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Autore: Maia_Angel13    14/06/2016    1 recensioni
Da testo:
"Alcandro piangeva ogni notte la sua amata. Piangono sempre. E alla fine dovette lasciarmi, andarsene, IO dovevo lasciarlo andare perchè ero IO che lo tratteneva qui. Ermes giunse per per farmi di lasciarlo andare. Doveva andare, così diceva il Fato, così diceva Zeus. Non ho mai avuto il potere di contrastare il volere di una divinità. Lo lasciai andare, e lui se ne andò.Se ne vanno sempre."
Premetto che è la mia prima storia, è incentrato sui pensieri di Calipso a Ogigia prima dell'arrivo di Leo. Ci saranno nuovi personaggi e alcune lievi modifiche alla storia originale. Detto ciò, BUONA LETTURA!!
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Calipso
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Sono la regina di tutte le ninfe. Il m egno è quello che i mortali definirebbero un "Paradiso Terrestre". Fiori, di mille colori, mille dimensioni e mille profumi sbocciano vicino a un piccolo fiume con l'acqua più trasparente di un diamante. Spiagge bianche circondano l'isola separandola da un mare così brillante e così azzurro da far invidia al cielo.  Ho servitori invisibili che esaudiscono ogni mio desiderio. Nessun frutto nel mondo è più dolce e succoso di quelli tondeggianti e perfetti che crescono sugli alberi della mia Isola. Gli uccelli sono variopinti, specie stupende e rare, che mi tengono compagnia.  Non piove mai, mai brutto tempo, il sole splende luminoso riflettendosi sul mare, ogni giorno. Mentre ogni notte miliardi di stelle brillano, come fosse giorno, creando figure di eroi e animali fantastici, chiamate costellazioni. Sono eternamente giovane ed eternamente bella. Non muoio mai. Non invecchio mai. Ma mai nessuno potrebbe ricevere una punizione peggiore. Imprigionata in questa splendida isola, senza potermene andare mai. Perennemente sola. Eccetto qualche volta. Qualche uomo si ferma. Viene a trovarmi. Di solito sono eroi, principi, figli di qualche importante divinità. Belli, come può esserlo un dio, forti, coraggiosi, leali, gloriosi guerrieri. Il primo di loro me lo ricordo ancora. Un certo Alcandro, questo era il suo nome. Era biondo, gli occhi più neri della pece, del carbone, degli abissi più profondi degli Inferi. E così dolci. Era di animo nobile, figlio di un re importante, amato da tutti, molto potente. E figlio di Afrodite, la dea della bellezza e dell'amore. Piuttosto ironico dato che ci innamorammo l'una dell'altro perdutamente. Ma lui doveva tornare a casa. Lui voleva tornare a casa. Aveva una moglie, che lo aspettava. Il suo nome era Clio. Come la Musa. Nonostante mi abbracciasse e mi baciasse mi parlava spesso di lei. Diceva sempre che aveva occhi azzurri, come il cielo, e a lui piaceva perdersi ore ed ore a guardarli. Era gentile, raccontava, sempre e comunque, anche quando le cose andavano per il verso sbagliato. Sorrideva, sempre. E lo confortava. Gli dava coraggio. E lui voleva tornare da lei. Realizzai troppo tardi che quello che provava per me non era amore. Troppo tardi per accorgermi che ero una sorta di "consolazione". La seconda scelta. Lui stava con me per semplice disperazione. Troppo tardi, quando capii di essermi innamorata di lui. Alcandro piangeva ogni notte la sua amata. Piangono sempre. E alla fine dovette lasciarmi, andarsene, IO dovevo lasciarlo andare perchè ero IO che lo trattenevo qui. Ermes giunse per pregarmi di lasciarlo andare. Doveva andare, così diceva il Fato, così diceva Zeus. Non ho mai avuto il potere di contrastare il volere di una divinità. Lo lasciai andare e lui se ne andò. Se ne vanno sempre. Perché è questa la mia condanna. Innamorarmi di qualunque uomo giungesse alla mia Isola, uomini che però non potevano restare. Li pregavo di non partire. Ma non mi ascoltavano mai. Perchè ciascuno aveva una lei da cui tornare. Una casa, una famiglia. Ed io? C'è qualcuno che desidera tornare da me? Suppongo di no. Il mio destino è quello di avere il cuore spezzato per l'eternità. Per sempre. Ne arrivarono altri e la storia si ripetè molte volte. Finché non venne lui. Odisseo. Capelli neri e ribelli, un sottile strato di barba, pelle abbronzata, occhi azzurri che brillavano d'intelligenza. Rimase per sette anni. Sette anni mortali. Il tempo è strano a Ogigia. Pensavo che fosse vero amore. Che finalmente gli dèi avessero avuto pietà di me e avessero cancellato la maledizione. Pensavo di essere libera. Di poter stare insieme a lui per sempre. Pensavo male. Anche lui mi sorrideva dolcemente. Anche lui mi abbracciava e mi baciava. E anche lui piangeva la notte. Perché anche lui aveva una donna. Si chiamava Penelope e lo aspettava da più di dieci anni. Passammo degli anni meravigliosi e finsi di non vedere i suoi occhi che si riempivano di lacrime ogni volta che fissava l'orizzonte, e finsi di non sentire i suoi lamenti durante la notte. Preferivo comportarmi da egoista e fingere che tutto ciò che era fuori da Ogigia fosse solo un sogno. Ma il sogno ero io. Il miraggio era la mia Isola. Io, il mio regno, i miei alberi, i miei sentimenti non erano reali. Penelope si, era reale. Ed Ermes arrivò. Diceva che Odisseo doveva tornare a casa. E allora non ce la feci più. Pregati Odisseo di restare, ero arrabbiata. Io ero una dea. Ero immortale, infinitamente più bella di Penelope. Con me lui poteva avere tutto ciò che desiderava, bellezza, ricchezza, pace, gioventù, amore. Ero di più. Lui poteva avere di più. Ma lui mi sorrise e mi guardò con quegli occhi così azzurri e mi rispose che si, ero infinitamente più bella e potente di Penelope. Ma voleva tornare a casa. Penelope era semplice, nella sua grande saggezza, bella nella sua semplicità. Lei era uguale a lui. Lei era degna di lui come lui era degno di lei. Così mi disse. E partì. Mi disperai, gridai contro il cielo, volendo che la mia voce raggiungesse Zeus, unico artefice della mia punizione. Non posso morire e sono destinata a ricordare il dolore di ogni momento in cui il mio cuore si infranse. Il tempo passò, almeno credo. Come ho già detto, il tempo è strano a Ogigia. E arrivò Drake. Francis Drake. Un pirata affascinante con i capelli castani e gli occhi caldi che ricordavano il legno che ardeva sul fuoco. Inutile dire che la storia si ripetè. Lui doveva tornare da Elizabeth, la sua amata, la sua regina. Ero troppo stanca per piangere o disperare. Lo lasciai andare senza dire niente. Quanto vorrei che smettessero di arrivare. Non è giusto. È passato tanto tempo. Mi accontenterei dai vivere da sola per sempre in quest'isola. Basta che smettano di arrivare. Ovviamente non fu così. Percy Jackson. Lo salvai come avevo salvato gli altri, mi presi cura di lui come mi presi cura degli altri. Era davvero bello, i capelli disordinati e neri e gli occhi verdi come il mare, i più dolci e sinceri che io abbia mai visto. Lui non aveva una lei. E in un folle momento pensai di avere qualche speranza. Era così dolce, così gentile, così sincero e così bello. Ed io ero felice. Come ero stata felice con tutti gli altri. Ma Zeus non mi aveva ancora perdonato. Arrivarono i sogni, o meglio, gli incubi, che venivano a trovare Percy quasi ogni notte. E iniziava a sussurrare nomi, durante la notte, con la voce carica di disperazione e apprensione. Mi ricordo di Grover, Tyson, Luke (anche se sussurrava quel nome con rabbia) e.....Annabeth. Quando pronunciava il nome di Annabeth gli incubi sparivano e la serenità si impossessava nuovamente del suo viso. Il mattino dopo lui non si ricordava mai niente e io decisi di tenerlo nascosto. Ma anche lui aveva una missione, un compito da portare a termine e nonostante tutte le volte che lo diceva, sembrava riluttante ad andarsene e pensai che magari questa volta poteva essere diverso. Ma avevo fatto male i conti. Perchè pensavo che lui non avesse un'amata da cui tornare e quindi c'era più speranza, c'erano più possibilità che lui restasse. Mai mi fui sbagliata come quella volta. Perchè lui aveva una lei. Annabeth. Lui non lo sapeva ancora, ma mi accorgevo giorno dopo giorno che Annabeth copriva lo stesso ruolo di Penelope, di Elizabeth, di Clio, e molto probabilmente stava aspettando anche lei ansiosa e disperata il suo ritorno. A casa loro. La verità mi colpì come uno schiaffo e se poi cosa dovevo fare ancor prima che Efesto ed Ermes venissero a parlarmi. Lo dovevo lasciare andare. Mi ero ripromessa di non chiedere mai più ad un eroe di restare perchè sapevo che la risposta non sarebbe cambiata. Ma la speranza o forse la disperazione mi spinsero a rompere questa promessa e a chiederglielo. Ma, come ho detto, la risposta no  cambia. E lui se ne andò per compiere il suo destino e stare insieme ad Annabeth. Mi sono illusa per troppo tempo ma ora vedo chiaramente la verità. Nessuno verrà per restare. E nessuno penserà a me con malinconia e rimpianto perché ognuno sarà tra le braccia della donna che ha amato. Percy Jackson non sarà certamente l'ultimo; Continueranno ad arrivare, passerò momenti stupendi con loro e alla fine mi ritroverò a fissare il tramonto vedendoli andar via, abbandonandomi su quella spiaggia bianca e andando incontro al loro eroico destino. E non posso fare a meno di chiedermi, controvoglia, se un giorno volgerò lo sguardo sullo stesso tramonto per aspettare il ritorno di qualcuno. Mi chiedo se il ruolo di Annabeth, di Penelope e di Elizabeth potrà mai essere mio. Ma nessuno ha mai creduto che io fossi importante. Non in quel senso. E nessuno vorrà mai ritornare. E nessuno potrà mai ritornare. Perchè nessuno trova Ogigia due volte. È questa la regola fondamentale della mia eterna punizione.
   
 
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