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Autore: milla4    13/06/2016    1 recensioni
Era così facile odiarlo, era parte di lei eppure le era estraneo, solo un ricordo di sentimenti annebiati e promesse infrante.
Un figlio non suo, anche se da lei generato.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Come ogni notte



Lo guardò dormire come ogni notte, dopo essersi rifugiata in una stanza nascosta, aspettando che la balia se ne andasse.
Non dormiva mai, Viola: i suoi occhi smorti, un tempo così vivaci, erano sempre aperti.
 
Aveva scoperto di aspettare un figlio poco dopo il ritorno al castello, mentre negoziava il suo stesso matrimonio con  Elias di  Selvascura. Suo padre non avrebbe avuto più potere sulla sua vita.
Era stata un rivelazione dolorosa, un calcio dall’interno del ventre che la fece cadere a terra quasi esanime. E così, l’incubo cominciò.
 
Furono mesi costellati dall’orrore e dalla consapevolezza che qualcosa di non voluto stava crescendo, nutrendosi, dentro di lei.
Non c’era via d’uscita, il matrimonio inevitabilmente saltò.
 
Era nato in un freddo sabato d’Aprile; nel castello di Altomonte nessuno parlava né riusciva ad alzare lo sguardo da terra per la paura, mortificazione, terrore e… vergogna. 
Viola, la loro regina, colei che li rappresentava agli occhi del mondo, stava per partorire un mostro, figlio di un Orco.
Il parto la straziò nel corpo e nell’anima, non sarebbe potuta ritornare come era prima; aveva sperato, quasi creduto che, ritornando al castello, tutto si sarebbe sistemato, ma oramai era corrotta.
 
Lo guardò dormire come ogni notte e, come ogni notte, prense un cuscino dal letto e lo portò davanti al viso del bambino dell’Orco.
Non era suo figlio, lei non era una madre, quella creatura non le apparteneva.
 
Era un mostro:  la testa più grande del corpo e le tozze mani lo allontanavano dal cuore di colei che l’aveva generato.
 
Non poteva lasciarlo vivere, perché sapere che quello sarebbe stato il suo erede, il suo unico successore l’annientava; avrebbe governato sulle sue terre, su i suoi sudditi… non poteva e non voleva guardarlo crescere in salute: ogni traccia di quei inenarrabili mesi di solitudine, sporcizia e dolore doveva essere eliminata, cancellata dalla faccia della Terra.
 
Rivedeva nella sua testa la fuga, le morti, la grotta... e altro.
 
Qualcosa di peggiore della paura, dei ricordi, qualcosa nato nel tempo, mentre aspettava in quei nove mesi  di stanchezza e rassegnazione.
Era qualcosa  di piccolo, nato chissà dove e chissà come nel suo cuore già oppresso: rimorso.
 
Si era mentita per molto tempo, si era detta di esser sfuggita da un tragico destino, da una vita di stenti ma la verità era che aveva ucciso un innocente.
L’Orco l’amava, l’aveva perdonata senza sé e senza ma, si era donato a lei e lei lo aveva tradito nel momento in cui era un debole essere, non un Orco.
Era lei la strega cattiva, il mostro.
 
E Liam, la creatura nella culla, era una prova costante della sua scorrettezza, dei suoi sensi di colpa; doveva farlo scomparire, cancellare quella parte di sé.
 
Eppure, come ogni notte, non ci era riuscita.
Appena lei si avvicinava lui apriva quei piccoli occhi coperti dalla fronte pronunciata e Viola li vedeva, i suoi stessi occhi, in suo figlio.
Ogni volta era una piccola rivelazione che le faceva cadere il cuscino dalle mani e sperare che una morte veloce la prendesse, perché lo amava e quell’amore la stava distruggendo.

 
   
 
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