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Autore: Roxar    14/06/2016    6 recensioni
Kieran lo baciò, e fu il bacio più sconvolgente della sua vita.
[Kieran/Mark]
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kieran, Mark Blackthorn
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Crew&Ship: Mark Blackthorn, Kieran | Kieran/Mark
Warning: Angst, Slash, Lime, Post-Lady Midnight
Note: Ebbene, sia pure con mesi di ritardo, ho finalmente letto Lady Midnight e lasciatemi dire che la Clare fa delle vere magie con le coppie omo. Non pensavo sarebbe riuscita a creare qualcosa di bello come la  Malec, e invece! Per certi versi, ammetto che Kieran e Mark mi sono piaciuti anche più dei Malec – sarà perché ho un debole per le storie travagliate e complicate. E insomma, la Clare e i suoi snippet non è che mi aiutino a non shipparli, eh!
Comunque, ho sentito l'esigenza e la voglia di scrivere qualcosa di loro – il lime non era contemplato, prendetelo come viene.  Spero non sia un disastro totale! Se vorrete lasciarmi un parere, in tal senso, ve ne sarò grata!
Buona lettura :)

 

**

 

Avrebbe dovuto essere un addio; era stato chiaro, su quello.

Mark non aveva alcuna intenzione di rivederlo, mai più nella vita. Bastava un'occhiata, sia pure distratta, alla schiena di Julian o a quella di Emma per soffocare ogni eventuale scintilla di nostalgia. Inoltre, aveva ostinatamente rifiutato tutti i messaggi che gli aveva recapitato – piccole ghiande disposte sul davanzale della sua finestra – distruggendoli con un colpo rabbioso di tacco. Doveva sapere quanto lo disprezzava, doveva sapere quanto il tradimento gli bruciasse ancora dentro, in petto, proprio accanto ad un cuore che, un tempo, aveva scandito la vita bisbigliando il suo nome.

Di conseguenza, non aveva davvero idea del perché Kieran fosse lì, appollaiato sul davanzale esterno della finestra, la luna che colpiva trasversalmente il suo viso, illuminandogli l'occhio argentato e sprofondando nelle tenebre quello nero. Era agile e flessuoso come un gatto, e la creatura più bella che Mark avesse mai visto. Il viso, parzialmente illuminato, era atteggiato ad un piglio nervoso. La linea della bocca – quante volte l'aveva baciata? Quante? Deglutì nervosamente e strinse i pugni – era sottile e dritta come uno di quei righelli che Julian usava per tracciare le linee prospettiche. Emanava da lui, oltre alla consueta aura ultraterrena, la furiosa tenacia di chi non è disposto ad arrendersi; sotto, molto più sotto, ribolliva la frustrazione di un nobile disabituato a perdere ciò che gli apparteneva.

Con gesti esitanti, Mark aprì la finestra e fece un passo indietro, incrociando le braccia mentre, suo malgrado, lo invitava ad entrare con un cenno brusco del mento. Era molto cambiato dall'ultima volta che l'aveva visto: gli abiti erano consunti, ma puliti e i capelli sembravano più corti – contrasse istintivamente le dita quando ebbe voglia di lasciarle scorrere tra le ciocche nere. Ma soprattutto, sembrava diverso lui. Qualcosa era profondamente mutato, nel nucleo del suo stesso essere. Se ne stava ben dritto sulla schiena, ma l'antica arroganza del suo alto ceto non esisteva più; trasudava anzi una sorta di maturità che Mark non gli aveva mai visto addosso. Adesso entrambi i suoi occhi erano sprofondati nelle tenebre; il suo viso gli era inaccessibile.

"Cosa vuoi ancora? Pensavo di essere stato chiaro."

Se Kieran era stato ferito da quel gelido benvenuto – non poi così tanto ben, a dire il vero – Mark non avrebbe saputo dirlo.

"Voglio il tuo ritorno," disse infine e fece un passo in avanti, in una pozza di luce che lo investì da capo a piedi, illuminandolo. C'era una fredda determinazione sul suo viso, mischiata al bisogno, all'esigenza... Mark deglutì. Conosceva quella sensazione. Conosceva quella necessità che formicolava sottopelle e che solo le sue carezze potevano acquietare. Vide le lunghe dita tendersi verso di lui e non fece alcun movimento per sottrarvisi. Con gli occhi riusciva a vedere le orrende cicatrici oblique e bitorzolute sulla schiena di Emma, ma con il corpo stava già ricordando l'esatta pressione delle sue mani, i punti in cui solevano indugiare o quelli su cui si trattenevano per un battito di ciglia, lievi come farfalle. Disprezzo e desiderio gli strapparono un gemito bisognoso e arrabbiato mentre Kieran chinava la testa, premendo la bocca contro la sua.

Kieran non era un'esplosione violenta, ma la lenta agonia del fuoco. Ovunque passassero, le sue dita scottavano i nervi sotto la pelle, lasciando Mark stordito e quasi confuso. Non c'entrava nulla la loro natura di fata; quella era una magia molto più antica del sangue. Era il linguaggio del desiderio, il codice del bisogno che il suo corpo decifrava tocco a tocco, nervo infiammato a nervo infiammato, lentamente ma costantemente.
Di punto in bianco riaprì gli occhi e si accorse di non ricordare assolutamente di averli chiusi, ma, con maggior sconcerto, notò le sue mani ferme sulle spalle di Kieran, con i pollici agganciati alla curva sporgente delle sue clavicole e le unghie piantate nel tessuto sottile della sua casacca.

"Lo vedo che mi desideri," ringhiò Kieran contro il suo corpo, premendo il bacino contro il suo. "Lo sento," e il braccio saettò intorno alla vita di Mark, strattonandolo contro di sé, tirandoselo addosso, fino a che le loro erezioni non furono perfettamente affiancate, sebbene separate da un doppio strato di vestiti. Mark gemette prima di riacquistare bruscamente lucidità e tirare la testa indietro.

"È vero," ammise. "Ma ti disprezzo, anche. Quello che hai fatto–"

"Perdonami," lo interruppe, prendendogli improvvisamente la testa tra le mani e poggiando la fronte contro la sua. C'era un dolore antico come la vita stessa, nella sua voce. Per la prima volta, Kieran sembrava nudo, totalmente esposto. Vulnerabile come un neonato. Da quella distanza e in quella posizione, riusciva a vedere i suoi occhi illuminati dalla luna. Cielo e stelle, pensò e ricordò di averlo pensato ogni volta che lo aveva tenuto così vicino. Nero come il cielo notturno; argento come le stelle che lo animano.

"Perdonami, Mark," ripeté e Mark sentì il cuore battere più forte, con maggiore ostinazione, come obbligandolo a prendere quella scelta così difficile. E fu sul punto di farlo, di dirlo, ti perdono, Kieran, oh, Kieran, ma poi un ricordo gli esplose nella testa, come una bomba a mano lanciata dalla sua coscienza. Tornò indietro di sole ventiquattrore, si rivide aprire la porta della camera di Julian e boccheggiare, adombrandosi immediatamente. Julian davanti al letto, senza maglia e a piedi nudi. Il segno brillante delle scudisciate era un terribile sfregio ad un corpo – ad una persona – così bello. Il cuore rallentò, facendosi pesante e Mark, con quella che sembrava l'infinita tristezza del mondo, posò un paio di dita sulla bocca di Kieran e sorrise mestamente.

"Non posso. Non solo perché mi hai tradito, ma anche perché hai ferito quelli che amo. Hai ferito la mia famiglia e questo, Kieran, proprio non posso perdonartelo."

Trattenne il fiato come se Mark l'avesse schiaffeggiato. Per un attimo, e un attimo soltanto, il tempo parve annullarsi, diradarsi come nebbia al mattino. Gli occhi di Kieran restarono piantati nei suoi, grandi e immobili; la bocca era rigida in una piccola smorfia di sgomento e sorpresa. Poi ogni cosa torno al suo posto; l'orologio riprese a ticchettare. Kieran fece un passo indietro, rigido come un ciocco di legno, e altrettanto meccanicamente ritrasse le braccia, come un automa in fase di collaudo. Mark si domandò se adesso riuscisse a vedere quanto profonda era la frattura che lui stesso aveva contribuito a provocare. Si domandò se si fosse reso conto di poggiare su un pezzo di terra accanto al suo, ma inevitabilmente separato e mai più destinato ad avvicinarsi. Come le stelle, i pianeti e i loro satelliti, così stavano andando alla deriva.

"Dunque, è questa la tua decisione. Non conta che io non abbia voluto nulla di tutto ciò, vero?"

"La via dell'inferno è lastricata di buone intenzioni," replicò debolmente Mark, citando qualcuno di cui Kieran ignorava perfino l'esistenza. Però ne colse il senso e, se possibile, si rabbuiò ancora di più. Per qualche secondo restò a fissare il pavimento con lo smarrimento di un bambino, poi i suoi occhi si rianimarono e, guizzando di luce argentea, tornarono su di lui.

"Uscirò dalla tua vita, dunque. Ma ti prego di concedermi solo un ultimo bacio. Solo un altro bacio, e non sarò altro che un fantasma da relegare nel passato."

Era l'offerta migliore in cui poteva sperare. Un bacio in cambio della sua vecchia vita. Da quel punto in poi, Kieran sarebbe stato confinato ai giorni della Caccia, da deporre accuratamente in una scatola e tenerla lassù in alto, sull'armadio, lontana dagli occhi, lontana dalla tentazione di riaprirla.

"E sia," acconsentì Mark, ritrovando un po' del modo pomposo delle fate, dello stesso che gli era appartenuto durante i lunghi anni di Caccia. Non ebbe neppure tempo di avvicinarsi; fu Kieran a farlo per lui.

Kieran lo baciò, e fu il bacio più sconvolgente della sua vita.

Non più lava e luce, ma fiammate violente e calore quasi insopportabile in ogni recesso del suo corpo. Lo spinse contro il muro, accanto alla finestra, muovendo con rabbia e desiderio le labbra sulle sue, fermandosi spesso a prendergli il labbro inferiore tra i denti e tirare forte. Mark era incapace di non rispondere. Si sforzò di ricordare chi fosse Kieran e cosa avesse fatto, ma il corpo non rispondeva, non obbediva; le sue mani erano già sotto la sua tunica, a graffiare la pelle di Kieran, a lasciare segni rossi e lunghi che strapparono al ragazzo una sequela di gemiti quasi dolenti e per un attimo, ma solo per un attimo, lo costrinsero ad allontanarsi, poggiando la guancia contro la sua e respirando forte tra i suoi capelli, come a volersi calmare e, al tempo stesso, imparare il suo profumo. Pensò che quella fosse la fine, che adesso Kieran poteva tornare sul davanzale e scomparire nella notte; invece, si sorprese a stringergli le dita sui fianchi, a cercargli la bocca, a baciargliela, ancora e ancora e ancora. Bacio a bacio, sentiva il bisogno urgente e irrevocabile di privare entrambi dei vestiti, di vedere Kieran sopra di sé mentre si muoveva piano, ma determinato. L'eco di centinaia di notti trascorse sotto le stelle, con i corpi incastrati e aggrovigliati, gli esplose nelle orecchie, riempiendogliele di quei piccoli gemiti scomposti che Kieran si lasciava scappare quando era particolarmente eccitato.

Kieran parve percepire il suo bisogno, perché di punto in bianco –Mark non avrebbe saputo dire quando o come – le sue mani furono oltre l'elastico della sua biancheria, a stringersi sulla sua erezione, toccandola in quel modo brusco che, di solito, non gli apparteneva. Ogni contatto fisico che avevano avuto era stato dolce, lento, con quella punta di agonia che portava la consapevolezza di essere rimasti soli, obbligati a lasciare la casa e coloro che amavano. Adesso non restava più spazio per niente che fosse quell'addio che doveva bruciare e bruciare, più di ogni altra stella che avevano guardato durante le loro lunghe notti.

E bruciava.

Bruciava come le sue mani, le sue dita, la sua bocca. Bruciavano nello scendere quanto nel risalire. Bruciava, e bruciò ancora di più quando, del tutto di sorpresa, Mark si riversò nel palmo della sua mano, avvertendo la spiacevole sensazione del seme che colava lungo la pelle, imbrattandogli i vestiti. Provò una fitta lancinante di piacere; immediatamente dopo, una di profondo rimorso. Bruciato il desiderio che aveva di lui, Mark non sapeva bene come sentirsi. Sapeva solo che non c'era mai stato tanto silenzio imbarazzato, prima di allora.
Fu ancora più imbarazzato quando Kieran ritrasse la mano, quando Kieran fece un passo indietro, quando Kieran lo fissò.

"Dunque, finisce così."

Mark deglutì. Improvvisamente gli mancava il coraggio di guardarlo.

"Non so neppure se sia mai iniziata, Kieran."

L'altro non rispose. Si limitò a fissarlo; la luce non lo illuminava abbastanza da schiarirgli il viso. Mark non si voltò quando Kieran gli passò accanto e non si voltò quando lo sentì indugiare davanti alla finestra, spiccando infine un balzo sul davanzale.

"Addio, Mark Blackthorn."

Sembrava veramente un congedo. Ma allora perché suonava come un insulto? Di colpo, l'idea che Kieran fosse definitivamente uscito dalla sua vita fu agghiacciante. Si voltò con uno scatto fulmineo e sentì la runa dell'Agilità bruciare un po' sulla pelle.

Kieran non c'era più.

Restava, appesa al chiavistello della finestra, una punta di freccia che ancora dondolava piano. Sembrava sussurrare un messaggio, oscillamento dopo oscillamento, ma Mark era incapace di decifrarlo. Tremando appena, prese la collana e la tenne un po' in mano, come per valutarne il peso. Alla fine, solo alla fine, la fece scivolare intorno al collo, il laccio sottile che premeva contro un alone rosso lasciato dai baci di Kieran. La punta di freccia colpì dolcemente il petto, proprio sul cuore e Mark seppre che non apparteneva a nessun altro posto se non quello. Avvicinandosi alla finestra e premendo i palmi contro il davanzale si domandò se quel regalo non fosse altro che una promessa. Una promessa di ritornare.

E forse, ma solo forse, perdonare.


 

   
 
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