altrimenti non avrebbe potuto più mostrarsi innanzi all’amore della sua vita. Non c’era tempo per piangere, non c’era tempo per pensare. Il cuore di sua madre sarebbe diventato il pasto delle bestie feroci.

Lui dalla madre andò e l'uccise,
tralalalalla tralallalero
dal petto il cuore le strappò
e dal suo amore ritornò.

Rivolse un ultimo sguardo alla bella donna, poi s’affrettò verso casa quasi volando per gli stretti sentieri del paesello. Un ampio ed insano sorriso illuminava il giovane volto, mentre i ciuffi si sollevavano e riscendevano sulle spalle con movimenti delicati, tenendo il ritmo dei piedi guizzanti. Tutti gli abitanti si sporsero dalle finestre al passaggio del fanciullo, ed ognuno di essi si chiese cosa –o chi- fosse la causa di tanto entusiasmo ed esaltazione nel suo animo; ma nessuno di loro avrebbe mai previsto cosa l’avverso destino avesse in serbo per quella giovane vita, vittima di un’anima malevola. Avrebbe avuto in sposa quella donna! Null’altro riusciva a pensare, neanche l’ignobile peccato che stava per compiere riusciva a deconcentrare la mente dalla cieca ossessione per lei, che mai pensava avrebbe potuto ricambiare il suo amore. Il demonio lo accompagnò quasi per mano dentro l’abitazione, dove ad aspettarlo assopita c’era solo l’anziana madre, coricata su una vecchia sedia a dondolo di cui gli scricchiolii contavano i secondi insieme all’orologio. Non rimase a meditare, non la guardò nemmeno: afferrò un coltello da cucina, e mantenendo il tenebroso sorriso sulle labbra, le pugnalò cento volte il petto, lacerando e dilaniando in cerca di quell’organo vitale. Zampilli di sangue lo sporcarono interamente, macchiando ogni traccia di genuinità e purezza; della vecchia donna non si sentirono nemmeno le urla, la morte la colse d’improvviso per mano dello stesso figlio, che fino a quel momento fu per lei la creatura più cara. Da quegli occhi smeraldo iniziarono a riversarsi calde lacrime trasparenti, che andarono a mischiarsi con il sangue scuro di colei che l’ebbe messo al mondo e cresciuto, dato un pasto caldo e curato, mentre la mano tremante rimuoveva il vermiglio cuore ancora dinamico. Senza rimuginare nulla corse per la strada a ritroso, e questa volta la gente fuggiva terrorizzata alla vista del fanciullo ricoperto di sangue dalla testa ai piedi, reggente nella mano, al posto delle belle rose, un cuore umido e debole. Raggiunse la perfida donna, che non lasciò trapelare alcun stupore quando si rese conto che il giovane aveva realmente compiuto ciò che le sue labbra ebbero comandato.

Non era il cuore, non era il cuore,
tralalalalla tralallalero
non le bastava quell'orrore,
voleva un'altra prova del suo cieco amore.

Un sorriso maligno comparve sul volto dagli incantevoli tratti femminili, mentre un’altra squilibrata idea si faceva spazio nel suo pensiero. Il giovane attendeva intrepido le sue parole, attendeva un altro ordine da parte di colei che, e n’era sicuro, avrebbe preso in sposa una volta finito l’insano rito di massima fedeltà. L’espressione spensierata sul suo viso aveva lasciato spazio a dei ghigni deliranti, ed insoliti tremori scossero gli arti: oramai si trovava alla completa mercé di quella donna. Il cuore di sua madre, la cui vita venne spezzata prima del tempo stabilito dal destino, non le serviva più; venne buttato via, regalato a chissà quali bestie della notte. A questo punto, la donna era certa che quel povero stolto avrebbe eseguito ogni suo malsano ordine, e mai pensiero fu più giusto. Gli rivolse un sorriso gentile, falso, come per tranquillizzarlo, portandosi lentamente i chiari capelli dietro l’orecchio, ed orgogliosamente riuscì nel suo intento; il giovane, difatti, rimase confortato da quegli adagi movimenti, portando la mente sin da subito ad illudersi sulle prossime gesta dell’arpia. Con portamento soddisfatto, ella s’apprestò a dar voce al pensiero.

Gli disse amor se mi vuoi bene,
tralalalalla tralallalero
gli disse amor se mi vuoi bene,
tagliati dei polsi le quattro vene.

Così comandò: la sete di sangue non s’era placata, voleva vederne ancora, voleva vedere quanto sangue è disposto a riversare un uomo per ottenere l’amore della donna amata. Questa volta, il giovane fanciullo non rimase, da quelle parole, stupefatto; il sorriso si ampliò per quel viso non più immacolato, ma nemmeno lui riusciva a capire cosa stesse facendo. Tremava, l’unico lato razionale rimasto conscio sapeva che avrebbe presto visto una fine a tutto questo. Guardò lei, poi le sue mani, ed infine alzo il volto verso il cielo. Sì! L’avrebbe fatto. Per lei. Annuì, percorrendo ancora una volta la strada verso casa, ma sussurri nel vento gli fecero capire che sarebbe stata anche l’ultima.

Le vene ai polsi lui si tagliò,
tralalalalla tralallalero
e come il sangue ne sgorgò
correndo come un pazzo da lei tornò.

Afferrò lo stesso coltello usato in precedenza per uccidere la povera madre, un’arma maledetta costituita da ferro, legno, sangue e lacrime. Inspirò a fondo, realizzando che non avrebbe potuto tornare indietro; quello era un vicolo cieco, buio e freddo, neanche i suoi lamenti oramai erano degni d’essere uditi, non dopo quello che aveva fatto. Cos’altro hai da perdere, piccolo uomo? Serrò gli occhi, e con un urlo a precedere il dolore fisico, forse per sfogare quello della mente, ecco che un taglio netto segnò il minuto polso da parte a parte. Trattenne il fiato esalando quello che sembrò il ringhio d’una bestia feroce, mentre il coltello premeva nella tenera carne, lacerandogli le vene. Non era a conoscenza di quanto tempo passò da quella miserevole autocommiserazione, l’unica cosa che sapeva era che non provò dolore, come fosse immune alla sofferenza, come se quella donna gli avesse già divorato l’anima, e lui era divenuto una bestia infernale. Un’ennesima, deviata risata proruppe per quelle mura, che avevano visto sofferenze per dieci uomini in quel ventoso giorno d’autunno. Osservò il sangue abbandonare il proprio corpo, somigliando ad un impetuoso torrente nei giorni di tempesta; e nuovamente, raccogliendo quella scarsa energia vitale rimastagli, riprese la sua folle corsa verso l’artefice della sua ultima, grande sofferenza.

Gli disse lei ridendo forte,
tralalalalla tralallalero
gli disse lei ridendo forte,
l’ultima tua prova sarà la morte.

Ed arrivò innanzi a lei, col fiatone e col sangue che sgorgava dai polsi squarciati, mostrandosi con tutta la sua vergogna in ciò che si era ridotto: un mostro, un pazzo, un debole. Non avrebbe potuto neanche solo permettersi a rivolgere lo sguardo ad un amico, un parente, un uomo qualsiasi; in ogni modo, il tempo non gliel’avrebbe concesso, i suoi minuti erano contati. Ma decise di frantumare i suoi ultimi rimasugli di dignità, facendo richiesta alla perfida donna dell’ultima prova che avrebbe dovuto affrontare, per ottenere finalmente il diritto di avere la sua mano. Le sue parole sembrarono più sussurri morenti, che si persero nel vento come le note d’un vecchio flauto, ma la donna le udì chiaramente; scoppiò a ridere, una risata cattiva, malsana, che riecheggiò per il paesino e oltre, mostrandola in tutta la sua perfidia, tanto da non sembrare umana quanto il demonio in persona sceso per sradicare giovani ed innocenti vite. Cercò di placare quel momento di ilarità causato dalla sofferenza dell’altro, rivolgendogli le parole definitive che avrebbero finalmente fatto aprire gli occhi al fanciullo, liberando la mente da quella cieca acchiapparella nel tentativo di raggiungere un amore ossessivo quanto impossibile. Fu tutto più chiaro a quegli occhi smeraldo: quell’irraggiungibile amore stava mettendo fine –finalmente- alla sua vita, non certo direttamente, ma con invisibili tentacoli che sin da subito l’ebbero trascinato in basso, strappandogli tutte quelle qualità che tanto lo caratterizzavano.

E mentre il sangue lento usciva
e ormai cambiava il suo colore,
la vanità fredda gioiva,
un uomo s’era ucciso per il suo amore.

Nessun altro rumore giunse alle loro orecchie, solo le folte chiome degli alberi spezzavano il cupo silenzio che incorniciava quel macabro quadro di sofferenza e dolore, che rendevano tutto sin troppo umano. Il sangue continuò a riversarsi dai polsi del fanciullo, che nemmeno tentò di bloccare quell’inevitabile viaggio verso la morte. Accettò gli eventi così come gli si presentarono, come ebbe sempre fatto, senza un lamento. La donna, oltremodo perfida e vanitosa, sorrideva vittoriosa a quella penosa vista innanzi a lei: quel povero stolto aveva rinunciato a tutto, anche alla sua stessa vita, pur di prenderla in sposa. E questo era per lei motivo di esultanza, mai nessun’altra avrebbe ricevuto il medesimo trattamento, era riservato solamente a lei poiché la sua bellezza era e sarebbe rimasta sempre impareggiabile. La bella pelle del giovane iniziò a prendere il colore della Luna, mentre il suo sguardo incrociò per l’ultima volta quello di lei, trionfante ed orgoglioso; la sua espressione, però, non ebbe mutamenti. Le gambe cedettero, e con l’immancabile dolce sorriso sulle labbra, si spense quel piccolo, grande uomo magnanimo.

Fuori soffiava dolce il vento
tralalalalla tralallalero
ma lei fu presa da sgomento
quando lo vide morir contento.

La fresca brezza autunnale accarezzava i chiari capelli della donna, mentre le ciocche sembravano quasi volerlo seguire nell’infinito volo, svolazzando leggeri ora a destra, ora a sinistra. Le risate isteriche cessarono non appena il giovane cadde esanime sul terreno, con gli occhi ancora aperti e con quel sorriso prima tanto amato da chi ebbe la fortuna di ammirarlo; lei si sporse ad osservare il suo volto, e per la prima volta, rimase senza parole. L’espressione sbigottita adesso tradiva quell’assiduo atteggiamento impassivo, e tutta quella situazione, nonostante si concluse come ebbe immaginato, quasi la infastidì. La infastidì, poiché non riusciva a spiegarsi il motivo di tale felicità presente nel volto del cadavere, come se non gliene fosse importato proprio nulla che la sua vita si sarebbe conclusa così, senza aver realizzato nessun sogno, senza aver mai avuto una propria famiglia. Come se a lui importasse solo d’avere il suo amore, e il resto non aveva significato più rilevante, perché lei era più importante della sua stessa vita. E lo ammise a se stessa: ne fu scioccata, sbigottita, quelli che nutriva lui erano sentimenti che la donna non sarebbe mai stata in grado di provare, la sua cupa anima non conosceva nemmeno quale fosse il vero significato d’amare. Dopo tutto il male che gli aveva causato, dopo tutte le inumane azioni che l’aveva costretto a compiere, dopo tutto questo, lui morì appagato. Non importa quanto ci provasse, non sarebbe mai riuscita a spiegarselo.

Morir contento e innamorato
quando a lei niente era restato
non il suo amore non il suo bene
ma solo il sangue secco delle sue vene.

Fu in quel momento che realizzò cos’era veramente successo, e chi aveva appena perso. Aveva perso probabilmente l’unica persona che l’avrebbe amata senza limiti, che avrebbe venduto la sua felicità pur di vederla sorridere d’un sorriso reale, e lei neanche sapeva cosa fosse. La donna di pretendenti ne aveva sin troppi, questo era certo, ma il loro amore si sarebbe anche solamente avvicinato a quello che il giovane fanciullo gli stava offrendo? La risposta, nella sua testa, era molto chiara. D’ora in poi si sarebbe dovuta accontentare d’amori derivati dalla sua bellezza, o ricchezza, ed ogni mattina, allo specchio, avrebbe rivisto il gentile sorriso del lituano, che gentilmente le offre profumate rose rosse. E non avrebbe più sentito quell’immenso amore che lui cercava inutilmente di trasmetterle, mentre lei lo guardava con disprezzo dall’alto verso il basso, pronta ad impartire comandi originati dalla sua immensa cattiveria e voglia di ferire. Perché solo questo era brava a fare; presto l’avrebbero abbandonata tutti, persino il suo amato fratello l’avrebbe lasciata sola, a cullarsi nelle sue stesse menzogne che coltivava da anni. Dalla sua parte si sarebbe rivolto solo odio, ma adesso, l’unica cosa che riuscì a fare fu osservare l’asciutto sangue dell’innamorato, il quale cuore trovò pace solo dopo esser caduto in quel pacifico sonno eterno.

   
 
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