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Autore: Monique Namie    14/06/2016    7 recensioni
Kathra è una giovane ghiacor di nobili origini, promessa in sposa a un principe umano di nome Lerol. Le due civiltà da cui provengono i protagonisti, ghiacor e umani, si differenziano principalmente per il modo di esprimere i propri sentimenti. La storia narra di un particolare momento in cui Kathra si trova da sola nel palazzo di corte e riflette sulle proprie emozioni.
{Racconto scritto per il contest "Per Quando il Dizionario Non Basta" indetto sul forum di EFP}
Genere: Introspettivo, Malinconico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Princess Sci-fi Story'
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gli umani la chiamano kenopsia Racconto scritto per il contest "Per Quando il Dizionario Non Basta" indetto sul forum di EFP.

Prompt n. 8 - Kenopsia: L’atmosfera misteriosa e desolata di un luogo solitamente affollato di persone ma adesso deserto e tranquillo – il corridoio di una scuola di notte, un ufficio durante il weekend, fiere chiuse. Adesso non sembra vuoto, ma incredibilmente vuoto.


Note autore:
È possibile che in futuro questa one-shot diventi una raccolta in cui narro altri eventi di vita dei protagonisti principali che incontrerete nel testo. Tra gli avvertimenti, per il momento ho messo “incompiuta” proprio perché, ora come ora, la storia potrebbe sembrare uno spezzone non ben indentificato di una storia che necessita maggiori chiarimenti.  Buona lettura.



Gli umani la chiamano kenopsia

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Gli ambienti deserti dell’immensa residenza reale Astraliya Ghaditti erano pervasi da un ronzio sinistro; la prima cosa che veniva in mente era un vecchio macchinario arrugginito che arranca per svolgere il proprio lavoro, o gli artigli di un mostro che tentano di graffiare via l’intonaco, la malta e i mattoni da una parete per uscire dall’altra parte e divorare tutto.
Mentre percorreva i corridoi di quella che era stata la sua dimora fino a poco tempo prima, Kathra ascoltava assorta quel rumore. Si stava dirigendo verso la sala da ballo, con l’intenzione di rivedere un’ultima volta i luoghi che l’avevano accompagna nel momento più bello della sua vita e sperimentare nuove emozioni.
L’enorme salone, ora vuoto, provocò nella giovane ghiacor1 una sensazione indescrivibile che, partendo dal petto, si andava diffondendo in tutta la sua persona. I suoi occhi dalle iridi lucenti e dorate si chiusero e si riaprirono con una lentezza esasperante. Ricordò le feste in maschera, le cerimonie con ospiti d’onore, il suo fidanzamento ufficiale con il principe umano Lerol. In tutte quelle occasioni il luogo era pieno di persone che chiacchieravano e musica che si spandeva dal palco dell’orchestra. In tutte quelle occasioni lo spazio era vivo: ora invece sembrava un essere solitario abbandonato ai confini del mondo, nudo, svuotato da ogni sentimento, e questo a Kathra metteva i brividi.
Il pavimento era in marmo rosso e, se si prestava attenzione, si potevano notare anche alcuni graziosi fossili rimasti imprigionati nel tessuto roccioso. Le quattro pareti erano interamente coperte da dipinti immensi, circondati da maestose cornici bagnate in oro di Ra’ech, estratto dalla miniera dentro la bocca del vulcano più alto del pianeta. I soggetti delle tele erano storiche battaglie spaziali, città collocate all’altro capo dell’universo e forse già scomparse da millenni, eroi diventati divinità immortali dopo essersi gettati tra le fauci di una stella collassata. A Lerol piaceva molto quel tipo di arte, e Kathra lo seguiva sempre volentieri nei ragionamenti sulle impercettibili differenze di stile tra un artista e l’altro.

La relazione tra Kathra e il principe terrestre era stata
caldamente consigliata per usare un eufemismo dal Governo Centrale allo scopo di migliorare i rapporti tra le due civiltà.
Lei aveva imparato ad amare l'umano, suo futuro marito, come ogni ghiacor sapeva fare: senza rivelare mai nulla se non una scintilla di comprensione quando i loro sguardi s'incrociavano. L'ottimismo iniziale di Lerol svanì pian piano. Ad un certo punto si sentì talmente ferito nell'orgoglio, senza comprenderne pienamente il motivo, che iniziò a trattare la sua compagna in modo diverso. Non le riservava più certe attenzioni abituali, come un sorriso alla mattina, lo sfiorarle la mano mentre passeggiavano nel giardino, piccole cose che nella vita di tutti i giorni, fra l'aridità delle pratiche governative e burocratiche, rischiarivano la giornata.
Kathra non si capacitava di quel cambiamento. In ogni azione dedicava a lui un pensiero, pensiero che restava inespresso e che, quindi, era noto solo a lei... ma agiva pur sempre amandolo.
Dopo un po' aveva inevitabilmente iniziato a sentirsi sbagliata. A sottolineare la sua inadeguatezza era il vuoto opprimente della sala da ballo dove si erano scambiati la promessa più importante. Un vuoto talmente massiccio che finiva per saturare gli spazi fra una decorazione e l'altra delle cornici splendenti, e che entrava con prepotenza persino nella preziosa trama dei tendaggi rossi. Ogni cosa sembrava emanare un sapore diverso, ora che lei era l'unica anima rimasta a corte.
Kathra sollevò lo sguardo e i suoi occhi si persero nei frattali coloratissimi del soffitto cesellato, adornato da mosaici e scolpito nel legno e nella pietra. Erano stati chiamati i più grandi maestri da zone remote della galassia per impreziosire gli ambienti del palazzo.
Il vento dell'ovest soffiava contro le vetrate minacciando di portare maltempo. Il suo sibilo sembrava il lamento di un fantasma, il presagio del futuro declino che gravava su Astraliya Ghaditti.
Non era unicamente la sala da ballo a essere vuota, ma l'intero edificio. Il personale di servizio, infatti, era già stato mandato nella residenza estiva collocata nell'emisfero sud del pianeta. Una navetta cielo-terra attendeva Kathra davanti all'ingresso: i suoi bagagli erano già stati caricati, ma lei con una scusa era rientrata e si era lasciata conquistare dall'atmosfera desolata degli spaziosi interni.
I lunghi corridoi silenziosi sembravano cunicoli infiniti che conducevano a realtà invisibili. C'era il rischio di impazzire a rimanere a lungo in un posto così grande e deserto. E pensare che le sarebbe bastata un singola persona per colmare quel vuoto... ma lui dov'era?

I rapporti tra ghiacor e umani erano sempre stati difficili. Gli umani sembravano dei folli ad esternare le proprie emozioni senza vergogna, come gioielli da esibire. I ghiacor, invece, si mostravano sempre freddi e controllati; apparentemente erano indifferenti a qualsiasi tipo di stimolo emotivo.
Tutto ciò non doveva essere un problema nella relazione tra Kathra e Lerol. Entrambi erano informati, preparati e avevano una lista di accortezze da seguire nel caso in cui la situazione diventasse difficile. Eppure quando lui le aveva confidato che non sarebbe rimasto a lungo in quel posto Kathra si era sentita tormentata dal dubbio che fosse per colpa sua. Lerol aveva insistito che lei non c'entrava nulla, che l'amava e la capiva. A suo dire il problema era la politica. Non gli erano mai interessati i compiti formali; era arrivato fino a quel punto sobbarcandosi il ruolo che gli era stato tramandato da suo padre in punto di morte. In realtà preferiva passare il tempo nella grande biblioteca residenziale o recandosi alla vicina spiaggia di Sabyazura a raccogliere particolari conchiglie, alghe e molluschi per fabbricare colori con cui dipingere.
Era solito portare il cavalletto e la tavolozza in giardino. A Kathra piaceva stare delle ore a guardarlo posare il pennello sulla tela. Certe volte gli sedeva accanto, altre si teneva in disparte, lontano, dietro un albero viola dalle foglie a imbuto. Quel suo atto paziente di osservazione, immobile, a qualche metro di distanza, ammirata nel profondo del cuore dalla vista dell'amato principe, sarebbe risultato incomprensibile a qualunque essere umano. Non una singola parola poteva esprimere ciò che provava, solo lo sguardo fisso su di lui, come se volesse catturarne l'essenza e conservarla nell'anima.


Lerol le aveva detto che non sarebbe rimasto a lungo in quel posto, ma Kathra non aveva inteso la gravità delle sue parole. Un principe non poteva di certo abbandonare da un giorno all'altro le sue mansioni politiche per un capriccio. Non immaginava nemmeno che avesse ordinato all'ingegnere di palazzo la costruzione di una porta dimensionale, finché una notte, svegliatasi in seguito a un incubo, notò il posto vuoto accanto a lei e il varco oscuro ai piedi del letto che risucchiava il pregiato copriletto di seta leviana.

Non era vero che gli umani provavano una gamma di emozioni più vasta rispetto ai ghiacor, e non era vero che amavano meglio. Quando Kathra capì che Lerol l'aveva abbandonata, sentì dentro di sé un vuoto immenso indescrivibile. Pensava forse che appartenendo a una razza aliena classificata come E-12
lei non avrebbe sofferto e avrebbe continuato la sua esistenza come se non fosse mai accaduto nulla? Gli occhi di Kathra sembravano spogli, privi di vitalità, il dorato dell'iride si era spento da quando l'amato se ne era andato. Più volte aveva pensato di avvicinarsi al varco e lasciarsi abbracciare dall'oscurità. L'aveva frenata solo il dubbio che lui fosse partito per colpa sua e che non la volesse più rivedere.
Due giorni dopo il vortice creato dalla porta dimensionale si era dimostrato instabile, tanto che aveva fagocitato l'intero arredamento e persino la tappezzeria della camera da letto. Così si erano presi provvedimenti e in breve la stanza era stata sigillata, impedendo al mostro oscuro di espandersi ulteriormente. Da allora, passando nei pressi del luogo, si udiva solo un rumore tremendo: un forte ronzio sinistro come di un vecchio macchinario arrugginito che arranca per svolgere il proprio lavoro, o come se gli artigli di un mostro stessero tentando di graffiare via l'intonaco, la malta e i mattoni per uscire dall'altra parte.
Quando il vento si placava, il lamento del vortice dimensionale che cercava di liberarsi giungeva più chiaro in ogni angolo di Astraliya Gadhitti. Sembrava la voce della morte, della desolazione e del mistero che avvolge ogni luogo spopolato e abbandonato dalla civiltà. La giovane si sorprese a pensare che tutto ciò le piaceva, le piaceva da impazzire!
Tutta quella desolazione e solitudine, lì dove risiedeva il governo planetario, si era venuta a creare per una fortuita concomitanza di eventi: i crescenti dissidi tra umani e ghiacor in primo luogo, mentre la scomparsa di Lerol era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.

Kathra immaginò l'intero palazzo reale avvolto dal vortice dimensionale: le luci al gas ionizzato che tremano fino a spegnersi con un flash, le porte delle stanze che vibrano e si aprono come sospinte da una mano invisibile, la sterilità del luogo screziata dai colori degli arazzi sulle pareti, e il vuoto che avanza e circonda ogni cosa...
Fu in quel preciso momento che la giovane ghiacor prese la decisione di restare invece di raggiungere gli altri nella residenza estiva. Quella scelta poteva sembrare una follia senza senso. E se il vortice dimensionale si fosse liberato? Tanto meglio! Kathra non aspettava altro. Già rapita dalla l'atmosfera kenoptica
3, bramava di essere trasportata lontano: non avrebbe più avuto alcun freno che le impedisse di raggiungere il principe Lerol e dirgli per la prima volta apertamente quanto le era mancato.

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Mini-glossario:
1* Ghiacor è il nome di una razza aliena inventata da me.
2* E-1, nella classifica delle razze aliene (sempre inventata dalla sottoscritta) vuole indicare una civiltà con una razionalità molto sviluppata ma un’emotività piuttosto arida. In realtà non si tratta d’incapacità di provare emozioni intense, ma incapacità di esternarle nel modo corretto.
3* Kenoptico: aggettivo per il sostantivo kenopsia, italianizzazione di kenoptic. Non so se qualcuno prima di me lo abbia già usato o io se abbia a tutti gli effetti creato un neologismo.

Note di chiusura:
Dovete sapere che odio i finali e dunque mi piace lasciare aperte varie possibilità. Questo dovrebbe spiegare la scelta di lasciare gli eventi un po' in sospeso. Nonostante il pensiero di Kathra sia chiaro, non si sa cosa succederà effettivamente di preciso in futuro. Insomma, nel momento in cui deciderò di rendere la one-shot una raccolta, nel prossimo capitolo potete aspettarvi di tutto!
Gli elementi poco chiari, dunque, sono voluti e, poiché amo le libere interpretazioni, sentitivi liberi di fantasticare.
Critiche costruttive e commenti vari sono sempre benaccetti! ;)




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"Gli umani la chiamano kenopsia" di Monique Namie
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