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Autore: BardOwl    13/06/2016    2 recensioni
Qualcuno vuole morto un elfo fuggito da Morrowind, dal passato e dalla propria famiglia. Il caso gli regala la possibilità di salvarsi e di stanare il proprio carnefice, tutto quello che deve fare e tendere la sua trappola e aspettare. Otto uomini bloccati in un dungeon dwemer con una sola certezza: uno di loro non è chi dice di essere.
Genere: Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: Violenza
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Figli di Mephala

 
La sala dei Morti è umida e scura, le ombre lunghe tremolano sotto i capricci delle poche candele sparse sui ripiani in pietra, una sagoma levigata e spigolosa svetta in controluce nella direzione dell’altare di Arkay.
Una figura incappucciata si avvicina al tavolo ancora sporco di sangue. Quello era stato un giorno cupo per la città e per il piccolo Jolgar, il figlio dell’alchimista. Era andato a cercare dei boccioli di campanula mortale, li avrebbe venduti per qualche septim l’uno, purtroppo però era stato un troll delle nevi a trovare lui. Quella sera la madre non aveva visto il piccolo rincasare, il panico era stato immediato. Non era ancora alta la seconda luna quando gli uomini dello jarl erano tornati da lei irrigiditi, con la testa china e gli elmi sottobraccio.
La figura incappucciata si scrolla della neve di dosso, là fuori il gelo non perdona.
Quella sera il vento di Windhelm non accennava a concedere clemenza e il calore del suo corpo non era bastato a sciogliere quella patina bianca, che gli mordeva i vestiti da sopra le spalle.
“Vieni più avanti.” la voce è pacata, ma il dedalo di nicchie e tombe è vuoto e l’eco rimbomba sulle superfici fredde e ruvide, ritornando mutata, distorta.
Il primo non vede il secondo, ma non ha nessun interesse a farlo, aspetta degli ordini e un sacco di monete sonanti, di facce e strette di mano non glie ne importa. Quella non è la sua battaglia.
“Andrai nel Pale, è lì che ti dovrai infiltrare.” dice la voce pacata “Quello che ti chiedo è solo di fare il possibile perché il contratto venga rispettato, il bersaglio non è un idiota qualsiasi. Ecco.” le monete tintinnano nel sacchetto di iuta, la mano che lo posa sul tavolo si intravede solo per un secondo, è rugosa, rattrappita “È tassativo che l’altro mio contatto abbia questo, dovrai farglielo avere tu, tranquillo, lo saprai riconoscere. Puoi tenere quest’oro e farne ciò che vuoi.” La figura incappucciata raccoglie le monete senza fiatare, quei sodi gli fanno comodo, si fa largo nella bisaccia e prende anche l’oggetto pesante avvolto in un panno grezzo, che la stessa mano ha appoggiato sul ripiano, di fianco ai septim. Nessun cenno di assenso, ma sa che l’altro non ne ha bisogno, ha dalla sua parte motivazioni sufficienti per essere certo che il lavoro sia svolto al meglio.
 
La tormenta di neve imperversa sul crinale in ombra, qualche albero si contorce sotto il peso del vento, il legno si tende e scricchiola minaccioso, un grosso abete sembra sul punto di cedere. Qualcuno procede con fatica, naturalmente controvento. Le gambe sprofondano nella neve fresca, terribilmente fresca, il mantello che dovrebbe ripararlo dalla tormenta, ottiene il solo risultato di farlo sembrare un pennone in balia delle violente folate. Il viandante ansima esausto, è un giovane dunmer e non ha mai provato tanto freddo in vita sua.
Non sente più le mani.
Ci sono delle luci davanti a sé, forse sta solo vaneggiando e la fine è vicina. Ancora qualche passo, ha usato la poca magika che gli restava per quel misero lume, che lo accompagna a mezz’aria, come se fosse necessaria la luce per dirgli che attorno a sé c’è solo un mare di ghiaccio. Ormai la lucidità vacilla, potrebbe essere più vicino a Windhelm di quanto crede e non essersene nemmeno accorto.
Crolla a terra, la luce del mago si spegne.
Piano piano i sensi ritornano, è forse tepore quello che sente? Le mani, sono tornate al loro posto, una coperta lo avvolge e il rumore è decisamente quello di un ciocco che scoppietta sul fuoco. La vista è l’ultima a tornare, il giovane elfo scuro si stropiccia gli occhi cercando di svegliarli dal letargo e la cosa sembra funzionare.
C’è un micio al capezzale del suo letto “Ja’dara pensava che non ce l’avresti fatta. Ja’dara è contento di sbagliarsi.” indossa una veste chiara, roba da apprendista.
“Dove sono?”
“Al caldo e all’asciutto. Ja’dara vuole sapere come ti chiami, giovane elfo.”
È ancora confuso e quel maledetto khajiiti non aiuta di certo con il suo parlare a caso. “Sono Kyliar…” prova a raddrizzarsi sulla schiena, ma i muscoli non lo assecondano e ripiomba sul guanciale di paglia.
“Sta calmo, Ja’dara ti darà della zuppa se fai il bravo. Sei fortunato che Murza stesse tornando alla sala a quest’ora. Ancora poco e avrebbe trovato solo un ghiacciolo color grigio.”
I pensieri ronzano nella testa, che stranamente non gli fa male, è solo un po’ intontita dal lungo sonno “Nella sala… Le tue vesti… Sei un vigilante?”
“Ja’dara è un umile servo di Stendarr- le erre finali risuonano colorate nella bocca del felino –Sei in buone mani Kyliar.”
A quel punto qualcuno si mosse da un punto cieco nella stanza e subito una seconda figura fu nel campo visivo del giovane viandante. Alto, capelli scuri raccolti con ordine sopra l’incipiente stempiatura, la pelle scura e gli occhi scarlatti, era un altro dunmer.
“Si vedono sempre più nostri simili in queste lande.” commentò asciutto “Io sono Raralis, qui sono un punto di riferimento per i vigilanti e potrò esserlo anche per te, finché non ti sarai ripreso.” si avvicinò lentamente, mantenendo un certo distacco, in mano reggeva una fiala ormai semi vuota. Ja’dara assisteva impassibile alla scena “Dove sei diretto?”
“Non lo so.” fece il giovane distogliendo lo sguardo.
Raralis alzò il capo con fare inquisitorio “Non ricordi, forse?”
Kyliar scosse il capo deciso “No, semplicemente so solo dove non voglio andare.”
“Capisco.” pesava le parole pronunciandole distanziate fra loro, come fossero macigni da manovrare con cautela “Quando ti sentirai meglio, parleremo con calma. Ora riposa e se vedi Murza, ringraziala.” e si congedò, abbandonando la stanza.
Il ragazzo lo seguì con lo sguardo, accarezzando quell’incedere fiero e maestoso, qualcosa riluceva sulla pelle di quell’elfo, una patina azzurrina si era palesata controluce.
“Questo nome, Murza…” fece infine voltandosi verso il khajiiti, ancora immobile al suo fianco “È un nome orchesco.”
Ja’dara sospirò “Si, Murza è un orchessa, ma ha rinunciato a Malakath molto tempo fa per seguire Stendarr.” le erre suonarono nuovamente come un ruggito poco minaccioso.
Rimase solo.
Quando qualche ora più tardi, Kyliar fu di nuovo in grado di reggersi in piedi e sentì il bisogno di rintracciare la sua salvatrice, lo stomaco protestò, esprimendo anche le propie esigenze.
Era solo, il dormitorio in cui aveva superato la nottata era deserto, doveva essere il primo pomeriggio, anche se in quella terra di ghiacci il mattino e la sera sembravano sfumare l’uno nell’altro senza troppe distinzioni.
Le pareti in pietra raccontavano un passato diverso per quell’edificio, doveva essere stato qualcos’altro in passato, forse un forte, i vigilanti poi dovevano averlo convertito a loro covo. Non sapeva molto di quella gente, da dove veniva lui non se ne vedevano molti, tutt’altro.
Qua e là scorgeva arazzi raffiguranti il simbolo del loro preferito fra i Nove e molto presto, per orientarsi, dovette affidarsi all’udito. Un vociare sommesso proveniva da una rampa di scale a chiocciola, che ruotavano attorno all’anima centrale di quell’edificio dalla pianta circolare, decise di tentare.
Qualche tavolo di legno, ormai vuoto, lo accolse alla fine della rampa. Qualcuno si muoveva in uno stanzino adiacente, un vano ricavato nel corpo centrale della torre, lo stesso attorno al quale ruotavano i gradini appena percorsi. Un orco di spalle stava lavando delle pentole con la grazia di un horker.
“Ci hai messo poco a riprenderti.” fece Murza senza voltarsi, il suo udito doveva essere più fino delle sue maniere “Su forza vieni avanti, se aspetti un momento, ti darò qualcosa da mangiare.” fece un cenno vago nella direzione di quella che probabilmente era la dispensa.
Kyliar rimase sul posto, qualcosa in quella figura massiccia, seppur femminile, lo intimoriva. Forse era la mazza uncinata che la cuoca portava appesa alla cintura, nonostante fosse lontana dalle steppe di Skyrim, desolate e selvagge.
“Non ti preoccupare, questa è solo per i servi dei Daedra. Sarai brutto, ma non mi sembri una loro creatura.” quello che seguì fu qualcosa di vagamente assimilabile ad un sorriso. Le zanne ricurve di Murza facevano raggrinzire la pellaccia verde all’altezza degli zigomi, facendola apparire per qualche istante come una vecchia megera rattrappita.
Il ragazzo era rimasto immobile sulla soglia dell’ambiente raccolto “Ja’dara mi ha detto che se sono qui è per merito vostro. Volevo ringraziarvi.” il timbro era calmo, ben calibrato, non era più il giovane cianotico e disorientato che si era risvegliato in un letto di paglia. Si era ricordato cosa lo avesse spinto a prendere la via dell’ovest e lo avesse condotto fin lì, in quella terra così inospitale. Era tornato in sé.
Murza non reagì, non li sapeva incassare i ringraziamenti. Era una vigilante da tempo, ma era pur sempre stata cresciuta da orchi. Senza aggiungere altro recuperò un pezzo di pane, che aveva messo da parte dopo il rancio, lo porse allo straniero, poi si voltò andando verso il ripiano degli alcolici.
“Dell’acqua andrà bene.”
“Devi scaldarti e recuperare colorito. L’idromele è quello che ti ci vuole.”
Vedendo la determinazione dell’orchessa si vide costretto ad accettare “Mi lascerete almeno sdebitare?”
“Seguiamo Stendarr, non diamo una mano perché ci aspettiamo qualcosa in cambio.”
“Io però non sono uno di voi.”
Annuì poco convinta “Come vuoi, se vuoi sdebitarti però, dovrai avere almeno le forze per farlo, quindi prendi un po’ di quel formaggio e vedi di buttare giù tutto.”
Per quello che restava della giornata, Kyliar non fece altro che girovagare per l’edificio, nella speranza di imparare ad orientarsi e di stancarsi quel poco che sarebbe bastato per riuscire ad addormentarsi, nonostante fosse stato sveglio per poche ore.
Non ebbe modo di scambiare quattro chiacchiere con nessuno, da quello che aveva capito, la struttura ospitava una dozzina di vigilanti, undici dei quali però erano stati impegnati tutto il giorno per un’emergenza giù a Dawnstar.
Quella sera rivide Ja’dara, lo sguardo cupo e la testa bassa, molti di loro non erano tornati a casa. Disse poche parole, Raralis chiedeva di lui e così lo scortò verso gli alloggi della loro guida.
Seguì il khajiiti fino al piano più alto di quello stabile, si fermarono sull’uscio degli alloggi del superiore.
“Ja’dara? Per caso, quando mi avete trovato, avevo ancora addosso il mio ciondolo? Non l’ho trovata quando mi sono ripreso.”
Il khajiiti grugnì contrariato “Ja’dara pensava non ti servisse più e lo stava conservando… per donarlo a Stendarr.” tirò fuori il monile argentato da una piega della veste e lo restituì al ragazzo.
Kyliar bussò sulle doghe di legno massiccio, non era sicuro che le sue nocche avessero prodotto un rumore anche solo udibile dall’altra parte. “Entra.” intimò l’altro.
Era un ambiente umile, non molto diverso dal resto dell’edificio, con ogni probabilità l’unica funzione di quegli alloggi privati era quella di far rispettare un minimo di disciplina all’interno dell’ordine, facendo percepire la gerarchia. Un tavolo, qualche pelliccia abbandonata qua e là, un letto e niente più. Dovunque si potevano vedere fiale per pozioni ormai vuote abbandonate a sé stesse, Raralis era chino sul piano alchemico intento a riempirne delle altre.
“Non fraintendere, il nostro aiuto è incondizionato, ma ci terrei a conoscerti meglio.” andò subito al sodo. Aveva invitato il ragazzo a sedere, mentre lui preferiva rimanere in piedi, stava maneggiando nervosamente un vecchio tomo sull’arte del Recupero.
“Non intendo rimanere qui, toglierò il disturbo appena farà giorno.”
Alzò la mano invitandolo a non fraintendere “Rimarrai finché non saremo certi che potrai proseguire il tuo viaggio con le tue forze. Il maltempo potrà essere passato, ma ai piedi di queste montagne vivono creature poco socievoli e potresti non arrivare nemmeno a Dawnstar.”
Fece spallucce “Potrei andare a sud, magari, verso Windhelm.”
“Puoi andare dove vuoi, ti chiedo solo di dirmi chi sei. Non capita spesso di trovare persone a zonzo per il Pale e non sono tempi in cui possiamo permetterci di sorvolare…” stava girando attorno a qualcosa senza andare al punto. Era turbato, tanto da sembrare un altro uomo rispetto all’individuo fiero e deciso che aveva conosciuto quella mattina.
“Sono nato a Morrowind, i miei erano originari di Balmora, ma io non ho mai messo piede a Vvardenfell.” rispose secco il ragazzo.
“Capisco. Da chi o da cosa stai scappando allora?”
Si chiuse nelle spalle, quella domanda a bruciapelo lo aveva colto alla sprovvista “Non vado fiero del mio passato. Non avevamo niente, la mia famiglia non ce l’ha fatta, per le conseguenze di quello che è successo alla nostra terra e io mi sono unito a dei predoni quando ero ancora un ragazzino.” sbuffò amareggiato “Ma sono scappato.”
“Quindi anche tu, come molti di noi, stai solo cercando la tua strada.”
Lo guardò di traverso “Apprezzo quello che avete fatto per me, ma non sono uno di voi. Non mi piace quello che ho fatto fino ad ora, ma non intendo votarmi alla vostra causa. Non è la mia. Voglio solo andarmene.”
“E dove?”
“Dovunque. Sono qui solo perché ci eravamo accampati in una valle a poche leghe più a est. Di Skyrim però ne ho abbastanza, penso andrò a Cyrodiil, so di molti di noi che ce l’hanno fatta laggiù.”
“Hai molta fretta di andare?” si era fatto più diretto, doveva avere intravisto una via per ottenere ciò che voleva e la stava puntando con determinazione.
“Mi sembra di essere stato chiaro.”
Alzò le mani per scacciare cattivi pensieri “Ho parlato con Murza oggi, mi ha detto che ti vuoi sdebitare con noi. Io ti vorrei proporre un modo per farlo, ora che ho capito cos’hai alle spalle.”
Si alzò in piedi di scatto, mancare di rispetto non era fra le sue intenzioni, ma dieci anni di scorrerie gli pulsavano nelle vene. “Ma davvero?”
“Senti figliolo, se quando ci siamo presentati ti ho detto solo il mio nome, è perché anche io ho un passato da cui voglio prendere le distanze.” lo rimbeccò prima che potesse sfoderare tutta la sua giovane arroganza “Sono un discendente della casata Telvanni e non occorre che ti dica come hanno preso la mia decisione di usare il mio talento magico per scacciare Daedra e i loro adoratori.” calò il silenzio, ecco da dove quel Raralis attingeva il suo essere distinto. “Molto bene, ora che ho la tua considerazione, posso esporti il mio problema e quello di cui ho bisogno? Poi sarai libero di rifiutare e di andartene quando meglio credi. Non siamo abituati a portare rancore.”
Annuì in silenzio, almeno quello glie lo doveva.
“Qualcuno vuole uccidermi.”
“Non sono io, se lo vuoi sapere.”
“Il tuo arrivo è una variabile imprevedibile, questo fa di te l’unica persona di cui io possa fidarmi. Sono settimane che ho questa consapevolezza, ho subito diversi attentati, quello di oggi è stato solo l’ultimo.”
Kyliar aggrottò la fronte “Credevo foste andati a risolvere una questione in nome del vostro caro Stendarr.”
“Lo credevo anch’io. Era un’imboscata, è chiaro che chi ha richiesto il nostro aiuto era in realtà qualcuno che stava puntando a me. Credo di essermi salvato per puro caso, ci siamo divisi in due squadre e la mia è stata la più fortunata.” scosse il capo abbattuto “Non doveva andare così.”
“Non potrebbe essere semplicemente uno che ce l’ha con gli Stendarr?”
“No, è solo l’ultimo di una serie di attacchi mirati a me.” alzò al cielo l’ennesimo flacone di pozione rigenera magika per fare un brindisi “Sono settimane che vivo sotto l’incantesimo Carne di Quercia- ecco spiegato il leggero riverbero azzurrino che avvolgeva la sua figura –ma serve solo ad evitare che qualcuno mi accoltelli mentre sono di spalle.”
Il giovane dunmer portò la mano al mento “Chi ti vuole morto sa che non può prenderti alla sprovvista e sta escogitando metodi più drastici.” proseguì il ragionamento suggerito dall’altro “Qualche idea su chi potrebbe essere?”
“Il mandante? Si. L’esecutore invece è ancora un’incognita. Per questo mi serve il tuo aiuto.”
Kyliar arretrò con il busto contrariato “Cosa? Dovrei andare in giro a chiedere alla gente se ti vuole morto, senza nemmeno un punto di partenza?”
“Non ho detto questo.” parlava mantenendo il fare pacato, le parole uscivano lentamente dalla sua bocca, doveva avere il sangue più freddo di un atronach del gelo. “Ho motivo di pensare che qualcuno dei miei uomini non sia chi dice di essere.”
Si fermò a riflettere un momento. “Qualcuno qui dentro? Basterà cercare tra gli ultimi arrivati.”
L’indice grigio di Raralis era già alzato come per segnalare un’obbiezione già pronta per lui “Il primo attacco ha spazzato via la mia guarnigione. Mi sono trasferito qui e ho chiesto altri uomini, illudendomi che fosse stato organizzato da qualcuno che non tollerava la nostra presenza. I sei uomini rimasti qui dentro, sono tutte delle reclute.”
“Capisco, quindi sono tutti dei potenziali sospettati.”
“Precisamente. Ora, se dipendesse solo da me, mollerei tutto. Me ne andrei, eviterei di mettere in pericolo altre vite, ma non posso. Se lo facessi avrebbero vinto loro, c’è sicuramente uno dei sedici Principi all’altro capo del filo.” inspirò rapidamente con il naso “Ho bisogno di qualcuno che indaghi per me e scopra chi è l’infiltrato. Potrebbe addirittura essercene più di uno.”
Passò qualche istante, il ragazzo sembrava assorto in una ragnatela di considerazioni. “È rischioso.”
“Tu non correresti rischio alcuno. Dovresti solo individuare la mela marcia e lasciarla a me, mi basta una prova di colpevolezza, solo quella.”
“È comunque rischioso. Se è vero quello che dici, il tuo uomo sarà stato previdente. Ho vissuto per anni con gente senza scrupoli, sono tipi paranoici e calcolatori. Sicuramente avrà nascosto un’infinità di armi o trappole qui dentro.”
Raralis fece di no con il capo “Ho pensato a tutto. Farò finta di aver ricevuto un incarico e porterò con me tutti quanti in un posto sicuro.”
Fece un respiro profondo “Potrei avere bisogno di qualche giorno.”
Il volto di Raralis si rilassò trionfante, si lasciò cadere sullo schienale, la tensione di quei giorni lo stava stremando e finalmente vedeva uno spiraglio. “Sarà rapido e indolore.”
“Un’ultima domanda.” fece il ragazzo impassibile “Come dimostro di aver trovato il colpevole? Siete tutti abituati a portare armi e a lanciare incantesimi, cos’altro potrebbe incriminarlo?”
“Lo capirai se riuscirai a trovarlo.” allungò il braccio verso un’altra ampolla posata sul tavolo, la stappò bevendone il contenuto di malavoglia.
 
I giorni seguenti erano stati una rapida successione di eventi insospettabili, che avevano condotto alla partenza in massa di tutti. Senza che nessuno potesse dire la sua, gli ordini erano passati dal riposo totale, forzato dalle condizioni proibitive del clima, alla mobilitazione generale. Murza aveva protestato, aveva preteso di poter rimanere a fare la guardia alla sala del vigilante, ma Raralis era stato irremovibile.
Si erano messi in marcia appena la bufera aveva allentato la sua morsa sulla rocca, Raralis alla testa, avevano cominciato a marciare verso ovest. Il leader aveva parlato chiaro, nonostante il momento difficile per l’ordine, avrebbero comunque dovuto continuare a lottare per la causa e qualcosa di grosso stava succedendo in una gola sepolta fra i ghiacci.
Nessuno aveva idea di dove fossero diretti o quale fosse la causa di tanta solerzia, ma l’autorità dell’elfo era fuori discussione e ciascuno era pronto a compiere il proprio dovere. Kyliar camminava in silenzio, Ja’dara lo teneva sotto la sua ala, scambiando qualche parola di tanto in tanto. Murza camminava al loro fianco senza partecipare alle discussioni.
“Ja’dara è contento che tu abbia deciso di dare una mano in questo incarico. Come te la cavi con il Recupero?”
Il ragazzo aveva fatto spallucce, ma non si era notato, movimenti convulsi lo pervadevano già per via della temperatura “Non molto bene, so qualcosa di Alterazione, Illusione, ma di Recupero conosco solo le basi, per non parlare della Distruzione.”
Il khajiiti aveva emesso una smorfia imprecisata, poi gli aveva fatto cenno di non pensarci “Esistono i bastoni magici per questo.”
Verso sera la meta si era palesata ai loro occhi, stanchi e storditi dall’infinito bianco che avevano abbracciato fino a quel momento. Una spaccatura fra pareti di ghiaccio, la volta traslucida e il vento che si insinuava in quella fessura, alle loro spalle si intravvedeva il mare in lontananza.
“Di qua.” fece Raralis e si addentrarono nella spaccatura, fino a giungere all’ingresso di una costruzione imprecisata, sommersa da secoli di clima rigido.
Erano entrati di corsa, quell’uscio affossato nel terreno gli era apparso come la salvezza, subito l’aria si era placata e un paio di nord della compagnia si erano messi a cercare un punto dove poter accendere un fuoco.
“Non c’è il pericolo di rimanere soffocati?” chiese Ingrid, una dei due nord.
Raralis aveva abbozzato un mezzo sorriso “Guardatevi bene attorno, siamo in un vecchio insediamento Dwemer, è provvisto di vie di fuga per vapori e fumo in eccesso.” li rassicurò e dispose che, per quella sera, ci si accampasse vicino all’ingresso.
Ja’dara e Murza furono mandati a recuperare qualche tanica di olio nanico, avrebbe dato una mano a riscaldare l’antro ammuffito, i due nord furono messi di guardia poco più avanti, dove la via si biforcava. Infine restavano un bretone e un imperiale, Belisario, a loro spettava cercare qualcosa di commestibile nel dedalo che si apriva di fronte a loro.
Kyliar era rimasto al campo con l’altro dunmer e attendeva ordini.
“Domattina comunicherò alla squadra che nelle viscere di questo insediamento c’è una minaccia che va estirpata, preparerò la cosa in modo di darti l’occasione di controllare il comportamento di tutti. Ricorda, chiunque ci sia dietro, prima o poi si tradirà.”
Kyliar si congedò, era consapevole di non disporre di molto tempo prima che qualcuno fosse di ritorno al focolare, così si limitò ad una superficiale ispezione delle sacche che si erano portati appresso.
Come presagito, non trovò nulla di sospetto. In compenso, si rese conto di quanto per i due nord le scorte di idromele fossero più importanti dell’acqua, per quanto riguardava Ja’dara, beh, era pur sempre un khajiiti e di certo, l’assortimento di ninnoli che teneva in una sacca sotto a tutte le cianfrusaglie, non arrivava da una collezione privata.
Murza e Ja’dara erano tornati per primi con sei contenitori metallici colmi di olio e qualche graffio, per ottenerli avevano dovuto rovistare nella carcassa di alcune sfere dwemer e nella confusione ne avevano accidentalmente attivate delle altre. Fortunatamente Murza aveva la mano pesante e da sola aveva messo fuori uso gli aggressori, mentre l’altro le copriva le spalle.
Le due sentinelle tornarono per consumare la cena, Belisario e il bretone avevano riempito diverse ceste di funghi commestibili, li avrebbero cotti assieme a della carne che si erano portati appresso dalla sala del vigilante.
Raralis andò a dormire per primo, gli altri rimasero ancora un po’ attorno al fuoco a spartire l’idromele dei due nord. Si concessero il riposo solo dopo essersi accertati che la zona fosse sgombera da altri trabocchetti, o da belve in agguato.
La mattina arrivò in fretta, troppo in fretta, un po’ per la stanchezza e un po’ per il freddo, l’unico modo per constatare l’arrivo del nuovo giorno, sarebbe stato uscire e guardare il cielo, poiché la luce in quelle gallerie foderate di pietra era pressoché latitante.
Il dunmer più anziano chiamò tutti a sé “Ieri sera ho deciso di non avvertirvi su cosa ci aspetti qui per non privarvi del sonno. Ne avevate bisogno.” si voltò verso Kyliar “Ringraziamo il nostro compagno per essersi unito a noi in via del tutto eccezionale, ogni braccio in più ci sarà d’aiuto.”
La piccola folla taceva, una simile premessa li allarmava, ma la disciplina compensava il timore.
“Dovete sapere che questo posto, come pochi altri conduce a Blackreach. Purtroppo però, un essere spregevole ha posto la sua tana laggiù e la nostra unica speranza di fermarlo, è colpirlo mentre transita di qui, per andare a compiere l’ennesimo attacco alla povera gente del Pale.” inspirò “Parlo di un vampiro ancestrale.”
Ci fu il silenzio, tutti erano perfettamente consapevoli di cosa quelle parole avrebbero comportato. Con ogni probabilità, anche in caso di successo, non sarebbero tornati alla sala del vigilante tutti e otto.
“Ha con sé dei servitori?” chiese Murza, che aveva già accettato il proprio destino.
Raralis scosse la testa “No, è solo. Sono riusciti a scacciarlo dalle terre più a sud, ma una volta arrivato qui ha cominciato a mietere vittime nei dintorni. È indebolito e ferito, non sferrerà mai il primo attacco, ma conosce queste gallerie e non occorre che vi dica quanto quella creatura empia possa essere pericolosa. Questa notte non ha attaccato grazie alla mia magia, ma non sono in grado di estendere la mia protezione oltre il campo base. Di sicuro ci avrà fiutato e si starà preparando.”
Belisario fece un passo avanti “Qual è il piano?”
“Ci divideremo a coppie per stanarlo, andate a scegliere il vostro armamento. Kyliar e io rimarremmo qui a produrre pozioni cura malattia, ne abbiamo qualcuna, ma temo ce ne serviranno molte.” prese una sacca di pelle svuotandola ai piedi del gruppo “Queste sono armi che ho preparato apposta per questo incarico. Prendete quelle che preferite, è importante che vi sentiate in grado di difendervi.”
Abbassarono lo sguardo, davanti a loro c’era un assortimento di asce e mazze d’argento, qualora non fossero di quel metallo, una venatura evanescente palesava un potente incantamento, pronto a servirli nella lotta imminente.
Il gruppo si divise nelle stesse coppie della sera prima, al campo tutti si salutarono, consapevoli del peso di quelle parole.
Kyliar vide i gruppetti allontanarsi nelle svariate direzioni, tornò verso il leader dei vigilanti che seguiva la scena con lo sguardo.
“Prendi anche tu un’arma tra quelle rimaste, spero non ti serva. Per ora il nostro uomo è convinto di essere davvero a caccia di vampiri, ma le cose potrebbero cambiare e non occorre che sia io a ricordarti quanto possa diventare pericoloso chi si rende conto di essere stato intrappolato.” parlava con pacatezza, consapevole del passato del giovane e sembrava determinato a tollerare il suo lato brutale.
Negli anni Kyltiar aveva avuto modo di apprendere piuttosto bene l’uso delle armi, preferiva quelle ad una mano, così prese per sé un’ascia nanica dall’aria rassicurante e se l’appese alla cintura. Fece un cenno e si congedò, sparendo nell’androne oscuro.
La poca magika di cui disponeva aveva avuto modo di riprendersi dal trauma di qualche giorno prima, così si concentrò e fece apparire la fidata luce del mago, che lo avrebbe scortato nell’oscurità che impregnava quei cunicoli.
Trovò i due nord poco più tardi, si erano fermati di fronte ad una serie di alloggi militari dismessi, si guardavano le spalle a vicenda e per un pelo non lanciarono addosso tutta la loro magia di distruzione addosso al giovane dunmer, vedendolo arrivare così di colpo.
“Perché sei qui? È successo qualcosa al campo?” chiese Ingrid, la mano su una mazza più grossa della sua testa e l’altro palmo aperto, pronto a vomitare fulmini.
Il ragazzo la rassicurò con un debole gesto delle mani, aveva paura a compiere azioni brusche con quelle armi puntate addosso “Devo solo recuperare tutti gli ingredienti possibili. Con un po’ di fortuna troverò un deposito da qualche parte.”
“Sta vicino a noi, ti daremo una mano a cercare. Non abbassare la guardia.”
I due erano davvero affiatati, seguivano la stessa procedura con metodo, sarebbe stato davvero difficile prenderli alla sprovvista. Il nord spiegò che lui e Ingrid avevano militato nella legione per qualche anno, prestando servizio nella stessa divisione, a condurli nelle braccia di Stendarr era stato un episodio che avevano vissuto assieme, quando erano stati distaccati nel feudo di Whiterun.
“Un maledetto negromante!” spiegò il nord, che non staccava mai una mano dallo spadone “Aveva fatto scempio di una mezza dozzina di bambini. Riuscimmo a fermarlo, ma lui si prese un pezzo della mia faccia.” scostò i capelli, rivelando un’ampia bruciatura, guarita alla meglio, che stava al posto del suo orecchio. “Quella cosa ci scosse parecchio e decidemmo di impedire che cose simili succedano di nuovo. Così, finita la leva, entrammo entrambi tra le file dei vigilanti.”
Perlustrarono tutte le stanze, tutte le rientranze e tutti i ripostigli di quegli alloggi, la zona era libera. Kyliar si staccò dalla coppia, facendosi dire dove avrebbe potuto trovare Belisario e il bretone. A guidarlo fu il vociare, i due si erano fermati in un grosso ambiente, dal soffitto alto e colmo di caldaie arrugginite. I resti in terra testimoniavano una recente disinfestazione dai minuscoli ragni meccanici, il dunmer usò la stessa scusa di poco prima per stare un po’ di tempo con i due e poterli studiare in silenzio.
“Non possiamo rischiare che questi cosi si mettano in mezzo, se quella creatura ci assale.” fece Belisario al compagno di squadra “I dardi delle sfere naniche non possono fare niente contro i vampiri, mentre a noi fanno parecchio male, sai questo cosa vuol dire?”
“Che saremo in uno svantaggio enorme, se sbucassero fuori al momento sbagliato.”
L’altro annuì “Io dico di mettere in sicurezza la zona, attivandole appositamente per metterle fuori uso.”
“Sanno essere parecchio pericolose, un mio amico ci ha lasciato una gamba, ma direi che non abbiamo altra scelta.”
Kyliar fu allontanato, la sua missione non avrebbe dovuto risentire della loro, così si diresse dagli ultimi due.
Murza fu felice di vederlo. Lei e il khajiiti stavano perlustrano un cunicolo avvolto nella tela di ragno che si apriva in una parete. L’orchessa aveva spiegato che simili vie traverse sarebbero state una spina nel fianco, in quanto i vampiri sono maestri nell’arte della furtività e avrebbero saputo come sfruttarle.
Ja’dara era chino su vecchi resti umani rinsecchiti “Ja’dara controlla che non siano ancora vivi.” disse senza crederci troppo, nella mano libera teneva il modesto bottino che luccicava nella penombra.
Ci fu un rumore in un vano adiacente. Murza fece cenno di fare silenzio, Ja’dara tirò fuori un pugnale d’acciaio e sparì nell’ombra, se il vampiro stava giocando a nascondino, avrebbe trovato un avversario temibile.
Passò qualche istante, nessun altro rumore aggravò la situazione.
Il dunmer attendeva immobile, Murza gli disse di continuare il suo compito, spiegandogli che il silenzio di Ja’dara non poteva che essere un buon segno.
“Ho visto un falmer stecchito da qualche parte… Le sue orecchie potranno tornare utili.” fece Kyliar.
Murza socchiuse gli occhi “Orecchie di falmer? Non ci sono orecchie di falmer nella pozione cura malattie.” alzò il mento confusa, aspettava spiegazioni.
“Lo so.” accorse il ragazzo “Ma potrebbero tornare utili.”
 
Un urlo.
Kyliar prese con sé l’orchessa, il fiato sempre più corto rimbombava assieme ai loro passi.
Ingrid era china a terra, di fianco a lei anche il compagno di squadra.
Il dunmer si arrestò sull’uscio dello stanzone, segni di bruciatura occupavano il pavimento tutto attorno ai due corpi, qualcosa era scoppiato.
“Andate a chiamare Raralis.”
Il dunmer li raggiunse qualche minuto più tardi, non erano molto vicini al campo base e il dedalo di cunicoli e corridoi non facilitava le cose. I superstiti osservavano inorriditi.
“Sono carbonizzati. Devono aver messo il piede in qualche trappola dwemer.” commentò Raralis amareggiato.
Kyliar però non era d’accordo “Non ci sono pulsanti qui vicino, ho controllato. Sono più propenso ad una runa delle fiamme.” aveva parlato a bassa voce per farsi sentire solo dal leader dei vigilanti “Ho trovato questo sul corpo di Ingrid.” allungò la mano passando un lembo di pergamena bruciacchiato, era pressoché integro e solo gli angoli erano stati presi dalla vampata.
Per quanto la carnagione cinerea lo permettesse, Raralis sbiancò rimanendo immobile. Il pezzo di carta era facilmente riconoscibili, era un contratto di assassinio, il loro possesso avrebbe garantito il rilascio in caso di arresto, nel corpo del testo compariva il nome del dunmer più anziano.
“È quello che credo?”
“Si. Sono sulla lista nera della Morag Tong, come temevo.”
Il ragazzo gli pose una mano sulla spalla “Non è legale a Skyrim, forse potresti…” ma lo interruppe con un gesto della mano, era tutto fiato sprecato.
“Bene, almeno il pericolo è stato eliminato.”
Kyltiar lo prese per un polso “Non direi. Io dico che era un messaggio.”
Ci pensò “La runa delle fiamme spiegherebbe l’assenza di trappole, ma è magia a breve termine.”
“Precisamente. Il colpevole ha mangiato la foglia e questo è il suo modo per dirti che ha capito il trucco.”
Quello voleva dire solo una cosa, che se il loro uomo stava assecondando la loro frottola sul vampiro, aveva deciso di eliminare tutti uno a uno per mettere Raralis alle spalle. Ora toccava a lui decidere come muoversi, qualsiasi decisione avrebbe comportato delle vite.
“Dobbiamo eliminarlo, è diventato troppo pericoloso.”
Portarono i corpi al campo, raccontarono la versione del vampiro che si sente braccato e cerca di sfoltire i ranghi dei suoi cacciatori e spesero qualche parola per i loro caduti. Erano in preda allo sconforto, ma Kyltiar era fiducioso, a suo dire qualcuno si era comportato in modo sospetto e gli sarebbe stato addosso per avere conferme.
Mangiarono con poca convinzione e subito furono tutti d’accordo di continuare le ricerche, ora però avrebbero proseguito individualmente battendo zone limitrofe fino all’ingresso a Blackreach, al minimo pericolo si sarebbero raggiunti. Anche il ragazzo prese parte alla battuta di caccia.
Era ormai il vespro quando si sentì il secondo urlo, questa volta più strozzato. Era il bretone. Lo trovarono riverso in una pozza del suo sangue, sul collo due forellini testimoniavano l’aggressione che lo aveva colto alla sprovvista, dandogli solo il tempo di pensare a quanto fosse triste morire fra pile di lingotti di metallo nanico.
Tornarono al campo per inumare i loro morti.
Erano rimasti in sei, Raralis vedeva i loro volti illuminati dal falò al centro del campo, uno di loro era un maestro nell’arte della finzione. Kyliar gli fece un cenno, appena impercettibile, il suo lavoro aveva fruttato ed era il momento di scoprire le carte.
Si alzò, lo sguardo severo “Questa storia deve finire.” lanciò a terra il contratto della Morag Tong “Se siamo qui, non è per cacciare un vampiro, ma per stanare un assassino di altra natura.”
Gli altri non capivano, osservavano la scena confusi, il giovane dunmer non si muoveva.
“Questo è il contratto che porta il mio nome e fa rileggere tutti i recenti attacchi sotto una luce diversa. Se vi ho portati qui è per dare la possibilità a Kyliar di smascherare il vero colpevole.” un cenno, il ragazzo si alzò, estraendo l’ascia nanica che aveva preso quella mattina.
“Aspettate, voi stareste dicendo che qualcuno di noi è un assassino sotto mentite spoglie?”
“Sta tranquillo Belisario, non sei tu.” sentenziò Kyliar, poi si voltò verso il khajiiti “Ja’dara, potresti alzarti un momento?”
“Ja’dara non capisce…”
Gli fece segno di non perdere tempo “Puoi farmi vedere il tuo coltello?”
“Cosa? Perché Ja’dara dovrebbe…”
“Mostracelo.” gli occhi impassibili e il tono deciso, il giovane dunmer stava attingendo dal proprio lato più oscuro.
Ja’dara obbedì e presto la lama d’acciaio fu sotto la vista di tutti, lambita dalle fiamme del fuoco.
“Guardate la lama. Non è incantata.” fece notare il ragazzo “Non c’erano coltelli tra le armi che ci ha fornito Raralis. Solo due tipi di persone potrebbero sfidare un vampiro con una misera lama d’acciaio, i pazzi e quelli che sanno che non c’è nessun vampiro.”
Il khajiiti prese a tremare borbottando frasi sconnesse “No, no, Ja’dara voleva…”
Kyliar gli prese l’arma dalle mani “Quando i nostri compagni nord sono stati attaccati, io ero con Murza. Murza, puoi ricordarmi dove fosse Ja’dara in quel momento?”
Murza era allibita, assisteva alla scena con gli occhi sbarrati “Non c’era… era andato a perlustrare i dintorni…”
Gli occhi di tutti furono di nuovo sul khajiiti, Kyliar gli rivolse un sorriso sinistro, poi il rumore di un colpo secco, la lama d’acciaio sporca di sangue e Ja’dara che cade atterra morto.
Raralis sospirò esausto, cadendo in ginocchio. “È finita.” respirava affannosamente, le spalle andavano su e giù sotto il peso delle sue paure. Finalmente fu libero di scogliere Carne di Quercia e sentire la piacevole sensazione dell’aria fresca che accarezza la pelle.
“Perché?” fu tutto quello che riuscì a dire Belisario.
“Perché il vostro leader è un discendente della casa Telvanni.” gli spiegò Kyliar “Qualcuno a Morrowind non tollera il suo voltafaccia nei confronti della sua famiglia.” una nota di disprezzo fece capolino nelle parole del giovane, si avvicinò di qualche passo all’altro dunmer “A proposito Raralis, tuo padre ti manda i suoi saluti.”
Gli occhi sbarrati di Raralis si alzarono di scatto, non abbastanza in fretta. L’ascia nanica di Kyliar gli trapassò il torace, una volta e poi un’altra ancora. Lasciò l’arma nanica sul corpo esanime del vecchio Telvanni e subito sparò una palla di fuoco che colpì in pieno Belisario, scaraventandolo alla parete.
Murza non aveva fatto in tempo a estrarre la propria mazza, il palmo del ragazzo puntava verso la sua faccia ed era pronto a ricoprirla di lame di ghiaccio. Vedeva la condensa innescata dalla magica uscire dalle mani grigie dell’elfo a pochi centimetri dal proprio naso.
“Ma… ma… avevi detto di non essere ferrato nelle magie di Distruzione.” cercava di mantenere il sangue freddo anche in quella situazione, anche ad un passo dall’Oblivion.
“Bugia. Non essere sorpresa, sospetti di me da quando ti ho parlato delle orecchie di falmer.”
Scosse la testa, non accettava una simile verità “No. Non è possibile. Io ti ho trovato in mezzo alla neve, era un puro caso. Non puoi essere tu.”
Nel frattempo il ragazzo si era avvicinato al cadavere di Raralis recuperando l’ascia, teneva l’orchessa sotto tiro con la mano libera “Così ti è sembrato. Ja’dara conosceva i tuoi incarichi e sapeva quale strada avresti percorso per tornare alla sala. Rischioso, ma non sarei mai arrivato a lui altrimenti.” fece un cenno verso il dunmer a terra. “Ora, sei pur sempre un orchessa e penso non ti dispiaccia lasciare Tamriel per mezzo di un’ascia.” un colpo secco.
L’unico superstite si chinò sul khajiiti frugando fra i suoi indumenti, trovò quello che stava cercando. Era un piccola fiala, l’aprì e ne versò il contenuto fra le fauci del khajiit. Passò qualche istante di assoluto silenzio, poi ci furono dei colpi di tosse e lentamente Ja’dara si raddrizzò con il busto.
“Siete matti voi Morag Tong!” esclamò fra i colpi di tosse “È la prima e l’ultima volta che Ja’dara vi da una mano.”
Kyliar lo aiutò a raddrizzarsi, tuffò la mano nella bisaccia e gli porse una borsa colma di monete.
“Ja’dara ci ha ripensato.” tirò su con il naso guardando il macello attorno a loro “La prossima volta Ja’dara chiederà al suo contatto un modo più semplice per riconoscervi. Ja’dara non era sicuro, aveva paura di venire ammazzato, prima o poi.”
Il dunmer gli diede un colpo sulla spalla “Perdonami per il trucco della morte apparente, ma era l’unico modo per far abbassare la guardia al vecchio Telvanni.” lo guardò come si guarda un vecchio amico “Possa la tua strada condurti verso sabbie calde.” e scomparì, complice del buio.
   
 
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