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Autore: Bab1974    14/06/2016    1 recensioni
Serie di storie slash ispirate alle fiabe, partecipanti al contest di sango_79 '[Contest fiume] A mille ce n'è... di slash da narrar! (Originali e multifandom - Slash e yaoi)'
1- Il principe ranocchio Storia ispirata dalla favola Il principe ranocchio, ne stravolge il finale facendola diventare una favola slash. Il ranocchio Padon, dopo un anno di permanenza a palazzo, riesce a farsi baciare dalla principessa, ma non torna uomo. All'inizio sembra che non ci sia soluzione, ma ne trova una il fratello minore di lei.
2- Nome in codice: Cappuccetto Rosso (prossimamente)
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Storia partecipante al contest di Sango_79, indetto sia sul forum di efp che su quello di Disegni e Parole, ispirato alla seguente immagine
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Nulla da perdere

 

 

 

Era una giornata come tante: Jo aveva lasciato la macchina parcheggiata lontana perché qualcun altro si era abrogato, come al solito, il diritto di usufruire del suo parcheggio privato. Decise di non chiamare i vigili, quel giorno aveva troppa premura per permettersi di perdere tempo a discutere con quel deficiente, sempre lo stesso, che non si era ancora stancato di essere denunciato. Forse sperava che alla fine l'avrebbe vinta lui, lo voleva prendere per stanchezza e dovette ammettere che ci stava riuscendo ad esaurirlo. Solo che rischiava un pugno in faccia più che lui si arrendesse.

Davanti al portone di casa sua, mentre cercava la chiave di casa e nel frattempo parlava al cellulare, inciampò in qualcosa e prima di rendersene conto, si trovò aggredito verbalmente.

“Ehi, tu, non ti ha insegnato nessuno a guardare dove metti i piedi?” lo apostrofò un ragazzo seduto a terra, con rabbia mal gestita.

Jo, spaventato da tanta aggressività fece un passo indietro.

“Scusami, di solito non c'è nessuno qui. E ho molta fretta.”

Un ragazzo carino, peccato fosse sporco e vestito di stracci.

“Sempre la solita scusa, la fretta.” sbottò quello.

Jo gli mollò una banconota, sperando che fosse contento ed entrò in casa propria.

Gli andò in contro la babysitter, arrabbiatissima.

“Mi avevi promesso di tornare prima” sbottò.

“Lamentati con il 21/b. Continua a parcheggiare nel mio posto e ho dovuto farmela a piedi dallo stadio. Come sta il piccolo?”

“Dorme. Avrebbe bisogno di sua madre.” lo informò lei, calmandosi improvvisamente.

Neanche non lo avesse saputo!

“Purtroppo lei ha scoperto di aver bisogno di andare in India per ritrovare se stessa. Mia sorella è sempre stata un'anima persa e la maternità non faceva del suo karma. Solo che prima o poi lo stato se ne accorgerà e lo renderà adottabile.”

“Già, è un vero peccato che i single e le coppie gay non possano ancora adottare dei bambini. Ci vorrebbe. Le dispiace darmi la paga, mi aspettano a casa.”

“Oh, certo, scusami.” Con angoscia si accorse di avere in tasca solo dieci euro. “Ops, ho dato i tuoi cento a un barbone qua fuori. Non ho altro, posso pagarti domani?”

La ragazza sbuffò, tornando ad arrabbiarsi.

“Valli a riprendere!”

“Lollo, non sarà neppure più qui fuori, quando mai gli ricapiterà una fortuna del genere.”

Lorenza convenne che anche lei se la sarebbe data a gambe al posto suo e si accontentò dell'anticipo. Fece per uscire, quando si sentì suonare al campanello. Con sommo stupore, Jo si ritrovò davanti il mendicante, che sventolava in mano la banconota.

“Credo che tu ti sia sbagliato a darmi questi.” annunciò e Lollo corse verso di lui e li scambiò con i dieci euro.

“Grazie, caro, almeno ora il mio ragazzo non mi sgriderà.” E uscì di tutta fretta.

 

 

 

Jo lo fissò stupito.

“Chiunque altro se li sarebbe tenuti e io di certo non avrei avuto il coraggio di venirteli a chiedere. Lollo avrebbe potuto aspettare anche domani, nonostante la premura.”

“Non sono un ladro e so cosa vuol dire non riuscire a portare a casa i soldi previsti.” Si strinse in sé, come se fosse abituato a essere punito.

“Sei abbastanza adulto da cambiare vita, se vuoi.”

“Lo so, ma i miei non mi hanno mai permesso di studiare. Non sono riuscito neppure a frequentare le elementari, figurarti prendere un titolo di studio.”

“Mi sembra assurdo ai giorni nostri.”

L'altro scosse la testa, come per dire che erano molte le cose di cui non era a conoscenza. Mise in tasca i soldi e fece per uscire. In quel momento un bambino di circa tre anni uscì da una stanza e si arrampicò su Jo.

“E lui chi è, zio?” chiese.

“Un amico, si chiama...” fece un gesto alla volta del ragazzo perché lo aiutasse.

“Samuele.”

“Ecco, Samuele.”

“E perché è vestito così male?” chiese ancora.

“Non so.” ammise Jo, che doveva ancora abituarsi alla schiettezza dei bambini.

“E' il mio nuovo babysitter? Lollo mi sgrida sempre e non mi fa fare vola vola.” accusò innocentemente il bambino.

“Potrebbe. Sei libero?” chiese Jo all'improvviso.

“Mi stai pigliando per il c... ehm, in giro? Certo! Sei sicuro di volerlo lasciare proprio a me?”

“Non puoi essere peggio di Lollo.” ammise Jo “Fa quello che può, ma non ama i bambini. In realtà il suo sogno sarebbe di fare la parrucchiera. L'unico vantaggio è che con lei mi risparmiavo i soldi per tagliargli i capelli. A volte lo faceva anche a me. Poi non posso non fidarmi di qualcuno che, nonostante il bisogno, mi ha riportato cento euro.”

“Potrebbe essere un inizio per liberarmi dall'influenza dei miei genitori, anche se dovrei lo stesso aiutarli economicamente, ho quattro fratelli più piccoli.” Poi si rivolse al bambino “Tu che ne dici?”

Il bambino tese entrambe le braccine verso di lui.

“Prova a fare vola vola, poi vedo.” disse seriamente.

Entrambi cercarono di trattenersi dal ridere: per il piccolo sembrava essere una faccenda davvero importante.

Samuele lo fece volare in aria cinque o sei volte e dalle risa del piccolo si capì che si stava divertendo parecchio. Alla fine...

“Lo compriamo, zio?” chiese.

“Si dice lo assumiamo.” poi si rivolse a Samuele “Sei assunto. Se preferisci, se riesci a portarmi gli incartamenti, posso metterti anche in regola. Per me sarebbe meglio, odio i contanti, ma mi posso adeguare. Anzi, non ci siamo ancora presentati. Questo bimbo, che dovrebbe già essere a letto da un pezzo, si chiama Giordano Camprini Jr.”

“Lo stesso nome sul campanello.” notò Samuele.

“Già, sono io il Sr.” confermò “Purtroppo mia sorella non è mai stata molto propensa alla maternità. Non sa neppure con certezza chi sia il padre. Frequenta dieci uomini per volta. Sono riuscito a farle giurare di restare fino almeno ai tre anni e il giorno dopo che li ha compiuti, me lo ha mollato, con una procura che mi rende responsabile di lui. Ma sei contento, vero?”

“Era ancora peggio di Lollo, la mamma.” confermò il bimbo, con uno sbadiglio.

“Avresti dovuto adottarlo, visto che è così poco interessata.”

“Lo so, ma i gay ancora non possono farlo.”

“Ah, tu sei...” non finì la frase, ma ci pensò Jr.

“Lo zio Jo preferisce gli uccelli alle farfalle.” disse il bambino.

Jo lo rimproverò, chiedendogli di smetterla di usare quella frase.

“La mamma lo diceva sempre e poi io ti voglio bene lo stesso.” sbadigliò ancora, dopo quell'arruffianamento. Chiese a Samuele di attenderlo, e lo portò a letto.

 

 

Nel frattempo, Samuele attese in piedi davanti alla porta d'ingresso. Sembrò aver paura di appestare qualcosa. A suo ritorno Jo si scusò per non averlo invitato ad accomodarsi.

“Non lo avrei fatto comunque, non vorrei sporcare.” si strinse in se stesso, cercando di farsi il più piccolo possibile.

“In effetti dobbiamo rimediare, non puoi certo andare in giro così, con un bambino. A proposito, hai la patente?” chiese.

Samuele scosse la testa.

“Neppure tu! Beh, tanto qui si gira meglio con i mezzi. Per fortuna il centro è ben servito.” gli arrivò un messaggino “Ah, deve essere Lollo, l'ho avvertita che non aveva più bisogno dei suoi servizi.”

“Tramite sms? Spero non si sia offesa. E non troverà strano che tu mi abbia incontrato così?”

“Lei l'ho quasi investita col carrello, nel supermercato qui sotto, è abituata agli strani approcci.”

“Allora è un vizio il tuo?” Rise Samuele “Potresti menomare qualcuno di questo passo.”

Anche Jo rise, rilassato come non lo era da molto tempo. Di sicuro non con Lollo che era sempre in ansia per qualcosa. Lui, forse perché non aveva nulla da perdere, sembrava che non avesse alcun timore.

“Ora ti preparo dei vestiti di mio padre, dovresti avere la sua taglia e, non preoccuparti, era un tipo piuttosto sportivo. Di là c'è il bagno della zona giorno, per non disturbare Jr.”

Samuele non era troppo contento di doversi lavare. Non aveva mai avuto un gran rapporto con l'acqua e il sapone, anche perché i suoi genitori non erano tipi che contavano su queste cose, anzi, più sei sporco e puzzolente, più fai compassione.

Jo gli riempì la vasca e, prima di rendersene conto, Samuele stava giocando con le paperelle del bambino e divertendosi un sacco. Si chiese se sarebbe stato in grado di prendersi cura di un bambino, uno come lui che non aveva mai avuto una vera infanzia e non sapeva come farlo stare bene. Si sentiva troppo infantile per quel compito, eppure sapeva che era anche la sua vera occasione per cambiare vita e averne una decente, se non perfetta. Certo che quel momento non sarebbe stato male, se ci fosse stato Jo a fargli un pompino Si ritrovò a toccarsi e scattò subito seduto nella vasca, non poteva per mettere che certi pensieri rovinassero tutto, anche se il fatto che lui fosse gay lo aveva eccitato.

Finì di lavarsi cercando di tenere a freno la propria libido e, appena finito, indossò gli abiti. Doveva essere poco che il padre era venuto a mancare, perché erano morbidi e profumati.

 

 

All'uscita dal bagno, Jo lo aveva sorpreso con un pasto leggero per due e si sentì commosso fino alle lacrime. Nessuno, che mai ricordasse, si era comportato con lui con così tanta cura, nei suoi ventidue anni di vita, più di ciò che aveva fatto lui in mezz'ora. Di quel passo si sarebbe abituato male e alla fine avrebbe ricevuto una delusione.

“Sono felice di aver avuto ragione.” sorrise Jo “Mi sarebbe dispiaciuto dover buttare via tutta quella roba, ora che non li usa più.”

“Ti ringrazio. Da quanto tempo è morto, tuo padre? Sembra che li abbia messi fino a ieri.” Samuele li annusò estasiato e l'espressione di assoluta beatitudine sul suo volto fece piacere a Jo.

“Sono certo che sarebbe contento che i suoi abiti sono tornati utili, se potesse capire qualcosa.”

L'espressione interrogativa sul volto di Samuele richiedeva una spiegazione.

“Alzheimer. Allo stadio ultimo, credo.” spiegò tristemente “Prima di perdere completamente la ragione ha fatto in modo che sia io che Monica, mia sorella, avessimo ognuno ciò che desideravamo. Io ho avuto la casa intestata come donazione e lei il corrispettivo in denaro, che non è poco. L'unica differenza che in tre anni lei si è mangiata tutti i liquidi e io ho ancora la casa. Lui ha scelto per sé una delle migliori case di cura per malati come lui, peccato che da un anno, non si ricordi più nulla, o quasi. Certe volte si ricorda mia madre, prima che morisse in un incidente, o addirittura neppure lei.”

Samuele si sentì sciocco per aver pensato che il padre fosse morto, ma non sapeva come consolarlo. Jo cercò di riprendersi.

“Se non hai una casa dove stare, posso ospitarti. Questa casa è enorme, potrei farci un ritrovo per vagabondi e averne alcun disagio, tanto è grande.”

“Da come parli dai l'impressione di sentirti in colpa per essere più fortunato.” si avvicinò “Tu non hai avuto genitori come i miei, che non mi hanno permesso di studiare o di trovarmi un lavoro decente, perché per loro è molto più remunerativo farmi chiedere la carità. In fondo anche tua sorella ha avuto il tuo stesso insegnamento, ma è venuta molto diversa da te, da quello che ho capito.”

“Solo per caso. Anche se mio padre non lo ha mai ammesso, lei ha preso tutto dalla mamma.” confessò “Le ha sempre perdonato tutto, perché era il suo specchio riflesso. Se fosse vissuta al giorno d'oggi, probabilmente farebbe le stesse scelte di Monica. Preferirebbe essere libera.” s'interruppe “Un giorno mio nonno, suo padre, prima di morire, mi ha detto che lei era morta dentro. Aveva bisogno di essere libera per essere felice e in famiglia si sentiva soffocare. Si ebbe il dubbio, anche se all'epoca nessuno me lo disse, poiché eravamo entrambi piccoli, che si buttò sotto la macchina in un momento di depressione.”

Jo si sentì stringere la mano e vide la compassione negli occhi di Samuele. Erano vicini e le loro labbra si sfiorarono.

“Non volevo che succedesse.” si lamentò Jo “Ero davvero intenzionato ad aiutarti e il sesso rovina sempre ogni cosa.”

“Immagino che anche a livello sentimentale non stai molto bene.” Samuele continuava a stargli vicino e non sembrava intenzionato a staccarsi “In effetti hai ragione. Prendere soldi da qualcuno che ti porti a letto è sempre controproducente. Potrei accontentarmi del vitto e l'alloggio, in cambio. Sarebbe già molto per me. Non ho nulla da perdere.”

Si baciarono ancora, più a lungo.

“Lo dici come se fosse cosa fatta. Se non dovesse funzionare dovrei riprendermi Lollo e me lo farebbe pesare parecchio.” lo avvertì Jo.

“Beh, qualsiasi cosa, allora, sarà meglio farla funzionare. Che ne dici?”

Lui era più che d'accordo, ma non disse nulla, tipo chi tace acconsente. Si rinchiusero nella camera da letto, con l'interfono acceso che per fortuna non diede alcun allarme e fecero l'amore. Si sarebbero accordati in seguito su come proseguire il loro rapporto.

 

 

 

 

  
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