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Autore: Ksanral    15/04/2009    1 recensioni
E se un nuovo bellissimo vampiro si aggiungesse ai Cullen, mandando all'aria il loro equilibrio?
E se nascondesse qualcosa che nessuno, né Edward, né Alice riescono a scoprire?
La fiction si colloca prima del diploma di Bella, perciò la battaglia con i neonati e gli eventi di BD non sono ancora avvenuti.
Capitolo 1: Prologo
Capitolo 2: Alexis
Capitolo 3: Grecia, 1499
Capitolo 4: Invito
Capitolo 5: Passeggiata
Capitolo 6: Color Sabbia
Capitolo 7: Giudizio
Capitolo 8: Rapimento
Capitolo 9: Complicità
Capitolo 10: Primeggiare
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Eclipse
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Era da un po' che mi scervellavo per capire come inserire questo nuovo personaggio che squilibrerà le vite dei Cullen ed ora finalmente l'ho capito. Questo è il primo capitolo, spero che vi piaccia. ^^




Capitolo 1 ~ Prologo

Nonostante fosse ormai primavera inoltrata, la temperatura era piuttosto bassa. La leggera pioggerellina si mescolava all’umidità, così da creare una lieve coltre pronta ad appiccicarsi sulla pelle e impigliarsi ai capelli.
Davanti alla Forks High School, le automobili degli studenti erano abbandonate nel parcheggio, ad aspettare che i rispettivi padroni terminassero le lezioni. Appoggiato al cofano di una Volvo grigia, stava un ragazzo. Lo sguardo era fisso verso l’ingresso della scuola. Gli occhi erano nascosti da un paio di occhiali da sole, una nota firma spiccava sul lato dell’astina. Nonostante il freddo, indossava una semplice maglietta bianca, abbastanza stretta e un paio di jeans scuri con qualche chiazza più chiara. Era magro e piuttosto alto. Gli abiti gli calzavano perfettamente, come fossero fatti su misura. I capelli corvini cadevano disordinati sulla fronte – sembrava che fosse appena sceso da una moto senza aver usato il casco – e creavano un fortissimo contrasto con la pelle talmente pallida da sembrare marmo. Teneva le braccia incrociate al petto e ogni tanto il piede destro batteva qualche colpo, come segno d’impazienza. L’espressione, però, non suggeriva nulla, era neutra. Quando in lontananza si sentì il trillo della campanella, le labbra del ragazzo si tesero in un ghigno beffardo.
Il flusso di studenti e il chiacchiericcio iniziarono a raggiungerlo. Alcuni lanciavano occhiate, altri evitavano di guardare in quella zona, altri ancora non si resero conto di nulla. Dopo una manciata di minuti, un gruppo di sei persone – tre ragazzi e tre ragazze – si avvicinarono alla macchina. Non appena videro il giovane, le loro espressioni divennero circospette; tranne quella di una delle ragazze, sgomenta. Il gruppo si fermò a poco più di un metro dalla macchina. Tutti rimasero in silenzio e immobili, soltanto la ragazza sgomenta stringeva convulsamente la mano di quello che doveva essere il suo fidanzato.
«Buon pomeriggio.» disse d’un tratto il ragazzo appoggiato al cofano. La sua voce era celestiale, come il canto di un angelo, ma nonostante questo marcava un tono di fastidiosa superiorità e strano divertimento.
Il più grosso tra i ragazzi fece un passo avanti, con fare minaccioso, causando la risata dell’altro, che si alzò ironica in mezzo al parcheggio.
«Chi sei?» domandò secca la ragazza bionda, di una bellezza ineguagliabile.
«Chiunque tu voglia, baby!» rispose lui sprezzante. Il ragazzo grosso emise un ringhio soffocato.
«Oh, scusa scusa!» il ghigno sul volto dello straniero si aprì maggiormente «Non sapevo fosse proprietà privata!»
Anche il ragazzo-ancora fece un passo avanti. «Parliamone altrove.» disse calmo. «Alice, porta a casa Bella.» La sua sembrava una richiesta, anche se l’intonazione non lo dava a intendere. «Noi andiamo in macchina… se non è un problema.» l’ultima frase venne aggiunta più per cortesia che per reale interesse. Il ragazzo capì di non avere scelta, se non quella di seguirli. Si spostò dal cofano e si avvicinò ad una delle portiere posteriori. Non disse nulla, ma non distolse lo sguardo dal gruppo. Vide la ragazza terrorizzata, lanciare un’occhiata disperata alla sua Ancora, che ricambiò con un sorriso sincero e scuotendo il capo. Poi lei si allontanò con la ragazza bassa verso un pick-up a dir poco malandato, mentre l’Ancora aprì la macchina. La bionda si sedette al posto del passeggero, l’Ancora alla guida e i due ragazzi si misero ai lati dello straniero, che non sembrava spaventato dall’esser circondato dall’ostilità.
Uscirono dalla cittadina, prendendo la statale fino ad una svolta sterrata in mezzo al bosco. Percorsero altri tre o quattro chilometri e poi parcheggiarono davanti ad una villa, probabilmente secolare, ma in ottimo stato. Era dipinta di bianco, alta tre piani e ricca di vetrate.
Scesero tutti e il gruppo si dispose in modo da circondare il ragazzo e condurlo in casa. I due davanti lanciavano occhiate di sbieco per controllare che non facesse nulla. All’interno la casa era spaziosa, come se fossero stati abbattuti dei muri per ampliare la stanza principale. Il ragazzo venne condotto però in cucina, dove, nel mezzo, campeggiava un tavolo ovale. In silenzio gli fecero cenno di sedersi ad uno dei capi e gli altri presero posto si lati.
«Esme, Carlisle!» esclamò l’Ancora chiamando le due persone come fossero già nella stanza. Un uomo, più vecchio degli altri, ma che non dimostrava neanche trent’anni arrivò in cucina seguito da una donna, dai capelli caramello e il viso a cuore. Anche lei non dimostrava più di vent’anni, ma al tempo stesso sembrava più adulta del resto del gruppo. Anche loro si sedettero, occupando i posti rimanenti, tranne due.
«Alice dovrebbe arrivare a momenti.» Di nuovo l’Ancora parlò, mettendo a tacere le domande che stavano per nascere. L’uomo di nome Carlisle annuì e lanciò un’occhiata al capotavola.
Alice, la bassa ragazza bruna che aveva accompagnato quella tremante a casa, fece ritorno cinque minuti dopo. Prese posto anche lei e allora tutti gli sguardi furono puntati sullo straniero.
Lui si tolse gli occhiali, mostrando finalmente gli occhi cremisi, poi appoggiò il mento alle mani giunte. Li squadrò tutti con una lunga occhiata e poi sospirò. Non aveva bisogno delle domande, sapeva già cosa volevano sapere.
«Il mio nome è Alexis.» annunciò, spostando lo sguardo sull’Ancora che sembrava il capo.

   
 
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